vangelo del giorno

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria

1 MAGGIO (Mt 13,54-58)


La storia del popolo del Signore è stata sempre illuminata dai profeti, questi straordinari portatori della divina Parola. Questi uomini però non hanno avuto vita facile. Derisione, disprezzo, persecuzione, violenza, la stessa morte si abbatteva su di loro. Testimonianza della durezza del cuore di Israele sono le parole di conclusione al Secondo Libro delle Cronache. Dio manda ripetutamente i profeti e ripetutamente essi vengono disprezzati, fino al giorno in cui si colmò la misura della misericordia del Signore. Fu il duro esilio babilonese che durò ben settanta anni. 

Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia, che gli parlava in nome del Signore. Si ribellò anche al re Nabucodònosor, che gli aveva fatto giurare fedeltà in nome di Dio. Egli indurì la sua cervice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore, Dio d’Israele. Anche tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Allora il Signore fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i loro uomini migliori nel santuario, senza pietà per i giovani, per le fanciulle, per i vecchi e i decrepiti. Il Signore consegnò ogni cosa nelle sue mani. Portò a Babilonia tutti gli oggetti del tempio di Dio, grandi e piccoli, i tesori del tempio del Signore e i tesori del re e dei suoi ufficiali. Quindi incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni» (2Cr 36,11-21). 

Gesù oggi viene nella sua patria, entra nella sinagoga, fa loro la più grande rivelazione. Nella sua persona si compiono tutte le profezie fatte da Dio ai Padri. Nessuna rimane incompiuta. Qual è stato il risultato? Il disprezzo, la derisione, l’insulto. Le sue parole in nessun caso sarebbero potute essere vere perché Lui era un misero figlio di un misero falegname, un misero parente di parenti anche essi miseri, poveri, insignificanti. Questi concittadini di Gesù confondono la povertà materiale con quella spirituale. Ignorano che proprio nella più povera delle povertà materiali il Signore entra ed agisce, viene ed opera. Ma sempre il Signore ha agito, operato, lavorato con la più povera delle povertà materiali. Anche il grande, famoso, glorioso Davide, del quale ogni giorno tessevano le lodi, chi era? Un piccolo pastore di greggi sperduto nei campi. Era tanto insignificante che il padre neanche lo invitò al pranzo sacrificale con Samuele. 

Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Povertà e ricchezza spirituale possono convivere insieme. Gesù è povero, ma è Dio nella sua persona. Anche Giuseppe è povero, ma vero figlio del re Davide. Lui è vera discendenza regale. È povero, ma altamente giusto, santamente obbediente, vero servo del Signore Dio. La sua nobiltà spirituale, morale, nella verità, nella carità, nella giustizia è altissima. Questi uomini vanno da Dio, sono nella sinagoga, ma nulla conoscono dell’agire del Signore. Leggono le Scritture ma non le comprendono. Non sanno chi è il Signore. Eppure essi si dicono il popolo del Signore. Ma può il popolo del Signore non conoscere il Signore? È la tristezza della storia, ma è così.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la conoscenza di Gesù.