Una stella spunta da Giacobbe – Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli

07 Giugno
Una stella spunta da Giacobbe

Balak, re di Moab, vede Israele che avanza dal deserto alla conquista della terra di Canaan. Sa che non può affrontarlo in battaglia. Israele è protetto, custodito, avvolto dal suo Dio che è invincibile. Il Dio di Israele ha sconfitto il grande re d’Egitto, ritenuto invincibile da tutti gli abitanti della terra.

Pensa che è possibile vincere Israele con la maledizione. Chiama l’indovino Balaam perché venga e lo maledica. Balaam viene, ma non può maledire Israele, può solo benedirlo. Questo episodio ci rivela la più alta verità dopo quella manifestata dal Signore in Egitto e lungo il viaggio di quaranta anni nel deserto.

Nessuna forza visibile ha potuto sconfiggere Israele. Quanto avviene tra Balak e Balaam rivela a Israele che non vi sono contro di lui forze occulte, misteriose, arcane, infernali, di origine ignota, sconosciuta che possano nuocere al popolo del Signore quando esso è nella Parola del suo Dio.

Per Israele vi è solo un sortilegio, come un solo sortilegio è per ogni altro uomo. Non c’è alcun bisogno che qualcuno ci maledica. Se siamo nella Parola del Signore siamo nella vita. Se ci poniamo fuori della Parola di Dio siamo nella morte. Vale per ogni uomo la prima Parola proferita da Dio all’uomo: “Se ne mangi, muori”.

Non solo Balaam non può maledire Israele, è anche obbligato a benedirlo. Non solo la sua maledizione non avrebbe avuto alcun effetto su di esso. Sulla bocca del profeta il Signore mette le parole da dire. Per il suo popolo ci sono solo benedizioni.

«Da Aram mi fa venire Balak, il re di Moab dalle montagne d’oriente: “Vieni, maledici per me Giacobbe; vieni, minaccia Israele!”. Come maledirò quel che Dio non ha maledetto? Come minaccerò quel che il Signore non ha minacciato? Perché dalla vetta delle rupi io lo vedo e dalle alture lo contemplo: ecco un popolo che dimora in disparte e tra le nazioni non si annovera. Chi può contare la polvere di Giacobbe? O chi può calcolare un solo quarto d’Israele? Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro» (Num 23,7-10).

«Sorgi, Balak, e ascolta; porgimi orecchio, figlio di Sippor! Dio non è un uomo perché egli menta, non è un figlio d’uomo perché egli ritratti. Forse egli dice e poi non fa? Parla e non adempie? Ecco, di benedire ho ricevuto il comando: egli ha benedetto, e non mi metterò contro. Egli non scorge colpa in Giacobbe, non ha veduto torto in Israele. Il Signore, suo Dio, è con lui e in lui risuona un’acclamazione per il re. Dio, che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Perché non vi è sortilegio contro Giacobbe e non vi è magìa contro Israele: a suo tempo vien detto a Giacobbe e a Israele che cosa opera Dio. Ecco un popolo che si leva come una leonessa e si erge come un leone; non si accovaccia, finché non abbia divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi» (Num 23,19-24).

Balaam annunzia a Balak che Israele non va visto in questo momento della storia. Esso è più grande della sua piccolezza, più grande della sua stessa storia, più grande di se stesso. Gli annunzia che lui sta vedendo sorgere un re che avrebbe rotto con le mani le tempie di Moab e che avrebbe ridotto in schiavitù molti altri popoli.

Balaam vide che al Signore piaceva benedire Israele e non andò come le altre volte alla ricerca di sortilegi, ma rivolse la sua faccia verso il deserto. Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui. Egli pronunciò il suo poema e disse:

«Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Si estendono come vallate, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantato, come cedri lungo le acque.

Fluiranno acque dalle sue secchie e il suo seme come acque copiose. Il suo re sarà più grande di Agag e il suo regno sarà esaltato. Dio, che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Egli divora le nazioni che lo avversano, addenta le loro ossa e le loro frecce egli spezza. Si accoscia, si accovaccia come un leone e come una leonessa: chi lo farà alzare? Benedetto chi ti benedice e maledetto chi ti maledice».

Allora l’ira di Balak si accese contro Balaam; Balak batté le mani e disse a Balaam: «Per maledire i miei nemici ti ho chiamato, ed ecco li hai grandemente benedetti per tre volte. Ora vattene nella tua terra! Avevo detto che ti avrei colmato di onori, ma ecco, il Signore ti ha impedito di averli».

Balaam disse a Balak: «Non avevo forse detto ai messaggeri che mi avevi mandato: “Quand’anche Balak mi desse la sua casa piena d’argento e d’oro, non potrei trasgredire l’ordine del Signore per fare cosa, buona o cattiva, di mia iniziativa: ciò che il Signore dirà, quello soltanto dirò”? Ora sto per tornare al mio popolo; ebbene, vieni: ti predirò ciò che questo popolo farà al tuo popolo nei giorni a venire». Egli pronunciò il suo poema e disse:

«Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi.

Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spacca le tempie di Moab e il cranio di tutti i figli di Set; Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà e farà perire gli scampati dalla città» (Num 24,1-19).

Questo re futuro è Davide. È lui storicamente che sottomette a tributo tutti i re dei paesi confinanti con Israele. Ma noi sappiamo qual è la profezia di Dio su Davide. La sua discendenza avrebbe ereditato dal Signore un regno eterno.

Il Signore attraverso Balaam chiede a noi di non vedere noi nella nostra piccolezza, nullità, pochezza, quasi niente. Ci chiede di avere occhi di fede per vedere sempre Lui dietro di noi. Cosa Lui vorrà fare di noi, noi non lo sappiamo.

Davide era un pastore di greggi. Il Signore ne ha fatto un grande re. Era però un re dal regno corruttibile. Il Signore lo ha dichiarato nella sua discendenza re dal regno eterno.

Ad ogni uomo urge questa visione di purissima fede. Nessuno si deve vedere in se stesso. Non vede nulla. Vede la sua pochezza. Potrebbe anche scoraggiarsi nel camminare con il Signore. Se invece vede cosa il Signore vuole fare per mezzo di lui, allora questa purissima visione di fede, cambia totalmente la sua vita.

Il presente dell’uomo è come la polvere del suolo con la quale il Signore ha creato l’uomo. L’uomo deve dare a Dio la sua polvere e rimanere sempre polvere. Cosa il Signore farà della sua polvere solo Lui lo sa. L’uomo deve sapere che Dio vorrà fare cose sublimi. Lui però ha bisogno della nostra polvere.

La Vergine Maria diede la polvere del suo corpo. Da questa polvere Dio trasse la carne per il suo Figlio eterno. Maria diviene madre di Dio.

Gesù dona al Signore la polvere del suo corpo. Da quella polvere il Signore fa scaturire la redenzione nello Spirito Santo, per ogni uomo.

Paolo dona a Dio la polvere della sua volontà. Il Signore fa di lui un evangelizzatore del mondo. Noi siamo polvere. Diamo a Dio la nostra polvere, cosa farà il Signore è inaudito. Lui trasforma la polvere in salvezza, redenzione, vita eterna, pace.

Balaam dice a Israele. Oggi tu sei polvere. Il Signore dalla tua polvere trarrà un re che dominerà i popoli. Dalla polvere del re trarrà un re dal regno eterno.

Questi sono i prodigi che Dio sa compiere, se gli diamo la nostra polvere come la terra gli ha fornito la polvere perché lui potesse fare l’uomo a sua immagine e somiglianza. Ma anche Adamo fornì la sua polvere a Dio e Dio per mezzo di quella polvere lo liberò dalla sua solitudine ontologica. Lo fece pienamente, perfettamente uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci polvere nelle mani di Dio.

Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli

Dinanzi alla manifestazione di Dio, Israele ha paura. Teme di morire. Dio manifesta la sua eterna e divina trascendenza ed essa è talmente alta, sublime, quasi terrificante, da incutere grande timore e tremore. Ogni uomo deve sapere che il suo Dio è il totalmente oltre. Non è di grandezza umana. Non è di apparati terreni. Lui è l’oltre, l’eternamente e il divinamente oltre e lo manifesta assumendo gli elementi della natura che proprio a questo servono: a creare questo velo che serve a manifestare e nello stesso tempo a nascondere il Signore. Lui è l’invisibile. È l’udibile invisibile.

Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.

Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Il Signore disse a Mosè: «Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si santifichino, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore: «Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro (Es 19,16-25).

Il popolo chiede una grazia a Mosè. Sia lui solo a parlare con Dio. Lui parla con Dio, lo ascolta, poi viene e riferisce. Loro ascolteranno Mosè, che riconoscono vero Mediatore tra Dio e tutto il popolo. Chiedono al loro Dio di non manifestarsi più. C’è Mosè e lui solo basta. Dio, Mosè, Mosè, popolo di Dio. La mediazione è stabilita.

Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura dove era Dio.

Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e dèi d’oro accanto a me: non ne farete per voi! Farai per me un altare di terra e sopra di esso offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò. Se tu farai per me un altare di pietra, non lo costruirai con pietra tagliata, perché, usando la tua lama su di essa, tu la renderesti profana. Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità” (Es 20,18-26).

Sull’istante sembra che Mosè non ascolti e neanche il Signore. Tuttavia Mosè sempre è stato il Mediatore unico tra Dio e il suo popolo. Ma ora Mosè sta per andarsene, lasciare la guida del suo popolo. Il Signore rassicura per mezzo di lui i figli di Israele. Lui esaudirà un giorno la preghiera rivolta all’Oreb. Susciterà di mezzo a loro un profeta come Mosè. Per mezzo di lui parlerà ai figli di Israele. Questo profeta dirà loro la parola del Signore. Se qualcuno non lo ascolterà, a lui il Signore domanderà conto.

Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui (Dt 18,15-22).

Di per sé questa profezia potrebbe essere applicata ad ogni profeta. E in qualche modo si potrebbe pure applicare. Non può però essere applicata del tutto, perché vi è una parola che lo vieta: “pari a te”. Questo profeta dovrà essere potente in parole e in opere. Dovrà manifestare la parola del Signore accompagnandola con segni e prodigi. Ora noi sappiamo che solo Elia ed Eliseo fecero qualche miracolo. Ma sia Elia che Eliseo furono profeti nel regno del Nord, in Samaria. Non vissero nel regno di Giuda.

Quando Giovanni è apparso a predicare nel deserto di Giuda, molti hanno pensato che fosse lui il profeta che doveva venire. Giovanni però non compiva prodigi. Lui soltanto predicava un battesimo di penitenza per la conversione dei peccati. Giovanni sa di non essere il profeta annunziato e lo dichiara: “Io sono solo un profeta, non sono il profeta”.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv 1,19-28).

L’Evangelista presenta Gesù potente in parole ed opere. Vera guida spirituale del popolo del Signore. Vero Mediatore tra Dio e l’intera umanità. Perché solo in Cristo si compie questa profezia del Deuteronomio? Perché solo Gesù è in tutto pari a Mosè. Solo Lui accompagnava la sua Parola con la potenza di segni e prodigi.

Gesù è più grande di Mosè. È pari a Mosè solo nella modalità della Mediazione. Lui parlava in nome di Dio. In suo nome annunziava la sua Parola. Gesù è la stessa Parola di Dio. Infatti Gesù non parla mai in nome di Dio. Parla sempre in suo nome. Lui del Padre, di Dio, è Parola, Luce, Santità, Verità, Vita Eterna, Onnipotenza. È tutto questo nella sua umanità, perché nella sua Persona e natura divina, Lui è Dio.

Mentre nell’Antico Testamento ancora Dio si manifestava nella sua trascendenza con segni, prodigi e teofanie che attestavano la sua presenza in mezzo al popolo, con Cristo Dio sceglie non solo l’umiltà della carne, ma ancora quella più potente, forte, inaudita che è quella della croce. Dal Dio terrificante al Dio terrificato. Dal Dio che il solo desiderio di vedere provoca la morte al Dio ucciso, anzi crocifisso.

Ma ancora umiltà più grande è l’Eucaristia. Tutto Dio è quella piccolissima ostia, che sembra pane, mentre pane non è perché è vero, reale, sostanziale corpo di Gesù. Dall’Oreb al Monte Calvario vi è l’abisso del “mutamento” della manifestazione di Dio in Cristo Gesù. Prima la fede era nell’infinitamente grande. Ora è nell’infinitamente piccolo. Se prima il rischio era la morte dell’uomo, ora il rischio è la morte della stessa fede. Dinanzi ad una piccolissima particola, l’uomo si deve prostrare e confessare il mistero del Dio nascosto per amore. Dal Dio dal quale si doveva stare lontani, al Dio che diviene nostro cibo e nostra bevanda di vita eterna. Vi è l’abisso del mutamento.

Ecco la grande sorpresa di Dio. Dal Dio totalmente trascendente, alto, irraggiungibile, inafferrabile, al Dio Incarnato, al Dio Crocifisso, al Dio Mangiato. Di cammino il nostro Dio ne ha fatto veramente tanto. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con questo Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci innamorare di Gesù.