Vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite

Se Cristo venisse oggi, si servirebbe dello stesso linguaggio di verità, fermezza, forte invito alla conversione, dichiarazione della grave e pesante responsabilità eterna che investe tutti coloro che hanno attinto a larghe mani dalla cesta divina della sua misericordia e compassione. Così parla Cristo Gesù attraverso una umile donna dei nostri tempi. Il richiamo d’amore rivelato da Gesù attraverso di lei, il suo forte desiderio di cambiamento di vita di ogni sua creatura è divino:

Io sono la Voce di Colui che grida nel deserto. Grido di richiamo, di risveglio, di carità, di fratellanza, di unione, di giustizia, di amore, di pace. Il deserto è buio, come fate a riconoscerlo? La roccia è sabbiosa, come fate a costruire? La casa senza tetto, come fate ad abitare? I sandali senza suole, come fate a camminare? Figli, tornate! Vi aspetto. Perché? Perché? Il bene lo avete scambiato con il male, l’amore con l’odio, la luce con il buio? Perché?

Le madri uccidono le loro creature! Quanto dolore! I figli uccidono i genitori! Caino continua ad uccidere Abele. Figli, svegliatevi! E’ tempo di mietere. Come potete raccogliere se niente avete seminato? Niente! Non avete paura del buio eterno? Vi voglio salvare. Sono la vostra Salvezza. Non vedete quanto buio, quanto dolore intorno a voi? Siete ciechi! Il Signore, come al buon cieco di Gerico vi darà la vista. Ma egli ha chiesto con fede. Provate, provate a chiedere con fede. Siate creature di buona volontà, non di dura cervice.

Quello di Gesù non è linguaggio di accomodamento, superficiale, puramente umano. Lui non è venuto per salvare il corpo dei suoi discepoli. È venuto per chiedere ad ognuno di essi di purificare corpo e anima, unendo il sangue della loro testimonianza e del martirio al suo. Ha dichiarato beati i poveri, quelli che piangono, i disprezzati, i diseredati dagli uomini. Ha anche detto il suo guai ai ricchi, ai gaudenti, agli spacconi della terra, a quanti giocano con il sangue altrui, succhiandolo come vampiri in modo legale, ma altamente immorale. Gesù non parla come parliamo noi. Lui parla come se fosse nel fuoco dell’inferno. Parla da questo fuoco eterno perché vuole che nessuna sua creatura vi precipiti dentro. Che forse il linguaggio del dannato ricco non è lo stesso di quello di Gesù? Cosa chiede il ricco dannato ad Abramo? Che mandi qualcuno dall’eternità perché avvisi i suoi fratelli perché non vengano in questo luogo di tormento. Noi invece parliamo, stoltamente, come fossimo tutti già in Paradiso. Gesù conosce l’inferno. Noi non lo conosciamo. I mistici conoscono l’aldilà. Noi non lo conosciamo. Loro parlano dal fuoco eterno sotto i loro piedi. Noi parliamo dalla nostra insipienza e stoltezza.

Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,13-20).

Dovremmo tutti i seminatori della Parola chiedere a Gesù che ci facesse vedere per un solo istante il fuoco eterno e le grida strazianti dei dannati. Gesù, grande nell’amore, ha confermato nella sua parabola, quanto già il Libro della Sapienza, riferiva dei discorsi dei dannati. Ma noi diciamo che quello è un semplice genere letterario e che in nessun modo si parla in quel luogo dell’inferno. Questo significa che noi dalla nostra cecità e oscurità sentenziamo oracoli falsi. Ma sempre nel cuore dell’empio e dello stolto parla il peccato. Cosa fare allora? Non vi è alcuna via perché possiamo ricrederci in tutto questo nostro modo stolto e insensato di vivere la nostra fede? Non vi è alcun principio solido su cui fondare la verità della Parola di Gesù Signore? Solo la fede aiuta la fede e solo camminando di fede in fede si arriva alla retta predicazione della Parola di Gesù. Una verità rimane in eterno. Usufruire della misericordia per il corpo, senza passare alla misericordia per l’anima e per l’eternità, è da stolti. A che serve dare al corpo un po’ di sollievo o di refrigerio se poi l’anima rimane dannata per sempre? Meglio avere il corpo nell’indicibile sofferenza oggi e domani anima e corpo nella gioia e nella luce eterna. Le sofferenze del tempo sono di un momento, quelle dopo la morte sono eterne. Ma queste verità le dice la Parola di Gesù. Poiché noi la sua Parola l’abbiamo del tutto cancellata, è evidente che per noi la misericordia è solo quell’aiuto per il corpo, perché sia liberato da ogni mestizia e difficoltà. Il guai nella Scrittura non è un ammonimento per oggi, è invece un avviso per il futuro: Stai attento che sei sull’orlo del baratro dell’inferno. Poni attenzione che la dannazione è vicina.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima fede in Cristo Gesù.