Relazione del Dott. Antonio Cerasa

“IO TI ASCOLTO”.

Grazie per la presentazione e mi scuso in anticipo se farò qualche errore visto che sono molto nervoso. Ringrazio sua Eccellenza per le parole che ha detto, perché molto di quello che ha affermato si incastra perfettamente con quello che dirò io. Il fatto che non ci siamo mai parlati, non ci siamo mai incontrati, ma pensiamo le stesse cose, credo che sia una bellissima testimonianza di come i nostri due mondi si possano incrociare.
Il mio nervosismo dipende dal fatto che quando Cettina Marraffa e Don Gesualdo mi hanno chiesto di intervenire, avevano detto che saremmo stati solo incontro fra amici, si erano dimenticati di dire che siete migliaia di amici e che avete questo carisma. Grazie! Devo ammettere la mia ignoranza, non vi conoscevo, siete incredibilmente coinvolgenti. Secondo me, un ringraziamento speciale va a chi vi guida, perché vuol dire che stanno lavorando bene. Se sono qui oggi con voi è perché, oltre 10 anni fa il professor Quattrone, che immagino molti voi conosceranno, ha avuto la lungimiranza di creare il primo centro di neuroscienze in Calabria. Lo scopo delle neuroscienze è quello di far star meglio le persone, quindi penso che oggi, la grande responsabilità che mi avete dato è che, forse per la prima volta, neuroscienze e Chiesa proveranno a trovare un dialogo che è ovviamente difficile perché abbiamo linguaggi diversi, ma abbiamo tutti lo stesso scopo, cioè quello di far star bene le persone.
La mia relazione ha questo scopo: cercare di farvi capire come le neuroscienze possono aiutarci. Scusate, non voglio rompere nessun protocollo, proverò a scendere in mezzo a voi per parlare, perché ho bisogno di ascoltarvi, è anche un modo per abbassare il mio livello di ansia, che è a livelli patologici.

Lo scopo di oggi è cercare di dare un segnale che sia chiaro e semplice. Quindi il motivo che seguirò sarà dettato dal diktat di Orazio che diceva: “Se vuoi dire qualcosa, dilla in maniera semplice, purchè abbia una struttura”. L’idea di base era quella di chiedere a voi “Che cos’è l’ascolto?”, quindi scendo mezzo a voi per farvi vedere i risultati del lavoro che abbiamo realizzato con Cettina e con Don Gesualdo.

Circa 200 di voi hanno risposto al nostro questionario. Abbiamo diviso in giovani e adulti per farvi capire che differenza c’è tra di voi. Quindi senza teoria, senza sovrastrutture o sovraconcetti, abbiamo analizzato questi dati che vado a presentare.

La prima cosa che vi abbiamo chiesto è: “Cos’è più importante per te?” Secondo voi cosa hanno risposto i giovani? Cosa è più importante per voi? La Famiglia è al primo posto, al secondo posto c’è la Salute, ed infine gli Amici. Cosa hanno risposto invece gli adulti? Esattamente come i giovani: “famiglia, amore e amici”, nello stesso ordine. Quindi, prendiamolo per assodato che giovani e adulti hanno le stesse priorità e gli stessi bisogni. Ora però andiamo alle preoccupazioni, “Cosa mi preoccupa di più del futuro?”. I Giovani, al primo posto “non realizzare i sogni”, poi c’è la “solitudine” e “il lavoro” al terzo posto. Invece per gli adulti, al primo posto c’è il “Lavoro”, poi “Non realizzare i Sogni” come i giovani ed infine “Morte/Malattia”, perché ovviamente c’è una differenza generazionale. Andiamo alla 3° domanda: “Che cosa ti ha deluso di più dalla vita?”. Questa è facile, i giovani dicono “amore e amici”. I grandi invece cosa dicono? Ancora una volta la stessa cosa dei giovani “amore e amici”. Passiamo alla prossima domanda che abbiamo pensato anche grazie all’aiuto di Don Gesualdo: “Cosa ti aspetti dai genitori?” “Affetto e comprensione” dicono i giovani. Noi ci aspettiamo che i genitori ci sorreggano ci comprendano non ci giudichino dandoci delle etichette. Gli adulti? Ancora una volta come i figli: “La comprensione” al primo posto perché anche i genitori hanno bisogno di questo fondamentale feedback esterno. Bene ora vediamo ad una domanda clou: “Chi non ti ascolta”? Voi giovani avete risposto tutti “Amici e Famiglia”, mentre gli adulti sorprendentemente hanno descritto “Tutti”: Istituzioni, famiglia, amici, figli. Insomma tutti ma proprio tutti. Un’altra domanda che mi ha suggerito Don Gesualdo recita: “Cosa ti aspetti dalla Chiesa?”. I giovani sono stati molto precisi e hanno risposto “Una Guida e più Coinvolgimento”. La cosa incredibile è stata la risposta degli adulti. Per loro la chiesa deve dare: “Concretezza; Condivisione; Avvicinarsi Giovani; Catechesi; Perdono; Coerenza; Aiuto Spirituale; Rivoluzione dell’animo umano; Apertura; Fiducia; Far Tornare la Pace ; Essere un esempio” etc. Quest’ultima domanda secondo me è estremamente simbolica e ci suggerisce alcune possibili conclusioni. In generale abbiamo capito che i giovani e adulti hanno gli stessi bisogni le stesse caratteristiche solo che hanno un problema diverso di rapporto con la società. I giovani si rivolgono agli adulti che hanno difficoltà ad ascoltare perché a loro volta il loro sguardo è rivolto verso le istituzioni della società.

Visto tutto questo come possiamo, allora, promuovere nuove strategie utili per migliorare le nostre capacità di ascolto, visto che il problema non nasce da nostre mancanze o difetti, ma semplicemente dal fatto che giovani e adulti chiedono entrambi di essere ascoltati?
Quello che noi neuroscienziati promuoviamo la chiamiamo la strategia del “tu”. Se noi vogliamo migliorare quel meraviglioso fenomeno che è l’ascolto, dobbiamo lavorare sul “tu”. Ma che vuol dire? Un eminente psicologo Americano ha quantificato quante volte noi durante il giorno diciamo la parola “io”. Lo facciamo continuamente quando parliamo con gli altri, quando siamo soli con noi stessi, quando siamo sui social. Esiste solo io, io, io. Soprattutto sui social dove controlliamo continuamente chi mi ha scritto? chi mi visualizza? chi mi scrive mi piace? La politica dell’”Io” alla lunga produce un profondo focusing attentivo solo su me stesso. E’ come se disegnassimo un cerchio intorno a noi sempre più profondo e sempre più grande che non fa altro che allontanarci dagli altri e ridurre, conseguentemente, le nostre capacità di ascolto. Questo siamo noi. Siamo Umani in tutto e per tutto, con le nostre debolezze.

Ma come possiamo allora invertire la tendenza all’”io” per promuovere empatia e ascolto?.
Dobbiamo cominciare la strategia del “tu”. Funziona cosi. Proviamo a svegliarci la mattina e cominciare a virare il pensiero sulle persone che ci sono accanto chiedendogli: “Tu come stai?”. Poi proviamo a chiederci “chissà cosa pensa lei?” e ancora “chissà se sta soffrendo”, fino ad arrivare a pensare intensamente alla frase “la vita è stata molto ingiusta con lei”. E’ molto ma molto difficile perché il nostro pensiero è strutturato per rivolgersi verso se stesso non sugli altri. Ma dobbiamo allenarci sempre e comunque, provare e riprovare. E dopo settimane e mesi di allenamento vedrete che a un certo punto comincerà un meccanismo virtuoso meraviglioso in cui i nostri problemi cominceranno a scomparire.

Il meccanismo dell’ “io” invece favorisce lo sviluppo di dolori, incomprensioni e incapacità di ascolto. Di solito il loop dell’io parte con “Io sto male”, “Nessuno mi ascolta” e arriva a “Non è giusto per me” finendo con frasi tipo “Io non sono capace”. Questo loop può diventare riverberante e continuare ininterrottamente per giorni o mesi, anni. Alla fine lascerà dietro di se solo un deserto di sentimenti aridi.

Ma come vi ho detto non è facile. Anzi è molto ma molto difficile passare alla strategia del “Tu”. Per farlo avremmo bisogno di aiuto, esattamente come quando abbiamo un difetto fisico o dobbiamo dimagrire andiamo dal nutrizionista o dal personal trainer. Sapete chi potrebbe essere il personal trainer delle nostre emozioni che può aiutarci a acquisire l’empatia che è un meccanismo fondamentale per l’ascolto? Gli psicologi? No, sono loro. Sono i Preti !
Non dico questo perché voglio essere simpatico. Se affermo una cosa è perché la Scienza l’ha fatto. E nello specifico, si tratta di un lavoro che ho pubblicato due anni fa e che ha rappresentato uno dei più grandi sforzi della mia vita. Ho studiato in maniera (Laica) il profilo di personalità dei preti, spero di non offendere nessuno raccontando questo storia. Si tratta di un progetto che è nato all’inizio con l’ex vescovo di Cosenza sua Eccellenza Mons. Nunnari e poi è continuato con altre persone che hanno compreso il vero motivo della ricerca. Ricerca che è andata a finire anche sulla prima pagina dell’AVVENIRE.

Perché abbiamo fatto questa ricerca? Perché le neuroscienze, così come la Chiesa, sono interessate al benessere delle persone. Voi forse non sapete che ci sono in letterature numerosi studi scientifici che dimostrano come le persone di fede vivono meglio e più a lungo, hanno meno problemi cardiaci e meno problemi psicologici.
Questo dato è stato riprodotto in tutto il mondo e in tutte le culture. Per questo motivo le neuroscienze sono interessate a capire come funziona un fenomeno che produce tanto benessere, partendo ovviamente dai loro principali attori: i preti. Sapete cosa abbiamo scoperto di così rivoluzionario in questa ricerca? Che i preti sono persone moderate che ricercano certezze al loro interno non hanno bisogno di cercarlo fuori di loro. Fin da piccoli seguono i dettami di una figura riconosciuta dalla comunità di appartenenza da bambini credono fermamente al padre e quando crescono spostano la loro attenzione sul padre spirituale. Sono persone empatiche, franche, modeste sensibili e altruiste, ma soprattutto non sono impulsive. Quindi ditemi voi se una persona che ha questo profilo non è perfetta per aiutarci ogni giorno nel faticoso percorso del “tu”?

Lo scopo della mia relazione è cercare un punto di nuovo dialogo tra giovani e adulti ma soprattutto cercare di trovare anche un’idea che sia in comunione tra neuroscienze e chiesa, cosa che, come sapete bene dalla storia, è stata sempre difficile da trovare. L’idea di cui vi vorrei parlare viene dalla biologia e si chiama apoptosi.
Noi siamo il risultato di miliardi e miliardi di processi di nascita cellulare. Ogni giorno, dal momento del nostro concepimento, nel nostro corpo si manifesta la bellezza della creazione. Senza la nascita di nuove cellule cardiache, muscolari, scheletriche o cerebrali, la nostra essenza come esseri umani non esisterebbe. Questo magnifico processo di rinnovamento biologico è però accompagnato da un altro processo altrettanto importante chiamato proprio apoptosi, che significa “morte cellulare”. E’ un meccanismo fisiologico e necessario che avviene continuamente dentro di noi. Se per 10 cellule prodotte, 3 sono uscite male con un difetto è necessario eliminare il materiale che potrebbe portare a problemi più grandi in futuro. La materia cellulare che non è funzionale all’ambiente viene eliminata per far posto ad una cellula più forte. Questa perfetto meccanismo di regolazione della nostra omeostasi avviene spontaneamente ed è stato scolpito da milioni di anni di evoluzione.

Il sacrificio produce vita cellulare, il Sacrificio del mio “io” permette l’ascolto e l’empatia; Il sacrificio è il principale insegnamento della nostra religione.
Ecco forse il punto di comunione tra giovani e adulti e neuroscienze e chiesa.