vangelo del giorno

Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi

6 SETTEMBRE (Lc 5,33-39)

Il digiuno è pratica religiosa antica, risalente alla notte dei tempi, mai però voluta direttamente da Dio, da Lui comandata. Celebre è il digiuno di Mosè sul monte.

Ricòrdati, non dimenticare, come hai provocato all’ira il Signore, tuo Dio, nel deserto. Da quando usciste dalla terra d’Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo, siete stati ribelli al Signore. All’Oreb provocaste l’ira del Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione. Quando io salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell’alleanza che il Signore aveva stabilito con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua. Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell’assemblea. Alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti, il Signore mi diede le due tavole di pietra, le tavole dell’alleanza. Poi il Signore mi disse: “Àlzati, scendi in fretta di qui, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dall’Egitto, si è traviato; si sono presto allontanati dalla via che io avevo loro indicata: si sono fatti un idolo di metallo fuso”. Il Signore mi aggiunse: “Io ho visto questo popolo; ecco, è un popolo di dura cervice. Lasciami fare: io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro”. Così io mi volsi e scesi dal monte. Il monte bruciava nelle fiamme. Le due tavole dell’alleanza erano nelle mie mani. Guardai ed ecco, avevate peccato contro il Signore, vostro Dio. Avevate fatto per voi un vitello di metallo fuso: avevate ben presto lasciato la via che il Signore vi aveva prescritto. Allora afferrai le due tavole, le gettai con le mie mani, le spezzai sotto i vostri occhi e mi prostrai davanti al Signore. Come avevo fatto la prima volta, per quaranta giorni e per quaranta notti, non mangiai pane né bevvi acqua, a causa del grande peccato che avevate commesso, facendo ciò che è male agli occhi del Signore per provocarlo. Io avevo paura di fronte all’ira e al furore di cui il Signore era acceso contro di voi, al punto di volervi distruggere. Ma il Signore mi esaudì anche quella volta. Anche contro Aronne il Signore si era fortemente adirato, al punto di volerlo far perire. In quell’occasione io pregai anche per Aronne. Poi presi l’oggetto del vostro peccato, il vitello che avevate fatto, lo bruciai nel fuoco, lo feci a pezzi, frantumandolo finché fosse ridotto in polvere, e buttai quella polvere nel torrente che scende dal monte (Dt 9,7-21).

È questo un digiuno frutto del grande dolore per il peccato commesso dal suo popolo. Il Signore invece ha sempre purificato le forme religiose esterne, compreso il digiuno. Lui chiede non forme, ma obbedienza, amore, carità, giustizia, vera santità. Il Signore chiede ad ogni suo servo un digiuno perenne, quotidiano da ogni peccato, trasgressione dei comandamenti, violazione della sua Legge.

Nel Nuovo Testamento, o Nuova Legge, Lui vuole che si viva nella pienezza delle virtù, compresa la virtù della temperanza, della sobrietà, della povertà in spirito, della misericordia e della grande carità. Non si digiuna rimanendo noi nell’egoismo. Ci si priva di molte o di poche cose perché i nostri fratelli hanno bisogno di esse per vivere, anzi spesso per sopravvivere. In tal senso la privazione è l’anima dell’elemosina.

Allora gli dissero: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

L’otre nuovo che Gesù vuole che tutti usiamo come contenitore della vita evangelica è la grande carità. È quell’amore che è capace di dare la vita per i fratelli e non solo cose che a noi non servono più perché bisogna aggiornare il guardaroba, perché la moda lo impone. L’otre nuovo è credere che il povero, il bisognoso è Cristo stesso e a Lui vanno le cose migliori. Il meglio del meglio a Lui. Il peggio del peggio a noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci questa via nuova.