vangelo del giorno

Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio!

20 NOVEMBRE (Lc 19,11-28)

La parola dell’uomo è l’uomo stesso. Ognuno è la sua parola. Anche in questo l’uomo è ad immagine di Dio. In Dio parola ed essenza coincidono. Mai Dio potrà dire una parola che non sia purissima verità, carità, giustizia, santità. Anche l’uomo avrà sempre una parola secondo la sua natura. La parola è buona, se la sua natura è buona. È invece parola cattiva, se la natura è cattiva. Dio ci giudica secondo le nostre parole. La Scrittura Antica è testimone. Davide mette a morte un uomo per la sua parola.

Dopo la morte di Saul, Davide tornò dalla strage degli Amaleciti e rimase a Siklag due giorni. Al terzo giorno ecco arrivare un uomo dal campo di Saul con la veste stracciata e col capo cosparso di polvere. Appena giunto presso Davide, cadde a terra e si prostrò. Davide gli chiese: «Da dove vieni?». Rispose: «Sono fuggito dal campo d’Israele». Davide gli domandò: «Come sono andate le cose? Su, dammi notizie!». Rispose: «È successo che il popolo è fuggito nel corso della battaglia, molti del popolo sono caduti e sono morti; anche Saul e suo figlio Giònata sono morti». Davide chiese ancora al giovane che gli portava le notizie: «Come sai che sono morti Saul e suo figlio Giònata?». Il giovane che recava la notizia rispose: «Ero capitato per caso sul monte Gèlboe e vidi Saul curvo sulla lancia: lo attaccavano carri e cavalieri. Egli si volse indietro, mi vide e mi chiamò vicino. Dissi: “Eccomi!”. Mi chiese: “Chi sei tu?”. Gli risposi: “Sono un Amalecita”. Mi disse: “Gèttati sopra di me e uccidimi: io sento i brividi, ma la vita è ancora tutta in me”. Io gli fui sopra e lo uccisi, perché capivo che non sarebbe sopravvissuto alla sua caduta. Poi presi il diadema che era sul suo capo e la catenella che aveva al braccio e li ho portati qui al mio signore». Davide afferrò le sue vesti e le stracciò; così fecero tutti gli uomini che erano con lui. Essi alzarono lamenti, piansero e digiunarono fino a sera per Saul e Giònata, suo figlio, per il popolo del Signore e per la casa d’Israele, perché erano caduti di spada. Davide chiese poi al giovane che aveva portato la notizia: «Di dove sei tu?». Rispose: «Sono figlio di un forestiero amalecita». Davide gli disse allora: «Come non hai temuto di stendere la mano per uccidere il consacrato del Signore?». Davide chiamò uno dei suoi giovani e gli disse: «Accòstati e aggrediscilo». Egli lo colpì subito e quegli morì. Davide gridò a lui: «Il tuo sangue ricada sul tuo capo. Attesta contro di te la tua bocca che ha detto: “Io ho ucciso il consacrato del Signore!”» (2Sam 1,1-16).

Il servo malvagio viene condannato per la sua scienza, la sua coscienza, la sua natura.

Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. 

La natura malvagia di questo servo gli fa proferire parole malvage. La natura malvagia giustifica con le sue parole il suo essere stato infingardo, ozioso, noncurante, irresponsabile. Egli giustamente viene condannato. Lo richiede la sua natura.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di natura buona e giusta.