Intervento di S.E. Mons. Ciliberti

Prima giornata – 10 maggio 2006

Introduzione di Don Francesco Brancaccio all’intervento di S.E. Mons. Antonio Ciliberti.

Ascolteremo, ora, la parola di S.E. Mons. Antonio Ciliberti, nostro amato Arcivescovo.

La sua presenza di Apostolo e Pastore della nostra Chiesa di Catanzaro Squillace, dove il Signore ha voluto far nascere il Movimento Apostolico il 3 novembre 1979, deve essere colta in tutto il suo senso ecclesiale. Il Movimento Apostolico è consapevole che, nella propria missione, e in obbedienza per la Fede alla Chiesa, è seme e strumento dell’unità della comunione ecclesiale nella Fede, nell’Amore e nella Speranza.

Come ci ha spiegato Mons. Di Bruno, S.E. ci parlerà di movimenti ecclesiali e nuova Evangelizzazione nella Pastorale Diocesana. Ogni movimento deve, infatti, portare il suo specifico contributo nell’Evangelizzazione della realtà locale in cui vive, ponendo ogni impegno affinché il suo Carisma particolare sia interamente travasato e vissuto nella Grazia personale di ogni suo membro.

Rivolgiamo a S.E. tutta la nostra religiosa attenzione.

Intervento di S.E. Mons. Ciliberti

Carissimi, con grande affetto io saluto tutti voi e il Signore, mentre ribadisco la pienezza della mia gioia nell’essere in mezzo a Voi per dare inizio a questo primo Convegno nazionale del Movimento Apostolico.

Questo saluto cordiale e fraterno è per tutti voi, per quanti, pur essendo fisicamente lontani, spiritualmente sono a noi vicini, per quanti sono convenuti qui da mete lontane, per esprimere, incondizionata, la loro disponibilità e la collaborazione responsabile alla Evangelizzazione.

Ma consentitemi che il mio cordiale e fraterno saluto abbia un accenno di particolare attenzione devota, innanzitutto nei confronti di S.E. Mons. Rimedio che, stasera, ci onora con la sua presenza.

Ma questi accenti di attenzione amorevole sono anche rivolti, nel saluto, ai carissimi sacerdoti, continuatori della missione salvifica di Cristo, nella comunità degli uomini fratelli da Lui amati.

E consentitemi che, anche a vostro nome, questo saluto abbia una particolare attenzione di gratitudine nei confronti del carissimo Mons. Costantino, animatore Spirituale del Movimento, testimone di quei valori che devono costituire per tutti punto di riferimento sicuro della nostra vita cristiana sacerdotale e della nostra missione pastorale. Con lui saluto, con eguale attenzione e affetto, i responsabili spirituali che non solo nell’ambito della nostra arcidiocesi di Catanzaro Squillace, ma in Italia e in tutto il mondo, guidano e animano il Movimento Apostolico, proprio perché, sempre meglio formato, possa assolvere adeguatamente al suo compito e alla sua storica missione.

Ma, oggi, io sento un particolare bisogno di esprimere gratitudine a colei che, docile nel piano salvifico di Dio, ha prestato con umiltà la sua opera per animare questo Movimento benemerito, alla Signora Maria Marino, così come saluto con eguale affetto la sua diretta figliuola, Cettina, che del Movimento è diventata la Presidente. A tutti va il mio saluto e l’augurio di buon lavoro, con la gratitudine per quelli che hanno collaborato ad allestire questo interessante Convegno che, certamente, darà a tutti noi questi tre giorni di Grazia e sarà fonte di Ispirazione per riscoprire la nostra identità ecclesiale e la nostra conseguente missione nella Chiesa e nel mondo.

Non voglio, non posso dimenticare quanti nell’umiltà del loro servizio, prestano con generosità la loro opera a sostegno dell’attività del Movimento, in maniera particolare, quanti ci hanno accolto in questa mirabile sala che dà, come cornice, maggior lustro a questo interessante Convegno.

Tutti avete ascoltato dall’introduzione quale sia la tematica che, questa sera, intendiamo trattare. Cercherò con semplicità e, possibilmente, con chiarezza di dire, non solo attraverso la conoscenza teoretica, ma ancor più attraverso la mia esperienza di Apostolo, quanto ho potuto cogliere come elemento efficace di indicazione pastorale, perché davvero nell’ambito della nostra Chiesa come nel mondo, si possa attualizzare quella cooperazione responsabile di tutti, quella nuova Evangelizzazione alla quale siamo chiamati.

Pertanto la prima indicazione essenziale sta nel compito che il Signore ha affidato alla sua Chiesa. Voi lo sapete bene, Gesù affidò in maniera precipua questo compito agli Apostoli che aveva chiamato alla sua sequela e che aveva dignitosamente formati: “andate nel mondo ed annunziate il mio Vangelo”.

Compito grande, perché il Vangelo è strumento di liberazione e di salvezza. La missione degli Apostoli, in maniera mirabile, si concretizza nella sua essenzialità, nel far sì che quell’annunzio di Verità trovi un riscontro di Incarnazione nel mistero della Vita e sia reso visibile attraverso la testimonianza che si concretizza sull’esemplarità di Cristo, nel vivere in maniera costante la propria esistenza quotidiana in una dimensione di oblatività e di dono. Gesù, nell’atto di affidare alla sua Chiesa questo compito importante, la rassicurò amabilmente: “Io sarò con voi sino alla consumazione del mondo”.

La garanzia della presenza dello Spirito di Cristo chiama in causa l’introduzione della Chiesa e la rende efficace nella storia. Sappiamo bene che, attraverso l’ininterrotta continuità nella successione, gli Apostoli sono sempre presenti nell’attuale perennità dei tempi. E gli Apostoli sono presenti nei loro successori; i Vescovi, quindi, sono i successori degli Apostoli e hanno, perciò, ereditato da Cristo questo compito singolare e questo preciso mandato. Essi sono il Segno visibile della Chiesa di Cristo nella realtà degli uomini. Ma non sono soltanto il Segno visibile della Chiesa; sono, insieme, principio e fondamento, perchè Gesù Cristo poggiò la sua Chiesa, fondò la sua Chiesa su questo fondamento granitico e sicuro: gli Apostoli. Allora è chiaro che la Chiesa è là dove c’è l’Apostolo. La Chiesa è là dove c’è il Vescovo. Dove non c’è il Vescovo potranno esserci tante altre realtà, interessanti e belle, associazioni, team, fraternità, anche piccole sette, ma non c’è la Chiesa di Gesù Cristo.

Questo dato, inequivocabilmente, dice a tutti il rapporto inscindibile di comunione con il Vescovo che caratterizza la nostra identità ecclesiale, che dà senso compiuto all’ecclesialità del nostro gruppo, come diremo meglio fra poco. I Vescovi, naturalmente, nel corso della storia, come già gli Apostoli all’inizio del tempo della Chiesa, per portare a compimento la particolarità della loro missione, hanno avuto sempre bisogno di solerti collaboratori, perché come ovvio, gli Apostoli, i Vescovi, sul piano fisico sono addirittura impossibilitati a far giungere l’Annunzio Incarnato di Salvezza a tutti gli uomini figli di Dio che, proprio perché tali, hanno il diritto a ricevere questo Annunzio che Salva e la Chiesa ha il dovere, nell’umiltà della sua missione e del suo servizio, di portarlo agli uomini in attesa di Speranza. Ecco, i collaboratori dei Vescovi, nella particolarità di questa missione, sono i sacerdoti prescelti da Dio secondo un piano imperscrutabile che risponde alla sua Divina Sapienza e bontà di Padre, poiché inseriti sacramentalmente nel mistero del Suo unico Sacerdozio, affinché possano esserne continuatori, attraverso la loro missione presbiterale nella storia.

Primi collaboratori, quindi, i Sacerdoti che vengono inseriti nel mistero dell’Unico Sacerdozio di Cristo, proprio attraverso la mediazione dell’imposizione delle mani del Vescovo. Ma accanto ai sacerdoti, nel corso della storia, Dio, attento alle indigenze della grande famiglia che è l’umanità, ha sollecitato, con la forza del suo Spirito, altri cooperatori che, nel piano Salvifico, avevano certo il compito di assolvere, con quei Vescovi, questa importante missione.

Quanti ordini religiosi lo Spirito di Dio ha sollecitato nella Chiesa e va ancora sollecitando nei nostri giorni! Ma, ancora, accanto agli ordini religiosi, abbiamo avuto, in alcuni tempi particolari, la fioritura delle cosiddette congreghe, impegnate nell’annunzio del Vangelo, particolarmente dedite alla cura della Sacra Liturgia come strumento indispensabile per la storicizzazione della Verità dell’Annunzio, alla testimonianza della Carità, come dimensione plausibile che rende visibile la fede che non si vede.

Lo Spirito di Dio, a seconda dei tempi e delle conseguenti necessità umane, si adopera a sollecitare quelle risposte d’amore che, interpretando i bisogni, attingendo all’infinita ricchezza dell’amore di Dio Padre, riversano le Grazie nei confronti dell’umanità e degli uomini in attesa.

Nei tempi più vicino al nostro, lo Spirito di Dio nell’unica Chiesa, la Chiesa di Cristo, va sollecitando altre forze dinamiche e attive, quali sono le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali, guardati dal Concilio Ecumenico Vaticano II con attenzione particolare, come si evince dal decreto conciliare Apostolicam Actuositatem, a partire dal numero 20 in poi. Sono realtà animate e sollecitate dallo Spirito Santo che la Chiesa, con umiltà e amore e con la bontà del suo discernimento, riconosce, accoglie, rilancia.

I criteri semplici e chiari che ci aiutano a individuare la Verità di questa realtà, formata da associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali, possono essere contenuti, oggi, in maniera sintetica, in due indicazioni che, con semplicità, vi dono.

La prima è questa: il rapporto di comunione con il Vescovo; non è, infatti, un gruppo ecclesiale, non può configurarsi come movimento o associazione di Chiesa quel gruppo di persone che, a ruota libera, indipendentemente dalle indicazioni del Vescovo, non vive un rapporto di perfetta comunione con lui.

Se il Vescovo è fondamento della Chiesa, se il Vescovo è Vicario di Cristo, dunque è rappresentante del Cristo in terra, non è in comunione con Cristo chi non è in comunione con il Vescovo; non è nella Chiesa chi non è in comunione col Vescovo.

In termini di concretezza Pastorale, come si evince in maniera inequivocabile, la Verità della comunione? Se il gruppo, l’associazione, il movimento accoglie la proposta Pastorale che il Vescovo, dopo il discernimento comunitario, annunzia con la sua autorevolezza, come progetto pastorale dell’anno, all’intera e unica comunità ecclesiale che è la Chiesa di Cristo nella Diocesi o Chiesa particolare.

L’altro elemento che contraddistingue la Verità di questi gruppi o movimenti è questo: la comunione con gli altri gruppi, dichiarati dal discernimento della Chiesa gruppi ecclesiali.

Noi, come voi tutti ben sapete, abbiamo istituzionalizzato un incontro ogni anno, il venticinque di aprile, giorno festivo a dimensione civile ma non ecclesiale, perciò più libero da impegni, perché queste aggregazioni laicali possano incontrarsi, per conoscersi meglio, per farsi conoscersi di più, amarsi intensamente e instaurare un rapporto sempre più autentico, di comunione ecclesiale.

Su questo sfondo, per noi, si staglia nitido il Movimento Apostolico, sollecitato dallo Spirito Santo, attraverso la mediazione umile della Signora Maria, perché potesse essere una risposta ai tanti nostri problemi, potesse essere uno strumento efficace per l’annunzio del Vangelo, primordiale impegno della Chiesa di Cristo in tutto il mondo.

Il Movimento Apostolico è nato proprio per questo, per ricordare a tutti la Verità della Parola che libera e salva, perché, attraverso il suo impegno fattivo, potesse accogliere la Verità di questa Parola nel Mistero della propria Vita e affinché la Forza di questa Parola Incarnata potesse muovere la testimonianza di tanti, articolata nella Carità e, quindi, in una vita vissuta, in una dimensione di autentica oblatività. Questo deve avvenire in funzione del rinnovamento della Chiesa, voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II, aspirazione dell’Amore infinito di Dio e attesa di Speranza per l’intera umanità.

Perciò, io dico, con cuore spalancato, con sincerità di intenti, con incommensurabile gratitudine, il mio grazie al Signore, per avere scelto la nostra Chiesa sollecitandovi questo Movimento, perché sia ogni giorno di più, con la santità della propria Vita da parte dei suoi membri, strumento efficace di risposta alle esigenze di questa umanità che ha bisogno di Santità, ha bisogno di Speranza, ha bisogno di Vita.

Il Movimento Apostolico, allora, per la sua natura, per la sua identità, per la particolarità della sua Missione, ha questo compito oggi più che mai importante: portare avanti la nuova Evangelizzazione, la nuova Evangelizzazione; questa è la esortazione che l’immortale Pontefice Giovanni Paolo II ha riproposto sovente e che, ereditata da Benedetto XVI, risuona per tutti noi come indilazionabile missione nella storia dei nostri tempi.

E allora, dopo aver detto dei movimenti, dobbiamo dire qualcosa a proposito della nuova Evangelizzazione, in modo che tutti possiamo adoperarci con diligenza, nell’umiltà del nostro servizio, a portare a compimento l’importanza di questa missione che ci coinvolge.

Quando parliamo di nuova Evangelizzazione, secondo le indicazioni dei Pontefici, non intendiamo certo parlare di un Vangelo nuovo da annunziare al mondo. Il Vangelo è quello di Cristo, il Vangelo della Chiesa, il Vangelo di sempre. Il Vangelo è Eterno perchè è manifestazione di Dio Verità e Dio Verità nella sua essenziale semplicità è l’Eterno.

In che senso, allora, noi siamo chiamati a questa nuova Evangelizzazione?

Il Papa ci dà alcune indicazioni alle quali unirò io qualche breve e sostanziale riflessione. Il Papa dice: “l’elemento costitutivo della novità della Evangelizzazione è innanzitutto la situazione concreta dell’umanità, alla quale il Vangelo deve essere annunziato”. Si sa che la situazione in cui vivono le varie società, oggi muta in maniera vertiginosa. Nel recente passato e ancor più nel passato remoto, questa mutazione era meno rapida, più lenta, assai lenta. Oggi, muta nello spazio di quattro o cinque anni; questo significa che, fra cinque anni, la situazione concreta della nostra società sarà, certamente, diversa dalla condizione di oggi.

Noi Evangelizzatori dobbiamo saperci inserire in questa situazione concreta, in questa realtà nella quale siamo incarnati. Ma io leggo già, nell’ansia e nel vostro animo, un interrogativo: qual è oggi, con precisione, la situazione reale nella quale noi dobbiamo, con nobiltà, Evangelizzare? Questo interrogativo è giusto ed è anche doverosa una risposta.

Carissimi fratelli, noi figli della cosiddetta modernità, sappiamo bene che la cosiddetta civiltà moderna è stata sollecitata da alcune tensioni di carattere filosofico che attingevano la loro forza nell’Illuminismo e che hanno esaltato la ragione, come lo strumento supremo di cui l’uomo poteva servirsi per potere risolvere la totalità dei suoi problemi. Alla ragione ha innalzato una statua, l’uomo della modernità, come a farne la sua divinità, e utilizzandone le potenzialità le ha applicate, in maniera coerente e costante, a una tecnologia avanzata, nella prospettiva di procacciarsi così, quei beni di consumo che avessero dentro di sé la forza di appagare la brama dello spirito dell’uomo.

Ma quale è stata la conclusione della cosiddetta modernità?

Quando è andata a tirare le somme, ha dovuto constatare che la ragione dell’uomo non è l’assoluto e che i beni di consumo, procacciati da una tecnologia avanzata, non hanno la forza di appagare la brama dello spirito dell’uomo che va oltre le cose, perché cerca di più: è teso verso l’infinito.

A questa prima considerazione, inesorabilmente ne segue un’altra, perché l’uomo della modernità, deluso dai suoi limiti e dalla sua impotenza, è piombato per così dire, in una condizione di impossibilità e di sofferenza. È la dimensione che contraddistingue la cosiddetta post-modernità, dimensione che gli esperti configurano con un termine pregnante di sofferenza e di dolore: angoscia. L’angoscia caratterizza, dunque, la cosiddetta post-modernità; l’uomo, irretito dalla sua impotenza, ha verificato i suoi limiti ed è piombato nella sofferenza; ma chi è quest’uomo della modernità e della post-modernità?

È l’incarnazione di un atto eterno di Amore di Dio che, nel tempo della storia di ciascuno di noi, si è fatto carne nella realtà della nostra persona, ha centrato la profondità del nostro mistero, quella insopprimibile scintilla che unisce ognuno di noi al cuore del Padre. Perciò, l’uomo della post-modernità, comunque figlio di Dio, avverte, insopprimibile, nel profondo della sua anima, questo anelito e questa nostalgia che si configura, oggi, nella contemporaneità dei nostri giorni, espressione caratterizzante della evoluzione della civiltà, in quella apertura verso il trascendente e l’assoluto, nell’apertura verso Dio.

Carissimi fratelli, nonostante le difficoltà, ecco allora la situazione reale, la condizione assai positiva di questo uomo aperto al trascendente, in attesa di accogliere quei valori assoluti, pronto, quindi, ad accoglierli nel mistero della sua vita, per potere su di essi abbarbicare davvero la sua esistenza. Questo momento storico, per noi, è particolarmente interessante, perché la Chiesa, non per suo merito, ma per ineffabile disegno di Dio, è depositaria delle ricchezze di quei valori verso i quali l’uomo della contemporaneità, inesorabilmente, è proteso. Qui si innesta il momento storico della nostra ineludibile missione; se la Chiesa prende coscienza del suo compito e porta a compimento la sua missione, non solo irradiando con un annunzio astratto i valori trascendenti ed assoluti – è la dimensione teoretica – , ma riproponendoli incarnati nel mistero della vita attraverso la testimonianza della sua missione, allora sì che incideremo, in maniera efficace, su questa umanità e ci accorgeremo di avere nelle nostre mani la onnipotenza della Carità, per edificare una nuova civiltà, per dare un volto nuovo all’interezza del globo e un’anima vera a questa nostra umanità sofferente.

In questa realtà, dunque, dobbiamo innescare la nostra missione che, proprio per questo, ripropone all’attenzione di tutti, una dimensione di grande novità. Ma è solo questo l’elemento che davvero caratterizza come nuovo la nostra storica Evangelizzazione?

No, carissimi. Il Santo Padre ci dà ancora altre indicazioni e dice precisamente così: “dobbiamo Evangelizzare utilizzando un linguaggio nuovo, perché non è possibile oggi riproporre l’annunzio del Vangelo con un linguaggio desueto, ormai superato, il nostro linguaggio deve essere attuale dunque, sintetico, stringato, essenziale, chiaro, semplice, penetrante.

Un linguaggio che non annuncia soltanto verità astratte, per un attimo di diletto della nostra umana intelligenza, ma che abbia dentro di sé la forza di muovere il cuore per avere così, in maniera naturale, quella visione della verità della Parola che si incarna nella vita dell’ascoltatore e muove la sua esistenza verso il Signore.

Oggi, addirittura, vi è una scienza – la semantica: scienza indispensabile e si trova sovente nell’utilizzazione dei mezzi della comunicazione – che si adopera per avvicinare sempre più da presso l’espressione fonetica, l’espressione formale, alla sostanza della verità che, attraverso la Parola, si annunzia. La perfezione si realizza allorquando questo avvicinamento, diventa così essenziale sino a realizzare la piena identificazione, quando sostanza e forma si identificano, il linguaggio diventa penetrante, irresistibile, forte, pastoralmente efficace.

Carissimi, dobbiamo tutti, attraverso la nostra formazione permanente che deve caratterizzare sempre l’impegno dei cristiani nella Chiesa, ridimensionare il nostro linguaggio, imparare a saper parlare, a parlare al cuore, alla vita dei nostri fratelli.

Ma questo secondo elemento, che brevemente abbiamo cercato di illustrare, coniugato al primo, costituisce un valore esaustivo per la novità della Evangelizzazione?

Ancora qui la mia risposta è no; c’è bisogno di altro e, addirittura, c’è bisogno di qualcosa di più. Ecco, allora, la riflessione per la quale chiedo ancora cortesemente l’amabilità della vostra attenzione.

Il Libro Sacro contiene la rivelazione di Dio, cioè contiene Iddio che si è rivelato, per un bisogno intrinseco, perché la Verità ha una irresistibile forza che è protesa verso la manifestazione di sé, ma anche più, per un’attenzione amorevole da parte di Dio Padre nei confronti degli uomini, suoi figli, limitati nella precarietà della loro umana condizione, figli che hanno, quindi, bisogno di Verità per essere aiutati a perseguire la via della salvezza. Allora ecco: il Signore si è rivelato, ha tolto per così dire il velo dalla sua insondabile, infinita e semplice identità, perché potesse essere contemplato dall’uomo.

Certo, Dio nella sua Essenza semplice è infinito per la sua Divinità e l’uomo non potrà mai presumere di cogliere la pienezza totale del mistero di Dio, inserendola nei limiti della sua intelligenza circoscritta, ma per la sua medesima dignità l’uomo deve sentire il dovere, sempre servo della Verità, a penetrarne quanto più profondamente possibile la sua Essenza. Così Dio che è la mirabile sintesi della personificazione della verità, ancor più deve costituire, per un uomo intelligente e di buona volontà, il punto di riferimento entro cui immergersi per potere cogliere quanto più è possibile la sua identità.

Per tale motivo, per noi è indispensabile conoscere Dio che si è rivelato, perché solo conoscendolo, potremmo annunziarlo in maniera appropriata. È indispensabile, allora, che noi attualizziamo tutte le nostre potenzialità, per conoscere quanto più approfonditamente possibile, il mistero di Dio. Prima di tutto, dobbiamo attualizzare le potenze della nostra ragione che ha come oggetto la Verità, magari sotto l’egida della guida di bravi maestri che ci possono condurre in questo itinerario di approccio con Dio Verità.

Il Libro Sacro, perciò, va da noi studiato, approfondito, spiegato. Io credo che ogni cristiano che riscopre il suo legame con il Padre, non possa omettere di accogliere la lettera che Dio Padre ha scritto agli uomini, suoi figli. Vedo con gioia che, quando un padre è lontano e spedisce la lettera ai propri figlioli, alla propria famiglia, in casa, quella lettera non si legge una volta soltanto; la si legge molte volte e in quella lettera i figlioli e la mamma attingono la ricchezza per ritemprare l’amore, l’unità della famiglia, la serenità della casa.

Il Libro Sacro è la lettera che Dio Padre scrive agli uomini, suoi figli. Non dovremmo mai lasciar passare un giorno senza aver letto, studiato, approfondito il Libro Sacro. Silvio Pellico, quando era nel carcere dello Spielberg, leggeva abitualmente il Libro Sacro e aveva, perciò, una gioia profonda nello Spirito, nonostante la sofferenza nella carne. Un giorno, si sentì poco bene e, scrutando, vide che sul Libro Sacro si era depositato un manto di polvere: non aveva letto quel libro il giorno della sua sofferenza interiore. È una indicazione esemplare che deve ribadire per tutti, il bisogno e la necessità di questo indifferibile approccio.

Ma basta leggere e studiare il Libro Sacro? No, carissimi fratelli, perché noi, oltre alla nostra intelligenza che ricerca la Verità, la penetra e la conosce, abbiamo altre potenzialità per esemplificare in maniera veloce. Pensate alla potenza della nostra preghiera, dimensione unanime che ci mette in contatto con il Signore, in maniera più approfondita, più complessiva, più soddisfacente, più vera.

Ma neppure questa dimensione è esaustiva di tutte le potenzialità dell’uomo. Ce n’è un’altra che a me sta molto a cuore, un tempo prediletta nella Chiesa, amata soprattutto nei luoghi di contemplazione e di preghiera. Questa dimensione è proprio la contemplazione.

È quella azione armonica e coordinata in cui la ricchezza delle potenzialità dell’uomo sono perfettamente vissute sotto l’azione dello Spirito di Dio che eleva alla estrema altezza tutte le potenzialità umane e consente all’uomo che fa esperienza di contemplazione di essere in personale relazione con Dio e di conoscerlo non solo in una dimensione intellettuale, neppure solo in una dimensione orante. Questo uomo ha di Dio, infatti, anche una esperienza personale, una esperienza esistenziale: lo avverte e vive nella realtà della povera sua carne. Questa esperienza è una esperienza di amore e, come tale, è sempre nuova nella sua essenzialità semplice, anche quando si ripropone attraverso forme che si ripetono. Perché questo concetto possa essere meglio esplicitato, chiamo la vostra attenzione a contemplare un rapporto di amore tra due persone che si amano profondamente: ogni volta, questo rapporto che si ripropone con le medesime modalità, avendo in sé una ricchezza di novità mai esplorata, è l’esperienza profonda nell’infinità dell’amore; così la contemplazione è l’esperienza profonda dell’infinità dell’Amore che è Dio stesso.

Attraverso la contemplazione di Dio, quindi, abbiamo una conoscenza esperienziale, meglio ancora una esperienza esistenziale, sempre nuova, e, poiché la nostra Evangelizzazione si attualizza nel rendere visibile attraverso la testimonianza della nostra vita, l’esperienza di Dio che abbiamo fatto dentro di noi, la contemplazione diventa lo strumento autentico della vera nuova Evangelizzazione.

È a questa dimensione che io esorto tutti, ma in maniera particolare voi, carissimi membri del benemerito Movimento Apostolico, perché, davvero ricchi di questa esperienza, possiate in essa attingere l’alimento del vostro impegno missionario nella storia e, perché questa indicazione trovi anche un punto di riferimento esemplare, ecco al nostro cospetto l’immagine più significativa ed eloquente: Maria, la Madre della Redenzione con Cristo. Il Libro Sacro la ripropone alla nostra attenzione in costante atteggiamento di contemplazione del mistero di Dio ed è proprio per la forza di questa sua contemplazione che il Verbo si incarna nel suo seno verginale e si fa uomo tra gli uomini.

Amate il Signore così, contemplatelo come Maria e Dio incarnato nella vostra esperienza. Sarà la scaturigine del vostro impegno missionario, oltre che la fonte inesauribile della pienezza della vostra gioia. Ve lo auguro di cuore.