Invidia e benevolenza

Le risposte alle domande sono a cura del teologo Mons. Costantino Di Bruno, Assistente Centrale del Movimento Apostolico.

D. Che differenza c’è tra invidia e gelosia?

R. L’invidia non vuole che l’altro abbia un dono e cerca anche di distruggerlo con ogni mezzo. Voi sapete che Cristo fu crocifisso per invidia dai giudei. Costoro non volevano in nessun modo che Gesù compisse miracoli, facesse il bene e, per non fare il bene, lo hanno ammazzato. Satana per invidia verso l’uomo, che ha la possibilità della vita eterna, gliel’ha fatta perdere attraverso il peccato. L’invidia è questa volontà satanica che vuole che l’altro non abbia un dono di Dio. Tu fai di tutto per distruggere l’altra persona con la calunnia, con la falsità, con la menzogna, con l’arroganza.

La gelosia, invece, il bene lo vuole tutto per se. E’ al positivo. La gelosia è santa ed è morbosa. E’ santa quando il bene che è tuo, e solo tuo, tu te lo conservi. La gelosia coniugale è santa quando non priva l’altro della sua libertà e si fida. Ma diventa morbosa quando l’altro è privato della sua libertà, da non poter più vivere. Tu lo vorresti tutto per te, sempre e in ogni momento. Dio è geloso di noi, ma la sua è una gelosia santa. Lui vuole che tu viva tutta la potenzialità del tuo amore, della tua fede, della tua speranza, dei tuoi doni, però nella sua santa legge e nel suo amore. Dio non vuole che tu appartenga agli idoli, non vuole condividere la sua gloria con la falsità con la menzogna, con ciò che non è Dio.

D. Se in noi ci sono delle invidie, può dimorare lo Spirito Santo?

R. Con l’invidia non può operare lo Spirito Santo, perché lo Spirito Santo è Spirito di comunione, è Spirito di libertà, è Spirito di amore, è Spirito di rispetto. Io debbo sapere che tu sei un dono di Dio per me. E’ Dio che ti ha fatto e ti ha voluto ricco di grazia. Io ti devo accogliere. Quando il Signore mandò Paolo nella prima comunità, Paolo ci andò ricco dei doni di Dio. Era ricco di scienza, di conoscenza, di sapienza, di dottrina, di potenza, di fermezza, di Spirito Santo. Barnaba andò da Paolo, lo trovò, lo chiamò, e lo fece entrare nella comunità, perché lo riconosceva come dono di Dio. Egli pensava che se Dio lo aveva dato, la comunità ne aveva bisogno. Se non partiamo da questo principio noi saremo sempre in disaccordo, in disunione, non cammineremo bene. La lettura da fare è sempre soprannaturale, partendo dalla volontà di Dio. Ognuno di noi da Dio è chiamato per nome. Io non so che cosa il Signore vuole fare di ciascuno di voi, ma so che se siete qui qualcosa il Signore la vuole fare. Se io vi aiuto a crescere voi potete fare nuova la terra. L’invidia distrugge il dono, non permette che si sviluppi. E’ come se il contadino invece di piantare l’albero nella terra lo sradicasse. Questa è l’invidia, e per questo l’invidia è pericolosa ed è peccato. L’invidia contro la grazia altrui è anche peccato contro lo Spirito Santo. Noi possiamo giungere a commettere questo grande peccato se siamo invidiosi della grazia di Dio nell’altro.

D. L’invidia può nascere da un sentimento di scarsa autostima, di scarsa conoscenza di se stessi, e in questo caso può generare tristezza? Come conoscere meglio se stessi e i propri doni?

R. Prima di fare un discorso psicologico, di stima e di disistima, dobbiamo fare un discorso teologico. L’altro non lo facciamo noi, ci viene dato da Dio, e viene dato da Dio come ricchezza per noi. Anche se una persona apparentemente sembra non avere nulla, se si va a vedere questi porta sempre una ricchezza soprannaturale. Tutti portano una ricchezza soprannaturale. Se partiamo da questo principio, dobbiamo comprendere che anche noi siamo portatori di una ricchezza che dobbiamo scoprire, la dobbiamo cercare. Molte volte l’educazione aiuta a distruggere una persona. Questo avviene quando diciamo: “Non serve a niente questa persona, non vale nulla”, e noi la distruggiamo. Invece noi dobbiamo sempre aiutare l’altro a vedersi secondo verità. Non esaltarsi e non sprofondare. Quando è l’esaltazione? Quando noi non abbiamo ciò che diciamo di avere. Quando è lo sprofondamento? Quando noi diciamo di non avere, mentre noi abbiamo. Poiché abbiamo tutti qualcosa di Dio non possiamo noi sprofondarci, ma ci dobbiamo accogliere. La difficoltà è che dobbiamo accoglierci nel nostro particolare. Questo accade perché non abbiamo una fede così grande da vedere Dio che opera in noi.

Dio opera attraverso di te e attraverso nessun altro vuole compiere quell’opera. Tu sei unico dinanzi a Dio e, attraverso di te, Lui vuole fare cose stupende per la comunità. Questo avviene sia nelle piccolo cose che in quelle grandi, perché non è l’apparenza del dono che giova a Dio ma è il frutto del dono. Un litro di acqua e un grammo di sale apparentemente sono differenti nella quantità. Il litro di acqua è grande e un grammo di sale è piccolo, ma un grammo di sale rende salata tutta l’acqua, dà sapore al tutto il resto. Se noi entrassimo in questa dimensione soprannaturale comprenderemmo che tutti siamo una ricchezza di Dio. Dio ha bisogno di ogni dono, di ogni carisma, di ogni grazia, e tutti avete un dono, un carisma, una grazia. Molte volte, però, il dono non si mette a frutto e allora la comunità è povera, è misera, è debole, è fragile, perché manca il nostro dono.

D. Come si fa a crescere in umiltà e carità?

R. L’umiltà è vedere te stesso dinanzi a Dio. Cosa vuole Dio da te? Perché Dio ti ha creato? Quali doni ti ha dato? Tu ti esamini, riconosci i doni, li accogli e ringrazi il Signore. La carità è mettere a disposizione dei fratelli i doni che Dio ti ha donato. I doni sono di scienza, di dottrina, di sapienza. Quante bravure non sono messe a disposizione. Bisogna che uno si accolga nel dono che Dio gli ha dato. Un albero di quercia si accoglie per quercia. La quercia è un albero maestoso. Un altro albero si deve accogliere come altro albero e quindi come pesco, o come ciliegio o come pero. Questi ultimi non sono una quercia, ma il loro frutto nutre e sostenta l’uomo. Abbiamo bisogno forse di un solo frutto? No. Abbiamo bisogno di tutti i frutti che sono sulla della terra. Ogni albero produce il suo frutto particolare. Che sia altissimo l’albero o che sia bassissimo non ha importanza, è importante il frutto che dona all’uomo.

L’umiltà è accogliere questo frutto. Nell’esaltazione invece si assumono quei doni che non si hanno, e allora si fanno danni. Non avendo il dono non si possono produrre frutti. La carità è mettere a disposizione degli altri tutto quello che il Signore ci ha dato. Tutti possiamo vivere di carità. La carità non è solo materiale, perché le opere di carità non sono solo quelle della materia, ma principalmente sono quelle dello spirito. Tutte le opere di carità di Cristo sono opere della sua parola e del suo spirito, della sua fede e del suo amore. Gesù con la fede, con l’amore e con il suo spirito ricco di verità e di grazia ha cambiato le sorti del mondo. Lui ci ha amati sino alla fine. Nessuno dica: “Io sono povero, io non valgo niente, io non sono niente”, perché ognuno è una ricchezza di Dio data al mondo e alla Chiesa. Se voi vivete il vostro dono, vivete la carità e l’amore e santificate il mondo. Il Movimento Apostolico non è chiamato a fare grandi cose, perché la grandi cose non le possiamo sempre fare. Il MA è chiamato a vivere la ricchezza interiore che il Signore gli ha dato. Se noi viviamo la nostra ricchezza stravolgiamo e confondiamo il mondo. Non c’è cosa più bella della persona che mette a disposizione del mondo la sua ricchezza spirituale.

D. Cosa e come fare per sconfiggere l’invidia quando questa si impossessa del nostro cuore?

R. Per sconfiggere i vizi occorre una preghiera costante, una preghiera fatta senza interruzione. Si chiede al Signore la liberazione dal male che ti affligge. E poi, serve l’esercizio nel bene: accogliere l’altro, spronare l’altro, invitare l’altro ad essere se stesso, aiutarlo, inserirlo. Per esempio: se tu non puoi vedere una persona perché sei invidiosa, se poco a poco la avvicini e cammini con lei, e lavori con lei, l’invidia se ne va. L’invidia è una tentazione, e la tentazione si vince con la preghiera, con le opere di misericordia e con la carità. Se ci liberassimo dell’invidia ne faremmo di cose belle. L’invidia uccide l’altro e uccide noi stessi, ci impoverisce. L’invidia è una sorgente di povertà immensa perché non permettiamo all’altro di arricchirci e di arricchire il mondo. Però con la preghiera si può vincere l’invidia, sempre, perché la preghiera aiuta e aiuta molto.

D. Come facciamo sul posto di lavoro o in parrocchia a valorizzare le potenzialità di ciascuno senza sopprimere e senza opprimere?

R. Chi sa fare di meno una cosa è giusto che dia il posto a chi sa fare di più. Se uno non sa parlare, non può fare catechismo. Per fare il catechismo bisogna saper parlare, saper dialogare, saper porgere la verità di Dio. Se tu sai che nella tua parrocchia c’è una persona che sa parlare bene, sa convincere bene, conosce bene la dottrina e le dici: “Perché non facciamo il catechismo insieme?”, tu aiuti quella persona a realizzare se stessa. Parti dalla tua umiltà. Tu sai che in certe cose non riesci, e allora trovi colui o colei che ti possa aiutare. Il contadino sa che con le mani la terra non la può scavare perchè riuscirebbe comunque a fare poco, anche se si ammazzasse di fatica un giorno intero. Il contadino, allora, va dal fabbro e chiede di fargli una bella zappa e poi và dal falegname e si fa dare un bel manico. Unisce manico e zappa e in poco tempo fa un lavoro che con le mani avrebbe impiegato un tempo infinito. Lo stesso avviene quando io vado da un’altra persona e le dico che con i suoi doni può darci un grande aiuto. Ma occorre una grande libertà di cuore e di mente perché ci sia la conoscenza di noi e la conoscenza dell’altro.

Dobbiamo dare spazio all’altro nel campo dove sappiamo che l’altro fa meglio di noi. Ci dobbiamo aiutare in questo. A volte noi ci vediamo nel nostro passato, ma il presente incalza e oggi occorrono nuove forme, nuove vie. Ci sono persone che sanno fare queste cose. E allora bisogna avere questa forza, questo coraggio di dire a costoro di prendete il nostro posto. Noi andremo a fare altre cose. Occorre però la libertà del cuore, avere una fede grande per adorare Dio nelle sue opere. Adorare Dio in sé è anche facile, non costa niente. Adorare il Santissimo non è difficile, ma adorare Cristo significa riconoscere Cristo nell’altra persona, in colui che sta innanzi a te. Tu lo riconosci, lo ricevi, lo accogli, lo aiuti, lo sostieni, ti metti da parte perché Cristo possa fare Lui quello che deve fare. Perché non lo facciamo? Perché non ci aiutiamo gli uni gli altri? Perchè non ci sosteniamo? Perché non scopriamo la grandezza dell’altro per servirla questa grandezza? E così che io adoro il Signore, perché questa è vera adorazione di Dio nell’uomo. Dio è nell’uomo, opera nell’uomo e agisce in lui, e io debbo scoprire l’opera di Dio nell’altro.

D. L’invidia è sinonimo o può essere associato all’ignoranza? E nell’uomo invidioso e ignorante, Satana che ruolo ha?

R. L’ignoranza è non conoscenza, nell’invidia è invece la volontà che agisce. Io posso anche non conoscere voi, ma non per questo vi invidio. L’invidia nasce dalla conoscenza. Tu conosci l’altro, vedi le potenzialità dell’altro, vedi i doni dell’altro e non vuoi, ti opponi a lui risolutamente, con fermezza, per distruggerlo. L’ignoranza è sempre scusabile dinanzi a Dio, perché se tu non conosci, Dio ti scusa. Quando invece tu non vuoi, allora c’è un atto della tua volontà, e non c’è più scusa, c’è responsabilità. Nell’invidia tu non vuoi, ti opponi con risolutezza, con fermezza, con decisione perenne.

D. C’è un motto napoletano che dice “L’uocchie so pegg d’e schioppettate” e cioè “Gli occhi sono peggio delle schioppettate”. Quanto c’è di vero? Può l’invidia di qualcuno essere così potente da far ricadere sull’invidiato ogni sorta di sciagura?

R. L’invidia non è un desiderio che possa avere un influsso sull’altro. Quando noi parliamo di invidia parliamo di azione, di volontà, parliamo di opera. L’invidia non si ferma alla mente, ma diventa azione perenne, e il male lo fa visibilmente, volutamente, fisicamente e spiritualmente. L’invidia agisce attraverso la parola. Osserviamo la vita di Gesù. I farisei sono invidiosi di Lui e trasformano il suo bene in male. Arrivano anche ad attribuire al diavolo le sue opere di santità, per metterlo in cattiva luce presso la gente. Perché se una persona viene considerata indemoniata, nessuno più la crede. L’invidia, poi, legge male e interpreta male tutto il bene che l’altro fa. Lo interpreta come qualcosa di cattivo. Tu puoi fare anche le cose più sante, ma il cuore invidioso legge sempre male anche un’opera santa che tu fai, e ti mette in cattiva luce dicendo all’altro: “Ecco non ti stima, non ti ha ascoltato, non ti vuole bene”. Quando Gesù fece il miracolo della risurrezione di Lazzaro cosa disse il sommo sacerdote: “Se noi lo lasciamo fare questo conquista i cuori. Allora è meglio che lo ammazziamo e noi saremo salvi”, e decise la morte di Cristo. La decise in una seduta pubblica, per invidia.
L’invidia è azione, è opera, è pensiero, è parola cattiva contro, è decisione contro. L’invidia è brutta, è pericolosa, perché distrugge la persona umana, anche nel suo corpo. Dobbiamo liberarci dell’invidia. Basta un invidioso nella comunità per annientarla. Noi dobbiamo essere sempre benevoli, misericordiosi, uomini e donne di fede che vedono sempre Dio in quello che fa, nelle sue opere. Pensa l’ispiratrice del Movimento Apostolico. Io non posso adorare Dio nell’eucarestia se non l’adoro nella sua grande opera che oggi ha fatto, che è l’ispiratrice del Movimento Apostolico, che è una grande opera di Dio. Come faccio io ad adorare il Signore se poi nego la sua opera, nego la sua onnipotenza, nego la sua sapienza, nego la sua grazia, per invidia. Dio si adora nelle sue opere, Dio si adora nell’uomo, nei doni di grazia, nella creazione. L’invidia è un’azione per la distruzione dell’altro.

D. Il giudizio è frutto dell’invidia? Perché non dobbiamo giudicare?

R. Il giudizio non è frutto dell’invidia, è frutto della superbia. La superbia fa si che tu ti possa assumere un potere che non ti è stato dato. A noi non è stato dato il potere di valutare le azioni morali della gente. Io non so i motivi, le circostanze, le situazioni per cui una persona fa o non fa una determinata cosa. Io mi devo astenere dal giudicare quell’uomo o quella donna. Anche nel peccato più orrendo io devo dire: “Signore abbi pietà, forse lo ha fatto per errore, per ignoranza. Signore perdona”. La misericordia, invece, mi è stata consegnata da Dio. Questo sì che mi è stato dato come potere: il potere della misericordia, il potere della carità, il potere dell’umiltà. Mi è stato dato è lo posso usare, sempre. Il potere di giudicare non mi è stato dato.
A volte si può commettere un peccato atroce perché si è incapaci di intendere e di volere, o perché si è costretti, o perché nessuno ha mai insegnato queste cose, o perché non si possiede neanche la coscienza del male. Poiché il Signore non ha dato a nessuno questa scienza, io non devo giudicare mai, qualsiasi cosa l’altro faccia, perché il Signore mi ha negato la scienza della sua anima e della tua responsabilità. Se invece mi assumo questa scienza io sono superbo, perché mi prendo qualcosa che non ho. Noi non dobbiamo mai giudicare, ma sempre dobbiamo perdonare l’altro, qualsiasi cosa faccia. Nel perdono noi siamo veramente uomini, siamo figli di Dio. Cristo non è venuto per giudicare, è venuto per perdonare, è venuto per morire affinchè il nostro peccato fosse perdonato.

D. Come ci si difende dall’invidia dell’altro, oggi, anche nella vita della Chiesa e della società?

R. Dall’invidia non ti puoi difendere, perché Cristo Gesù dall’invidia non si è potuto difendere. Tu però devi sopportare ogni insulto, ogni angheria. Devi sopportare anche l’isolamento e devi offrire tutto al Signore per la santificazione dei cuori. Comunque, devi restare sempre fermo nel tuo carisma. Tu non puoi rinunciare a vivere, per l’invidia. Cristo mai rinunciò a vivere, ma Lui visse sempre il suo carisma con somma prudenza, somma intelligenza, somma accortezza, somma attenzione. Egli sapeva che i suoi avversari per la loro invidia erano capaci anche di una lapidazione immediata, all’istante. Cristo mai sfidò i sommi sacerdoti. Sempre visse con loro un rapporto di prudenza altissima. Anche nelle domande rispondeva sempre con quella saggezza divina. Cristo non rispondeva mai in modo diretto ma in modo indiretto. Quando gli posero la domanda sul tributo da pagare a Cesare, Lui rispose: “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, loro lo lasciarono e se ne andarono. Poi ancora, nel vangelo secondo Giovanni, c’è la domanda posta sull’adultera, quando gli chiesero se la donna andava assolta o doveva essere lapidata. Ma Gesù non può permettere né l’una né l’altra cosa. Lui non può negare la grazia di Dio che perdona il peccatore pentito, ma non può neanche esporsi a una lapidazione. Allora scrive per terra, e poiché insistono dice: “Chi di voi è senza è peccato scagli la prima pietra”, e se ne andarono tutti perché sapevano di essere peccatori. Tu devi sempre vivere il dono che il Signore ti ha dato. Osservate l’ispiratrice del MA. Da 34 anni ogni giorno ha vissuto sempre il suo dono con sapienza, intelligenza, accortezza, lungimiranza, fortezza, sapendo, nello Spirito Santo, ogni giorno come regolarsi perché il male non la travolgesse.

D. A volte l’invidia nasce da un desiderio che abbiamo nel cuore. E’ lecito desiderare e in che misura?

R. Il desiderio non è invidia. Un desiderio tu lo puoi avere sempre, in qualsiasi momento. Nessuno mai ti può vietare di realizzare un tuo desiderio, perché è tuo. L’invidia è nel rapporto con l’altro, è il non volere che altri abbiano determinate cose. L’invidia è nella relazione con l’altra persona. Io vedo l’altro e non voglio che l’altro si realizzi, che l’altro emerga, che l’altro viva, che l’altro dica, che l’altro possa manifestarsi meglio di me. E’ allora che manco di visione soprannaturale delle cose. Quando l’uomo è nell’invidia Dio non è nel suo cuore. Quando, invece, si ha un desiderio per se stessi, Dio è nel cuore. A volte molti desideri sono suscitati dallo Spirito Santo perché tu possa sviluppare il dono che Dio ti ha fatto.

D. Lei ci ha suggerito di leggere la seconda parte del Primo libro di Samuele. Già dal primo momento in cui disobbedisce al Signore, Saul appare come un uomo prigioniero della sua debolezza, della gelosia, dell’impulsività, dell’insipienza e anche di una certa doppiezza, nei confronti sia di Dio che degli uomini. Continuando a leggere il primo libro di Samuele, lo stato spirituale di Saul appare sempre più disordinato e ingovernabile. Mi chiedo: quando una persona comincia a trovarsi in uno stato spirituale del genere, se si rende conto di essere preda del disordine morale, come può rientrare in possesso di sé? Perché, nel caso di Saul, questa prospettiva sembrava già impossibile in partenza, tanto che il Signore rifiutò la sua dichiarazione di pentimento e gli ritirò la sua fiducia?

R. Saul prima di peccare di gelosia peccò di superbia. Nell’antico Israele il potere regale e il potere sacerdotale erano separati. Il re obbediva al sacerdote che aveva in mano la legge dell’Altissimo e, in un certo qual modo, anche la volontà di Dio. Samuele non era solo sacerdote ma anche profeta del Dio vivente. Saul non disobbedì una volta sola a Samuele. Alla terza disobbedienza Dio lo rigettò come suo re e gli sottrasse il suo Santo Spirito. Saul non si pentì e non chiese umilmente perdono, e fu in balia di se stesso. Tutti i vizi lo presero e afferrarono la sua anima. Davide dovette scappare per salvarsi dall’invidia di Saul, che lo voleva uccidere. Questo ci deve far capire che non possiamo peccare sempre a piacimento, perchè se il Signore ritira la sua grazia noi non ci possiamo più pentire. Per cui, non bisogna aggiungere peccato a peccato, perché non sai se poi avrai la forza di chiedere perdono per il tuo primo peccato.

Indicazioni fornite da Mons. Costantino Di Bruno per la preparazione dell’incontro:

– Vecchio Testamento: Primo Libro di Samuele capitoli 15-31 (invidia di Saul verso Davide)
– Nuovo Testamento: Prima Lettera ai Corinzi capitoli 1-13 (l’invidia crea divisioni e scissioni nella comunità)