Egli merita che tu gli conceda quello che chiede

Nell’Antica Teologia si studiava un intero trattato sul “merito”, che in parole povere lo si potrebbe definire come il frutto di uno che va a benefizio di altri. Tutta la teologia delle indulgenze si fonda sui meriti di Cristo Gesù, della Vergine Maria, dei Santi del Cielo e anche delle persone giuste, dei veri adoratori di Dio con pronta e immediata obbedienza, della nostra terra. Sempre nella Scrittura Antica per amore di un grande amico di Dio: Abramo, Mosè, Davide, Giobbe e altri, il Signore concedeva la salvezza di intere città e o dell’intero suo popolo.

San Paolo nella sua Lettera ai Romani dice che per l’obbedienza di Cristo, il Signore fa grazia a tutta l’umanità. Tutti possono acquisire la salvezza per la passione e morte di Cristo Signore. Ma anche la risurrezione di Gesù è un frutto maturato sull’albero della croce. Questo frutto Gesù oggi l’ha già fatto gustare alla Madre sia che è in Cielo in corpo ed anima, trasformata in luce, anzi vestita di luce divina ed eterna nella sua anima e nel suo corpo, trasformato in spirito. Domani lo stesso frutto lo gusteranno tutti i giusti, quanti cioè si sono lasciati condurre da una misericordia grande verso di Lui che sempre si è presentato nelle vesti degli afflitti della terra.

Se la grazia della giustificazione è gratuita per chi passa per la fede in Cristo dalla morte alla vita, non lo è per il corpo di Cristo, per la sua Chiesa, chiamata ogni giorno a produrre questo frutto se vuole che quanti sono morti alla vera giustizia e a Dio possano ritornare nella vera luce del Signore Gesù e divenire suo corpo. La Chiesa non giustifica il mondo perché dice parole. Lo giustifica, lo trae fuori della morte, per la sua obbedienza che deve essere perfetta come quella del suo Signore. Il corpo è uno, l’obbedienza è una, la croce è una, l’olocausto è uno, il frutto è uno. Se il corpo di Cristo, nelle sue membra si sottrae all’obbedienza, per esso mai nessuno uomo riceverà la grazia della giustificazione e nessuno la grazia della salvezza.

Ecco allora il concetto vero della misericordia. Tutti coloro che sono salvati dalla misericordia prodotta da Cristo per mezzo del suo corpo fisico e del suo corpo mistico che è la Chiesa, devono divenire operatori di un frutto di misericordia per gli altri, altrimenti si interrompe per essi il circuito della vita. Ma chi interrompe il circuito della vita per gli altri, lo interrompe anche per se stesso e non raggiunge la salvezza del Cielo. È stato giustificato, non ha prodotti veri frutti di santità, arresta il suo cammino di salvezza, non entra nella gloria del Paradiso. Per raggiungere il regno eterno dopo la nostra morte sono necessari i frutti della misericordia. Il nostro chicco deve cadere in terra, morire, produrre molto frutto. È via obbligata per tutti.

Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli:

«Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito (Lc 7,1-10).

È sempre la misericordia verso gli altri che produce un frutto di misericordia sia materiale che spirituale, sia nel tempo che nell’eternità per noi e anche per gli altri. Se noi non siamo misericordiosi con gli altri, Dio non potrà essere misericordioso con noi. Non produciamo alcun frutto di misericordia. Non possiamo raccogliere alcun frutto di misericordia. Questa verità è lontana dalla mentalità religiosa e di fede anche dallo stesso cristiano. Tutti ormai pensano che ogni cosa è loro dovuta per diritto. Ignorano che la misericordia chiesta va fondata sulla misericordia donata, elargita, prodotta. Il centurione ha bisogno di una grazia da parte di Gesù Signore. Gli anziani dei Giudei ricordano a Cristo Signore che quest’uomo è stato misericordioso con loro e loro devono essere misericordiosi con lui. Gesù, che è figlio del popolo al quale il centurione ha fatto del bene, è obbligato in prima persona a fargli del bene. Lui è stato misericordioso con i figli di Abramo e i figli di Abramo dovranno essere misericordioso con lui. È una legge di giustizia la misericordia. Purtroppo questa verità è assai lontana dalla nostra fede. Noi ormai abbiamo una fede fondata solo sul sentimento. Tutto è a noi dovuto. Ignoriamo che se il Signore ci desse il Paradiso senza meriti sarebbe ingiusto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera nella vera misericordia.