vangelo del giorno

Tra noi e voi è stato fissato un grande abisso

20 MARZO (Lc 16,19-31)


Sono molti i cristiani che disertano abitualmente la celebrazione domenicale dell’Eucaristia. La domenica non è più il giorno del Signore, è divenuto il giorno dell’uomo. Tutti però partecipano prima o poi ad una liturgia funebre per onorare un loro congiunto, un loro amico, per amore, per dovere, per essere a loro volta essi stessi onorati il giorno del loro funerale. La celebrazione della liturgia funebre viene trasformata o in una tribuna per lanciare anatemi oppure in un panegirico di lodi sperticate, inventate, create artificiosamente per celebrare colui che giace nella bara.

Oggi Gesù presiede la liturgia funebre di due persone, che si sono incontrate in vita e che sono morte quasi contemporaneamente. Al momento dell’omelia egli prende la parola, come un giorno ha fatto nella sinagoga di Nazaret, e rivela non il compimento della Scrittura, ma della vita di queste due persone. Il povero muore ed è condotto dagli Angeli presso Abramo, nel regno della gioia eterna. Muore il ricco ed è sepolto. Gli angeli non si interessano di Lui. Vengono i diavoli dell’inferno e lo conducono nel luogo del suo tormento eterno. Quanta differenza tra la liturgia celebrata da noi e quella vissuta da Cristo Gesù. La sua è vera, la nostra è falsa. Lui dice la realtà che vede. Noi inventiamo la realtà che non c’è. Lui parla di inferno e di paradiso, noi parliamo solo di Paradiso, di perdono, misericordia, accoglienza nelle dimore divine.

C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

L’omelia di Gesù è chiara. L’abisso che l’uomo ricco ha creato con il povero Lazzaro diviene abisso eterno. Lazzaro è pietoso. Vorrebbe soccorrere quell’uomo. Ma non può. Vi è un abisso che non si può attraversare. La gioia e la pena sono eterne. Tra le due non vi potrà mai essere una qualche comunione, neanche di una preghiera. Il povero oggi per il ricco è la chiave, l’unica chiave della sua gioia eterna. Se lui questa chiave non la prende, la ignora, al momento della morte si presenta nell’eternità senza di essa. Senza questa chiave non si entra in paradiso. La porta rimane chiusa per sempre. Essa non si apre dal di dentro, ma dal di fuori ed una sola è la chiave: il povero da noi riconosciuto, servito, onorato, amato, sfamato, dissetato, vestito, ospitato, visitato, perdonato, sollevato dalla sua miseria spirituale e fisica.

L’omelia di Gesù contiene un’altra verità che dona luce a tutta la nostra vita. Il ricco dannato non vuole che i suoi fratelli si dannino a loro volta e lo raggiungano in quel luogo di tormento eterno. Chiede ad Abramo che mandi Lazzaro ad avvertirli del suo stato. Si è dannato perché non si è munito della chiave della porta del paradiso. Neanche questa comunione è possibile. Non sono i morti che devono avvisare i vivi perché si salvino. I morti devono vivere una solitudine eterna. Devono subire anche questo tormento: vedere i propri cari che stanno per dannarsi senza poter fare nulla per la loro salvezza. La via della salvezza è una sola: l’ascolto della Legge e dei Profeti. Nonostante Gesù ci abbia rivelato la duplice eternità, noi non crediamo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede vera e forte.