Commento alla prima lettura – Aprile 2019

Non si ricorderà più il passato
Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54
1 APRILE
La profezia di Isaia si compie in tutto il suo pieno significato nella Nuova Gerusalemme del cielo. La visione di Giovanni Apostolo va ben oltre ogni intelletto creato. Le cose viste e narrate non possono essere frutto né di immaginazione né di fantasia.
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte».
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli (Cfr. Ap 21,1-22,5).
Altra verità sulla profezia di Isaia attesta qual è la volontà di Dio anche sulla Gerusalemme della terra. Il Signore vuole che essa sia la città della vita e della gioia, della prosperità e dell’abbondanza. Non vuole la città del lutto e del pianto. Per questo ognuno è chiamato a far suo il desiderio la volontà di Dio. Come? Vivendo i propri giorni della Legge del Signore. Se ogni figlio d’Israele è nei Comandamenti, la città sarà nella gioia e nella vita. La legge è vita. Se i suoi figli sono nella disobbedienza e nella trasgressione, sempre la città sarà la casa del pianto, dell’angoscia, della tristezza. Non c’è pace per chi si allontana dalla Legge dell’Alleanza.
Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.
Anche la Chiesa il Signore Gesù vuole che sia la casa della gioia e della speranza. Vuole che sia come un’anticipazione della città celeste. Questo potrà avvenire se il cristiano dimora nella casa del Vangelo. Si esce dal Vangelo e anche la Chiesa diviene la casa della tristezza, del pianto, della morte. Chi vuole l’amore, la pace, la gioia dei suoi fratelli deve mettere ogni impegno a stare nel Vangelo. Solo esso è la casa di Dio e solo nella casa di Dio si trovano pace e benedizione. Quando si esce dal Vangelo si è come il figlio minore della parabola di Gesù. Si vive di miseria spirituale e materiale, si è mangiati dalla tristezza e dalla solitudine, si è consumati da una stoltezza infinita. Chi vuole sa dove trovare la vita: nella Parola di Gesù Signore. Lui è la vita eterna.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che tutti i cristiani ritornino nella casa del Vangelo.

Là dove giungerà il torrente tutto rivivrà
Ez 47,1-9.12; Sal 45; Gv 5,1-3a.5-16
2 APRILE
Il Signore ha mostrato a Ezechiele il suo nuovo tempio, ha indicato come dovrà essere divisa la terra. Sappiamo che il giardino dell’Eden era inondato da quattro fiumi. Il nuovo giardino dell’Eden, che è la Terra Promessa, ha anch’esso un fiume che dovrà renderla feconda di ogni vita. Questo fiume sgorga dal lato destro del santuario, cioè dalla casa di Dio. Sgorga da Dio stesso. È un fiume particolare. Come l’uomo è uscito dalle mani di Dio e poi colmato dell’alito della vita attinto per partecipazione del soffio divino, così tutto ciò che alimenterà la sua vita sgorgherà dal cuore di Dio, che è il cuore della sua nuova casa. Noi sappiamo per rivelazione di Giovanni Apostolo che questa profezia si è compiuta tutta in Cristo Gesù. Dal nuovo tempio di Dio che è il corpo di Cristo, mentre era trafitto sulla croce, è venuto fuori il nuovo fiume della vita, che è lo Spirito Santo. Questo fiume dovrà divenire fiume anche del discepolo di Gesù, anche lui costituito in Cristo, per Cristo, in Cristo tempio vivo dello Spirito, dovrà far sgorgare dal suo lato del destro, dal suo cuore, lo Spirito che dona vita ad ogni uomo.
E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora» (Gv 2,6-10). Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,13-14). Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato (Gv 7,37-39). Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua (Gv 19,32-37).
Come la profezia si è compiuta perfettamente in Cristo ora dovrà compiersi in ogni suo discepolo. Si potrà compiere solo se il discepolo cresce nella conformazione al suo Maestro. Se manca questa intima, profonda, essenziale unità, se non si diviene una cosa sola con Lui, nella sua Parola, lo Spirito da noi non sgorga e l’umanità rimane senza l’acqua della vita. Oggi la vita del mondo è il cristiano in Cristo Gesù.
Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci una cosa sola in Cristo per essere acqua della vita.

Colui che ha misericordia di loro li guiderà
Is 49,8-15; Sal 144; Gv 5,17-30
3 APRILE
Chi ha misericordia dell’uomo? Solo il Signore. L’uomo può avere misericordia dell’uomo solo se l’attinge nel cuore del suo Dio. Il Padre ha costituito Pastore del suo gregge, del suo popolo, Cristo Gesù. In Cristo ha costituito ogni altro Pastore perché guidi il suo popolo con la misericordia di Cristo, che è misericordia del Padre.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 19,7-18). Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce (1Pt 5,1-4).
Come Gesù attinge la misericordia nel cuore del Padre, così il Pastore, in Cristo e per Cristo, la deve attingere nel cuore di Cristo. Come Cristo e il Padre sono una cosa sola, così anche Cristo Gesù e ogni Pastore in Lui e per Lui devono essere una cosa sola. Come Cristo è tutto dalla volontà del Padre, così il Pastore in Cristo dovrà essere dalla volontà di Cristo. Quando si è con Cristo una cosa sola, allora la misericordia dal cuore del Padre, per il cuore di Cristo, diviene misericordia del Pastore. È senza misericordia quel Pastore che insegna che a Dio si può andare senza Cristo e che Dio può venire all’uomo senza Cristo. È nel cuore di Cristo che la misericordia del Padre diviene misericordia del Pastore. È nel legame con il Pastore in Cristo che la misericordia di Cristo divenuta misericordia del Pastore si fa misericordia dell’uomo.
Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
Oggi il legame di vera essenza, vera vita, legame ontologico e non semplicemente morale o spirituale tra Cristo e il Padre, tra il Pastore e Cristo, tra il gregge e Pastore è come se fosse stato ridotto in cenere in una fornace ardente. Chi può risuscitarlo è solo il Signore. Lui dovrà venire con tutta la potenza del suo Santo Spirito e unire ontologicamente il gregge al Pastore, il Pastore a Cristo, Cristo al Padre, nella mente sia del Pastore che del gregge. Non esiste il Padre senza Cristo, non esiste Cristo senza il Pastore, non esiste il gregge senza il Pastore. È unità ontologica vera.
Madre di Dio, Angeli, Santi, intercedete perché questa unità venga subito ricomposta.

Desisti dall’ardore della tua ira
Es 32,7-14; Sal 105; Gv 5,31-47
4 APRILE
L’ira del Signore non è come quella degli uomini, un moto incontrollato del loro cuore, che non riesce ad avere il pieno possesso di se stesso o per cause interne o per motivi esterni. L’ira del Signore è invece volontà di ristabilire la sua giustizia sulla terra. Anche la giustizia non è in Dio un sentimento immediato, un suo moto del cuore. Essa è stata posta nella sua Parola e data all’uomo come sua regola di vita e di morte. La giustizia del Signore è contenuta tutta nella sua Parola. Dobbiamo subito attestare che vi è una giustizia che si compie all’istante stesso in cui l’uomo esce dalla Parola e una giustizia applicativa il cui tempo di attuazione è dalla volontà di Dio. La giustizia immediata sempre si compie quando la disobbedienza è posta in essere. Ogni peccato come giustizia immediata provoca la morte. Non appena l’uomo pecca è già nella morte. Non occorre alcuna sentenza ulteriore. Non vi è alcun bisogno che Dio intervenga. La giustizia applicativa invece riguarda la pena da infliggere a chi ha trasgredito.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 3,16-17). Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!» (Gen 3,14-19).
Il popolo ha rotto l’alleanza con il suo Dio. Dio non è più il Dio del suo popolo. Per giustizia applicativa Dio deve abbandonare il popolo a se stesso. Mosè interviene e dice al Signore che se lui procederà con giustizia applicativa immediata nessuno mai si salverà. A Lui chiede di sospendere l’applicazione della Legge e di avere misericordia. La misericordia in Dio è duplice: dono della sua grazia perché il popolo viva, sospensione della giustizia applicativa, concedendo al popolo il tempo perché si converta e ritorni nell’obbedienza all’alleanza stipulata. Non può esistere la prima misericordia senza la seconda. Se Dio vuole essere vero Dio, così dovrà sempre agire. Se lui dovesse operare con sentenza immediata, nessuno si salverebbe.
Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Oggi la giustizia applicativa del Signore è stata cancellata dalla mente di ogni uomo. Così si è aperta la porta ad ogni peccato. Neanche nel momento del passaggio nell’eternità, si predica questa giustizia. Anzi la si nega, affermando che tutti domani saranno accolti nei cieli santi da Dio, indipendentemente dalle loro azioni.
Madre di Dio, Angeli, Santi, rimettete la purissima verità di Dio nei nostri cuori.

Condanniamolo a una morte infamante
Sap 2,1a.12-22; Sal 33; Gv 7,1-2.10.25-30
5 APRILE
Comprendiamo quanto gli empi decidono riguardo al giusto, se leggiamo la prima parte del capitolo II della Sapienza. In esso è descritta la loro condotta malvagia e crudele.
Ma gli empi invocano su di sé la morte con le opere e con le parole; ritenendola amica, si struggono per lei e con essa stringono un patto, perché sono degni di appartenerle. Dicono fra loro sragionando: «La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati: è un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore, spenta la quale, il corpo diventerà cenere e lo spirito svanirà come aria sottile. Il nostro nome cadrà, con il tempo, nell’oblio e nessuno ricorderà le nostre opere. La nostra vita passerà come traccia di nuvola, si dissolverà come nebbia messa in fuga dai raggi del sole e abbattuta dal suo calore. Passaggio di un’ombra è infatti la nostra esistenza e non c’è ritorno quando viene la nostra fine, poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro. Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano; nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile (Sap 1,18-2,1-11).
In questa descrizione della vita degli empi va cercato il motivo del loro odio contro il giusto. La loro vita è tutta un’opera di iniquità, malvagità, ingiustizia, sopruso, inganno, violenza, disprezzo di Dio e della sua Legge. Vi è in essi una cattiveria che è divenuta di natura. Per natura essi sono cattivi, malvagi, crudeli, senza alcuna pietà. Sulla loro strada entra il giusto e con la sua giustizia, che è la sua stessa vita, che è a lui connaturale come agli empi è connaturale l’ingiustizia, dichiara falsa la loro condotta. Essi, che sono malvagi per natura, mai potranno accogliere la condanna delle loro opere. Per questo decidono di ucciderlo. Così non potrà far loro da contrasto, rimprovero, manifestazione della vera giustizia e della santità che vengono da Dio.
Dicono fra loro sragionando: Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile.
Gesù dice agli scribi e ai farisei che essi non possono dire neanche una parola buona, perché il loro cuore è cattivo. Essi sono alberi cattivi e producono frutti cattivi. La morte di Gesù in croce è il frutto dell’albero dell’odio e della malvagità che è nel cuore dell’empio. Tutti siamo severamente ammoniti, avvisati, messi in guardia. Se diveniamo alberi cattivi, per natura produrremo frutti cattivi. Se siamo empi, faremo opere da empi e se siamo idolatri ci sommergeremo nell’immoralità. La crocifissione di Gesù è il frutto di questo albero di odio e di invidia. Ma ogni crocifissione, ogni martirio è il frutto di un albero di male, cattiveria, empietà, ingiustizia. La cattiveria naturalmente produce veleno di morte allo stesso modo che un serpente velenoso dona morte quando i suoi denti entrano nella carne. Natura empia, frutti avvelenati.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai il cristiano si trasformi in natura empia.

Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore
Ger 11,18-20; Sal 7; Gv 7,40-53
6 APRILE
Geremia non è solamente uomo giusto. Lui è potentissima voce della verità, giustizia, santità del suo Dio, mandata per mettere in luce il peccato del suo popolo. Le sue parole svelano i segreti dei cuori e fanno uscire fuori quanto è nascosto e invisibile.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata. Israele era sacro al Signore, la primizia del suo raccolto; quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli, la sventura si abbatteva su di loro. Oracolo del Signore. Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe, voi, famiglie tutte d’Israele! Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità? E non si domandarono: “Dov’è il Signore che ci fece uscire dall’Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?”. Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. Per questo intenterò ancora un processo contro di voi – oracolo del Signore – e farò causa ai figli dei vostri figli. Recatevi nelle isole dei Chittìm e osservate, mandate gente a Kedar e considerate bene, vedete se è mai accaduta una cosa simile. Un popolo ha cambiato i suoi dèi? Eppure quelli non sono dèi! Ma il mio popolo ha cambiato me, sua gloria, con un idolo inutile. O cieli, siatene esterrefatti, inorriditi e spaventati. Oracolo del Signore. Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua (Ger 2,1-13).
Quando un popolo abbandona il suo Dio, si distacca dalla sorgente della verità, della bontà, della sapienza, della giustizia, della santità che è il Signore. Si immerge nel fango dell’idolatria, dell’immoralità, dell’insipienza, della stoltezza, della cattiveria e malvagità. Sempre quando si diviene alberi cattivi ci si scaglia contro l’albero buono per abbatterlo. È questione di natura. Quando il male si trasforma in nostra natura, nostra essenza, naturalmente si opera il male, come naturalmente l’albero cattivo produce frutti cattivi. Funzionari, sacerdoti, profeti divenuti alberi cattivi non tollerano la presenza di Geremia, potente voce di Dio, e per questo decidono di sopprimerlo, abbatterlo, sradicarlo, eleminarlo dalla terra dei viventi. La cattiveria del malvagio è connaturale. È la sua stessa natura. Egli non può vivere se non operando il male. Il male è il respiro del suo cuore, il desiderio del suo spirito, l’anima del suo corpo.
Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa.
È necessario operare una netta distinzione tra Geremia e Cristo Gesù. Geremia è uomo dell’Antico testamento. Vedendo il male abbattersi su di lui, chiede al Signore la grazia di vedere la sua vendetta sui suoi nemici. La sua natura ancora è imperfetta e la preghiera è frutto di questa natura imperfetta. Natura non perfetta, preghiera non perfetta. Gesù invece che è di natura perfettissima eleva al Padre una preghiera di natura perfettissima. Lui non chiede al Padre di vedere la sua vendetta. Chiede invece per essi il suo perdono, attenuando la loro responsabilità. Non sanno quello che fanno. Dona al Padre una ragione perché Lui li possa perdonare. Che i carnefici di Gesù potranno essere perdonati lo attesta il comando che Gesù darà ai suoi Apostoli dopo la sua gloriosa risurrezione. Lui ordina loro di iniziare la predicazione del suo Vangelo, iniziando da Gerusalemme. A tutti viene data la grazia della salvezza, che è però nel pentimento, nella conversione, nella confessione della più pura fede in Cristo Gesù.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci di natura perfetta per avere una preghiera perfetta.

Aprirò anche nel deserto una strada
Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
7 APRILE – V DOMENICA DI QUARESIMA
Il Mar Rosso mai potrà essere pensato come unico modello per le opere di Dio, anche se il prodigio è stupendamente alto, profondo, meraviglioso. Vi è opera più rivelatrice dell’Onnipotenza e sapienza del Signore? Apparentemente no. Eppure quella è solo una delle manifestazioni di onnipotenza e sapienza. Dio è infinitamente oltre.
Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno (Es 14,15-29).
Per il ritorno dei figli d’Israele dalla schiavitù di Babilonia, la natura stessa si mette a servizio su Israele per comando diretto di Dio. Non c’è più alcuna mediazione.
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. 6Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui (Bar 5,1-9).
Questa verità oggi dobbiamo mettere nel cuore. L’onnipotenza, l’onniscienza, l’intelligenza, la sapienza del Signore sono sempre nuove. Esse ci servono solo per confermarci e radicarci in questa verità. Le risorse dell’amore di Dio sono infinite. In Dio l’oggi non è mai una ripetizione di ieri. Il nostro Dio è novità eterna.
Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci intelligenza e occhi per vedere Dio nelle sue opere.

Io sono innocente del sangue di lei!
Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22; Gv 8,12-20
8 APRILE
La vita degli amici di Dio è frutto sia della sapienza e intelligenza eterna del Signore sia della obbedienza alla Legge di Dio da parte di suoi amici. A loro è chiesto di rimanere fedeli ai Comandamenti. Sarà poi Dio nel suo divino consiglio a decidere per quale via dovrà consolidarsi la loro amicizia, se dalla liberazione dalla morte oppure dalla salvezza dopo la morte. Se prima o dopo la morte non è l’uomo che può stabilirlo o decretarlo, ma solo il Signore. Susanna è tentata da due Anziani d’Israele perché commetta peccato di adulterio con essi, altrimenti l’avrebbero accusata di peccato di fornicazione e lei sarebbe stata condannata morte. La sua decisione è subito presa. Sceglie di morire da innocente per mano degli uomini, anziché da colpevole per mano di Dio. Poiché lei si rifiuta di concedersi alle loro lussuriose brame, viene accusata e condannata. Quale consiglio eterno ha per lei il Signore? La farà passa per la morte e le darà una corona eterna di gloria o la libererà dalla morte per attestare tutto il suo amore, la sua misericordia, la sua presenza nella vita dei suoi giusti? Questo nessun uomo lo potrà mai sapere. È una decisione che appartiene solo al Signore.
In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani; erano di quelli di cui il Signore ha detto: «L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo». Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito. I due anziani, che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi. Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo. Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani, nascosti a spiarla. Susanna disse alle ancelle: «Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno». Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: «Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e concediti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle». Susanna, piangendo, esclamò: «Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!». Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che cosa vuoi dire con queste tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, o figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare né appurare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei». Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: «Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha concesso le prerogative dell’anzianità». Daniele esclamò: «Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò». Separàti che furono, Daniele disse al primo: «O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste, opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora, dunque, se tu hai visto costei, di’: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose: «Sotto un lentisco». Disse Daniele: «In verità, la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti squarcerà in due». Allontanato questi, fece venire l’altro e gli disse: «Stirpe di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai sorpresi insieme?». Rispose: «Sotto un leccio». Disse Daniele: «In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco, l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano, per tagliarti in due e così farti morire».
Per Susanna, vinta la prova della fedeltà con l’accettazione della morte, il Signore sceglie la via della manifestazione della sua presenza che è di liberazione e di salvezza. Per liberare Susanna dalla morte si serve di Daniele, suo profeta e amico.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci servi del Signore dalla più alta e piena obbedienza.

Supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti
Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30
9 APRILE
La mediazione nella preghiera del profeta è necessaria perché Dio perdoni il peccato e ristabilisca l’uomo nella sua giustizia. Primo mediatore nella preghiera è Abramo.
Siccome Abramo aveva detto della moglie Sara: «È mia sorella», Abimèlec, re di Gerar, mandò a prendere Sara. Ma Dio venne da Abimèlec di notte, in sogno, e gli disse: «Ecco, stai per morire a causa della donna che tu hai preso; lei appartiene a suo marito». Abimèlec, che non si era ancora accostato a lei, disse: «Mio Signore, vuoi far morire una nazione, anche se giusta? Non è stato forse lui a dirmi: “È mia sorella”? E anche lei ha detto: “È mio fratello”. Con cuore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo». Gli rispose Dio nel sogno: «So bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. Ora restituisci la donna di quest’uomo, perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci, sappi che meriterai la morte con tutti i tuoi». Abimèlec chiamò Abramo e gli disse: «Che cosa ci hai fatto? E che colpa ho commesso contro di te, perché tu abbia esposto me e il mio regno a un peccato tanto grande? Tu hai fatto a mio riguardo azioni che non si fanno». Poi Abimèlec disse ad Abramo: «A che cosa miravi agendo in tal modo?». Rispose Abramo: «Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre ella è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie. Quando Dio mi ha fatto andare errando lungi dalla casa di mio padre, io le dissi: “Questo è il favore che tu mi farai: in ogni luogo dove noi arriveremo dirai di me: è mio fratello”». Allora Abimèlec prese greggi e armenti, schiavi e schiave, li diede ad Abramo e gli restituì la moglie Sara. Inoltre Abimèlec disse: «Ecco davanti a te il mio territorio: va’ ad abitare dove ti piace!». A Sara disse: «Ecco, ho dato mille pezzi d’argento a tuo fratello: sarà per te come un risarcimento di fronte a quanti sono con te. Così tu sei in tutto riabilitata». Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec, sua moglie e le sue serve, sì che poterono ancora aver figli. Il Signore, infatti, aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec, per il fatto di Sara, moglie di Abramo (Gen 20,1-18).
Anche a Giobbe il Signore chiede di pregare per i suoi tre amici perché fosse perdonato il loro peccato. Essi non avevano parlato con saggezza del Signore.
Dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe» (Gb 42,7-8).
Quando il profeta può essere mediatore in favore del suo popolo? Quando è vero profeta del Dio vivente. Quando cioè porta al popolo la vera Parola di Dio. Se non è vero profeta, neanche potrà essere vero mediatore, perché è la verità della profezia che lo fa vero nella mediazione. Mosè è vero profeta ed è anche vero mediatore.
Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
È verità che vale per ogni battezzato, ogni cresimato, ogni diacono, ogni presbitero, ogni vescovo, ogni papa. Tutti sono stati costituiti profeti del Dio vivente, anche se per ordine e grado differente. Tutti sono anche mediatori di preghiera. Quando la loro mediazione è vera? Quando è vera la loro profezia. Se la loro profezia è falsa, anche la loro mediazione è falsa. Nella profezia falsa, la preghiera non raggiunge il cuore di Dio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia sempre vero nella profezia.

Non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto
Dn 3,14-20.91-92.95; C Dn 3,52-56; Gv 8,31-42
10 APRILE
Per obbedire alla Legge del Signore la cui essenza è tutta nel primo Comandamento che obbliga a non avere altro Dio all’infuori dell’unico Dio vivo e vero, che è il Dio che ha liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto, Dio da amare con tutto il cuore e tutta l’anima, si deve essere pronti a dare anche la vita, se il Signore chiede che la nostra fede in Lui sia sigillata con il sangue. La salvezza eterna è solo nell’obbedienza.
«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti (Es 20,2-6). Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,4-9).
Sadrac, Mesac e Abdènego sono convocati dal re. Sono accusati di non servire e non adorare gli dèi di Babilonia. la disobbedienza va punita con la morte. Non è possibile che il re emani un editto e i suoi sudditi lo trasgrediscano impunemente. Il re li ammonisce severamente, pena la morte, di non trasgredire la sua legge. Loro manifestano al re la volontà di obbedire e di adorare solo il Dio dei loro Padri. Il loro Dio è capace, perché onnipotente, di liberarli dalla morte. Se però il loro Dio chiedesse loro una fede in Lui che passasse attraverso la morte, essi sarebbero disposti a lasciare questo mondo, anziché trasgredire la volontà del loro Dio. Constatata la loro ferma volontà di non adorare i falsi dèi pagani, il re ordina che vengano gettati in una fornace ardente. Così di essi non resterà neanche il ricordo delle ossa.
Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto». Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio.
Nell’obbedienza alle Legge, il Signore si rivela nella sua onnipotenza e fa la differenza tra Lui e gli dèi pagani, che sono vanità e stoltezza. Il re vede l’onnipotenza vera del Dio di Abramo, il solo capace di liberare i suoi da una fornace ardente, e lo confessa vero Salvatore. Nessun altro avrebbe potuto farlo. Di questa verità si deve convincere il cristiano. La sua obbedienza rivela la verità del suo Signore, manifesta la sua gloria.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci grandi nell’obbedienza per tutti i nostri giorni.

Da parte tua devi osservare la mia alleanza
Gen 17,3-9; Sal 104; Gv 8,51-59
11 APRILE
Esaminiamo la storia di Abramo. Viene chiamato dal Signore. Obbedisce. Abbandona la sua terra e i suoi. Giunge nella terra di Canaan con la moglie e con il nipote Lot. È senza figli. La moglie è sterile. Umanamente parlando quest’uomo non ha futuro. Eppure con quest’uomo senza futuro umano il Signore stringe un’alleanza. Il contenuto delle parole attesta che solo Dio che promette può realizzare quanto solennemente giurato. Ti renderò padre di una moltitudine di nazioni. Abramo è senza figli. Ti renderò molto, molto fecondo. Sua moglie è sterile. Ti farò diventare nazione e da te usciranno dei re: Abramo è solo. In più il Signore aggiunge che la sua alleanza non è solo con Abramo, ma anche con tutta la sua discendenza di generazione in generazione, come alleanza perenne. Farà questo per essere il suo Dio e della sua discendenza dopo di lui. Altra promessa. La terra dove oggi Abramo è forestiero, tutta la terra di Canaan, la darà a Lui in possesso per sempre e alla sua generazione dopo di lui. Come oggi è il Dio di Abramo, domani sarà il Dio della sua generazione.
Andiamo per un attimo alla prima pagina della Scrittura. Niente esiste. Per la Parola onnipotente del Signore tutto viene creato. Anche con Abramo nulla esiste. Solo lui ormai vecchio e sua moglie che è sterile. Dall’uomo nulla potrà venire. La materia preesistente, che è Abramo e Sara, è naturalmente incapace di qualsiasi vita. Non c’è futuro per loro. Il futuro è un dono di Dio, una sua creazione. Questa è la verità del nostro Dio. Quando l’uomo si lascia prendere dal Signore così come la polvere si è lasciata impastare da Lui, poi sarà Lui a soffiare l’alito della vita e tutto comincia. Questa pagina della Scrittura deve insegnare ad ogni uomo di Dio che lui è il nulla, il niente. Se lui, il nulla, il niente, si pone nelle mani del suo Signore, il Signore compirà attraverso la sua vita ogni sua volontà. Nulla gli sarà impossibile, perché Lui è l’Onnipotente, il Signore, il Creatore di tutte le cose presenti, passate, future. Questa fede è essenza nella relazione con il Signore. Ma è vera fede quando ci si consegna a Lui perché faccia la sua opera, secondo momenti, tempi, modalità da Lui scelti. Quando invece questa fede viene meno, è allora che l’uomo prende la sua vita nelle sue mani, abbandona il suo Dio, si consolida nella sua sterilità, si fonde nella sua nullità. Con lui il Signore niente potrà operare perché la sua fede è venuta meno.
Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione.
Come di questa alleanza e perché se ne ricordi per tutti i giorni della sua vita, il Signore chiede che vengano circoncisi tutti i maschi. Con questo segno nella carne, ogni uomo si sarebbe ricordato che lui non solo è figlio della promessa fatta da Dio ad Abramo, ma anche che lui è portatore della stessa promessa. Dio dovrà essere il suo Dio. Il popolo di Dio il suo popolo. La fede di Abramo dovrà essere la sua fede. Come Abramo ha creduto e obbedito, così ogni figlio di Abramo deve credere e obbedire. Se viene meno la fede e l’obbedienza, la promessa del Signore non potrà produrre frutti di vita e di benedizione. La discendenza non solo dovrà essere secondo la carne, ma soprattutto secondo la fede. Infatti accettando la circoncisione e assumendo la fede di Abramo anche gli stranieri e i forestieri potevano divenire popolo di Dio. Sappiamo che i profeti sempre hanno chiesto al popolo la circoncisione del cuore per potersi dire popolo di Dio. Circoncisione nella carne e circoncisione nello spirito, nell’anima devono essere una cosa sola, inseparabile in eterno. Si è vera discendenza di Abramo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri figli della fede nel corpo, nell’anima, nello spirito.

Forse si lascerà trarre in inganno
Ger 20,10-13; Sal 104; Gv 8,51-59
12 APRILE
Cristo Gesù ogni giorno veniva messo alla prova con tranelli fatti di articoli legali, non però tratti dalla Legge di Dio pura e santa, ma dalla tradizione degli uomini che si era impadronita della legge del Signore e la maltrattava a suo gusto e piacimento. Solo la divina sapienza dello Spirito Santo e la sua luce sempre attuale hanno fatto sì che Gesù mai cadesse in uno di questi tranelli. Ogni altro mortale sarebbe caduto.
Si misero a spiarlo e mandarono informatori, che si fingessero persone giuste, per coglierlo in fallo nel parlare e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni qual è la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, che noi paghiamo la tassa a Cesare?». Rendendosi conto della loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio». Così non riuscirono a coglierlo in fallo nelle sue parole di fronte al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero (Lc 20,20-26). Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,1-11).
Gesù camminava sempre con questa ghigliottina già armata sul suo collo. Sarebbe stato sufficiente che Lui avesse pronunciato una sola parola ritenuta offensa della Legge o contro di essa – non della Legge di Dio, non della Legge di Mosè e dei Profeti, non della Legge della Scrittura Santa, ma della loro legge e della loro tradizione – e subito la trappola sarebbe scattata e Lui o lapidato o incarcerato o tolto di mezzo con altri metodi. Tutta la vita di Gesù fu spiata e analizzata attimo per attimo, momento per momento, situazione per situazione, parola per parola, gesto per gesto. È evidente che senza la luce dello Spirito Santo mai avrebbe potuto superare le trappole che sempre farisei e scribi ponevano sul suo cammino. Ma Lui era pieno di Spirito Santo.
Geremia, figura del Messia di Dio, è anche lui ogni giorno spiato e messo alla prova. Lo si vuole eliminare, togliere di mezzo. Come supera la prova? Con la presenza del suo Dio. Dio lo assiste e nessuno può prevalere su di lui. Il Signore lo manda e lui va. Il Signore gli mette sulla bocca le sue parole e lui le riferisce. Viene per questo abolita la sofferenza? Nient’affatto. La sofferenza è sempre il sigillo dei veri profeti del Signore. Non c’è missione da parte del Signore, senza lacrime, senza dolore, senza sofferenza, senza croce. Geremia ha una speranza. I suoi nemici non trionferanno su di lui.
Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.
Su cosa si fonda la speranza di Geremia? Solo sulla Parola di Dio. Ti muoveranno guerra, ma non ti vinceranno. Nessuno è più potente del Dio che risuscita i morti.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci una fede invincibile nella Parola del nostro Dio.

Il mio servo Davide regnerà su di loro
Ez 37,21-28; Sal 31; Gv 11,45-56
13 APRILE
Il regno dato da Dio a Davide si divise per il grande peccato di idolatria di Salomone. La consumazione della divisione avvenne sotto il regno di Roboamo. Concretamente fu la sua stoltezza a far sì che undici tribù abbandonassero la casa di Davide. Dopo questo momento il regno non si riunificò più. Il Signore sempre attendeva questa riunificazione, ma invano. I frutti del peccato rimangono nella storia e non vengono più cancellati. Anche se il Signore perdona la colpa e cancella la pena dovuta alle molte o poche trasgressioni, i frutti invece mai li potrà cancellare, distruggere, annullare. Solo alla fine della storia, con la gloriosa risurrezione, sarà sconfitta la morte, ma non saranno però cancellati i frutti del peccato. Infatti tutti coloro che hanno perseverato nel male e non si sono convertiti, periranno nelle tenebre eterne. Regno di Dio e regno di Satana saranno eternamente divisi, senza alcun contatto tra di essi. La riunificazione dei due regni avverrà con il Messia del Signore, secondo la profezia di Ezechiele. Ma non saranno però il regno di Giuda e il regno di Samaria, sarà invece ogni uomo che si lascerà fare corpo di Cristo e vivrà di obbedienza alla sua Parola. Con Cristo il Padre vuole fare un solo regno, un solo ovile, un solo gregge, un solo re, un solo pastore.
Se oggi però si guardano quanti credono in Cristo, si noterà non la divisione in due del corpo di Cristo, ma la frammentazione in mille, diecimila parti dell’unico corpo. Questa frammentazione oggi è quasi universale. Se prima ci si allontanava dalla Chiesa fondata su Pietro, oggi ci si allontana dal Vangelo dato dalla Chiesa. Ma cosa ancora più grave, chi si allontana dalla Chiesa e dal Vangelo sono proprio i figli della Chiesa edificata sulla roccia di Pietro. Vi è però una differenza con le antiche divisioni. Prima erano divisione di ribellione, di affermazione della propria dottrina, oggi sono divisioni di indifferenza. Si rimane nella Chiesa cattolica, però ognuno segue le sue vie e cammina con i suoi pensieri. Ci si appella alla Chiesa, ma non per abbracciare il pensiero di Cristo e di Dio, ma per essere confermati nei proprio pensieri e giustificati nelle proprie vie. Così siamo tutti nello stesso luogo, ma non nello stesso Vangelo, stessa verità, stessa dottrina, stessa morale. Oggi dall’alto non può venire più alcun insegnamento dottrinale certo e sicuro. Non lo si combatte. Lo si accetta anche, ma non si crede in esso. Su di esso si discute, si fanno tavole rotonde, ma solo per accademia. Il cuore è lontano e la mente naviga nelle acque dell’idolatria e dell’immoralità. Ognuno ha il suo Cristo e il suo Vangelo confezionati sulla misura della propria anima e spirito.
E di’ loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni. Non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro iniquità; li libererò da tutte le ribellioni con cui hanno peccato, li purificherò e saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Il mio servo Davide regnerà su di loro e vi sarà un unico pastore per tutti; seguiranno le mie norme, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica. Abiteranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe. In quella terra su cui abitarono i loro padri, abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre; il mio servo Davide sarà loro re per sempre. Farò con loro un’alleanza di pace; sarà un’alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le nazioni sapranno che io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre».
La volontà di Cristo Gesù e del Padre suo è tutt’altra. Loro vogliono che Chiesa visibile e Chiesa invisibile siano una sola Chiesa, che il Cristo visibile e il Cristo invisibile siano una sola cosa; che il Cristo Parola e il Cristo Eucaristia un solo Cristo; che il fondamento invisibile che è Cristo e il fondamento visibile che è Pietro siano un solo fondamento. Purtroppo il peccato ha prodotto queste lacerazioni e il peccato le fa vivere oggi sulla nostra terra. Si può rimediare? Solo con la personale conversione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepolo di Gesù si converta al vero Cristo.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori
Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,5-11; Lc 22,14-23,56
14 APRILE – DOMENICA DELLE PALME
“Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato”. Tutto nella vita del Cristo di Dio è dal Padre. Niente è da Lui stesso. Da Lui stesso è solo la volontà della sua natura umana interamente consegnata al Padre. Nel Messia del Signore è come se avvenisse in ogni istante un trapianto di volontà. Il Messia si priva della propria e al suo posto mette quella del Padre. Il Signore gli dona una lingua da discepolo e Lui si lascia donare la lingua. Questa le serve per indirizzare con sapienza e saggezza, intelligenza e conoscenza una parola allo sfiduciato. Chi è sfiduciato? Colui che ha perso la fede nel suo Dio e di conseguenza è anche senza speranza. La vera speranza nasce sempre dalla vera fede. Si perde la vera fede, si perde anche la vera speranza. Oggi si è persa la vera fede, quale speranza potrà abitare nel cuore di un uomo? Nessuna vera. Quelle che vi abitano sono tutte false. Né si può sperare in una persona senza fede. Senza Dio non si costruisce la vita dell’uomo e senza di Lui la città neanche si edifica. Così il Salmo.
Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella. Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno. Ecco, eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici (Sal 127 (126) 1-5).
Il Messia viene per dare ai cuori la vera fede, la vera speranza, la vera carità. Può fare questo perché ogni giorno il Padre lo ammaestra con il suo Santo Spirito. “Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli”. Non si ascolta il Signore una sola volta in vita. Poiché ogni Parola del Messia dovrà essere Parola del suo Dio, per ogni Parola da dire il Signore chiede l’ascolto. Lui è sempre con l’orecchio teso verso il Signore Dio. Questi parla e lui riferisce, il Signore gli apre l’orecchio per mettere in esso la sua Parola e il Messia lascia che il Signore agisca secondo la sua volontà. “Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. Chi deve riferire la Parola di Dio è obbligato ad ascoltare la Parola di Dio. Se la Parola di Dio non viene ascoltata, neanche la si potrà riferire.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
L’uomo che è nel peccato, l’uomo di peccato non ama la Parola di Dio e per questo perseguita e uccide coloro che gliela portano. Il Messia nella sofferenza vive una caratteristica tutta sua. Lui si consegna alla sofferenza, al dolore, a tutto il male fisico. “Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. Non vi è sofferenza alla quale Lui si sia sottratto. Lui alla passione si è consegnato, si è dato volontariamente. A Lui hanno fatto tutto il male che hanno voluto. L’uomo di peccato non ha limite nel male.
Il Messia si consegna alla sofferenza senza alcun limite, perché la sua fede nel Signore Dio è grande. “Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso”. Lui non sarà confuso, né resterà svergognato, perché il Signore Dio verrà con tempestività con la gloriosa risurrezione e attesterà per Lui, rivestendolo di gloria eterna e immortale. Sempre il Signore Dio darà la gloria del cielo a coloro che, per compiere la missione da Lui affidata, hanno perso la gloria terrena. Si tratta di uno scambio di gloria. La gloria della terra per la gloria dell’eternità. Il guadagno va al di là di ogni confronto.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci strumenti per il dono della vera fede ad ogni cuore.

Ti ho formato e ti ho stabilito
Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11
15 APRILE
Chi parla è il Padre: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio”. Egli parla del suo Cristo. Di Lui si compiace. Perché si compiace? Perché il suo Messia fa solo la sua volontà. Il Padre dice e Lui esegue. Il Padre comanda e Lui obbedisce. Il Padre ordine e Lui realizza. Il Padre si compiace solo di chi fa la sua volontà. Il Messia la compie in modo divinamente perfetto. Perché il suo Cristo possa fare sempre e solo la divina volontà, il Padre lo ha colmato del suo Santo Spirito: “Ho posto il mio spirito su di lui”. Sappiamo che lo Spirito è stato dato tutto al Messia. Lui non ha una fiammella di Spirito Santo come è avvenuto per gli Apostoli. Lo Spirito è stato versato tutto su di Lui. Lo richiede la sua missione. ”Egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento”. È una missione che richiede tutto lo Spirito Santo in tutta la sua sapienza, fortezza, scienza, conoscenza, intelletto, timore del Signore, la sua pietà e il suo amore.
Il Messia sarà come un ottimo medico, compassionevole, caritatevole, misericordioso, pietoso. Dovrà ascoltare, visitare, trovare ogni cuore affranto, malato, sofferente, sfiduciato, stanco, oppresso, quasi moribondo, piegato sotto il peso del peccato e ad ognuno dovrà dare la giusta medicina al fine di guarire e di tornare nella vita piena. Non dovrà essere solo missione di purissima verità, ma anche missione di elevatissimo amore. Dovrà dare tutta la verità del Padre, ma anche tutta la carità del Padre. Non si può separare la carità dalla verità, ma neanche la verità dalla carità. Una carità senza verità non redime. Una verità senza carità non salva, non attrae a Cristo Signore. Il grande errore della nostra missione è in questa separazione della verità dalla carità e della carità dalla verità. Questa separazione è però il frutto del nostro distacco dallo Spirito Santo. Se il Messia è interamente avvolto nello Spirito di Dio, non possiamo pensare di vivere la missione senza lo Spirito. Dal peccato si fa una missione di peccato. Dalla trasgressione una missione di trasgressione, dalla santità una missione di santità, dalla pienezza di Spirito Santo una missione altamente cristica.
Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Il Messia non è dalla sua volontà, né tanto meno dai suoi pensieri. Lui è sempre e tutto dalla volontà di Dio, da Lui voluto, pensato, formato stabilito: “Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”. Sono pertanto in grande errore coloro che oggi vogliono separare Dio da Cristo e Cristo da Dio. Nulla opera il Padre senza Cristo. Tutto opera per Lui, in Lui, con Lui. Il Messia non è Messia dei cristiani. Questi sono cristiani perché si sono convertiti a Lui, hanno accolto il suo Vangelo. Il Messia è mandato da Dio per portare la salvezza ad ogni uomo, anche alle isole lontane. L’universalità della missione del Messia è verità rivelata. Possiamo modificare le forme storiche della missione, mai però possiamo abolire la missione. Essa è essenza, natura, vita del Messia. Se si priva il Messia della missione è come se lo si privasse del suo cuore, sua anima, suo spirito.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che Cristo mai sia privato della sua missione.

La mia salvezza fino all’estremità della terra
Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38
16 APRILE
Il Cristo di Dio non si è costituito Cristo di Dio da se stesso. Nell’eternità è dal seno del Padre. Da Lui generato prima di tutti i secoli. Nulla esisteva e Lui era Dio, in principio, presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto. Il Verbo di Dio, come vero Cristo di Dio, si fa carne nel seno della Vergine Maria, non per sua volontà, ma per volontà del Padre che lo ha costituito suo Mediatore unico e universale della redenzione e della salvezza e di ogni altro dono che dal suo cuore deve giungere al cuore dell’uomo. La mediazione di Cristo Gesù non è solo discendente, dal Padre, per Lui, all’uomo, ma è anche ascendente, dall’uomo, per Lui, al Padre. È tutta questa la sua mediazione unica e universale? Assolutamente no. La sua è anche mediazione orizzontale. Dall’uomo, per Cristo, all’uomo. Non solo non si può andare al Padre in pienezza di verità e carità senza il Cristo, ma neanche si può andare all’uomo in pienezza di verità e di amore senza di Lui.
La mediazione vera è ascendente, discendente, orizzontale. È tutto qui? Questa è solo una parte della sua mediazione. La mediazione è perfetta, vera, giusta, produttrice di ogni frutto di verità, carità, salvezza, redenzione, pace, comunione, vita eterna, se è in Cristo, per Cristo, con Cristo. Tutto questo è sufficiente? Non ancora. Se essa è in Cristo, per Cristo, con Cristo, necessariamente dovrà essere con la Chiesa, per la Chiesa, con la Chiesa. Di quale Chiesa si tratta? Di quella che è fondata dal Cristo di Dio sulla roccia che è Pietro. Questa Chiesa è una sola: quella che è insieme una, santa, cattolica, apostolica. Fuori di questa Chiesa nessuna mediazione vera, efficace, fruttuosa sarà possibile. Manca il corpo visibile di Cristo che è inseparabile da quello invisibile. Questa mediazione – va ripetuto con fermezza – non è stata voluta da Cristo e neanche dal suo corpo che è la Chiesa. È stata voluta dal Padre dei cieli che ha stabilito di ricapitolare tutto in Cristo, nel Figlio del suo amore. Pertanto sono fuori della rivelazione, fuori della Scrittura, fuori del Vangelo, fuori della verità rivelata quanti oggi asseriscono, insegnano, predicano che ogni religione è via per andare a Dio. Ogni religione deve essere dichiarata bisognosa del Cristo di Dio se vuole accedere al Padre secondo verità e giustizia, nel compimento e rispetto della sua volontà.
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Il Cristo di Dio non è stato mandato da Dio solo per il suo popolo. Lui deve portare la salvezza di Dio, del Padre, del Creatore e del Signore dell’uomo fino alle estremità della terra. Nessun uomo né dovrà né potrà vedere Cristo Gesù come un estraneo. Cristo a lui è necessario più che il suo cuore, più che la sua anima, più che il suo spirito, più che la sua stessa vita, più dell’aria che respira e più dell’acqua che lo disseta. Ogni uomo, se vuole tornare ad essere uomo, in una maniera ancora più eccelsa della sua prima creazione, dalla quale irrimediabilmente è caduto, può divenirlo solo per Cristo e per il suo Santo Spirito e per la sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Senza Cristo l’uomo è divorato dalla colpa antica e consumato dai suoi peccati personali. Nessuno può liberarsi dal peccato – ed è questa la vera salvezza – se non per Cristo, in Cristo, con Cristo, nella Chiesa e per la Chiesa, con la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Nel mistero di Cristo è il mistero dell’uomo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci una fede vera, convinta, forte nel mistero di Cristo.

Chi mi accusa? Si avvicini a me
Is 50,4-9a; Sal 68; Mt 26,14-25
17 APRILE
Gesù, in un lungo dialogo con i Giudei, dichiara che nessuno di loro potrà dimostrare che Lui ha peccato, cioè ha trasgredito la Legge del Signore suo Dio e Padre. Lo si può accusare di peccato per cattiveria, calunnia, menzogna. Ma l’accusa non potrà essere provata. Lui è il Santo, il Giusto, l’Innocente. Lui è anche la verità e la luce.
A queste sue parole, molti credettero in lui. Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». (Gv 8,30-47).
Dai Vangelo sappiamo che Gesù fu arrestato con nessun capo di accusa. Lo si fabbricò accusandolo di bestemmia. Ma fu la verità ad essere dichiarata bestemmia. Su questa falsa accusa lo si presentò a Ponzio Pilato trasformando l’accusa religiosa in accusa politica. Pilato non trovò in Gesù nessuna colpa. Sapeva invece che gli era stato consegnato per invidia. Fu condannato alla pena capitale per crocifissione solo per ragioni di volontà. Vogliamo che sia colpevole. Vogliamo che sia crocifisso. Nessuna colpa politica gli è stata contestata e neanche una colpa religiosa. La storia, se vuole essere onesta con se stessa, dovrà sempre gridare al mondo che Gesù è stato condannato solo per odio contro di Lui, ma non per una qualche colpa. Lui non ha mai conosciuto il peccato. Se lo avesse conosciuto, non sarebbe nostro Redentore.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
Anche oggi l’odio del mondo si sta riversando tutto su Cristo. Lo si vuole cancellare dalla religione. In essa vi è posto per tutti i peccatori, tutti i traditori, tutti gli ingiusti, tutti i delinquenti, per tutti si deve avere misericordia, pietà, compassione, solo per Lui non deve esserci spazio nell’universo religione. Tutto quest’odio contro di Dio ha un solo motivo: gli orrendi peccati, ingiustizie, nefandezze, abomini, immoralità, idolatria in cui siamo precipitati. Più avanzano le nostre tenebre e più aumenta l’odio verso Cristo Gesù. Poiché oggi l’odio è universale, universale è anche il male con il quale siamo coperti. Più il male ci sommerge e più cresce in noi l’odio contro il solo che vuole distruggere e togliere il male dal cuore. Oggi è vera lotta delle tenebre contro la luce.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che almeno i cristiani non tolgano Cristo dal cuore.

Il vostro agnello sia senza difetto,
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15
18 APRILE
Gesù è il vero Agnello della Pasqua. Lui è santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori perché mai ha conosciuto il peccato. Lui si immola per togliere il peccato del mondo e per farsi cibo di vita eterna nel nostro cammino verso la patria del Cielo.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre (Eb 7.26-28).
Gesù è anche il Sacerdote Agnello. Lui dona la sua vita per la nostra vita. Perché Agnello Crocifisso, non gli fu spezzato alcun osso. Gli trafissero invece il costato perché sgorgasse dal suo cuore l’acqua e il sangue della salvezza e della redenzione.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto Gv 19,31-37).
Essendo il cristiano corpo di Cristo, anche lui è Agnello in Cristo per la redenzione e la salvezza dell’umanità. Se il cristiano si conforma in tutto al suo vero Agnello, divenendo agnello nel vero Agnello, anche per lui si compie sulla terra la salvezza. Se invece tra Cristo e il cristiano vi è separazione, nessuna salvezza si potrà compiere.
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. 8In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare.
Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne.
Ecco la solenne vocazione del cristiano: divenire agnello della Pasqua in Cristo Agnello Sacerdote, Re, Profeta, Messia, Servo Sofferente di Dio. Se dal suo costato, attraverso la crocifissione del corpo e del suo spirito alla volontà del Padre, non escono il sangue e l’acqua, nessuna redenzione per lui può nascere. Solo realizzando questa solenne vocazione, per il cristiano viene la salvezza di Cristo Gesù in mezzo agli uomini. Per questo dovrà anche lui essere senza macchia, senza difetti, integro moralmente. Questa verità oggi non si accorda con le moderne teorie sul peccato, totalmente separate dalla Legge del Signore e dall’obbedienza ad essa. Il peccato oggi è questione di coscienza arretrata. La coscienza evoluta nulla riconosce come peccato.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano sia vero agnello che toglie il peccato.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze
Is 52,1 3-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42
19 APRILE
Il Canto del Servo Sofferente di Isaia possiamo paragonarlo al Prologo del Vangelo secondo Giovanni. Se leggiamo tutte le profezie sul Messia del Signore dell’Antico Testamento e tutte le parole del Nuovo che parlano della sua relazione con il Padre, si noterà che manca sempre un apice rivelatore della pienezza della verità. Si legge il prologo e ogni difficoltà scompare. Cristo Gesù è manifestato nello splendore della sua eternità e divinità. Anche la sua missione in ordine alla creazione e redenzione è luminosissima. Il Prologo è la luce che illumina di verità perfettissima tutta la Scrittura. Così si può dire del Canto del Servo Sofferente. Esso dona luce eterna, divina e umana, luce senza alcuna ombra, alla sofferenza del Servo. Tutti parlano del Giusto che soffre. I Salmi abbondano di descrizioni di dolore. Ecco la luce piena: il dolore, la sofferenza sono stati assunti volontariamente da Lui al fine di espiare i nostri peccati, per la remissione delle nostre colpe, per la cancellazione della nostra pena. Il suo dolore è vera espiazione vicaria. Tutto ha fatto per amore al posto nostro, in vece nostra. Tanto grande è la sua carità. Per salvare noi si è fatto crocifiggere Lui.
Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.
Come, all’inizio del tempo, il Padre creò il cielo e la terra per mezzo del suo Verbo Eterno, il suo Figlio Unigenito, così nel tempo “crea” la redenzione attraverso l’espiazione vicaria per mezzo del suo Figlio Eterno fatto carne, vero uomo. La mediazione universale nella creazione è oggi mediazione universale nella redenzione. Il compimento della redenzione non è finito. Oggi è il corpo di Cristo, che è la Chiesa, il corpo della redenzione, e ciascuno è chiamato a compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo. Ma per fare questo ognuno deve volere assumere su di sé i peccati del mondo, sempre però come corpo di Cristo, ed espiarli con la sua quotidiana sofferenza. Chi vuole espiare i peccati dei suoi fratelli deve essere come Cristo, agnello senza difetto, persona umile e mite, osservante di ogni Parola del Vangelo, consacrando la sua vita al sommo bene e vivendo di compassione e di perdono anche verso i peccatori più incalliti, in modo speciale verso coloro che lo crocifiggono.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani a essere in Cristo sacrificio di redenzione.

Non dare a un altro la tua gloria
Bar 3,9-15.32-4,4; Ez 36,16-17a.18-28; Rm 6,3-11; Sal 117; Lc 24,1-12
20 APRILE
Perché Gerusalemme è stata distrutta, il suo tempio profanato, saccheggiato, spogliato, depredato, ridotto in macerie, e i suoi figli hanno preso la via dell’esilio? La risposta che dona il Signore attraverso il suo profeta Baruc è una sola. Il suo popolo ha abbandonato la via della sapienza, che è la sola via della vita. Nella sua più pura essenza cosa è la sapienza che il popolo non ha voluto seguire? La sapienza è la conoscenza nella forma più pura e vera della volontà di Dio. Paragonata ad una casa, essa si fonda su due soli pilastri. Il primo pilastro è la Parola di Dio data al suo popolo sotto forma di Legge, Statuti, Decreti, Norme, Prescrizioni. Il secondo pilastro è nel dono dello Spirito Santo che dona l’intelligenza e la comprensione della Parola data da Dio e anche la fortezza per attuare ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio.
Se uno di questi due pilastri viene abbattuto, anche l’altro crolla. Oggi si è voluto, si vuole abbattere il pilastro della Parola Scritta, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Si vuole cancellare il Vangelo dalla nostra vita. Tutto ciò che è di Cristo e conduce a Lui lo si vuole abolire, distruggere, annientare. Ognuno ha deciso di tenere solo il pilastro dello Spirito Santo e della sua mozione interiore. Tolto il pilastro dell’oggettività della Parola, l’altro pilastro ha perso anch’esso ogni oggettività. È stato trasformato in puro sentimento, giungendo fino a dichiarare il male bene e il bene male. La stessa cosa dicasi di coloro che vogliono abolire il pilastro dello Spirito in nome di una Legge da osservare in ogni sua prescrizione. In questo caso ci ammonisce San Paolo che la lettera uccide, mentre lo Spirito vivifica. Parole e Spirito Santo devono essere una cosa sola. Lo Spirito che ha dato la Parola deve essere lo stesso che la interpreta, offrendoci ogni giorno lo splendore e la luminosità di tutta la sua verità.
Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. Impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace. Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con la sua intelligenza, colui che ha formato la terra per sempre e l’ha riempita di quadrupedi, colui che manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; 5egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. Egli ha scoperto ogni via della sapienza e l’ha data a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo amato. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini. Essa è il libro dei decreti di Dio e la legge che sussiste in eterno; tutti coloro che si attengono ad essa avranno la vita, quanti l’abbandonano moriranno. Ritorna, Giacobbe, e accoglila, cammina allo splendore della sua luce. Non dare a un altro la tua gloria né i tuoi privilegi a una nazione straniera. Beati siamo noi, o Israele, perché ciò che piace a Dio è da noi conosciuto.
Si può anche dire che la casa della Sapienza si regge su sette colonne, che sono le tre virtù teologali della fede, speranza, carità e le quattro virtù cardinali della prudenza, fortezza, giustizia, temperanza. Chi governa la casa della Sapienza è lo Spirito Santo. Non appena si esce da questa casa, si cade in molteplici schiavitù. Oggi, poiché gli uomini hanno deciso di escludere dalla loro vita Cristo Signore e, con Cristo, il vero Dio e il vero Spirito Santo, la vera Chiesa e la vera grazia, le schiavitù si sono moltiplicate all’infinito. Sono innumerevoli. Le prime schiavitù sono quelle della superbia, avarizia, lussuria, ira, invidia, gola, accidia. Queste schiavitù sono madri di molte altre schiavitù. La schiavitù dell’autodeterminazione, che con l’aborto distrugge l’umanità alle sorgenti della vita. Quella della concupiscenza, che con il divorzio manda in frantumi la culla in cui l’umanità vive e cresce. Quella della disperazione, che conduce o al suicidio o all’eutanasia. Quella dei desideri senza alcuna verità, che creano ogni disordine.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate dimorare il cristiano sempre nella casa della Sapienza.

Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno
At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp. 1 Cor 5,6b-8; Gv 20,1-9
21 APRILE – DOMENICA DI PASQUA
Gesù è un frutto, non un albero. Se fosse un albero avrebbe una vita tutta sua, distinta e separata, autonoma e indipendente. Poiché invece è un frutto, Lui è tutto dall’albero in ogni momento della sua esistenza eterna e nel tempo e anche dopo il tempo. Nell’eternità il Verbo è generato dal Padre. Lui è luce da luce, Dio vero da Dio vero. Della stessa sostanza del Padre. Con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo, è una sola sostanza divina. Tre sono le Persone. Una è invece la natura. È il mistero della Santissima e Beata Trinità. Il Padre ha voluto con decreto eterno, nella Sapienza dello Spirito Santo che il Figlio si facesse carne per operare l’umana redenzione. Nello Spirito Santo il Padre ha scritto nelle profezie, nei giuramenti, nelle promesse tutta la vita del Figlio nella sua vera umanità. Se si esaminano una per una ogni profezia e promessa del Padre, uno per uno i suoi giuramenti, una per una le sue parole, si dovrà confessare con rigore scientifico e grande onestà morale che tutto l’Antico Testamento si compie in Cristo Gesù. La vita di Gesù scorre tutta nella Parola scritta per Lui dal Padre, nel suo Santo Spirito. Il fine di tutta la storia della salvezza è Cristo. Il fine di tutto l’Antico Testamento è Cristo. il fine di tutta l’umanità è Cristo. Tutto è Cristo per ogni uomo. Si toglie Cristo, l’uomo rimane senza fine. Una vita senza vero fine è condannata alla futilità, alla vanità, al nulla. Oggi l’uomo non si sta consumando nel suo nulla e nella sua vanità? Il fine dell’uomo oggi sono le infinite frivolezze.
San Pietro, annunziando la risurrezione, di cui gli Apostoli sono i testimoni prescelti, subito dichiara che l’Autore di essa è Dio. Quel Dio che ha scritto la vita di Cristo Gesù prima della sua nascita è lo stesso Dio che scende nella tomba e lo risuscita. Non solo lo risuscita, lo costituisce anche Giudice dei vivi e dei morti. Dovendo però il Giudice giudicare sul fondamento di una Legge, la Legge sulla quale il Giudice ci giudicherà è la sua Parola, il suo Vangelo. Per questo è necessario che ogni uomo a Lui si converta e creda nella sua Parola. Il giudizio sarà per lui favorevole e sarà accolto nel suo regno eterno. Non è Gesù che fa qualcosa per sé. Chi fa ogni cosa per Gesù è il Padre. Chi è il Padre di Gesù? È il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe. È quel Dio che ha chiamato i figli d’Israele perché fossero i portatori per l’umanità della sua promessa di benedizione e di salvezza che è in Cristo Gesù. È chiaro che i primi beneficiari di questa promessa devono essere per volontà di Dio proprio i figli di Abramo e per essi il mondo intero.
Pietro allora prese la parola e disse: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
La salvezza è nel nome di Gesù. Non per volontà di Gesù, ma per volontà del Padre. Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Non vi è altro nome sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. Questa verità eterna non è venuta dal cuore di Gesù, ma dal cuore del Padre. Gesù è il fine di ogni cosa. In Lui ogni fine si raggiunge. Senza di Lui nessun fine è raggiunto. Oggi l’umanità ha deciso di essere senza Cristo Signore. Ha deciso di essere senza il vero fine. Quali sono i fini oggi perseguiti dall’uomo? O sono fini effimeri, vani, stolti, insipienti, frivoli. Oppure sono fini di peccato, morte, devastazione, distruzione, catastrofe. Senza Cristo neanche vediamo lo sfacelo del nostro essere in disfacimento. Lo si può vedere solo con la luce di Cristo. Lui è la luce del mondo e solo alla sua luce l’umanità può vedere le tenebre nelle quali si è immersa con sua responsabilità eterna.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che Cristo ritorni ad essere il vero fine della Chiesa.

Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni
At 2,14.22-32; Sal 15; Mt 28,8-15
22 APRILE
Il Verbo di Dio, che dall’eternità è Dio e presso Dio, in principio, nel tempo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Il Padre ha voluto la sua incarnazione per dare ad ogni uomo la grazia e la verità, la vita eterna e la luce, la risurrezione nell’ultimo giorno. Il Figlio viene, annunzia la volontà del Padre, non la sua. Invita alla conversione alla Parola, necessaria per entrare in possesso della benedizione promessa ad Abramo. Il mondo dell’iniquità e il suo regno non tollerano ingerenze. Fin dal primo istante ostacolano la missione di Gesù, con un solo desiderio nel cuore: toglierlo di mezzo, eliminarlo, estirparlo dalla nostra terra. Gesù è però nelle mani del Padre ed è custodito più che la pupilla dei suoi occhi. Quando la sua missione è finita, quando tutte le profezie sono state compiute, quando il Padre è stato da Lui dichiarato vero in ogni sua parola, profezia, giuramento, Gesù volontariamente si è consegnato nelle mani dei suoi nemici, di quanti volevano la sua morte. Ma anche la morte per crocifissione è profezia del Padre ed anche questa si deve compiere. Neanche quando Cristo Gesù è nella tomba, il mondo dell’iniquità è sicuro della sua vittoria. Pensa che Gesù sarebbe potuto risorgere. Perché nessuno toccasse il suo corpo e mettesse nella storia una falsa notizia, fecero sigillare la tomba, ponendo a custodia delle loro guardie. Così dopo il terzo giorno la loro vittoria sarebbe stata proclamata con grande enfasi. Abbiamo sconfitto per sempre la luce. Ma sempre i pensieri dell’uomo distano da quelli di Dio, come l’oriente dista dall’occidente. Sono proprio le guardie i testimoni del mondo dell’iniquità che Gesù è risorto. Sono essi che attestano che nessuno è venuto e nessuno ha rubato il corpo del Cristo sepolto. È il panico. Urge correre ai ripari con una menzogna che tutta la storia attesterà che non è in alcun modo verità. Cristo risorto è il Signore della storia. Questa mai potrà negare che Lui non sia risorto. Essa è tutta nelle mani del Risorto. È Lui il suo Signore.
Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
In sé cosa è la risurrezione nella sua verità più pura e più santa? Essa è il sigillo di Dio, del Creatore e del Signore del cielo e della terra, del Dio che ha chiamato Abramo e lo ha costituito padre di una moltitudine, del Dio che ha creato il suo popolo, e Cristo Gesù è il suo Messia, il suo Eletto, il suo Figlio Amato, da Lui costituto Salvatore, Redentore, Giudice, Signore di tutto l’universo. Risuscitando Gesù dalla morte, il Padre ha confermato ogni Parola precedentemente detta dal Figlio suo. Gesù con la sua missione fino alla morte di croce ha attestato che ogni Parola del Padre si è compiuta nella sua vita. Anche la risurrezione è Parola del Padre. Il Padre con la risurrezione conferma che ogni Parola di Gesù è purissima verità, perché sua Parola, Parola del Padre detta per mezzo del Figlio. Questo significa che se il Dio di Abramo ha posto il suo sigillo su Gesù di Nazaret, nessun adoratore del Dio di Abramo potrà più dirsi vero adoratore se non accoglie Cristo in ogni sua Parola. Vale anche per tutta l’umanità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci di fede vera e pura in Cristo Gesù, nostro Signore.

Salvatevi da questa generazione perversa!
At 2,36-41; Sal 32; Gv 20,11-18
23 APRILE
La risurrezione è un evento storico. Testimone di essa non è una sola persona, ma una moltitudine. Quando San Paolo vuole ravvivare la fede in Cristo Risorto, ormai quasi spenta nella comunità di Corinto, ricorda che essa si fonda sulla testimonianza.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto. Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini (1Cor 15,1-19).
La risurrezione è un evento storico. Di essa vi sono i testimoni oculari. È l’evento che deve creare la risurrezione di ogni altro uomo, chiamato a passare dalla corruzione della carne alla vita nuova dello Spirito Santo. Anche il significato della risurrezione, la sua finalità antropologica va testimoniata e annunziata. Dio ha costituito Signore e Cristo, Gesù, il Crocifisso che è il Risorto. Questo annunzio di salvezza ha bisogno anch’esso dei testimoni. Chi sono i testimoni? In primo luogo gli Apostoli e poi ogni discepolo che per la fede in Gesù è passato dalla morte alla vita, dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio. Il discepolo deve essere il testimone di ogni annunzio che lui fa su Cristo. Se lui dice che Cristo è vita, lui stesso deve essere vita. Se dice che Cristo è luce, lui stesso deve essere luce. Se dice che Gesù è risorto, lui deve essere risorto in Cristo e attestarlo con una vita vissuta con Cristo per Cristo.
Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
La Parola di Pietro entra nei cuori perché piena di Spirito Santo. Trafitti dallo Spirito, essi si aprono alla conversione, accolgono Cristo, si lasciano battezzare nel suo nome, abbandonano la generazione malvagia nella quali essi vivono. La missione di salvezza è stata fatta da Cristo Gesù e dallo Spirito Santo. Fino alla consumazione dei secoli, essa dovrà essere vissuta dal discepolo di Gesù e dallo Spirito Santo. Più lo Spirito Santo cresce nel discepolo e più la sua potenza di salvezza sarà grande. Un discepolo povero di Spirito del Signore è anche povero di frutti di conversione. Non ci si converte alla carne, ma a Cristo Gesù. Chi converte a Cristo è lo Spirito di Cristo, portato dal discepolo. Chi vuole convertire a Cristo deve crescere nello Spirito di Cristo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che cresciamo nello Spirito del Signore, sempre.

Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!
At 3,1-10; Sal 104; Lc 24,13-35
24 APRILE
Quando Gesù inizia la sua missione, mosso dallo Spirito Santo, si reca a Nazaret e nella sinagoga dichiara quale sarà il programma che Lui dovrà realizzare, programma non scritto da Lui, ma dal Padre suo e affidato alle scritture profetiche.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,16-21).
Anche Pietro e Giovanni manifestano al mondo il programma che il Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, ha scritto per essi. Lo potranno attuare solo se la loro fede in Cristo è sempre animata, mossa, guidata, sorretta, illuminata dallo Spirito Santo e da Lui ogni giorno fatta crescere fino a divenire un grande albero nel cuore. Ecco il programma degli Apostoli e, con essi, di ogni altro discepolo di Gesù. Dinanzi a loro vi è una umanità storpia fin dalla nascita, paralizzata nelle gambe, nel cuore, nello spirito, nell’anima. È incapace di vedere, agire, parlare, muoversi sulla via del vero bene. Sta seduta alla porta del tempio del Signore. È fuori dalla casa di Dio. Non è dentro. Questa umanità chiede l’elemosina. Domanda per essa una qualche grazia per le piccole cose necessarie. Usa le cose, ma per una vita che non è vera vita, non pienamente vita. Si sta parlando in termini spirituali e non fisici. Passano Pietro e Giovanni dinanzi a questa umanità. L’umanità nulla sa della potenza della fede che è nel loro cuore. Tratta gli Apostoli come tratta ogni altra persona che passa dinanzi alla sua postazione. Chi deve mostrare la forza rinnovatrice, salvatrice, risanatrice della fede che è in essi sono gli Apostoli. Non è l’umanità che deve chiedere. Sono essi che devono offrire. Sono essi che devono mostrare tutta l’onnipotenza del nome di Cristo nel quale essi credono. Pietro manifesta l’onnipotenza del nome di Gesù il Nazareno e il paralitico cambia vita. Non ha più bisogno dell’obolo di coloro che passano. Possiede tutta la vita nelle sue mani. Con essa può fare qualsiasi cosa. Anche lui per la fede la può trasformare in onnipotenza creatrice e redentrice, capace di cambiare il mondo.
Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
La missione non è solo annunzio di una Parola, anche se di Cristo Gesù. È manifestazione dell’onnipotenza del nome di Cristo Signore nel quale il missionario, l’apostolo, il discepolo credono. Con la celebrazione dei sacramenti l’onnipotenza di Cristo, nello Spirito Santo, opera nell’invisibile. Gli Apostoli e ogni altro discepolo devono operare anche nel visibile. Opera invisibile e opera visibile devono essere una sola opera. Perché vi sia l’opera visibile, occorre che la fede sia forte, robusta, capace di qualsiasi miracolo e prodigio. Quando un discepolo perde la vera fede in Cristo, la sua missione è priva di ogni efficacia. Dice, ma nessun frutto produrrà la sua parola.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la nostra fede in Cristo diventi matura e forte.

Convertitevi dunque e cambiate vita
At 3,11-26; Sal 8; Lc 24,35-48
25 APRILE
La fede non solo va vissuta, va anche illuminata. Pietro ha dato la vita allo storpio fin dalla nascita. È giusto che spieghi al popolo cosa realmente è avvenuto. Lo storpio non sta sano e salvo dinanzi alla gente che si è riunita, perché Pietro ha un qualche potere o una qualche capacità di operare tali meraviglie. Lui non ha alcun potere. Il suo potere è quello di Cristo Gesù nel quale lui ha creduto. Chi ha operato il miracolo è stata la potenza di Cristo che ha agito sullo storpio per la fede riposta nel suo nome. Il Gesù di Pietro è il Crocifisso dagli uomini. È il Risorto dal Padre, il Glorificato dal Dio di Abramo. Non solo Dio lo ha glorificato, ha anche stabilito che solo nel suo nome vi è vita, benedizione, grazia, luce per ogni uomo. Come la fede in Cristo ha dato vita allo storpio, così la fede in Lui darà la vita ad ogni altro uomo, che giace nella paralisi dell’anima, dello spirito, del corpo, dei pensieri, della volontà, dei desideri. La fede non è dell’umanità. Questa sempre sarà senza alcuna fede. A lei basta qualche spicciolo. Essa è invece dell’Apostolo di Cristo Gesù. È l’apostolo, il discepolo, il cristiano che deve camminare con fede forte in Cristo e, per mezzo di essa, manifestare tutta la potenza rinnovatrice e salvatrice posta dal Padre nel suo servo Gesù, il Risorto.
Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra. Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione, perché ciascuno di voi si allontani dalle sue iniquità».
Si può sbagliare nella vita. Si può agire con ignoranza, per non perfetta scienza, per mancanza di dottrina e di verità. Se però Dio interviene direttamente dal cielo e ci rivela qual è il nostro errore, non possiamo più perseverare in esso. Dobbiamo convertirci, cambiare vita, entrare in possesso della verità. Prima che Cristo risuscitasse, si poteva anche dubitare di Lui. La sua Parola non si era ancora compiuta. Gesù invece ha attestato di essere il vero profeta promesso e mandato da Dio perché tutta la sua Parola si è compiuta. Si è compiuta quando ha operato prodigi. Lui comandava e le cose avvenivano. Lui ha chiamato Lazzaro da quattro giorni nel sepolcro e Lazzaro è venuto fuori. Ha detto che Lui sarebbe risuscitato il terzo giorno e la sua parola si è compiuta così come da Lui è stata proferita. Chi, dopo la sua risurrezione dai morti, non si converte e non entra nella verità di Cristo, attesta che non ha agito per ignoranza, ma per malvagità. Chi agisce per ignoranza sempre si converte, avuta la prova della verità. Chi opera per malvagità, rimane ancorato nella sua cattiveria.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai la cattiveria si impossessi del nostro cuore.

Non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome
At 4,1-12; Sal 117; Gv 21,1-14
26 APRILE
La vita della nostra fede è fatta di poche, essenziali verità divine concepite nel cuore e nella mente del cristiano, e di molte altre “pseudo verità” che sono altamente abortive. Non appena una verità divina viene concepita, subito dopo si offre al cuore e alla mente la “pseudo verità” che all’istante provoca la morte della verità divina concepita. Così, mentre da un lato si afferma la verità, dall’altro la si fa abortire. Da un lato la si concepisce e dall’altro la si uccide. Questa è vera strategia diabolica, infernale. Questa strategia ha un solo fine da raggiungere: narcotizzare mente e cuori dei discepoli di Gesù. Vengono convinti che alcuni principi essenziali del loro credo sono mantenuti in vita. In realtà non ci si rende conto che a causa delle “pseudo verità” anche questi principi non esistono più. Con questa diabolica pillola abortiva data da Satana, nessuna verità rimane nel cuore dei credenti. Anche una sola “pseudo verità” basta per cancellare tutta la divina rivelazione e il deposito della fede o della sana dottrina. L’unica via per non divenire complici di Satana è rimanere ancorati alla verità della Scrittura, così come dalla Sacra Tradizione è giunta fino a noi. Se ci separiamo dalla sorgente della verità, se abbandoniamo le verità dogmatiche, per noi è la fine. Subito si cade dalla fede e si entra nella totale falsità. Resta in vita tutto un sistema religioso, che però è stato svuotato di ogni verità divina dalla quale è la nostra salvezza eterna. Non occorrono molte false verità per distruggere tutto l’edificio della nostra fede in Cristo Gesù. Una sola basta. Non occorre una catasta di fiammiferi per incendiare un campo di grano ormai pronto per essere mietuto. Ne basta uno solo, anche piccolissimo. È sufficiente una fiammella quasi invisibile accostata ad un solo stelo di grano e in pochi minuti tutto il campo di grano è ridotto in cenere. Ognuno pertanto è chiamato a vigilare. Deve astenersi dall’ingerire nella sua mente e nel suo cuore anche solo una di queste pillole abortive. Se ne ingerisce anche una sola, la responsabilità è solo sua. Gesù ci ha avvisati a stare attenti ai falsi profeti. L’attenzione è perenne. Mai deve venire meno. Anzi ogni giorno deve crescere sempre di più. Attenti sempre.
Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
San Pietro lo grida come verità assoluta e universale: “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”. Questa verità è eterna, divina, storica, universale, immortale, immutabile nei secoli. Non solo la salvezza è in Cristo, ma essa è Cristo. Si è salvati divenendo un solo corpo con Cristo, una sola vita nella sua vita. Questa verità assoluta, immortale, eterna subito viene fatta abortire con delle pseudo verità che si fondano tutte su una presunta dignità dell’uomo. Si ignora che la dignità dell’uomo è Cristo ed è in Cristo. Senza Cristo l’uomo segue la carne, cammina nel peccato, non cammina né nella verità né nella luce. In nome dell’uomo viene abortita la sola verità che salva l’uomo. Si lascia l’uomo nella morte eterna, perché si dice che Lui non è necessario per andare a Dio. Ognuno può andare a Dio seguendo le sue vie, va però nelle tenebre, non nella luce.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nessuna pseudo verità entri nel nostro cuore.

Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto
At 4,13-21; Sal 117; Mc 16,9-15
27 APRILE
Gesù è nel Sinedrio. Può tacere ciò che Lui ha visto di sé presso il Padre? Mai. Lui è obbligato alla verità di ciò che ha visto e udito nel cielo. Se tacesse, peccherebbe gravissimamente contro la verità vista e udita. Non sarebbe testimone di essa. Neanche dinanzi a Pilato può tacere che Lui è il testimone della verità di Dio e dell’uomo. La falsa testimonianza sulla verità abbandona l’uomo alla perdizione eterna.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca» (Lc 22,66-71). Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,33-38).
Un giorno anche Pietro si trovò nel Sinedrio, ma poiché era privo dello Spirito Santo, rinnegò di conoscere il Signore. Non rese testimonianza alla verità sua e di Cristo Gesù. Oggi è di nuovo nel Sinedrio, è però piano, colmo di Spirito Santo. Con la fortezza e la sapienza, l’intelletto e la scienza dello Spirito, prima dona una risposta attinente alla missione di coloro che lo stanno interrogando: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi”. Voi siete suoi ministri. Nessun ministro del Signore potrà mai dire che si deve disobbedire al Signore e obbedire agli uomini. Subito aggiunge una verità che riguarda gli Apostoli: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. La storia va testimoniata. Storia è ciò che Dio ha operato in Cristo Gesù, dal momento dell’incarnazione fino alla sua gloriosa risurrezione. Storia è anche ogni Parola ascoltata, giunta cioè al loro orecchio. Loro sono e resteranno i testimoni della storia. Se la testimonianza richiede il sigillo del loro sangue, essi sono pronti a versarlo, così come Cristo Gesù ha versato il suo.
Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.
La risposta di Pietro, nello Spirito Santo, è legge eterna ed immortale, intramontabile. Il cristiano è il testimone della verità di Cristo Gesù: verità nel tempo, prima del tempo, dopo il tempo. Verità nella culla. Verità sulla croce. Verità dopo la croce. Verità oggi. Verità domani. Verità sempre. Se oggi Lui viene e parla, anche questa sua verità va testimoniata. Se su di essa si deve versare il sangue, che il sangue sia versato. Nessuna verità di Cristo va taciuta per un interesse umano. Cristo non solo è la verità, è anche il solo valore necessario all’uomo. È il valore senza il quale nulla ha valore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia testimone della verità di Gesù.

Venivano aggiunti credenti al Signore
At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11a .12-13.17-19; Gv 20,19-31
28 APRILE – II DOMENICA DI PASQUA
Quando i discepoli di Gesù conservano integra e pura la Parola del loro Maestro nel cuore e la trasformano in loro vita, sempre si compie ogni promessa da Lui fatta. Se le promesse non si compiono, è segno che noi non siamo né in Lui, né nella Parola.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,14-18). In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò (Gv 14,12-14).
Il Signore ha promesso ai suoi Apostoli che essi avrebbero fatto segni più grandi di quelli da Lui operati e così avviene. Ha anche annunziato che si deve fare un solo ovile sotto un solo pastore, aggiungere le pecore ancora fuori dall’ovile, e anche questa sua Parola si compie. Gli Apostoli devono avere una sola certezza: se loro saranno nella Parola di Cristo, obbedendo ad essa per tutti i giorni della loro vita, sempre il Signore compirà da parte sua quanto promesso. Nessuna sua Parola rimarrà incompiuta. Se osserviamo, sempre con la sapienza dello Spirito Santo, noteremo che quanto avviene con gli Apostoli è in tutto simile a quanto avveniva con Gesù Signore. Accorrevano a Lui da ogni parte, da paesi vicini e paesi lontani. Tutti accorrevano perché vedevano in Gesù la sola Persona che avrebbe potuto dare pace ai loro cuori stanchi e oppressi.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano (Mt 4,23-26).
Ogni Apostolo e discepolo del Signore deve anche lui poter sempre dire ciò che Gesù diceva all’umanità intera. Anzi, ciò che Gesù diceva all’umanità intera dovrà compiersi per mezzo del suo corpo che è la Chiesa. Tutto il corpo è obbligato a compiere la Parola, che è vera promessa immortale di Gesù. Chiesa e Cristo sono una cosa sola.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28-30).
Quanti sono stanchi e oppressi vengono oggi dagli Apostoli del Signore e ricevono ristoro. Vengono colmati di vera speranza. La loro vita può riprendere il cammino.
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.
Alla luce di quanto detto, ognuno è chiamato a verificare se le promesse di Cristo Gesù si compiono nella sua vita, per la sua vita. Se non vengono aggiunti credenti al corpo di Cristo, se non si realizzano opere di consolazione e di creazione di vera speranza, allora il discepolo deve porre rimedio, con una sua vera e reale conversione alla Parola di Gesù. Se lui obbedisce alla Parola, molti altri obbediranno. Se Lui cammina nella Parola molti altri cammineranno. Se Lui vive di Cristo e per Cristo, molti altri vivranno.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano viva di vera obbedienza alla Parola.

È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati
1 Gv 1,5- 2,2; Sal 102; Mt 11,25-30
29 APRILE
San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi rivela che Cristo Gesù, che è senza peccato, fu fatto peccato in nostro favore. Fu fatto cioè sacrificio per l’espiazione dei nostri peccati, cioè dei peccati di ogni uomo. In Lui e per Lui si diviene giustizia di Dio.
L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (1Cor 5,14-21).
La Lettera agli Ebrei parla a noi con divina chiarezza e rivela che Cristo Signore offrì il suo corpo in sacrificio per i peccati. Offrendo il suo corpo, ha offerto tutta la sua vita. L’Autore della Lettera aggiunge al Salmo una frase essenziale: Un corpo invece mi hai preparato. Il Verbo eterno mai avrebbe potuto compiere l’espiazione dei peccati. Assume la carne, si fa carne nel seno della Vergine, con il corpo può essere sacrificio di espiazione per i peccati del mondo. Può essere vero Agnello di Dio.
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre. Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati (Eb 10,5-14).
La verità di Cristo oggi deve essere verità del suo corpo che è la Chiesa. Ogni membro di questo corpo deve lasciarsi fare vittima di espiazione per togliere il peccato del mondo. Ma nessuno può essere vittima, se è nel peccato. Con l’aiuto della grazia di Dio e con la guida dello Spirito Santo, prima deve eliminare il peccato dal suo corpo. Eliminato il peccato e mentre lo elimina può essere anche lui fatto vittima di espiazione.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Tutta questa ricchezza oggi si è come nebulizzata. Nulla rimane nella mente e nel cuore dei discepoli di Gesù. Eppure è la sola via per togliere il peccato del mondo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani a vivere senza peccato per Cristo, in Lui.

Aveva un cuore solo e un’anima sola
At 4,32-37; Sal 92; Gv 3,7b-15
30 APRILE
Il corpo di Cristo è uno, l’anima una, il cuore uno, ma anche la bocca è una. Esso è corpo spirituale e fisico insieme. Come lo si nutre, lo si cura, lo si veste, lo si protegge nell’anima e nello spirito, così va nutrito, nutrito, curato, vestito, protetto anche nel corpo. È falsa ogni fede che pensa allo spirito ma non al corpo, pensa al corpo ma non allo spirito, pensa alla terra e non all’eternità, pensa all’eternità e non alla terra, la fede di chi pensa a se stesso e non agli altri, di chi pensa agli altri e non a se stesso. Si è una cosa sola nell’anima, nello spirito, nel corpo. San Paolo vede l’Eucaristia fortemente profanata, definalizzata, alterata nel suo significato di vivere per Cristo, dal momento che a Corinto non si vive per il corpo di Cristo. Lui con parole di fuoco denuncia questa profanazione, avvisando i Corinzi che ognuno, mangiando Cristo, mangiava la propria condanna, ma anche dicendo che molti erano ammalati per questa profanazione. Gesù non ama che l’Eucaristia sia definalizzata, privata della sua verità.
Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo. Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta (1Cor 11,17-34).
Le forme storiche di essere un cuor solo, un’anima sola, un corpo solo, cambiano, mutano, evolvono. Ognuno però è obbligato dal mistero che vive a sentirsi sempre una sola anima, un solo cuore, un solo corpo con tutti i suoi fratelli di fede. L’Eucaristia va rispettata nella sua finalità, che è essenza, sostanza. Chi mangia di me vivrà per me. Non si vive per Cristo se uno ha fame e l’altro è ubriaco. Le modalità appartengono al singolo. Spetta a lui in ogni circostanza sapere quali forme concrete assumere.
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.
Ogni tempo ha conosciuto svariate forme per essere un solo corpo in Cristo e per Cristo. Chi è nello Spirito Santo sempre saprà cosa fare e come farlo secondo verità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani visibilmente siano un corpo solo.