Almeno per la sua invadenza

La preghiera cristiana vive di molte regole. Una è necessaria, anzi indispensabile perché le altre abbiamo valore. Chi prega il Padre deve essere il figlio. O lo prega perché già figlio, lo prega da figlio, o lo prega perché vuole ritornare ad essere figlio o divenire suo figlio. Atra verità della preghiera cristiana essenziale ci rivela che è lo stesso Dio che viene e ci chiede di ritornare ad essere suoi figli, lasciandoci riconciliare con Lui e accogliendo ogni altro suo figlio come vero nostro fratello. Queste due verità vengono a noi insegnate dalla parabola di Gesù un tempo detta del “Figlio prodigo”, oggi “del Padre misericordioso”. Il figlio perduto chiede al Padre di essere accolto nella sua casa, almeno come un mercenario o garzone. Il Padre prega il figlio maggiore perché accolga il figlio perduto come vero suo fratello. Questa seconda verità è mirabilmente insegnata anche dall’Apostolo Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa… Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”» (Lc 15,20-28.28-32).

L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2Cor 5,14-6,2).

Non è l’estraneo che va dall’estraneo. È l’amico che va dall’amico. L‘amico ascolta l’amico per la sua invadenza, insistenza. I pugni alla porta di colui che stava fuori sono stati molto più numerosi dei rifiuti di chi stava dentro. Se la richiesta non fosse stata accolta, quella notte nessuno avrebbe dormito, né il padre e né i figli. L’urgenza è urgenza e la necessità è necessità. Essendo l’esaudimento indispensabile si smette di pregare solo con l’ascolto.

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono (Lc 11,1-8).

È necessario che sempre si preghi in grazia di Dio, da suoi figli e amici. È la condizione per essere ascoltati. Sovente si viene in chiesa da nemici del Signore, si partecipa da nemici del Signore, anche all’Eucaristia ci si accosta da nemici di Cristo, si esce dalla Chiesa da nemici del Signore perché nella trasgressione dei comandamenti. La preghiera non produce frutti. Cristo non è amato perché i suoi comandamenti non sono osservati e tutto è fatto vanamente. Anche quando si viene a pregare per i defunti, si bada più alla mondanità che alla preghiera.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci rimanere sempre amici di Gesù.