Commento teologico alla prima lettura – Aprile 2016

 

1 APRILE (At 4,1-12)

Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno

La Scrittura va letta con una certezza nel cuore: tutte le parole contenute in essa si compiranno un giorno. Anche i Salmi vanno recitati con la stessa speranza: ogni loro profezia si compirà. Il Signore attuerà ogni sua Parola. Quanto Lui ha detto avverrà. Le difficoltà nascono quando la Scrittura si legge secondo la carne e non secondo lo Spirito Santo, che non solo è il suo Autore divino, ma anche il suo interprete eterno. San Pietro lo sta dicendo con chiarezza di Spirito Santo, fondata sulla storia che tutte le profezie di Dio si sono compiute in Gesù, il Nazareno. Essendosi tutte compiute in Lui, poiché nessuna resta ancora da compiere, Gesù è il Messia del Signore.

Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze, la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte. Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore. È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo! Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore. Il Signore è Dio, egli ci illumina. Formate il corteo con rami frondosi fino agli angoli dell’altare. Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre (Cfr. Sal 118 (117) 1-29).

Voi, Giudei, leggete le profezie, recitate i Salmi, su profezie e Salmi fondate la vostra speranza. Una cosa dovete modificare: leggere ogni cosa non dal vostro cuore, ma dal cuore dello Spirito Santo. Solo allora conoscerete che tutte le profezie e ogni parola dei Salmi si è perfettamente compiuta in Gesù, il Nazareno. È Lui il vostro Messia.

Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Che Gesù sia il Messia lo attesta la potenza di grazia che agisce nell’invocazione del suo nome. Lo storpio infatti non è stato liberato dal suo male nel nome del Dio di Abramo, ma nel nome di Gesù il Nazareno. Se Dio ha dato a Gesù la sua stessa potenza, il suo stesso nome, la sua stessa grazia, è il segno evidente che lo ha costituito suo Messia. Se è suo Messia, è il solo nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. Non vi è salvezza se non da Messia. Non vi è altro Messia se non colui nel quale tutte le parole di Dio si compiranno e tutte le parole di Dio si sono compiute e si compiranno in un solo uomo: Gesù, il Nazareno. Lo storpio guarito nel suo nome, attesta la verità di Gesù. Voi avete scartato Gesù come un malfattore e lo avete appeso al legno. Il Padre lo ha esaltato e lo ha posto in mezzo a voi come vera pietra di stabilità, salvezza, redenzione. Se credete nell’opera fatta da Dio per voi – non da Cristo Gesù, ma da Dio – avrete la vita. Altrimenti morirete nei vostri peccati.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli di Gesù.

 

2 APRILE (At 4,12-21)

Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto

L’obbedienza ai ministri di Dio obbliga sempre. Quando non la disobbedienza, ma la non obbedienza è obbligatoria? Quando per noi è dovere non ascoltare la loro voce? Si badi bene: non si tratta di disobbedienza, ma di non ascolto, anzi dell’obbligo del non ascolto. Poiché l’obbedienza è sempre alla verità, il non ascosto di una imposizione o di un ordine falso non è disobbedienza, è non ascolto. Diviene impossibilità a non obbedire, non a disobbedire. La differenza è essenza in questo caso, dal momento che mai è permessa una sola disobbedienza, che è sempre alla verità, alla giustizia, alla luce, alla storia che con potenza sconvolge la nostra vita.

Vi è una storia che si impone da se stessa. Vi è un Crocifisso che è il Risorto. Vi è il Risorto che ha trascinato nella sua risurrezione i suoi discepoli. Questi sono stati trasformati dalla potenza del suo Santo Spirito nel corpo, nell’anima, nella mente, nel cuore. I loro occhi non leggono più le Antiche Scritture come le hanno lette fino a ieri. La loro mente non pensa più il Dio dei Padri come lo pensava ieri. Quel Dio da essi pensato era un Dio morto. Un Dio incapace di dare vera vita. Era un Dio fatto di pensieri umani. Ora quel Dio è vero, vivo, ha realizzato nel suo Figlio Gesù tutte le sue promesse. Cristo è l’opera delle opere. È Lui il nuovo sole dell’universo.

Possono i discepoli tacere questa verità storica? Verità che non si è compiuta fuori di essi, ma in essi, verità che sono essi stessi, dal momento che loro e Cristo sono divenuti una sola storia di salvezza e di redenzione? Si può ad un uomo impedire di attestare ciò che lui è nella sua più luminosa verità? San Paolo non certifica la misericordia del Padre verso ogni uomo attestando la carità che Dio gli ha manifestato? Potrà un solo sommo sacerdote impedirgli di gridare questa sua storia di salvezza e redenzione. Per questo si è detto che non si parla di disobbedienza, ma di impossibilità di ascolto. Non posso fare ciò che tu dici. Impugnerei la verità conosciuta, realizzata in me e peccherei contro lo Spirito Santo. Sarei reo di morte eterna. È sempre dalla propria vita che si rende testimonianza a Gesù.

In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni.

Se poniamo attenzione, l’argomentazione di Pietro parte sempre dalla storia concreta, visibile, constatabile. Anche nella sua prima predica nel giorno della Pentecoste lui è partito dalla storia. Alcuni dei presenti dicevano che gli Apostoli erano ubriachi. Pietro prende la parola è attesta che essi non sono ubriachi, sono pieni invece di Spirito Santo. Rivela che lo Spirito è dono effuso su di essi da Cristo Gesù, il Crocifisso che il padre aveva risuscitato. Se la nostra storia non interroga il mondo, con quale argomentazione possiamo noi testimoniare Gesù Signore? Le argomentazioni di ragione non servono, non convincono, non attraggono. La storia di Cristo che si compie in noi è la via per annunziare il Vangelo. Tutte le vie teologiche sono buone in sé, ma non servono per parlare di Gesù all’uomo che è dinanzi a noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

3 APRILE – II Domenica di Pasqua – (At 5,12-16)

Una moltitudine di uomini e di donne

Vi è una verità rivelata da Cristo Gesù che mai dovrà essere dimenticata. È il Padre che dona anime a Cristo. È il Padre che cura le anime date. È il Padre che aggiunge anime al corpo di Cristo, cioè alla sua Chiesa. Il Padre dona. Cristo salva. Cristo illumina. Cristo nutre. Cristo custodisce. Cristo dona tutto al Padre santificandolo con il suo Santo Spirito. Oggi il Padre dona a Cristo, donando alla sua Chiesa.

Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,24-30).

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo (Gv 17,11-.14).

Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (At 2,42-47).

Quando il Signore aggiunge alla Chiesa quelli che sono salvati? Li aggiunge quando il corpo di Cristo vive da vero corpo di Cristo. Come il Padre dava a Cristo uomini e donne perché Cristo agiva da vero Cristo, cioè da Persona obbedientissima al comando del Padre, nella perfetta comunione dello Spirito Santo, così anche deve dirsi della Chiesa o del corpo di Cristo. Quando la Chiesa vive da vera Chiesa, vive cioè da vero corpo di Cristo, nella piena obbedienza alla Parola di Gesù, nella mozione dello Spirito del Signore, sempre Dio aggiunge nuove anime. Mai ne aggiungerà, se il corpo di Cristo non vive da corpo di Cristo, perché si è posto fuori della verità.

Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.

Al tempo degli Apostoli, almeno nei primissimi tempi, il corpo di Cristo vive di grande santità. Esso è sotto la perenne mozione dello Spirito del Signore. Si lascia guidare in ogni opera da svolgere per rendere testimonianza alla risurrezione del Messia di Dio. Nella prima comunità scorre una vita nuova, diversa da ogni altra vita che si conosce sulla terra. Questa novità di vita suscita l’ammirazione di tutti. Questa nuova vita veniva anche alimentata dalla potenza di Gesù che agiva attraverso i suoi Apostoli. Come l’ombra di Gesù guariva dove essa giungeva e l’ombra è tutta la potenza di Dio che si sprigiona attraverso il suo corpo, così è anche l’ombra di Pietro. Dalla sua persona si sprigionava una potenza così grande da sanare, guarire quanti da essa venivano avvolti. Quando questa ombra manca alla Chiesa, perché Cristo non vive nel suo corpo con tutta la sua potenza, è allora che la Chiesa diventa anoressica, si riduce ad uno scheletro, muore. Dio la priva di altri figli per la sua mancanza di amore e di fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di tanto amore.

 

4 APRILE (Is 7,10-14)

Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio

Acaz è re che non crede nel Signore. Non cerca nella conversione e nell’abbandono dell’idolatria e dell’immoralità, la salvezza del suo popolo. È Dio che custodisce il suo popolo. Le alleanze con i re della terra, siano essi anche molto potenti, nulla potranno fare per la salvezza di Gerusalemme. Per il momento il Signore ha deciso di salvare Gerusalemme, se però essa non si convertirà, sarà abbandonata nelle mani dei nemici. Non vi sarà alcuna possibilità di salvezza.

Nei giorni di Acaz, figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. Fu dunque annunciato alla casa di Davide: «Gli Aramei si sono accampati in Èfraim». Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento. Il Signore disse a Isaia: «Va’ incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. Tu gli dirai: “Fa’ attenzione e sta’ tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumanti, per la collera di Resin, degli Aramei, e del figlio di Romelia. Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl. Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà! Perché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Resin. Capitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia. Ancora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo. Ma se non crederete, non resterete saldi”» (Is 7,1-9b).

Il Signore, che è misericordia eterna, pietà infinita, divina carità, non vuole che il suo popolo venga distrutto, Gerusalemme rasa al suolo, i suoi figli uccisi e dispersi. Vuole dare un segno ad Acaz della verità di ogni sua Parola, ma vuole che sia lo stesso re a chiederlo, di qualsiasi natura. Tanto è disposto a fare il Signore per amore del suo popolo. Il re si rifiuta. Non vuole chiederlo. Adduce come scusante che lui non vuole tentare il Signore. Ma come si fa a tentare il Signore se è proprio il Signore che ti sta interpellando mosso solo dalla sua eterna carità per la salvezza dei suoi figli?

A questo punto è Dio stesso che dona il segno ad Acaz. È un segno misterioso. Esso ha un compimento storico, dal momento che è per Acaz, ed anche un compimento che va ben oltre quella storia particolare, per divenire il segno di Dio per la storia universale. È il segno che Dio dona all’umanità intera perché si convinca e creda che ogni Parola del Signore è vera, infallibilmente vera e sempre si compie. Una vergine mai potrà partorire restando vergine in eterno. Ebbene, l’onnipotenza di Dio giunge anche a far partorire una vergine, lasciandola vergine in eterno. Per la sua grazia la vergine diviene madre, senza il concorso dell’uomo, e rimane vergine.

Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.

Lo Spirito Santo, per mezzo del suo Evangelista Matteo, ci rivela che la profezia di Isaia si compie nella Vergine Maria. Lei ha concepito perché il Signore ha mandato su di essa tutta la potenza del suo Santo Spirito. Essa però non ha concepito un uomo come tutte le altre donne della terra. In Lei si è fatto uomo il Figlio Eterno del Padre, il Verbo della vita. Colui che è Dio da Dio e luce da luce, Dio vero da Dio vero, nel suo seno diviene anche vero uomo. Da Lei nasce il Verbo che nel suo seno si è fatto carne, verissima carne, carne della carne e dalla carne di Colei che non ha conosciuto uomo. Questo segno è unico e unico rimarrà per l’eternità. Il Signore potrebbe fare mille altri soli, mille altri mondi, mille galassie ancora. Mai però potrà fare un’altra donna Madre Vergine, Vergine Madre del suo Figlio Unigenito. Un solo Figlio, vero Dio e vero uomo, una sola Madre, Vergine e vera Madre di Dio. Questo segno da solo è sufficiente per convincere ogni uomo che ogni Parola di Dio si compie oggi e nell’eternità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vera fede.

 

5 APRILE (At 4,32-37)

Fra loro tutto era comune

Negli Atti degli Apostoli, almeno agli inizi, quando tutta la prima comunità viveva in Gerusalemme, il piccolo, esiguo numero dei discepoli, permetteva che si vivesse la comunione dei beni. Ognuno vendeva quel che possedeva e lo deponeva ai piedi degli Apostoli. Questi poi provvedevano secondo i bisogni di ciascuno. È assai evidente che questa primitiva struttura o forma di vita non potrà reggere con la diffusione del Vangelo nel mondo. Ciò che è per un luogo, un momento, mai potrà essere per tutti i luoghi, per tutti i momenti. Lo Spirito Santo viene in aiuto della sua Chiesa e ispira Paolo perché sostituisca la comunione dei beni con la condivisione. Questa via è possibile sempre, in ogni luogo, in ogni momento. Tutti possono praticarla.

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo. Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna (1Cor 11,17-34).

Nella comunione dei beni, ci si spoglia di ciò che si possiede. Lo si depone ai piedi degli Apostoli. Questi provvedono a tutta la comunità. Ma se tutti i discepoli di Gesù si privano dei loro beni, la società non si potrà più reggere. Poche persone potranno fare questo. I doni e i carismi del Signore sono molteplici. Essi vanno fatti fruttificare. Può un datore di lavoro vendere la sua fabbrica? Può chi coltiva i campi vedere ciò che possiede? È questa una via non percorribile per tutti. Invece la condivisione è sempre attuale, tutti la possono vivere. Ma cos’è la vera condivisione? È rendere partecipe il povero di quello che si possiede. Il datore di lavoro vive la sua carità offrendo lavoro. Dei beni fruttificati rende partecipi i più poveri e miseri della comunità. Così per ogni altro lavoro, mestiere, professione, occupazione. Tutto si conserva e tutto si condivide.

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

La comunione dei beni è una via a volte possibile a volte impossibile. La condivisione è via percorribile sempre e tutti sono obbligati a incamminarsi su di essa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera condivisione.

 

6 APRILE (At 5,17-26)

Li gettarono nella prigione pubblica

Gesù non ha ingannato gli Apostoli, i discepoli, quanti crederanno nel suo nome. Lui è il Crocifisso per amore della salvezza dell’uomo. Anche i suoi discepoli dovranno essere i Crocifissi per amore della vita eterna di ogni loro fratello. La persecuzione è la sola via per il compimento della missione. Essi sono già martiri dal momento della loro chiamata a seguire il Maestro. Perché il Maestro è colui che cammina verso la Croce. Le sue parole sono luce di verità eterna. Accompagneranno tutta la via del suo Corpo.

Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo.

Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10,16-32).

È sempre il Padre che decide e stabilisce quale croce va portata momento per momento. Oggi gli Apostoli devono portare la croce dell’umiliazione di essere gettati nella prigione. Altre croci per oggi non sono per loro. Gustata e offerta l’umiliazione, le porte della prigione si spalancano ed essi vengono mandati a predicare in mezzo a Gerusalemme. Tutti devono sapere che il Signore veglia sui suoi missionari.

Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare. Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio, cioè tutto il senato dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. Ma gli inservienti, giunti sul posto, non li trovarono nel carcere e tornarono a riferire: «Abbiamo trovato la prigione scrupolosamente sbarrata e le guardie che stavano davanti alle porte, ma, quando abbiamo aperto, non vi abbiamo trovato nessuno». Udite queste parole, il comandante delle guardie del tempio e i capi dei sacerdoti si domandavano perplessi a loro riguardo che cosa fosse successo. In quel momento arrivò un tale a riferire loro: «Ecco, gli uomini che avete messo in carcere si trovano nel tempio a insegnare al popolo». Allora il comandante uscì con gli inservienti e li condusse via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo.

Tutta la vita dei discepoli di Gesù è Vangelo, cioè manifestazione della grazia e della verità di Dio nella loro vita attraverso la loro vita. Liberando i discepoli dalla prigione, il Signore rivela ai Giudei che essi non stanno lottando contro degli uomini, ma contro Dio stesso e quando si combatte contro Dio la sconfitta è sicura ed imminente.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, accrescete la nostra fede.

 

7 APRILE (At 5,27-33)

Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini

Chi vuole che si obbedisca ai suoi comandi deve essere lui stesso perfetto in ogni obbedienza al suo Signore. Questa verità è già contenuta nel Libro di Giosuè.

A quelli di Ruben e di Gad e alla metà della tribù di Manasse Giosuè disse: «Ricordatevi delle cose che vi ha ordinato Mosè, servo del Signore, dicendo: “Il Signore, vostro Dio, vi concede riposo e vi dà questa terra”. Le vostre mogli, i vostri bambini e il vostro bestiame staranno nella terra che Mosè vi ha assegnato al di là del Giordano; ma voi, prodi guerrieri, attraverserete ben armati davanti ai vostri fratelli e li aiuterete, fino a quando il Signore non concederà riposo ai vostri fratelli, come a voi, e anch’essi prenderanno possesso della terra che il Signore, vostro Dio, assegna loro. Allora ritornerete, per possederla, nella terra della vostra eredità, che Mosè, servo del Signore, vi ha dato oltre il Giordano, a oriente». Essi risposero a Giosuè: «Faremo quanto ci ordini e andremo dovunque ci mandi. Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè, così obbediremo a te; purché il Signore, tuo Dio, sia con te com’è stato con Mosè. Chiunque si ribellerà contro di te e non obbedirà a tutti gli ordini che ci darai, sarà messo a morte. Tu dunque sii forte e coraggioso» (Gs 1,12-18).

Per San Paolo l’obbedienza è vicendevole, degli uni verso gli altri. Essa però va prestata, vissuta nel timore del Signore, cioè secondo la purissima volontà di Dio.

Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: 22le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito (Ef 5,21-33).

Chi comanda deve mostrare la sua perfettissima obbedienza a Dio. Obbedienza alla fede, alla carità, alla speranza. Obbedienza alla prudenza, alla giustizia, alla fortezza, alla temperanza. Obbedienza alla verità, alla luce, all’’umiltà, alla mitezza. Se lui non obbedisce alla volontà di Dio, secondo la volontà di Dio, mai saprà comandare. Infatti chi non conosce la volontà di Dio per se stesso, potrà mai conoscerla per gli altri? Se il sommo sacerdote non vive nella volontà di Dio che gli chiede di accogliere Gesù come suo Messia, suo Salvatore, suo Redentore, potrà mai insegnare agli uomini come Gesù va accolto? Alla fede si comanda dalla fede. Al Vangelo si chiama dal Vangelo.

Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». All’udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte.

Pietro lo dice con fermezza al sommo sacerdote. Se c’è un comando esplicito di Dio, esso mai va disatteso. Nessun uomo potrà mai chiedere che venga disatteso. Se lo chiede, di certo non lo fa nel nome di Dio, nel timore del Signore, ma in nome proprio, nel nome degli uomini. Quando il nome di Dio è in contrasto con il nome degli uomini, allora il nome di Dio va seguito e quello degli uomini lasciato. Non per disobbedienza, ma per obbedienza al nome di Dio,

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti a Dio sempre.

 

8 APRILE (At 5,34-42)

Se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli

Molti fanno appello alle parole di Gamaliele: “Non vi accada di combattere contro Dio”, scegliendo il disinteresse verso la verità che Dio indica e rivela. Come se vi potesse essere disinteresse verso il Signore che si manifesta nella storia. Le parole di Gamaliele vanno invece comprese nella loro purissima verità. “Fate bene attenzione. Qui ci troviamo dinanzi ad un evento divino, ad una sua vera opera. Non combattete contro il Signore. Non avrete successo. Avete già perso battaglia e guerra”. Gamaliele era perfetto conoscitore della Scrittura e sapeva ciò che era avvenuto in passato. Secondo la verità storica lui parla. Leggiamo nel Secondo libro delle Cronache.

Abia si pose sul monte Semaràim, che è sulle montagne di Èfraim, e gridò: «Ascoltatemi, Geroboamo e tutto Israele! Non sapete forse che il Signore, Dio d’Israele, ha concesso il regno a Davide su Israele per sempre, a lui e ai suoi figli, con un’alleanza inviolabile? Geroboamo, figlio di Nebat, ministro di Salomone, figlio di Davide, è insorto e si è ribellato contro il suo padrone. Presso di lui si sono radunati uomini sfaccendati e perversi; essi si fecero forti contro Roboamo, figlio di Salomone. Roboamo era giovane, timido di carattere; non fu abbastanza forte di fronte a loro. Ora voi pensate di imporvi sul regno del Signore, che è nelle mani dei figli di Davide, perché siete una grande moltitudine e con voi sono i vitelli d’oro, che Geroboamo vi ha fatti come divinità. Non avete forse voi scacciato i sacerdoti del Signore, figli di Aronne, e i leviti, e non vi siete costituiti dei sacerdoti come i popoli degli altri paesi? Chiunque si è presentato con un giovenco di armento e con sette arieti a farsi consacrare, è divenuto sacerdote di chi non è Dio. Quanto a noi, il Signore è nostro Dio; non l’abbiamo abbandonato. I sacerdoti, che prestano servizio al Signore, sono discendenti di Aronne e i leviti sono gli addetti alle funzioni. Essi offrono al Signore olocausti ogni mattina e ogni sera, l’incenso aromatico, i pani dell’offerta su una tavola pura, dispongono i candelabri d’oro con le lampade da accendersi ogni sera, perché noi osserviamo i comandi del Signore nostro Dio, mentre voi lo avete abbandonato. Ecco, alla nostra testa, con noi, c’è Dio; i suoi sacerdoti e le trombe lanciano il grido di guerra contro di voi. Israeliti, non combattete contro il Signore, Dio dei vostri padri, perché non avrete successo». Geroboamo li aggirò con un agguato per assalirli alle spalle. Le truppe stavano di fronte a Giuda, mentre coloro che erano in agguato si trovavano alle spalle. Quelli di Giuda si volsero. Avendo da combattere di fronte e alle spalle, gridarono al Signore e i sacerdoti suonarono le trombe. Tutti quelli di Giuda alzarono il grido di guerra. Mentre quelli di Giuda lanciavano il grido, Dio colpì Geroboamo e tutto Israele di fronte ad Abia e a Giuda. Gli Israeliti fuggirono di fronte a Giuda; Dio li aveva messi nelle loro mani. Abia e la sua truppa inflissero loro una grave sconfitta; fra gli Israeliti caddero morti cinquecentomila uomini scelti. In quel tempo furono umiliati gli Israeliti, mentre si rafforzarono quelli di Giuda, perché avevano confidato nel Signore, Dio dei loro padri (2Cro 13,4-18).

Ognuno, prima di schierarsi contro qualcosa, deve conoscere ciò che viene da Dio e ciò che viene dagli uomini. Ciò che viene dagli uomini si può anche contrastare. Ciò che viene da Dio è da Dio stesso custodito e difeso. Contro Dio si è sempre perdenti.

Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: «Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!». Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.

Chi è chiamato a realizzare la volontà di Dio, solo Dio deve temere e nessun altro.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vero discernimento.

 

9 APRILE (At 6,1-7)

Cercate fra voi sette uomini di buona reputazione

La Chiesa vive di purissima obbedienza al suo Signore. L’obbedienza è al ministero, al carisma, al talento, ad ogni dono di grazia. Il contadino il grano lo semina e lo raccoglie. Il mugnaio lo macina. Il fornaio impasta e inforna. Il negoziante lo vende. Tutti lavorano il grano. Ognuno però secondo il proprio ministero. A questa verità ne va aggiunta una seconda: ogni contadino, mugnaio, panettiere, negoziante vi aggiunge il suo particolare carisma, la sua personale sapienza. Nessuno lavora alla maniera degli altri. Ognuno vi mette il suo particolare dono dello Spirito Santo. Il Vangelo va vissuto dal proprio ministero, in conformità al proprio carisma. San Pietro dice ai presbiteri qual è il loro ministero, indicando loro modalità concrete per il suo compimento nella storia.

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce (1Pt 5,1-4).

San Paolo rivela qual è il suo ministero. Aggiunge anche che la comunità non vive solo del ministero apostolico. In essa vi sono una molteplicità di ministeri tutti finalizzati al dono diretto della Parola. Per questo ognuno è obbligato a conoscere qual è il suo ministero e anche qual è il suo particolare dono di grazia. La confusione non viene mai da Dio. Il nostro Dio è un Dio di ordine e di pace, nello Spirito Santo.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2Cor 5,18-5,2). Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele (1Cor 4,12). Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? (1Cor 12,28-30).

Poiché il ministero Apostolico non è il servizio delle mense, questo può essere affidato ad altre persone. Così gli Apostoli potranno dedicarsi alla Parola e alla preghiera.

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, saprà sempre ciò che è dell’Apostolo, del Presbitero, del Diacono, saprà affidare ad altri, anche con ministeri non ordinati, quanto è utile perché la sua missione si svolga per il più grande bene di tutti gli uomini.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci nella divina verità.

 

10 APRILE – III Domenica di Pasqua – (At 5,27-32.40-41)

Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini

San Paolo vuole che ogni discepolo di Gesù veda, parli, agisca, operi, pensi, desideri per sé e per gli altri sempre dalla purissima volontà e verità di Cristo Gesù. Se questo non avviene loro, essi non sono cristiani. Per lui sono ancora semplicemente uomini, cioè persone che vivono ancora secondo la carne. Lo Spirito del Signore non li ha ancora modellati su Cristo Signore, il Figlio del Padre, che sempre era dalla divina volontà. Ancora la natura di peccato ha il sopravvento sulla natura secondo lo Spirito.

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,10-16).

Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio (1Cor 3,1-9).

La risposta di Pietro al sommo sacerdote riflette in tutto il pensiero manifestato da Paolo ai Corinzi. Tu, sommo sacerdote, ti stai rivelando semplicemente uomo, ti comporti secondo la tua natura di peccato, stai rifiutando la luce di Cristo Signore, stai disobbedendo a Dio, stai rinnegando la tua alleanza che ti obbliga ad ascoltare ogni suo profeta e Gesù è il suo vero profeta. Io devo obbedire a Dio. Tu non ti stai rivelando essere ministro del vero Dio. Stai seguendo i tuoi capricci di peccato. Io sono stato chiamato per annunziare al mondo Cristo, suo Salvatore e Redentore. Mai potrei obbedire al tuo peccato, alla tua falsità, alla tua menzogna. Priverei il mondo della vera luce. Lascerei nelle tenebre ogni uomo. Non lo faccio per disobbedienza a te, ma perché mi è stata comandata una obbedienza di vita, mentre la tua è di morte.

Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». E, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.

La franchezza di verità, luce, Spirito Santo spesso richiede che venga sigillata con il proprio sangue o con altre sofferenze dello spirito e del corpo. Il discepolo di Gesù deve essere sempre pronto al martirio. Infatti la vocazione al Vangelo è sempre anche vocazione al martirio. Il Vangelo vale più del nostro sangue e della nostra vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

11 APRILE (At 6,8-15)

Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme

La falsa testimonianza uccide più che la spada. Di essa si servono gli empi. Un uomo giusto, pio, timorato di Dio, mai si servirà della falsità per arrecare del male, non lo farà neanche verso quanti sono suoi oppositori e persecutori. Neanche per salvare la sua vita dirà una sola parola che non sia purissima verità. I mali della lingua sono senza numero. Il Libro del Siracide ci rivela che dalla lingua cattiva solo Dio potrà proteggerci.

Maledici il calunniatore e l’uomo che è bugiardo, perché hanno rovinato molti che stavano in pace. Le dicerie di una terza persona hanno sconvolto molti, li hanno scacciati di nazione in nazione; hanno demolito città fortificate e rovinato casati potenti. Le dicerie di una terza persona hanno fatto ripudiare donne forti, privandole del frutto delle loro fatiche. Chi a esse presta attenzione certo non troverà pace, non vivrà tranquillo nella sua dimora. Un colpo di frusta produce lividure, ma un colpo di lingua rompe le ossa. Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua. Beato chi è al riparo da essa, chi non è esposto al suo furore, chi non ha trascinato il suo giogo e non è stato legato con le sue catene. Il suo giogo è un giogo di ferro; le sue catene sono catene di bronzo. Spaventosa è la morte che la lingua procura, al confronto è preferibile il regno dei morti. Essa non ha potere sugli uomini pii, questi non bruceranno alla sua fiamma. Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno, fra costoro divamperà senza spegnersi mai. Si avventerà contro di loro come un leone e come una pantera ne farà scempio. Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, e sulla tua bocca fa’ porta e catenaccio. Metti sotto chiave l’argento e l’oro, ma per le tue parole fa’ bilancia e peso. Sta’ attento a non scivolare a causa della lingua, per non cadere di fronte a chi ti insidia (Sir 28,13-26).

Quando si parla male degli uomini e si testimonia il falso contro di essi, mai si potrà parlare bene di Dio e mai si potrà testimoniare la luce vera che da Dio discende sulla nostra terra. Stefano è il vero testimone di Dio, di Cristo Gesù, dello Spirito Santo. È il vero testimone di quella umanità nuova che il Signore vuole creare sulla nostra terra. Infatti lui è pieno di grazia e di potenza. La sua è però una potenza di amore, verità, carità, giustizia, compassione, misericordia, luce divina. È questa luce che è nel suo cuore e nelle sue parole che irrita quanti stanno a discutere con lui. Non potendo vincere la sua sapienza ispirata dallo Spirito di Dio, pensano di vincerlo accusandolo, mentendo e dicendo false testimonianze sul suo conto.

In fondo nella vicenda di Stefano vengono a confrontarsi due religioni, due fedi, due verità, due mondi. Quella di Stefano è religione, fede, verità che vengono sicuramente da Dio. Quella dei suoi avversari è religione, verità, fede che nascono dal cuore degli uomini. Chi ci permette di attestare questa diversa origine con esattezza divina? La lingua pura di Stefano o la lingua mentitrice, ingannatrice dei suoi avversari? Chi è da Dio mai ricorrerà alla falsa testimonianza per distruggere l’altro, anche perché chi viene dal cielo, offre la vita per la salvezza dell’altro. Chi invece viene dal principe di questo mondo è bugiardo e mentitore che è stato Satana fin dal principio.

Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.

Il Signore, attraverso Stefano, dona ai suoi avversari una grande grazia. Mostra loro il suo volto più luminoso di quello di Mosè. Lo fa vedere loro come il volto di un Angelo. Dopo questa visione, la loro malvagità è senza alcuna scusa. Il loro peccato rimane.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci puri e veri di lingua.

 

12 APRILE (At 7,51-8,1a)

Ecco, contemplo il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio

Stefano viene lapidato perché vero testimone di Cristo Gesù. Perché attesta di contemplare i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio. Il Figlio dell’uomo è Gesù, il Nazareno, il Crocifisso. Lui dice con divina chiarezza che la profezia di Daniele si è compiuta. Se il Padre dona il Regno a Gesù, Gesù è anche il Messia. In Lui tutte le profezie si sono compiute. Dio ha mantenuto la sua promessa. I capi del popolo non solo non hanno ascoltato Gesù, vero profeta, vero Messia, vero Figlio dell’uomo, lo hanno anche condannato ad una morte atroce.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dan 7,9-10-13-14).

La stessa testimonianza rende a Gesù, l’Agnello immolato, il Risorto e il Vivente, Giovanni nella sua Apocalisse. Anche Lui vede Gesù alla destra del Padre.

«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». 1E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5,9-13).

Senza questa testimonianza a Gesù, vero Figlio dell’uomo, vero Messia, vero Dio, Stefano non sarebbe stato ucciso. Viene lapidato come vero idolatra. Ma lui, come il suo Maestro, chiede al Signore che non venga imputato questo peccato. Lui offre il suo sangue e la sua vita per la loro conversione e salvezza. Lui muore la morte di Cristo.

Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione.

Vero discepolo di Gesù non è solo colui che testimonia che Gesù è il Signore, il Salvatore, il Figlio di Dio, il suo Messia, il Redentore. Di certo questa testimonianza è utile, ma non è completa. È invece colui che si offre al Padre, in Cristo, sempre mosso dallo Spirito Santo, perché facendo della sua vita un olocausto di amore, misericordia, carità, nella purissima obbedienza, per il suo sangue versato, aggiunto al sangue di Cristo Gesù, il Padre dei cieli dona la grazia della salvezza a molti altri suoi figli. Il vero cristiano è colui che paga con la vita il riscatto dei suoi fratelli. Il sangue può essere versato sia fisicamente che spiritualmente, ma esso è necessario per la salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci “redentori” in Cristo Gesù.

 

13 APRILE (At 8,1b-8)

Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa

Prima di dare la grazia della salvezza, il Signore permette che Saulo passi attraverso la via della persecuzione. Lui mai si è dimenticato del suo passato. Anzi proprio il suo passato da lui è trasformato in Vangelo, in annunzio di salvezza, in vero fondamento della speranza nell’onnipotenza della misericordia di Dio. Gli serve anche per tenere sempre gli occhi aperti in modo da non trasformare mai i pensieri del suo cuore in religione, in fede, in verità. Il suo passato è il timone che lo guida verso Cristo.

Per il resto, fratelli miei, siate lieti nel Signore. Scrivere a voi le stesse cose, a me non pesa e a voi dà sicurezza. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare! I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile.

Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti (Fil 3,1-11).

Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen (1Tm 1,12-17).

Le persecuzioni fanno bene alla Chiesa. Sono esse che la liberano da una fede stantia e da tutte quelle aggiunte umane che vengono dichiarate vera fede, mentre in realtà sono astuzie sataniche perché Cristo non venga conosciuto nello splendore della libertà che sempre la vera fede genera e produce. La Chiesa è perseguitata. Esce dagli angusti confini di Gerusalemme e della Giudea, si apre alla Samaria e anche al mondo dei pagani. La persecuzione genera non solo una missione nuova, ma anche uno stile nuovo di fare missione. Le persecuzioni sono vere benedizioni del Signore.

In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. omini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Per vedere le persecuzioni come vere benedizioni del Signore, occorrono occhi di Spirito Santo. Quando noi ci imprigioniamo in una fede senza più vita, Lui viene e ci rimette in vita, alitando su di noi quel vento gagliardo, simile ad un uragano che deve spazzare lontano tutte quelle sovrastrutture che nascondono Cristo, anziché rivelarlo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci occhi di vera fede.

 

14 APRILE (At 8,26-40)

E come potrei capire, se nessuno mi guida?

La Scrittura tutti possono leggerla. Non tutti però comprendono ciò che è scritto in essa. Altra verità vuole che quando si legge la Scrittura si veda ciò che riguarda il passato di Gesù, di Dio, dello Spirito Santo, dell’uomo. La lettura pura e semplice non dona il presente di Dio e dell’uomo. Il presente di Dio e dell’uomo nell’Antico Testamento era dato da Dio stesso. Nel Nuovo Testamento lo dona lo Spirito Santo. Infine si deve aggiungere che tutta la Scrittura va letta con tutta la Scrittura. La Genesi va letta con l’Esodo, l’Esodo con il Levitico, il Levitico con i Numeri, fino a giungere a Giuda che si legge con l’Apocalisse e l’Apocalisse con la Genesi. Libri, capitoli, versetti della Scrittura si leggono gli uni con gli altri. Poiché è sempre il dopo che illumina il prima e il prima si compie nel dopo, tutta la Scrittura mai potrà essere letta senza la Tradizione della Chiesa, il suo Magistero, la sua Teologia, la sua Ascetica, la sua Mistica. Tutta questa lettura a nulla serve se lo Spirito Santo non conduce il cuore alla più pura attualità della Parola nella quale oggi il Padre celeste vuole condurre l’uomo.

Il funzionario regio legge Isaia. È giunto alla profezia del Servo Sofferente. Filippo gli chiede se comprende ciò che legge. L’altro gli risponde che mai potrebbe senza qualcuno che lo guidi. Chi conosce la verità della Scrittura deve guidare chi non la conosce. Chi è avanti nella verità deve aiutare chi è indietro. Lo Spirito Santo per via ordinaria per estrarre la verità della Scrittura si serve dei ministri della Parola. I ministri della Parola si lasciano a loro volta aiutare sia dallo Spirito Santo, che sempre dovrà illuminarli, ma anche di ciò che lo Spirito del Signore ha già dato come verità alla Chiesa nei venti secoli della Tradizione, anche con verità definita, dogmatica, infallibilmente sicura. Per via immediata sempre lo Spirito potrà dare la conoscenza degli eventi e delle parole a chi Lui vuole, secondo le esigenze concrete, necessarie per la salvezza delle anime. Una verità mai però dovrà essere dimenticata: garante di ogni interpretazione è il Magistero. Non vi sono verità se il Magistero asserisce che ciò che noi estraiamo dalla Scrittura non è verità. Scrittura, Magistero, Tradizione sono una cosa sola. La verità è data dalla perfetta comunione.

Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

Filippo sale sul carro, spiega al funzionario il mistero di Cristo Gesù. Quell’uomo viene toccato dallo Spirito del Signore e chiede il battesimo. Ora non ha più bisogno che qualcuno lo guidi nella lettura. Lo può guidare, illuminare, condurre lo Spirito Santo. Per questo motivo Filippo è rapito e portato in Azoto. L’eunuco invece prosegue con gioia il suo viaggio con il suo Nuovo Compagno: lo Spirito di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conduceteci di verità in verità.

 

15 APRILE (At 9,1-20)

Io sono Gesù, che tu perséguiti!

La vocazione di Paolo sulla via di Damasco è opera diretta di Gesù risorto. Fino a questo momento lo Spirito Santo, Cristo Signore e gli Apostoli hanno operato insieme. Gli Apostoli in modo visibile, Cristo e lo Spirito in modo invisibile. Con Paolo invece Cristo Gesù si manifesta il Signore che può agire sempre, senza alcuna mediazione umana. Quanto l’Apocalisse dice di Lui, che è il solo che può aprire i sigilli del libro della Storia, trova nella chiamata dell’Apostolo delle Genti la sua testimonianza più forte. È Gesù al timone della sua Chiesa e quando Lui giudica che sia necessario sempre interviene e con azione immediata dona la giusta direzione.

E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra» (Ap 5,1-10).

La Chiesa è sempre messa sulla via giusta dagli interventi puntuali di Cristo Gesù. Senza questa sua opera immediata, non vi sarebbe alcuna possibilità per la Chiesa di conservarsi nella sua verità di salvezza e di redenzione. Come il Padre nell’Antico Testamento sempre interveniva Lui direttamente con i profeti, Cristo Gesù anche Lui direttamente interviene e suscita i nuovi profeti per dare splendore al suo mistero.

Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.

Altra verità vuole che Cristo chiami per la sua Chiesa, per dare vitalità, splendore, santità, giustizia, verità, più grande elevazione. Paolo è chiamato e dato alla Chiesa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, Fateci verità di Cristo Gesù.

 

16 APRILE (At 9,31-42)

Gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto

È verità eterna: niente vale agli occhi del Signore quanto la carità, l’elemosina, la misericordia sia nelle opere della materia e sia dello spirito. Essa copre una moltitudine di peccati, salva dalla morte, dona lunga via. Con l’elemosina, la carità, la misericordia si aiuta un fratello e Dio si sdebita verso di lui con ogni dono celeste.

La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen! (1Pt 4,7-11). Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati (Gc 5,19-20). Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male. È meglio la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia, che la ricchezza con l’ingiustizia. Meglio praticare l’elemosina che accumulare oro. L’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l’elemosina godranno lunga vita (Tb 12,7-9).

Tabità è donna di grande carità. Ha dedicato la sua vita al servizio delle vedove. La sua era tutta una vita consacrata all’amore verso queste donne sole e prive di ogni risorsa materiale. Muore. Pietro la risuscita, gli ridona la vita, perché possa continuare ad amare. Senza il suo amore le vedove si sentono perdute. Pietro non vuole questo e le ridona la vita. Questo è il vero frutto della carità, dell’elemosina, del bene sia materiale che spirituale fatto ai fratelli. Si trasforma per noi in vita sulla terra e nei cieli.

La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore.

A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva. La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore. Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone, conciatore di pelli.

Possiamo paragonare questo miracolo di Pietro a quello operato da Gesù sul figlio della vedova di Nain. Lì una donna aveva perso il sostegno della sua vita e Gesù si mosse a compassione per essa, donandole il figlio come vero conforto per i suoi giorni. Qui Pietro si lascia commuovere dalle vedove, sole, private del loro sostegno, della loro consolazione e speranza e subito provvede a chiamare in vita colei che aveva vissuto solo per amare, consolare, confortare perché continui a farlo ancora. La carità è il vero pane della vita. Chi si nutre di carità, vivrà in eterno. Chi invece mangia egoismo, muore di solitudine oggi e di perdizione nei secoli eterni. Non speri di trovare misericordia né presso Dio né presso gli uomini chi vive senza misericordia. Ogni uomo deve nutrirsi di carità. Se ha molto deve nutrirsi in abbondanza, se ha poco non deve temere di consegnarsi alla carità secondo il poco che ha. Lo esige la sua vita. Meglio nutrirsi di elemosina e di carità che di pane. Di pane si muore, di carità mai.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il gusto della carità.

 

17 APRILE – IV Domenica di Pasqua – (At 13,14.43-52)

Tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero

Nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù lo dice con chiarezza divina: la salvezza è un dono del Padre. È una elargizione della sua divina ed eterna misericordia.

Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna (Gv 6,43-47).

San Paolo testimonia la stessa verità nella Lettera ai Romani. Mentre nella Lettera agli Efesini ne aggiunge una seconda che attesta la volontà salvifica universale del Padre. Questa stessa verità poi è confermata nella Prima Lettera A Timoteo.

Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati (Rm 8,28-30).

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo (Cfr. Ef 1,3-12).

Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. (1Tm 2,1-7).

Chi sono destinati allora alla vita eterna e chi non è destinato ad essa. La volontà salvifica universale del Padre è verità eterna. Dio non esclude nessuno dalla sua salvezza e a tutti dona la grazia che è in Cristo Gesù che è Cristo Gesù. Alla grazia di Dio sempre si deve aggiungere l’accoglienza da parte dell’uomo. Chi raggiunge la vita eterna? Colui che accoglie il dono di Dio e lo fa crescere e maturare nel suo cuore.

Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Sciolta l’assemblea, molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Non raggiunge la vita eterna chi non si ritiene degno di appartenerle. Questo accade quando il peccato oscura la mente, indurisce il cuore, rende ostinata la volontà. È verità eterna: Dio non vuole che nessuno si perda. Il peccato impedisce la salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci un cuore umile e mite.

 

18 APRILE (At 11,1-18)

I fedeli circoncisi lo rimproveravano

Gli Atti degli Apostoli ci rivelano uno stile di Chiesa che mai dovrebbe tramontare in essa. Questo stile ci dice che nessuno è sopra la Parola, nessuno sopra la fede. Poiché tutti siamo sottomessi alla Parola, alla fede, e tutti dobbiamo obbedienza alla verità, quando qualcuno opera qualcosa che “apparentemente” sembra collocarlo sopra la fede, la parola, la verità, cui tutti sono obbligati, è giusto che renda ragione del suo comportamento e delle sue scelte. A Paolo è stato rivelato che la fede in Cristo non debba essere soggetta alla legge rituale antica. Si reca a Gerusalemme per rendere ragione della sua regola pastorale. È cosa giusta che la regola dell’uno sia attestata, testimoniata, confortata come vera regola di tutta la Chiesa.

Da parte dunque delle persone più autorevoli – quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non guarda in faccia ad alcuno – quelle persone autorevoli a me non imposero nulla. Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare (Gal 2,6-10).

Pietro riceve dal Signore l’ordine di recarsi nella casa di Cornelio, un centurione di Roma, un pagano. Lo Spirito Santo precede ogni sua decisione e scende su Cornelio e su quanti erano con lui prima ancora che Pietro conferisse loro il battesimo. Vi è in questo evento una chiara, esplicita volontà di Dio che diviene storia di Dio prima ancora che Pietro la trasformasse in storia di salvezza e di redenzione. Pietro ha forse un potere che supera quello di Dio, di Cristo Gesù, dello Spirito Santo? È forse Lui sopra la stessa Chiesa? O non è piuttosto il servo della Chiesa e quindi obbligato a rendere credibile le sue scelte di fede illuminando con ogni argomentazione quanto avviene per lui e attorno a lui? Ma questo vale anche per un vescovo, un presbitero, un diacono, ogni discepolo di Gesù. Tutti sono obbligati a servire la Chiesa rendendo ragione di ogni loro azione. È da questo servizio che la pace regna in tutto il corpo.

Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!». Allora Pietro cominciò a raccontare loro, con ordine, dicendo: «Mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e in estasi ebbi una visione: un oggetto che scendeva dal cielo, simile a una grande tovaglia, calata per i quattro capi, e che giunse fino a me. Fissandola con attenzione, osservai e vidi in essa quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del cielo. 7Sentii anche una voce che mi diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Io dissi: “Non sia mai, Signore, perché nulla di profano o di impuro è mai entrato nella mia bocca”. Nuovamente la voce dal cielo riprese: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Questo accadde per tre volte e poi tutto fu tirato su di nuovo nel cielo. Ed ecco, in quell’istante, tre uomini si presentarono alla casa dove eravamo, mandati da Cesarèa a cercarmi. Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare. Vennero con me anche questi sei fratelli ed entrammo in casa di quell’uomo. Egli ci raccontò come avesse visto l’angelo presentarsi in casa sua e dirgli: “Manda qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli ti dirà cose per le quali sarai salvato tu con tutta la tua famiglia”. Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come in principio era disceso su di noi. Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?». All’udire questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».

Pietro offre alla Chiesa il suo servizio di spiegazione, illuminazione, rendimento di luce, e la Chiesa trova la sua pace. Può nella gioia del Signore proseguire la sua missione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci servi gli uni degli altri.

 

19 APRILE (At 11,19-26)

Cominciarono a parlare anche ai Greci

La missione evangelizzatrice verso ogni uomo attinge la sua verità nella missione di Gesù Signore, il quale non solo ha espiato i peccati di tutti, da Dio è stato mandato per tutti. La profezia di Isaia rivela che anche le isole più remote devono essere illuminate dalla sua luce, confortate dalla sua verità, chiamate dalla sua Parola.

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce , non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre (Is 42,1-7).

Quando però un uomo si imprigiona nei suoi pensieri e li costituisce sua religione, diviene assai difficile farlo uscire dal suo carcere. Dio però non può essere condizionato dalla religione artificiale, peccaminosa delle sue creature. La sua sapienza e intelligenza supera ogni ostacolo creando realtà nuove, tracciando vie diverse, servendosi di altre persone che sono libere di ascoltare la sua voce e di portare a compimento la sua volontà. Questo stile del Signore è sempre attuale. Lui libera la sua Chiesa da ogni carcere nel quale i suoi figli la imprigionano, creando realtà nuove. Ciò che è vecchio rimane. Il nuovo rompe ogni argine e invade il mondo.

Nessuno pensi di costringere Dio nei suoi pensieri, idee, immaginazioni, interpretazioni della sua Parola, modalità storiche di vivere la fede in Lui. Il Signore lascia te nel tuo carcere, se vuoi rimanere in esso. Lui si apre strade nuove, senza di te, perché il suo regno entri nel cuore di tutti e produca frutti di vita eterna. Cristo non è solo per i Giudei. Cristo è dono di Dio per il mondo. Ogni uomo ha diritto a riceverlo, farlo suo. Cristo è il punto del nuovo inizio di Dio sulla nostra terra. Giudei e Greci, Nazioni e Popoli, tutti si devono convertire a Lui. Non è Lui che deve entrare negli schemi del Giudaismo. È il Giudaismo che si deve liberare dei suoi schemi e aderire a Cristo Signore. Lui è la verità, la carità, la speranza del Padre nella quale ognuno si deve rinnovare, purificare, rigenerare. Tutto è da Cristo, con Cristo, in Cristo.

Intanto quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia.

Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

A causa della persecuzione scoppiata in Giudea, molti si rifugiarono in altri luoghi, arrivando fino alla Fenica, Cipro, Antiochia. Alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia iniziarono a parlare ai Greci. Nasce un nuovo modo di essere Chiesa. Da Chiesa verso i Giudei si diviene Chiesa verso tutti. Da Chiesa particolare si diventa Chiesa universale, non per una decisione presa dagli Apostoli, ma dallo Spirito Santo che muove il cuore e la mente di quanti sono venuti da lontano per parlare ai lontani, a quanti non conoscevano neanche il Dio di Abramo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera casa dello Spirito.

 

20 APRILE (At 12,24-13,5a)

Riservate per me Bàrnaba e Saulo

Cristo Gesù è tutto del Padre e dallo Spirito Santo. Niente avviene in Lui che non sia volontà del Padre, compresa e attualizzata secondo mozione di fortezza, sapienza, intelligenza, consiglio, scienza, amore, misericordia, pietà, timore che sono dallo Spirito di Dio. Cristo Gesù non si comprende se non in questa relazione di dipendenza assoluta. Lui è come vero uomo sempre, tutto, in ogni cosa, da Dio.

Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato (Gv 5,19-23). Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 5,30).

Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8,25-29).

Come Cristo Gesù è dal Padre, così ogni suo discepolo deve essere da Lui, come il tralcio è dalla vite. Il discepolo deve essere vita da Cristo, vita di Cristo, vita per Cristo.

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. (Gv 15,1-8).

Il discepolo può essere dalla volontà di Cristo Gesù se è dalla sua natura, dal suo essere, dalla sua vita. Se non è dalla sua natura, mai potrà essere dalla sua volontà.

Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Bàrnaba e Saulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei.

Ad Antiochia, lo Spirito Santo rivela alla sua Chiesa che ogni persona è di Cristo, deve consegnarsi a Cristo, deve vivere secondo la volontà di Cristo. Nella Chiesa nessuno è dell’altro, nessuno è di una legge, di uno statuto, di un regolamento, di una disposizione canonica o giuridica. Essendo ognuno di Cristo, sia chi è posto in alto sia colui che sta in basso, tutti devono porsi a servizio della volontà del loro Maestro e Signore. Chi comanda, comanda sempre per manifestare ad ogni uomo la volontà di Cristo Signore, ma anche è posto in alto per discernere secondo verità quanto viene da Dio e quanto dall’uomo. Nella Chiesa non si governa per volontà dell’uomo, ma solo per volontà di Dio. Paolo e Barnaba sono dello Spirito Santo, sono di Cristo Gesù. A loro viene affidata una missione particolare. La Chiesa obbedisce e invia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla volontà di Dio.

 

21 APRILE (At 13,13-25)

Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate

La nostra fede è fondata sulla Parola di Dio che non è il dettato di una sua volontà su di noi. È una Parola che annunzia ciò che Dio farà, realizzerà, compirà per la nostra redenzione, la nostra salvezza, la liberazione dal peccato e dalla morte, che opprimono ogni uomo e lo rendono loro schiavo. Oggi Paolo rende testimonianza ai figli di Abramo e a quanti hanno abbracciato la fede nel Dio di Israele, che ogni promessa fatta da Dio ai padri si è compiuta. Nessuna sua Parola è rimasta solo Parola. Tutto è divenuto storia. La sua testimonianza da sola non basta. Mai la fede si potrà fondare su un solo testimone. Ne occorrono almeno due. Ma a quale altro testimone autorevole lui si potrà appellare? Chi potrà chiamare in suo aiuto?

Essendo Paolo perennemente mosso e guidato dallo Spirito del Signore, nello Spirito di Dio, sa e conosce che nessuna testimonianza è più autorevole di quella di Giovanni il Battista. Questi attesta che è Gesù il Messia del Signore. Gesù è talmente grande, è così infinitamente oltre, che lui stesso non si sente degno neanche di sciogliere il legaccio del suo sandalo. Gesù che temporalmente è dopo di lui, eternamente è prima.

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Lc 3,15-17).

Parlando in questo modo, Paolo insegna ad ogni missionario di Gesù, che ogni sua parola deve essere una testimonianza. La testimonianza è insieme da Dio e dagli uomini. Dio la dona nella sua Parola che è l’Antico Testamento e attraverso le opere che il Messia ha compiuto o che Lui ha compiuto nel suo Messia. Ma anche gli uomini devono rendergli testimonianza, perché sono testimoni oculari della sua grandezza. La testimonianza di Giovanni si fonda tutta sulla rivelazione fatta a Lui dallo Spirito Santo.

Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!». Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuele. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.

Parlare di Gesù Signore, rendergli vera testimonianza è scienza attuale dello Spirito Santo, sua intelligenza, sapienza, conoscenza, intelletto. Chi non cammina con lo Spirito, nello Spirito, da Lui sempre guidato e mosso, mai potrà parlare secondo verità del Salvatore e Redentore dell’uomo. Se dirà qualcosa di Lui, la dirà partendo dal suo cuore. Di Lui invece si deve parlare dal cuore del Padre, per opera dello Spirito di Dio. Paolo è governato in tutto dallo Spirito, nello Spirito parla e testimonia, dallo Spirito riceve sempre quella sapienza immediata perché ogni sua parola sul Messia sia purissima rivelazione, testimonianza, manifestazione di ciò che Dio ha fatto in Lui, per mezzo di Lui. Parlare di Lui è scienza sempre da chiedere al Cielo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

22 APRILE (At 13,26-33)

La promessa fatta ai padri si è realizzata

Lo schema della testimonianza da rendere a Cristo Signore, pur modificando la forma esterna, è sempre uno: quello di cui si è servito Pietro il giorno della Pentecoste. Si inizia con la storia che è sotto gli occhi di tutti. Si procede con quanto ha fatto il Signore nel sepolcro, annunziando la gloriosa risurrezione. Si annunzia che ogni promessa del Signore è in Gesù il Nazareno che si compie. Gesù è il Messia e il Salvatore.

Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza.

Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi. Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,22-36).

Scrittura, profezia, promessa, storia attuale, compimento, realizzazione, effusione dello Spirito Santo, annunzio. L’annunzio è la certificazione che il missionario fa sulla sua persona: quanto Dio ha promesso e che Gesù ha portato a compimento trova la sua piena realizzazione in lui, nel suo corpo, nel suo spirito, nella sua anima. Senza la piena realizzazione nella persona di colui che annunzia, certificazione e annunzio sono nulli. Si attesta una cosa, ma non si è testimoni nel proprio corpo, spirito e anima.

Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l’hanno riconosciuto e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso. Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.

Dio Padre, Parola, Profezia, Promessa Antica, Cristo Gesù, Missionario devono essere una sola verità, un solo compimento, una sola storia della salvezza. Mai vi potranno essere tre cose, separate e distinte: il Padre e la sua Parola, Cristo e la sua opera chiusa in se stesso, il Missionario che dice cose che appartengono al Padre senza Cristo, o a Cristo senza il Padre. Come il Padre compie tutto in Cristo, Cristo compie tutto nel suo Missionario. Per questo il Padre, Cristo e il Missionario sono una cosa sola. Una cosa sola devono rimanere per l’eternità. Quando il Missionario non è più piena realizzazione di Cristo nella sua vita, come Cristo è piena realizzazione del Padre, la sua parola è vuota, la sua testimonianza è nulla. Nessuno creerà salvezza se è testimone di un evento che rimane fuori di lui, che non si è compiuto in lui. Paolo è vero testimone. Lui è il trasformato da Cristo in sua perfetta immagine.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ad immagine di Gesù.

 

23 APRILE (At 13,44-52)

Noi ci rivolgiamo ai pagani

Ai figli di Abramo la salvezza compiuta da Dio dovrà essere annunziata per giustizia. Cristo Gesù è loro frutto secondo la carne. È carne di Abramo, sua discendenza. Dio ad essi ha promesso una Nuova Alleanza. Ad essi ha giurato amore eterno. Essi però dovranno passare oggi e sempre per la via della fede in Cristo se vogliono essere salvati. San Paolo svilupperà questo tema della fede nella Lettera ai Romani.

Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen (Rm 11,25-36).

Il Vangelo di Luca testimonia che è volontà di Cristo che si inizi da Gerusalemme la missione evangelizzatrice. Nel Vangelo secondo Matteo e in quello secondo Marco, il popolo del Signore viene incluso nelle nazioni, è una delle nazioni.

Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni (Lc 24,47-48). Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20). E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato (Mc 16,15-16).

Paolo è per missione apostolo delle Genti. Sempre però inizia dai Giudei. Vuole attestare loro tutta la benevolenza e misericordia di Dio verso di essi. Nessuno lo potrà accusare di non avere amore verso il suo popolo. Lui non è responsabile della loro perdizione. Si rivolge ai pagani dopo essere stato rifiutato da loro.

Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Dio ha stabilito nel suo disegno eterno di salvezza che ogni figlio di Adamo – e anche i figli di Abramo sono figli di Adamo – entri in possesso della vita eterna attraverso la fede in Cristo Gesù. Il diritto o la giustizia dei figli di Abramo pertanto è uno solo: che Cristo venga ad essi annunziato. Per cui nessuno li può escludere dalla salvezza. La salvezza però non è frutto della carne, ma della fede. La fede è solo in Cristo. Non vi è altro nome sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la via della fede.

 

24 APRILE – V Domenica di Pasqua – (At 14,21b-27)

Confermando i discepoli ed esortandoli

La Chiesa vive di due principi essenziali, fondamentali: il consolidamento di tutti i suoi figli nella purezza della fede, della speranza, della carità. Questa è la sua prima missione. Se essa fallisce, la Chiesa muore e non vi è più alcuna speranza di salvezza per nessuno. Una Chiesa che muore in se stessa, mai potrà essere generatrice di vita per gli altri. Il secondo principio esige la sua perenne giovinezza con l’aggiunta di nuovi figli e per questo urge la missione evangelizzatrice. Il Corpo di Cristo come un giardino sempre in espansione. Gesù vuole che ogni uomo diventi suo corpo, sua vita.

Tutte le Lettere di Paolo e ogni altro Scritto del Nuovo Testamento hanno come unica finalità il rinsaldamento nella fede di quanti già credono. Essi sono sempre esposti alle vane filosofie del momento e il rischio di perdere la fede è sempre attuale. Ricucire l’abito della fede a quanti lo portano lacerato, strappato, ridotto a brandelli è il primo obbligo degli Apostoli. A nulla serve aggiungere nuovi membri alla Chiesa, se il suo corpo è lebbroso, pieno di eresie, falsità, menzogne sul conto di Cristo Signore. Questa verità così la insegna San Paolo a Tito, suo collaboratore nel ministero apostolico.

Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi, senza amore, sleali, calunniatori, intemperanti, intrattabili, disumani, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, amanti del piacere più che di Dio, gente che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza interiore. Guàrdati bene da costoro! Fra questi vi sono alcuni che entrano nelle case e circuiscono certe donnette cariche di peccati, in balìa di passioni di ogni genere, sempre pronte a imparare, ma che non riescono mai a giungere alla conoscenza della verità. Sull’esempio di Iannes e di Iambrès che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: gente dalla mente corrotta e che non ha dato buona prova nella fede. Ma non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti, come lo fu la stoltezza di quei due (2Tm 3,1-9). Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.

La Chiesa ha sempre bisogno di conservare se stessa nella purezza della fede, della speranza, della carità di Cristo. In questa missione ad intra la Chiesa consuma quasi tutte le sue energie. Spesso le consuma vanamente, perché quanti devono farla crescere in Cristo sono essi stessi privi di Cristo Signore. La prima cura che la Chiesa è chiamata a prestare è proprio ai suoi curatori. Essa deve curare coloro che la curano.

Ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

Un curatore che ogni giorno non attinge in Cristo pienezza di verità e amore, curerà la ferita del popolo del Signore alla leggera. Noi sappiamo che questa era l’accusa del Signore, per mezzo del profeta Geremia, ai curatori del suo popolo. Di certo con la falsità non si può curare chi è malato, sofferente nella verità. Né con la disobbedienza a Dio si possono curare tutte le ferite nell’amore, dal momento che l’amore è purissima obbedienza alla volontà di Dio. La pandemia di falsità è il frutto della cattiva cura.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, guariteci e curateci dal male.

 

25 APRILE (1Pt 5,5b-14)

Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri

L’umiltà che San Pietro chiede ai discepoli di Gesù si fonda su una visione altissima di fede. Si trasforma in carità perfetta. Realizza il cammino della speranza dell’uomo. Siamo fatti da Dio per Lui, non per noi. Si riveste di umiltà chi si riconosce “proprietà” del Signore, lasciandosi governare dalla sua volontà, che si manifesta nella sua Parola scritta, Antico e Nuovo Testamento, ma anche nella rivelazione di un comando che oggi lui potrebbe rivolgerci. La Lettera agli Ebrei fonda tutta la fede in Cristo sull’ascolto della voce del Padre che oggi parla a noi attraverso il Figlio suo. Ieri aveva parlato per mezzo dei profeti, oggi invece è il Figlio la sua voce. Lui dobbiamo ascoltare.

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1,1-4).

Perciò, fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, il quale è degno di fede per colui che l’ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa. Ma, in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l’onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa. Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio. In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.

Per questo, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: hanno sempre il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo. Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio (Eb 3,1-14).

Il Signore parla attraverso i suoi ministri. È umiltà ascoltarli e camminare secondo i loro insegnamenti. Ma non sono solo i ministri coloro attraverso i quali il Signore parla, è anche il padre, la madre, colui che è posto sopra, chi governa, dirige, esercita un posto di responsabilità, in qualsiasi campo. È umile chi sa ascoltare. Chi non sa ascoltare è superbo. L’umile è un albero di vita. Il superbo è invece albero che produce solo morte. Ma anche di colui che cammina con noi il Signore può parlare. L’umile ascolta ed è benedetto dal Signore. Il superbo non ascolta e vive senza alcuna benedizione.

Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. esistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen! Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!

Umile è colui che in ogni momento sa riconoscere la voce del suo Signore tra le mille voci umane e vi presta la più immediata e pronta obbedienza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera umiltà.

 

26 APRILE (At 14,19-28)

Essi lapidarono Paolo

In Asia, Paolo viene lapidato dai Giudei per la sua testimonianza resa a Cristo Gesù. Di questa lapidazione e di ogni altra sofferenza lui ci offre un’altissima visione di fede nella Seconda Lettera ai Corinzi. Altrove si dice lieto delle sofferenze che vive nel suo corpo. Per la sofferenza lui compie ciò che manca ai patimenti di Cristo, nel suo corpo che è la Chiesa. Anche a noi è chiesta una visione teologica alta della sofferenza.

Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione. Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione, che ci è capitata in Asia, ci abbia colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino della nostra vita. Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte, perché non ponessimo fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, e per la speranza che abbiamo in lui ancora ci libererà, grazie anche alla vostra cooperazione nella preghiera per noi. Così, per il favore divino ottenutoci da molte persone, saranno molti a rendere grazie per noi (2Cor 1,3-11).

Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? (2Cor 11,21-29).

Missione evangelizzatrice e sofferenza sono una cosa sola, come una cosa sola sono Vangelo e Croce. La sofferenza, la croce è il prezzo da pagare per il riscatto delle anime. Sciupare la sofferenza è abbandonare le anime alla perdizione.

Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe. Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

La sofferenza è la vera forza dell’evangelizzatore. Più lui si conforma nel suo corpo a Cristo Crocifisso e più potenza di redenzione viene da lui esercitata. È per la sofferenza che l’immagine di Gesù si imprime nel suo corpo e lo prepara a ricevere nell’ultimo giorno un corpo glorioso in tutto risplendente come quello di Gesù. La sofferenza è la ricchezza del cristiano. Per essa porta molte anime alla Chiesa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, sosteneteci in ogni sofferenza.

 

27 APRILE (At 15,1-6)

Dissentivano e discutevano animatamente

Le fede è vero “organismo” vivente. Le discussioni sono come un forte vento. Aiutano l’albero della fede a mettere radici più profonde nella verità di Cristo. Quella fede che non discute, che non sa dialogare, che non si approfondisce, è una fede morta. Paolo non vuole essere il diffusore di una fede morta, l’annunciatore di un Dio che non dona vita, di una Parola priva di ogni energia di rigenerazione e di vera salvezza. Lui ha dinanzi a sé sempre l’immagine di Cristo Crocifisso e Risorto, ed è Lui la sorgente della sua fede. O si parte da Cristo Gesù o la fede non ha senso, perché priva della sua verità. A che serve diffondere una fede senza verità? Essa mai salverà un solo uomo.

Tutti possono e debbono discutere. Occorrono però due fondamentali virtù. La virtù di ascoltare Dio che parla attraverso il fratello, la virtù del culto della verità. La verità non solo va gridata agli altri, ma anche cercata, desiderata, bramata. La verità va adorata come si adora Dio, perché Dio è la verità e nessun altro. Se nell’uomo che discute queste due virtù sono assenti, la discussione sempre finisce in rottura. Tutti gli scismi nella Chiesa sono avvenuti, avvengono perché nell’uomo vi è carenza di queste due virtù essenziali. Senza la virtù dell’ascolto, si è prigionieri del proprio cuore. Senza la virtù dell’adorazione della verità, mai ci si porrà dinanzi ad essa con vero spirito di fede.

Oggi si parla molto di dialogo. Ma il dialogo non è uno scambio di idee, di pensieri, di immaginazioni, di fantasie. Il dialogo è vera arte profetica. La scienza del dialogo viene dallo Spirito Santo. È tristezza infinita definire dialogo religioso un incontro dal quale ognuno se ne torna a casa con le proprie idee, perché il cristiano cattolico ha omesso di proporre la sua verità, che non è verità del cristiano, ma verità di Dio, verità di Cristo, verità dello Spirito Santo, verità dell’umanità intera. Finché il cristiano pensa che Cristo è solo per i cristiani mai lui potrà essere uomo del dialogo. Non discute la sua verità. La omette in segno di sudditanza verso gli altri pensieri religiosi, che sono solo pensieri e nient’altro. Il suo invece non è pensiero, perché Cristo non è pensiero e neanche la sua Croce è pensiero. Cristo è la via, la verità, la vita, la grazia, la rivelazione. Cristo è la salvezza di ogni uomo e ogni salvezza si compie per la fede in Lui.

Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè». Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

Lo Spirito Santo, che fa bene ogni cosa, che parla attraverso ogni discepolo di Gesù, e anche dona la sua rivelazione a chi non è discepolo di Cristo, guidandolo vero Cristo, ha voluto che quando il dialogo verte sui principi basilari, fondamentali della fede, vi fossero per la sua soluzione degli arbitri inappellabili che sono gli Apostoli del Signore, con a capo Pietro, la roccia visibile sulla quale poggia con solida attualità tutta la fede, la carità, la speranza che sono in Gesù Signore. Gli Apostoli, con a capo Pietro, accolgono le discussioni, esaminano i principi sui quali esse di fondano, con lo Spirito Santo, guidati da Lui, decidono la via da seguire, che poi diviene via di tutta la Chiesa. Se nella Chiesa tutti possono parlare, anche tutti sono obbligati ad ascoltare, infine a tutti viene chiesta la perfetta obbedienza alla decisione degli Apostoli presa da loro nello Spirito Santo. La discussione è vita della fede. Non è vita la prepotenza di chi vuole imporre la sua visione. Non è vita la superbia che vuole oscurare il pensiero degli altri. Non è vita l’arroganza di chi accusa l’altro di essere retrogrado o progressista.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il vero dialogo.

 

28 APRILE (At 15,7-21)

Ora dunque, perché tentate Dio?

Si tenta Dio ogni qualvolta si impegna la storia, la vita, il presente, il futuro, ogni azione dell’uomo, su una Parola di Dio, mai però proferita da Dio, o su una Parola detta per ieri, ma che oggi il Signore ha sostituito con una seconda che apre scenari immensi di nuova vita. È vera tentazione di Dio obbligare a costruire, edificare la vita cristiana sui canoni dell’Antica Alleanza, Mentre il Signore ne ha stabilito una Nuova ed Eterna. È tentare il Signore sempre quando si aggiunge e si toglie alla sua Parola, che per mezzo dello Spirito Santo, risuona sempre nuova e attuale in mezzo alla sua Chiesa.

Oggi il Signore si tenta in mille modi. Ogni volta che il desiderio, il pensiero, le velleità dell’uomo si sostituiscono alle vie indicate dal Signore, è vera tentazione. Anche nella predicazione si tenta il Signore, quando anziché far risuonare la sua parola, si danno ai fedeli i propri sogni, le proprie chimere, le proprie idee politiche o anche religiose e teologiche. Nulla dovrà mai sostituire la Parola del Signore. Neanche la più alta e sublime teologia. Anche ogni eccelsa ermeneutica della stessa Parola si deve arrendere dinanzi alla Parola. È la Parola che lo Spirito Santo feconda di sé.

Quando il Signore è tentato, a causa dei missionari della sua Parola che si sono sostituiti ad essa, le anime si allontanano. Anche se vengono, si accostano solo per l’essenziale, per l’indispensabile. Per ogni altra cosa si discostano, perché non li riconoscono veri amministratori dei misteri di Dio, dispensatori dei suoi doni di grazia e di verità. Ogni missionario che si sostituisce a Dio, tenta il Signore. Ostacola il cammino della vera fede. Coopera alla diaspora dalla comunità. Crea una fede artificiale che non salva, non redime, non converte, mai avvicinerà a Gesù Signore.

Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro.

Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò, perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre. Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe».

Non è Pietro che dona la soluzione alla discussione. Pietro avverte tutti che non si deve tentare il Signore. La soluzione è data da un uomo saggio, sapiente, che sa discernere la vera fede, distinguendo fede e tempi necessari per la sua piantagione nei cuori. Giacomo ci insegna dal profondo della sua sapienza che la fede in Cristo vive in contesti storici particolari e di essi si deve tenere conto. Man mano che la fede cresce e l’uomo cresce in essa, le modalità storiche svaniscono, si evaporano. Nessuno più si ricorderà di esse. Tempo, fede, verità camminano insieme. Ma anche fede, verità, formazione nella verità per la purificazione della fede camminano insieme. Quanti vengono dal Giudaismo hanno bisogno del tempo per entrare nella pienezza della verità di Cristo. Paolo deve abbandonare il tutto e il subito e dare anche Lui spazio al tempo perché la vera fede porti frutto. Resta saldo il principio che tutto è da Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la saggia prudenza.

 

29 APRILE (1Gv 1,5-2,2)

È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati

È questo il grande amore di Cristo Signore. Lui volontariamente si è offerto alla passione, facendosi olocausto per noi, per espiare tutti i peccati dell’umanità. Il peccato del mondo è stato espiato, tolto per questo suo grande amore. Questa verità è l’essenza stessa della Nuova Alleanza. Tanto grande è la sua carità per noi.

Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?

Era dunque necessario che le cose raffiguranti le realtà celesti fossero purificate con tali mezzi; ma le stesse realtà celesti, poi, dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi. Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza (Cfr. Eb 9,11-28).

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,18-21).

Se la carità di Cristo ha cancellato tutti i peccati del mondo, vi potrà essere un peccato che non possa essere perdonato? Si risponde aggiungendo una seconda verità. Il perdono ottenuto da Cristo Gesù diviene nostro quando con umiltà, ci si prostra dinanzi a Lui e attraverso il ministro della Chiesa si chiede perdono nel pentimento, nella conversione, nella volontà e nell’impegno di non peccare più. Un solo peccato non è perdonabile: quello commesso contro lo Spirito Santo. Quando si giunge a questo stadio del non ritorno, mai ci si avvicinerà a Cristo Signore. Anzi, Cristo e la sua grazia vengono combattuti. Si vuole distruggere la stessa fede in Lui.

Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

Per ogni peccato il perdono è già stato ottenuto, è già nostro. Basta accostarsi al trono della grazia e della misericordia, con cuore contrito e umiliato, nella conversione, ma anche con volontà decisa e ferma di non voler più offendere il Signore nostro Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella fede in Gesù.

 

30 APRILE (At 16,1-10)

Vieni in Macedonia e aiutaci!

Dal primo momento del suo incontro con Cristo sulla via di Damasco, Paolo è stato sempre dalla volontà del suo Signore. Tutto ciò che lui ha fatto, è stato sempre per esplicito comando dello Spirito Santo. Le vie attraverso le quali lo Spirito si manifestava erano molteplici, ma tutte erano soprannaturali, divine. Nulla è stato in Paolo da Paolo.

C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono (At 13,1-3). Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio (At 18,9-11). Dopo questi fatti, Paolo decise nello Spirito di attraversare la Macedonia e l’Acaia e di recarsi a Gerusalemme, dicendo: «Dopo essere stato là, devo vedere anche Roma». Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po’ di tempo nella provincia di Asia (At 19,21-22).

Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio (At 20,17-24). La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,11).

Paolo ha deciso di recarsi nella regione della Galazia. Tutte le vie sono precluse dallo Spirito del Signore. Dall’Asia deve passare in Macedonia. Lo Spirito Santo si serve di un Macedone, che in sogno lo invitava a passare da lui per essere salvato. Paolo vede in questo sogno una chiara manifestazione della volontà di Dio. Abbandona tutti i suoi progetti e passa in Macedonia. Evangelizzerà Tessalonica, Filippi, Atene, Corinto. Il Signore lo chiama e lui si lascia chiamare. Il Signore lo invia e lui si lascia inviare.

Paolo si recò anche a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.

Paolo è il vero modello dell’Apostolo. Come Gesù era sempre dalla volontà del Padre a Lui comunicata nello Spirito Santo, così è Paolo. Lui è sempre dalla volontà di Dio a lui rivelata per mezzo dello Spirito. Paolo ci insegna così qual è la via perché la missione produca sempre buoni frutti: recarsi da chi il Padre ha stabilito di portare la sua salvezza. Perché il Padre manda in un luogo anziché in un altro, è mistero eterno.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla volontà di Dio.