Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore

 

Non c’è vero umanesimo, mai ce ne potrà essere, finché l’uomo non vede se stesso dinanzi al suo Dio e Signore. Isaia si reca nel tempio a pregare. Vede il Signore. Grida la sua miseria spirituale. Vede il suo niente. Si sente un misero peccatore. Dio è luce. Lui è non luce.

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!» (Is 6,1-8).

Due uomini salgono al tempo. Uno non si pone dinanzi a Dio. Guardandosi da se stesso, si vede giusto, perfetto, mentre sta peccando, offendendo la carità, la misericordia, l’amore. L’altro invece vede Dio nella sua coscienza, si sente un peccatore, chiede umilmente perdono.

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (Lc 18,9-14).

Anche Pietro vede Cristo nella sua potenza di Parola creatrice di una pesca abbondantissima. Vede il suo niente, la sua pochezza. Lui è uomo. Cristo è oltre l’uomo. Si sente un nulla, un misero peccato. Chiede a Gesù che si allontani da Lui. Gesù è la luce. Lui non è la luce. Gesù è la santità e lui il peccato. Gesù è al di là del finito. Pietro è il finito umano. Pietro non è e basta.

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5,1-11).

Ma Gesù per questo è venuto: per “farsi” Dio, ricchezza, potenza, onnipotenza, grandezza in ogni uomo. Lui è venuto per vivere ciò che Lui è nell’eternità in ogni uomo che lo accoglie. Ed è questo il vero umanesimo: lasciare che Cristo, tutto Cristo, possa vivere in noi, con noi, per noi. Cristo ha deciso di manifestare tutta la sua onnipotenza divina in chi a lui si affida e si consegna. Per questo chiede a Pietro di lasciarsi fare da Lui. Non lo farà pescatore di pesci, ma di uomini. È questa l’antropologia nuova che Gesù è venuto a creare sulla nostra terra.

Finché l’uomo guarda se stesso o gli altri uomini, mai vi potrà essere vero umanesimo. Così come esso si è fatto, l’uomo è un sacco di peccato, un canestro di frutta guasta. Nulla potrà mai fare né per sé e né per gli altri. Ogni giorno il mondo ci sorprende con le sue richieste di peccato che vuole elevare a leggi di amore, verità, giustizia, santità. È un mondo che si confronta con se stesso. Si vede giusto negli orrendi peccati, nelle nefandezze, nella grande immoralità. Il vero umanesimo inizia quando l’uomo comincia a guardare verso l’alto, verso Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, orientate il nostro sguardo verso Dio.