Commento teologico alla prima lettura – febbraio 2019

 

Avete solo bisogno di perseveranza

Eb 10,32-39; Sal 36; Mc 4,26-34

1 FEBBRAIO

Con la conversione, la fede in Cristo e nella sua Parola, la nascita da acqua e da Spirito Santo, siamo collocati sulla via che dovrà condurci alla salvezza eterna. Il cammino nella verità inizia il giorno del battesimo, si conclude il giorno della morte. La via è lunga quanto è lungo il tempo della nostra vita sulla terra. Raggiungerà la salvezza eterna solo colui che persevererà su questa via senza deviare né a destra e né a sinistra. Non vi sono altre vie. Se esistessero il Padre celeste ce le avrebbe indicate. Lui è il Sommo bene e vuole il sommo bene per ogni sua creatura. Di certo non sarebbe né il Sommo Bene né vorrebbe il sommo bene per noi, se ci fosse una seconda via migliore per la salvezza e non ce la indicasse. Se esistesse un’altra via, neanche avrebbe voluto il sommo bene per il suo Figlio Eterno. Gli ha chiesto una obbedienza fino alla morte di croce. Perché chiedere una obbedienza fino all’annientamento di sé, se altre vie si sarebbero potute percorrere?

Oggi è questo il solo, unico problema anche per molti figli della Chiesa: la loro volontà satanica e diabolica di liberarsi dalla croce. Da quale croce oggi ci si vuole liberare? Dalla croce della nostra dipendenza creaturale da Dio. Non vogliamo essere da Lui. Vogliamo essere da noi. Farci come noi vogliamo. Possiamo anche scegliere di abolire la via della croce. Ci illudiamo solamente. Togliamo la croce della salvezza, la croce leggera e soave della creaturalità, ma per assumere ogni croce di Satana. Le croci di Satana sono pesantissime. Quella di Cristo Gesù dura per il tempo. Quelle di Satana per l’eternità. L’inferno è la croce più pesante, più dura, più lunga eterna. Questa croce è di Satana, non di Gesù. Altra differenza sostanziale. La croce di Cristo Gesù, assunta con amore, toglie ogni giorno mille croci dalle spalle dei nostri fratelli. La croce di Satana che è croce di peccato e di vizio mette mille croci sulle spalle degli uomini. Con Cristo togliamo e distruggiamo tutte le croce di peccato dal nostro cuore, anima, spirito, togliendole e distruggendole negli altri. Con Satana siamo veri costruttori di croci per il mondo intero. Sarebbe sufficiente pensare quanto costa un solo vizio in croce alla singola persona e a quanti sono attorno a noi, per convincerci che non vi sono altre possibili vie di salvezza. La croce di Gesù è la sola via percorribile.

Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di perseveranza, perché, fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso. Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. Il mio giusto per fede vivrà; ma se cede, non porrò in lui il mio amore. Noi però non siamo di quelli che cedono, per la propria rovina, ma uomini di fede per la salvezza della nostra anima.

Quando si inizia il percorso della fede, non lo si inizia per puro entusiasmo, ma perché fortemente convinti nello Spirito Santo che non vi è altra via possibile di salvezza. Poi però viene la tentazione. Essa, vero martello pneumatico, scava nel nostro cuore e nella nostra anima al fine di togliere da essi le motivazioni che ci hanno condotto ad abbracciare la fede in Cristo Gesù. Come potrà essere possibile per noi perseverare sulla via di Cristo Gesù mantenendo nel cuore le motivazioni iniziali, anzi aggiungendone sempre delle nuove? Questo sarà possibile solo se cresciamo ogni giorno nello Spirito Santo, crescendo in grazia e in sapienza, in obbedienza sempre più perfetta. Quando non si cresce, le resistenze spirituali diminuiscono ed è allora che la tentazione entra con veemenza nel cuore e distrugge quel poco di convinzione che ancora rimane. Tolta la convinzione, la vittoria è del principe del mondo. Per noi è solo la resa al male e la capitolazione. Se il ritorno sulla retta via viene ritardato, il rischio di finire nella perdizione eterna è più che reale.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che giorno per giorno cresciamo in grazia e sapienza.

Subito entrerà nel suo tempio il Signore

Ml 3,1-4 opp. Eb 2,14-18; Sal 23; Lc 2,22-40

2 FEBBRAIO

Mentre nel Vangelo secondo Giovanni il Signore entra nel tempio per purificarlo all’inizio della sua vita pubblica, nei Sinottici vi entra dopo il suo ingresso messianico in Gerusalemme. I cuori sussultano. Le menti si agitano. Chiedono ragioni, spiegazioni.

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2,17-22).

Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode?». Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte. La mattina seguente entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (Mt 21, 12-16. 23-27)..

Nel Vangelo secondo Luca Gesù non entra nel tempio solo dopo il suo ingresso messianico in Gerusalemme, ma appena compiuti i quaranta giorni dalla nascita e poi anche a Dodici anni. Il Signore va a visitare la sua casa. Sa che può purificare il tempio materiale, quello spirituale sarà assai difficile e gli costerà anche la croce.

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.

Questa profezia lo Spirito Santo la interpreta per bocca di Simeone. La Parola di Gesù è un vero fuoco ed è così luminoso da svelare i pensieri di molti cuori. Lui è più che la lisciva dei lavandai. Questa separa lo sporco dal pulito. Gesù separa la falsità dalla verità, la giustizia dall’ingiustizia, la vera adorazione del Padre da ogni idolatria.

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,33-35).

Ogni Parola di Dio sempre va letta dallo Spirito Santo che è nel cuore di chi è nella grazia, nella verità, nella sapienza e cammina nella giustizia secondo la Parola.

Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci la sapienza per comprendere la Parola di Gesù.

Ti ho stabilito profeta delle nazioni

Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30

3 FEBBRAIO – IV DOMENICA T. O.

Il Signore nostro Dio vuole che sia sempre uno a portare a tutti luce, verità, giustizia, redenzione, liberazione, salvezza. Lui crea l’uomo e la donna. Da una sola coppia negli anni si è formato il genere umano. Chiama Noè e per suo tramite conservata la vita sulla terra. Nella discendenza di Abramo, Cristo Gesù, vuole benedire tutte le nazioni. A Mosè affida la liberazione del suo popolo che vive in Egitto sotto una dura schiavitù.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1.26-18).

Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore (Gen 6,5-8).

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3,7-12).

Chiama un solo uomo perché in un tempo della storia porti la luce della sua Parola a tutto il popolo e anche al mondo intero. La chiamata di Dio per qualsiasi missione è mistero che rimane nascosto nel suo cuore. Non vi sono meriti personali sui quali fondare la chiamata. Essa è prima dello stesso concepimento. Geremia è chiamato prima di essere formato da Dio nel grembo della madre. Lui lo formò proprio per questo: per farne un profeta, portatore della sua Parola al suo popolo e alle nazioni.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

La vocazione viene data da Dio senza meriti. Se si vuole che produca i frutti ad essa legati, è necessario una perfetta, immediata, ininterrotta obbedienza ad ogni comando che si riceve. Il profeta ascolta e riferisce. Lui va dove il Signore gli comanda di andare e parla alle persone presso le quali il suo Dio lo invia. Nulla deve venire né dal suo cuore, né dalla sua mente, né dalla sua volontà. Il profeta è purissima e solo obbedienza a Dio. Se si rompe il rapporto di obbedienza, non si è più profeti di Dio, si è solo messaggeri di se stessi. Ma il messaggio che non è di Dio non produce salvezza.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che anche oggi la Parola di Dio risuoni pura e vera.

Non ottennero ciò che era stato loro promesso

Eb 11,32-40; Sal 30; Mc 5,1-20

4 FEBBRAIO

Dalla prima promessa fatta dal Signore al serpente nel giardino dell’Eden, dall’altra promessa fatta ad Abramo di benedire nella sua discendenza tutte le nazioni, dal molteplici promesse sul Messia di Dio al loro compimento si interpone il tempo, che a volto è lungo, molto lungo. Vi è però un principio che va sempre custodito nel cuore. Quanto il Signore dice si compie sempre. Basta solo attendere. Ma come si attende il compimento della promessa futura? Vivendo la sua Parola che regola il presente.

Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio» (Cfr. Gen 17,1-22).

Il Signore compirà ogni sua Parola. Quanto esce dalla sua bocca sempre il Signore lo realizzerà. Cosa dovrà fare l’uomo per gustare i frutti della promessa del Signore? Camminare alla sua presenza. Come si cammina alla presenza di Dio? Ascoltando la sua voce, osservando i suoi precetti, obbedendo alla sua volontà, manifestata giorno per giorno. Se non si ascolta, non si obbedisce, non si cammina alla sua presenza mai si potranno gustare i beni promessi, giurati, profetizzati. Leggendo il Capitolo XI della Lettera agli Ebrei, si potrà notare che tutti obbediscono. Tutti compiono la volontà di Dio manifestata e rivelata, tutti seguono la voce del loro Signore. Ma non conseguono la promessa nel tempo. La loro obbedienza viene loro accreditata come giustizia. Quando la promessa si compirà essi hanno diritto, per giustizia, a godere di tutti i beni contenuti nella promessa. Non godono sulla terra, godono nell’eternità. Quanti invece vivono nel tempo della promessa realizzata, godono i beni in essi contenuti già nel tempo e possono compiere con più abbondanza di grazia, luce, sapienza, dono dello Spirito Santo il cammino verso il possesso dei beni eterni contenuti nella Parola.

E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti; per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia, ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riebbero, per risurrezione, i loro morti. Altri, poi, furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.

Se questi uomini e queste donne senza la pienezza del dono dello Spirito Santo, della grazia divina, della vita eterna, della rigenerazione e della partecipazione della divina natura sono riusciti ad essere fedeli alla Parola, alla voce, alla Legge, agli Statuti del Signore, quanto più siamo obbligati noi ad esserlo! Quando ci presenteremo al cospetto di Dio per il giudizio eterno, non potrà esserci alcuna scusa da parte nostra. Dio in nulla si è risparmiato per la nostra salvezza. Tutto ci ha dato nel suo Figlio diletto. La responsabilità di non aver camminato alla sua presenza è solo nostra. Potevamo. Non abbiamo voluto. Siamo stati disobbedienza per volontà.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a camminare alla presenza di Cristo Signore.

Tenendo fisso lo sguardo su Gesù

Eb 12,1-4; Sal 21; Mc 5,21-43

5 FEBBRAIO

San Paolo rivela ai credenti che lui, per poter tenere lo sguardo fisso su Gesù, considera una spazzatura la sua vita prima della folgorazione sulla via di Damasco. Da allora ha conosciuto Cristo, anzi lo ha visto nella luce, perché è stata la sua luce a renderlo cieco fisicamente, ma vedente spiritualmente, e sapendo chi Lui è tutto l’universo è nulla al suo confronto. La religione è Lui. La morale è Lui. La vita è Lui. La virtù è Lui. La verità è Lui. La grazia è Lui. Tutto è Lui e Lui è sempre da conquistare, raggiungere, perché è sempre dinanzi a noi, irraggiungibile in eterno.

Per il resto, fratelli miei, siate lieti nel Signore. Scrivere a voi le stesse cose, a me non pesa e a voi dà sicurezza. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare! I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose (Fil 3,1-21).

Dovendo anche noi correre per raggiungere Cristo, sempre va tenuto fisso lo sguardo su di Lui. Ma per correre dobbiamo deporre tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia. È di peso tutto ciò che lega il cuore alle cose di questo mondo. Con un grande peso sulle spalle, si può correre veramente poco. Mentre invece con il peccato la corsa si interrompe. L’assedio è proprio questo: essere circondati da ogni parte e costretti a rimanere nello stesso luogo, senza alcuna via di fuga. Peccato e non pieno distacco dalle cose della terra impediscono che si possa raggiungere Gesù Signore.

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.

Perché si deve guardare verso Cristo con guardo fisso? Perché Gesù ha consegnato la sua vita alla croce al fine di poter raggiungere il Padre nella sua gloria.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che Cristo Gesù sia sempre dinanzi ai nostri occhi.

In mezzo a voi alcuna radice velenosa

Eb 12,4-7.11-15; Sal 102; Mc 6,1-6

6 FEBBRAIO

La forza del discepolo è il discepolo. Se un discepolo diviene lievito di perversità, cattiveria, scandalo, malignità, perversione, ben presto tutta la pasta della comunità cristiana viene fermentata. San Paolo conosce la pericolosità del cristiano per rapporto al cristiano e del vescovo per tutta la comunità. Per questo invita ad una più grande vigilanza. Un po’ di lievito può arrecare danni non più riparabili. È verità.

E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi (At 20,25-31).

Si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell’immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi! (1Cor 6,1-13).

La prima evangelizzazione è della comunità verso la comunità, del discepolo verso il discepolo. Ma perché questo avvenga è necessario che ognuno abbia a cuore la propria evangelizzazione. Quando il cristiano non si evangelizza, è allora che si trasforma in radice velenosa ed infesta tutto il campo della comunità di Cristo Gesù.

Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore; vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio. Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa, che provochi danni e molti ne siano contagiati.

Nessuno pensi di poter di compiere una missione finalizzata ad aggregare al corpo di Cristo, se nel corpo di Cristo lui nulla opera per farlo sempre più bello e gradito al Signore. Una comunità confusa, lacerata, divisa, non governata dallo Spirito Santo è uno scandalo per il mondo e un grande ostacolo per la salvezza che si compie in Cristo Signore. Cercare e dare la propria santificazione alla Chiesa è il primo grande obbligo di giustizia. Siamo obbligati per amore della Chiesa a crescere in santità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani non siano radice velenosa nella Chiesa.

A Gesù, mediatore dell’alleanza nuova

Eb 12,18-19.21-24; Sal 47; Mc 6,7-13

7 FEBBRAIO

Il Dio che si rivela a Mosè è maestoso, fuoco che divora, gloria inaccessibile. Con questo Dio i figli d’Israele hanno stretto l’alleanza. È il Dio alto, forte, potente.

Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: “Guardatevi dal salire sul monte e dal toccarne le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo, non dovrà sopravvivere”. Solo quando suonerà il corno, essi potranno salire sul monte». Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il Signore disse a Mosè: «Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si santifichino, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore: «Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro (Es 19, 9-25).

La differenza con Cristo Gesù è di fortissimo contrasto. Gesù è il Dio umilissimo che si lascia insultare, sputare, condannare, crocifiggere nel silenzio, come pecora muta.

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito (Mt 27,27-50).

Se il Dio dei cristiani è il Dio Crocifisso, Lui verrà nella nostra storia sempre come Dio Crocifisso, per insegnarci come si porta la croce. Non può essere il Dio di ieri.

Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.

Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci la più pura fede in Cristo, il Dio Crocifisso dall’uomo.

Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

Eb 13,1-8; Sal 26; Mc 6,14-29

8 FEBBRAIO

Il Dio di ieri è anche il Dio di oggi o è forse cambiato? Se è cambiato, in cosa è cambiato? Quali sono le caratteristiche del Dio di oggi? Ma se Dio non cambia, di certo sarà cambiato l’uomo. È lui che è uscito della verità e dalla Legge del suo Dio. Il Salmo ci aiuta a comprendere la verità di Dio. Lui è l’immutabile eterno. Non cambia.

La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio, perché mi ascolti. Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l’anima mia rifiuta di calmarsi. Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito. Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare. Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: medito e il mio spirito si va interrogando. Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la sua misericordia? E ho detto: «Questo è il mio tormento: è mutata la destra dell’Altissimo». Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze. O Dio, santa è la tua via; quale dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra i popoli. Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio, i figli di Giacobbe e di Giuseppe. Ti videro le acque, o Dio, ti videro le acque e ne furono sconvolte; sussultarono anche gli abissi. Le nubi rovesciavano acqua, scoppiava il tuono nel cielo; le tue saette guizzavano. Il boato dei tuoi tuoni nel turbine, le tue folgori rischiaravano il mondo; tremava e si scuoteva la terra. Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute. Guidasti come un gregge il tuo popolo per mano di Mosè e di Aronne (Sal 77 (76)1-21).

Se si cambia fede, necessariamente è cambiato Dio. Se Dio non cambia neanche la fede può cambiare. La fede è in Dio. Se i cristiani retrocedono dalla fede in Cristo Gesù, se lo abbandonano, lo fanno perché Cristo di sicuro è cambiato. La Lettera agli Ebrei rivela che Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre! Se è lo stesso, perché cambiare fede? Perché abbandonarlo? Se le ragioni per credere in Lui erano valide prima, sono valide anche oggi. Lo Spirito Santo ci rassicura. Cristo Gesù è l’immutabile eterno. Lui è per sempre il Crocifisso che è il Risorto ed è il Signore.

Oggi i figli della Chiesa stanno cambiando il Vangelo, la verità, la grazia, i sacramenti, la morale, tutto ciò che è venuto dal cuore di Cristo. Questo necessariamente dovrà significare che Cristo è cambiato. Poiché lo Spirito Santo ci rivela che Cristo è l’Immutabile Eterno, anche il suo Vangelo è immutabile in eterno, non può variare, né può essere modificato. Ma se Cristo non cambia e noi cambiamo tutto di Lui, è segno che siamo cambiati noi, non Lui. Abbiamo smarrito la via della verità e della giustizia. Poiché solo ciò che esce dal cuore di Cristo salva e non ciò che proviene dal nostro, la storia che si vive sotto i nostri occhi ci attesta questa tremenda verità. I nostri pensieri sono generatori di morte, non di vita. Siamo operai a servizio della morte, non della vita, dell’inferno, non del Paradiso. Lavoriamo per la perdizione, non per la salvezza.

L’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: Non ti lascerò e non ti abbandonerò. Così possiamo dire con fiducia: Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. Che cosa può farmi l’uomo? Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

Avendo noi trasformato Cristo nella sua essenza divina e umana, di verità eterna e di verità di rivelazione, redenzione, salvezza, anche Dio e lo Spirito Santo sono stati da noi cambiati. La Chiesa sta ricevendo un nuovo volto. Anche il cristiano ha perso il volto di Cristo per indossare un volto che mai potrà appartenergli. Lui è volto di Cristo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che di nuovo il cristiano vesta il volto di Cristo Gesù.

Operando in voi ciò che a lui è gradito

Eb 13,15-17.20-21; Sal 22; Mc 6,30-34

9 FEBBRAIO

La Lettera agli Ebrei termina con una sottigliezza che conferma tutto l’insegnamento alto e profondo di Paolo Apostolo nel Capitolo XII della Lettera ai Romani.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.

Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1-21).

Come per Cristo il suo nutrimento è la volontà del Padre, così per il cristiano il suo nutrimento è la volontà del Padre. Essa però non si attinge direttamente nel Padre, ma si riceve dal Padre per mezzo di Cristo Gesù, il Mediatore unico e universale nella rivelazione, nella conoscenza, nella verità, nella redenzione, nella salvezza. Come Cristo conosceva la volontà del Padre nello Spirito Santo, così anche il cristiano potrà conoscere la volontà del Padre nello Spirito Santo, a condizione che rimanga in Cristo e si rimane in Lui rimanendo nella sua Parola. In Cristo era il Padre che sceglieva cosa lui dovesse fare o non fare. Lo Spirito Santo gli dava la volontà del Padre e Lui dava il suo corpo al Padre perché potesse fare tutto ciò che gli era gradito. Nel cristiano, corpo di Cristo, deve compiersi lo stesso mistero. Lui deve dare la sua vita a Cristo, perché sia il Padre nello Spirito Santo a suggerire cosa fare e cosa non fare.

Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Quando il cristiano può dire di fare ciò che è gradito al Padre? Potrà dirlo se cammina dietro Cristo al fine di raggiungere la perfezione in grazia e in sapienza, senza lacune. Ogni imperfezione morale e sapienziale attesta che non si è perfetti. Senza perfezione nessun vero compimento della volontà di Dio potrà avvenire. Non si è perfetti.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci perché possiamo essere perfetti in ogni cosa.

Chi manderò e chi andrà per noi?

Is 6,1-2a.3-8; Sal 137; 1 Cor 15,1-11; Lc 5,1-11

10 FEBBRAIO – V DOMENICA T. O.

La vocazione di Isaia rivela due essenziali verità. Non sempre si deve essere chiamati esplicitamente da Dio. Possiamo anche noi offrirci a Lui per una missione particolare. Questa verità è attestata dal Vangelo. Ci si può anche offrire per seguire Cristo Gesù.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,57-62).

La missione potrà essere fatta solo dalla Parola di Dio, Legge e Vangelo, fatti divenire nostro corpo, spirito, anima. San Paolo unisce l’una e l’altra verità parlando di Vescovi e diaconi. Si può desiderare, ma si deve essere nella Parola. È condizione essenziale.

Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio. Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù. Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli Angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria (1Tm 3,1-16).

Isaia vede la gloria del Signore. Sente tutta la sua impurità. Sa che abita in mezzo ad un popolo anch’esso impuro. Uno dei serafini viene e purifica le sue labbra con un carbone ardente. Poi sente la voce del Signore che manifesta un suo desiderio. Vorrebbe mandare qualcuno a ricordare e annunziare la sua Parola. Isaia, ora che è stato purificato, offre se stesso: “Eccomi, manda me!”. Visione, purificazione, missione.

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

Per ogni missione di salvezza si richiede una purificazione iniziale. Poi essa sarà completata dal Signore, ma un punto di inizio è più che necessario. Mandare in missione senza alcuna purificazione della mente, del cuore, dell’anima non produce frutti. Purificazione non è formazione intellettuale. Ma sostanziale cambiamento.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano senta il bisogno di reale purificazione.

In principio Dio creò il cielo e la terra

Gen 1,1-19; Sal 103; Mc 6,53-56

11 FEBBRAIO

La Scrittura Santa inizia con un racconto particolare. È una narrazione di fatti concreti, prima non esistenti e che esistono per un ordine e un comando. Anche l’ordine e il comando sono una narrazione, una descrizione di ciò che deve esistere e come. Proferita la Parola, le cose vengono alla luce secondo la descrizione contenuta nella Parola. Chi dice la Parola è Dio. Dio però non è presentato. Sappiamo però da quello che dice e da come lo dice e per le cose che avvengono che Lui è Onnipotente, Saggio, Intelligente, Signore. Conosciamo altresì che prima vi è solo Lui. Lui parla e dopo esiste tutto ciò che è sulla terra e nei cieli senza limiti. La narrazione non consente che vi possano essere interpretazioni differenti sulla sostanza dei fatti e degli avvenimenti. L’interpretazione può avvenire solo sul tempo e sulle modalità storiche concrete. La verità che prima nulla esisteva e che poi tutto esiste per specifica volontà di Dio è sostanza, essenza della narrazione. Possiamo dire anche che i giorni sono secoli e secoli di anni. Ma non possiamo mai dire che vi sia qualcosa nella creazione che si sottrae alla Legge eterna scritta da Dio in essa e per essa. A meno che non si voglia dichiarare questo racconto una favola. Ma se questo racconto è dichiarato una favola, tutta la Scrittura Santa deve essere detta una favola. Rimane però una tremenda verità che ci consumerà in eterno. Quanto è attribuito a Dio nella Scrittura, ogni sua Parola, si è infallibilmente compiuto e infallibilmente si compirà. La storia e l’eternità dopo la storia attestano che nessuna Parola di Dio è andata a vuoto.

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie».

E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

Una riflessione va fatta. Una verità mai potrà contraddire un’altra verità. Se la prima verità è vera, quella che contraddice la prima è necessariamente falsa. Verità e falsità sono due cose opposte, come la luce e le tenebre. O Dio è il Creatore e il Signore o non è né il Creatore né il Signore. O prima della creazione c’era il nulla, oppure la materia è eterna. Ma se la materia è eterna, Dio non è il Creatore di essa. Non ne è neanche il Signore. Non ha potere su di essa. Invece noi sappiamo che la materia obbedisce a Lui più che una foglia di un albero ad un vento impetuoso. Il cristiano che crede in un solo Dio creatore del cielo e della terra mai potrà confessare altre teorie che escludono il Dio Creatore e Signore. La verità della fede è superiore ad ogni altra verità. Quella della fede è garantita dallo stesso Dio. Quella di qualsiasi scienza umana da osservazioni di ciò che esiste e che mai potranno giungere a dichiarare nullo l’atto di creazione, in principio, da parte del Signore. Ma se la verità della scienza è vera, mentre sono tutte teorie e ipotesi, allora tutta la Scrittura è una misera favola.

Madre di Dio, Angeli, Santi fate che il cristiano confessi la fede nel Dio Creatore.

Facciamo l’uomo a nostra immagine

Gen 1,20-2,4a; Sal 8; Mc 7,1-13

12 FEBBRAIO

Quando il testo sacro giunge alla creazione dell’uomo, che è l’ultima opera fatta da Dio, la narrazione cambia radicalmente di forma e di sostanza. Finora tutto è stato chiamato all’esistenza con un semplice “Sia” o altra parola equivalente o simile. Si tratta di un semplicissimo comando. Ora invece tutto cambia nella forma e nella sostanza. Nella forma perché Dio questa volta dice al singolare e agisce al plurale. Facciamo l’uomo. In più La creazione dell’uomo si separa da tutte le altre creazioni finora fatte. Tutte sono chiamate in vita per se stesse e collocate al loro posto. L’uomo invece è fatto dal “Dio al plurale”. È fatto “a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”. Dalla rivelazione del Nuovo Testamento dobbiamo necessariamente dire che l’uomo è fatto ad immagine e a somiglianza della beata Trinità, che è mistero di unità e di trinità. Di unità nella natura. Di trinità nelle persone. Quest’uomo è fatto da Dio a sua immagine, a immagine di Dio fu creato. Ma come è quest’uomo ad immagine di Dio? È maschio e femmina. Questo significa che la verità dell’uomo è nell’unità e nella dualità. Non nell’unità per contrasto, opposizione, separazione, ma nell’unità per comunione. Quest’uomo fatto da Dio a sua immagine e somiglianza può vivere solo in una relazione di comunione, che diviene unità di essenza nel rispetto della specifica natura creata che è natura maschile e natura femminile. Unità e comunione sono l’uomo.

Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.

Essendo l’uomo ad immagine del suo Dio, Signore, Creatore, se vuole conoscere se stesso nella sua natura e nelle modalità storiche del suo essere e del suo operare, sempre si deve confrontare con Colui che lo ha fatto. Altro è dire che l’uomo è un animale dotato di ragione e altro è confessare che l’uomo è ad immagine e a somiglianza del suo Creatore. Il suo Dio Creatore vive di unità e di comunione eterna. Il suo Dio è immortale. È purissima carità, luce e vita, santità, pace, gioia. Il suo Dio è Signore della sua creazione, del tempo e dell’eternità, prima e dopo il tempo. È Intelligenza e Sapienza eterna ed infinita. Il suo Dio è Onnipotenza senza alcun limite. Ha solo il limite richiesto dalla sapienza e dall’intelligenza che è la sua stessa natura. Se l’uomo è ad immagine e a somiglianza del suo Creatore, anche lui deve vivere il limite che gli è imposto dalla sua sapienza e intelligenza, dalla sua natura che è stata collocata in dei limiti insuperabili, manifestati all’uomo perché mai li superi.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni uomo sia sempre dal suo Creatore e Signore.

Certamente dovrai morire

Gn 2,4-9.15-17; Sal 103; Mc 7,14-23

13 FEBBRAIO

Nel primo racconto della creazione, il Signore manifesta all’uomo cosa lui deve fare. Il fare non può trasformarsi in non fare. Se dal fare passa al non fare, l’uomo oltrepassa il limite imposto. Se vuole essere uomo ad immagine del suo Creatore, se vuole rimanere nella vita, deve sempre osservare il limite del fare: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Oggi la confusione umana risiede nella volontà dell’uomo, che decide in autonomia dal suo Signore e Creatore.

Non fa ciò che il Signore gli ha chiesto di fare, manifestandoglielo con continua rivelazione e ininterrotti interventi diretti nella sua storia. Fa invece ciò che lui decide di fare, anche contro la sua stessa natura, che sempre dovrà essere governata dalla sapienza e dall’intelligenza, attinte perennemente nel Suo Creatore e nella sua divina Parola, fatta risuonare al suo orecchio e scritta nel suo cuore. È sul fare che oggi non ci si trova più. La separazione dal Signore è divenuta legge universale. È uomo chi scioglie il legame creaturale di dipendenza dal suo Dio in ogni campo. Viene dichiarato non uomo, fuori legge, chi ancora osa solamente affermare che non siamo da noi stessi, né da una evoluzione cieca, non siamo figli di una scimmia, non siamo una macchina, ma siamo da Dio, portiamo nella nostra natura l’impronta di Lui, per creazione, non per generazione, ma siamo da Lui, ma anche di Lui. Non ci apparteniamo, perché il nostro Creatore ci ha fatti per Lui, per manifestare tutta la grandezza della sua gloria. Oggi tutte le storture che si creano nel mondo sono il frutto di questa semplice legge non osservata. Nascono da questa obbedienza al bene chiesto dal Signore, sempre però da fare secondo la sua divina volontà. Non solo il mondo che si professa ateo è in questa insubordinazione al fare, anche il mondo religioso ha separato la vita dal suo obbligo di natura che viene solo da Dio.

Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».

Ma non solo il Signore ha posto il divieto che obbliga l’uomo a rimanere nel fare e mai cambiare il fare secondo Dio con il fare secondo l’uomo. Gli ha imposto anche un secondo limite. Ci sono delle cose che lui mai dovrà fare. Se le fa, entra nella morte, che non è solo separazione dell’anima dal corpo, ma anche separazione all’interno di sé di tutte le facoltà naturali e spirituali che sono la sua essenza umana. La morte è più che una deflagrazione atomica. Essa riduce la natura umana a pezzi, che vivono in autonomia e nell’indipendenza gli uni dagli altri. Poiché la natura umana è unità e comunione, se l’uomo entra nella morte, da solo non si può più ricomporre. Occorre nuovamente la potente mano del suo Dio. Lui deve venire, prendere tutti i pezzi dell’uomo, ricrearli, ricomporli, porli nuovamente in unità e in comunione. Il non fare mai lo dovrà trasformare in fare. Oggi questo limite è stato abolito. L’uomo è convinto che tutto gli è consentito, anche trasformare artificialmente la sua natura. Ma lui non sa che questo è un gioco di morte per la morte. È un gioco che attesta la sua morte.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci i cristiani testimoni di questi due obblighi perenni.

Non vi giudicate degni della vita eterna

At 13,46-48; Sal 116; Lc 10,1-9

14 FEBBRAIO

Il Signore è grande nel suo amore eterno per l’uomo. Quanto lui promette attraverso il profeta Geremia si compie in Cristo Gesù, ma anche per Lui e con Lui. Chi sono i missionari del Vangelo? Coloro che devono annunziare ad ogni uomo, Giudeo e Greco, figli di Abramo e Gentili, che il Signore ha compiuto la sua Parola in Cristo Gesù e che tutti sono chiamati a percorrere questa via santa per giungere fino a Lui, per essere da Lui trasformati in amore e luce come Lui è Amore e Luce eterna.

In quel tempo – oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele ed esse saranno il mio popolo. Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace». Da lontano mi è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine d’Israele. Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli e avanzerai danzando tra gente in festa. Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria; dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno. Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sulla montagna di Èfraim: “Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore, nostro Dio”. Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito». Ascoltate, genti, la parola del Signore, annunciatela alle isole più lontane e dite: «Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore il suo gregge». Perché il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui. Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, andranno insieme verso i beni del Signore, verso il grano, il vino e l’olio, i piccoli del gregge e del bestiame. Saranno come un giardino irrigato, non languiranno più. La vergine allora gioirà danzando e insieme i giovani e i vecchi. «Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. Nutrirò i sacerdoti di carni prelibate e il mio popolo sarà saziato dei miei beni». Oracolo del Signore (Ger 31,1-14).

Paolo e Barnaba vanno per il mondo ad annunziare questa lieta notizia, invitando prima i Giudei e poi i Gentili ad accogliere il dono di Dio che è Cristo Gesù, nel quale solamente è stabilito che possiamo essere salvati ed essere rivestiti di vita eterna. Gli Apostoli hanno solo il potere di annunziare. Non hanno quello di obbligare, costringere, piegare all’obbedienza. Quando una persona non si giudica degna della vita eterna, essi devono scuotere i sandali a testimonianza contro di loro e recarsi a predicare altrove. Vi sono due responsabilità che vanno messe bene in luce. La prima è quella del missionari del Signore. Lui deve andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo ad ogni creatura. Se lui non va, se va ma non dice la Parola di Dio e di Cristo Gesù, se va e dice altre cose, Lui è responsabile di tutti coloro che si perdono. Non ha svolto la missione secondo le regole divine di essa. Le regole le stabilisce Dio, non il missionario. Questa verità mai dovrà essere dimenticata dagli Apostoli di Cristo Gesù.

Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero.

La seconda responsabilità è di colui che ascolta. Se lui decide di non convertirsi e di non accogliere la Parola della salvezza, è lui che si giudica non degno della vita eterna. È lui che si assume la colpa della sua morte eterna. Il missionario non è più responsabile della sua perdizione. La salvezza gli era stata offerta e da lui è stata rifiutata. Questa verità condanna oggi tutti coloro che non predicano più il Vangelo adducendo come scusa che il mondo lo rifiuta. Loro sono mandati per dire il Vangelo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani perché siano fedeli alla loro missione.

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici

Gen 3,1-8; Sal 31; Mc 7,31-37

15 FEBBRAIO

Il serpente è Lucifero. Era la luce più splendente del Paradiso. A causa della sua bellezza quasi divina cadde nel peccato della superbia e si proclamò uguale a Dio. Si dichiarò Dio come Dio. Riuscì ad ingannare un terzo di Angeli e, se Michele non fosse intervenuto a difesa della verità di Dio, molti altri lo avrebbero seguito nella sua stoltezza. Da luce quasi infinita fu trasformato in tenebra eterna, tolto dal Paradiso e precipitato nell’inferno. Non avendo più potere nei cieli, se lo prende sulla terra. Ma il suo è un potere di morte e non di vita. È il potere della menzogna per la morte eterna.

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si mise a perseguitare la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, perché volasse nel deserto verso il proprio rifugio, dove viene nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo, lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d’acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna: aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si appostò sulla spiaggia del mare (Cfr. Ap 12,1-18).

Il serpente è la creatura della menzogna, dell’inganno. Lui ora sa che solo Dio è Dio. Lui si è proclamato Dio e fu precipitato nelle tenebre. Sa che all’infuori di Dio, ogni altro essere esistente è solo creatura da Lui fatta. Inganna la donna, dicendole che se mangia dell’albero diventerà come Dio, uguale a Lui, libera da Lui. La donna cade nel suo inganno, si lascia tentare, vuole divenire come Dio, trasgredisce il comandamento. Non diviene come Dio, ma come il serpente: tentatore e ingannatore dell’uomo.

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.

Ognuno sappia che quando lui si proclama Dio, libero da Dio, dal suo Signore e Creatore, all’istante diviene un Satana per i suoi fratelli. Propone, suggerisce, indica solo una via di morte. Che lo faccia con coscienza, scienza, volontà, cattiveria e malvagità o che lo faccia per ignoranza o incoscienza, il risultato non cambia. Lui è un indicatore di strade per la morte, mai per la vita. Oggi l’umanità intera sembra essere sotto il governo di Satana. Vuole dire che tutti lavoriamo per la morte e non per la vita.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani siano lavoratori di vita, mai di morte.

Io porrò inimicizia fra te e la donna

Gen 3,9-24; Sal 89; Mc 9,1-10

16 FEBBRAIO

La donna prima e l’uomo dopo hanno deciso di essere come Dio. Quale fu il frutto di questa loro decisione? Non si compie la parola del serpente. La donna e l’uomo non sono divenuti come Dio. Si compie la Parola del loro Dio. Essi hanno sperimentato di essere nella morte. Non si governano più. Cuore, mente, occhi, bocca, non sono più in comunione tra di essi. È questa frattura, questa divisione, questa autonomia che rivela cosa è la morte spirituale. L’uomo è ad immagine dell’unità e della comunione che è Dio, che si vive eternamente in Dio. Avendo lui rotto la comunione con la sorgente della sua unità e comunione, è divenuto un ammasso di atomi senza alcun legame degli uni con gli altri. È la morte dell’unità e della comunione. Non solo non vi è più comunione e unità, ogni pezzo è condannato ad agire senza gli altri pezzi. Cosa impossibile, perché ognuno necessariamente dovrà ricevere vita, forma ed energia dagli altri. Ma anche l’umanità è divisa in se stessa. Vivendo ognuno senza gli altri non può portare vita perché ognuno attinge la vita dagli altri. Dopo il peccato la donna non è più carne dalla carne di Adamo, osso dalle sue ossa, ma è solo una posta accanto a Lui. Anche la creazione non riconosce più l’uomo come suo signore. Si ribella a lui. Non gli obbedisce più. È la morte dell’unità e della comunione. Questa è la potente forza di disgregazione di ogni peccato. Questa è la prima morte da esso prodotta.

Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi. Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita.

Il Signore è il Signore. Lui scende nella storia dell’uomo e rivela ancora una volta che solo Lui è il Signore. Per prima cosa dice al serpente che non è lui il Signore. Signore è solo uno, il Signore. Poiché solo Lui è il Signore gli annunzia cosa Lui farà. Porrà inimicizia tra lui e la donna, tra la sua stirpe e la stirpe della donna. Questa gli schiaccerà la testa e lui le insidierà il calcagno. Anche della donna è il Signore. Le dice quali saranno nel tempo i frutti da essa prodotti. Non è più signora neanche di se stessa. Come Satana è suddito dell’inferno, così lei sarà suddita del suo istinto verso il marito che non potrà governare. Sarà governata dal marito. Ma anche l’uomo non è più signore. È schiavo della terra. Se vuole trarre i frutti da essa, dovrà prima bagnarla con il suo sudore quotidiano. Ecco come il peccato ha ridotto l’uomo: da Signore a schiavo. Uomo e donna ognuno con la sua personale schiavitù. Il Signore Dio però promette al serpente che un giorno lui diverrà schiavo della stirpe della donna. La sua testa sarà schiacciata e l’uomo tornerà ad essere Signore, ma solo in Cristo e per Lui.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci. Vogliamo liberarci da ogni schiavitù di peccato.

Benedetto l’uomo che confida nel Signore

Ger 17,5-8; Sal 1; 1Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26

17 FEBBRAIO – VI DOMENICA T. O.

Per comprendere la Parola di Dio sulla benedizione e sulla maledizione proferita dal profeta Geremia, è necessario leggere qualche brano del Deuteronomio.

Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore, tuo Dio, ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Poiché tu avrai ascoltato la voce del Signore, tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni. Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame, sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Benedette saranno la tua cesta e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. Il Signore farà soccombere davanti a te i tuoi nemici, che insorgeranno contro di te: per una sola via verranno contro di te e per sette vie fuggiranno davanti a te. Il Signore ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano. Ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti. Il Signore ti renderà popolo a lui consacrato, come ti ha giurato, se osserverai i comandi del Signore, tuo Dio, e camminerai nelle sue vie. Il Signore ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in basso, se obbedirai ai comandi del Signore, tuo Dio, che oggi io ti prescrivo, perché tu li osservi e li metta in pratica, e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi comando, per seguire altri dèi e servirli.

Ma se non obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, se non cercherai di eseguire tutti i suoi comandi e tutte le sue leggi che oggi io ti prescrivo, verranno su di te e ti colpiranno tutte queste maledizioni: sarai maledetto nella città e maledetto nella campagna. Maledette saranno la tua cesta e la tua madia. Maledetto sarà il frutto del tuo grembo e il frutto del tuo suolo, sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Maledetto sarai quando entri e maledetto quando esci. Il Signore lancerà contro di te la maledizione, la costernazione e la minaccia in ogni lavoro a cui metterai mano, finché tu sia distrutto e perisca rapidamente a causa delle tue azioni malvagie, per avermi abbandonato. Il Signore ti attaccherà la peste, finché essa non ti abbia eliminato dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti colpirà con la consunzione, con la febbre, con l’infiammazione, con l’arsura, con la siccità, con il carbonchio e con la ruggine, che ti perseguiteranno finché tu non sia perito. Il cielo sarà di bronzo sopra il tuo capo e la terra sotto di te sarà di ferro. Il Signore darà come pioggia alla tua terra sabbia e polvere, che scenderanno dal cielo su di te, finché tu sia distrutto. Il Signore ti farà sconfiggere dai tuoi nemici: per una sola via andrai contro di loro e per sette vie fuggirai davanti a loro. Diventerai oggetto di orrore per tutti i regni della terra. Il tuo cadavere diventerà pasto di tutti gli uccelli del cielo e degli animali della terra e nessuno li scaccerà (Dt 28,1-27).

Confidare nel Signore significa confidare, credere, abbracciare, obbedire alla sua Legge. Vuol dire ascoltare la sua voce e camminare sempre sulle sue vie seguendo i suoi pensieri. Mai il Signore va separato dalla sua Parola. Quando Dio è separato dalla sua Parola, non si confida più nel Signore, ma si ripone la fiducia in un idolo e un falso Dio. Nella Parola e nell’obbedienza ad essa in purezza di fede e di amore, Dio si dona come vita all’uomo e donando se stesso dona ogni altra cosa, colmandolo di grazia, verità, giustizia, mitezza, pace. La materia non gli serve se non per l’essenziale.

«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti.

Quando l’uomo esce dalla Parola, dalla Legge, dalla via, dai pensieri di Dio, perché non ascolta più la sua voce, esce anche dalla vita che Dio e che è data tutta per l’obbedienza alla sua Parola. La vita viene solo da Lui. L’uomo mai potrà essere fonte di vita per un altro uomo. È strumento di vita se è legato alla sorgente della vita che è il Signore. Maledizione significa assenza totale di vita. La sorgente della vita è solo Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, otteneteci la grazia di una obbedienza perfetta alla Parola.

Verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai

Gn 4,1-15.25; Sal 49; Mc 8,11-13

18 FEBBRAIO

Può l’uomo che è nella morte dominare il suo istinto? No. Il no è assoluto. Perché allora il Signore dice a Caino: “Verso di te è il tuo istinto, e tu lo dominerai”? L’uomo, essendo uomo, sempre deve dominare il suo istinto. Essendo però uomo nella morte, non può. Può sempre, se sempre si ricorda che lui è da Dio in ogni cosa e con umiltà chiede al Signore grazia e forza per governare se stesso secondo l’obbligo che nasce dalla sua umanità, che è di natura fatta ad immagine e a somiglianza del suo Creatore.

Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato. Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito (Rm 7,14-8,4).

Dobbiamo attestare – e questa è purissima rivelazione dello Spirito Santo – che Dio mai ha tolto la sua grazia all’uomo. Perennemente lo ha assistito con il suo amore, la sua misericordia, ogni grazia, sempre in vista di Cristo e della sua redenzione. La grazia però va chiesta e accolta. L’uomo si deve rivestire di umiltà e chiedere sempre.

Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Adamo di nuovo conobbe sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. «Perché – disse – Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso».

Oggi i cristiani stanno rovinosamente scivolando verso una visione antropologica pagana e non evangelica. Poiché naturalmente non si riesce ad osservare la Legge, si vuole dichiararla non Legge. Si sta insegnando che sia la coscienza a decidere il bene e il male. Nessuno si vuole umiliare dinanzi a Cristo Gesù per chiedere la sua grazia.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che non ci consegniamo al peccato e alla morte.

Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore

Gn 6,5-8; 7,1-5.10; Sal 28; Mc 8,14-21

19 FEBBRAIO

Quando qualcuno trova grazia agli occhi del Signore? Quando il Signore vive nel cuore della persona con la sua grazia e la sua verità. Se il Signore non vede se stesso nel cuore della persona, nel presente o anche nel futuro, mai essa potrà trovare grazia ai suoi occhi. Potranno mai un uomo, una donna, un giovane trovare grazia agli occhi del Signore se la loro vita è consegnata al peccato, all’idolatria, all’immoralità, ad ogni trasgressione della sua santa Legge? Quando la sua Parola non è nel cuore, neanche Lui è nel cuore e il cuore per trovare grazia dovrà rientrare nella Legge e la Legge nel suo cuore. Noè trova grazia agli occhi del Signore, perché lui è persona giusta, retta, cammina nel timore del Signore, è alieno dal male. Sappiamo che il Signore va fiero del suo servo Giobbe e lo dice a Satana. Quest’uomo per il Signore non conosce il male. Sa fare solo il bene. Satana chiede che venga messo alla prova. Da Giobbe essa venne per ben due volte santamente superata. Giobbe non è passato al male.

Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore (Cfr. Gb 1,1-2,10), ).

Il Signore, vedendo Noè giusto – è una idea puramente di logica umana – pensò: “Allora non ho fatto delle creature incapaci di essere persone a mia immagine e somiglianza, incapaci di riflettere la mia verità e la mia giustizia. L’uomo può essere uomo con la mia grazia. Può conservarsi nella giustizia”. Pur essendosi pentito di aver creato l’uomo, vedendo che Noè si era conservato giusto, decise di lavorare ancora con l’uomo, donandogli altra grazia, riportandolo nella benedizione, ricreandolo. Noè con la sua giustizia non solo condanna tutta la sua generazione e giustifica il Signore per il diluvio mandato, ma anche diviene lui causa di salvezza per tutto il genere umano. È per la sua giustizia che il Signore decide di conservare la vita sulla terra.

Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. Di ogni animale puro prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono puri un paio, il maschio e la sua femmina. Anche degli uccelli del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra. Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; cancellerò dalla terra ogni essere che ho fatto». Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato. Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra.

Questa verità si addice anche alla Chiesa. Tutti i suoi santi non solo condannano quanti non sono santi, quanti si consegnano al peccato, quanto si fanno strumenti di morte, quanti vivono da idolatri e immorali, ma anche giustificano Cristo Gesù nel suo giudizio eterno di benedizione e di maledizione eterna. Nessun cristiano dannato potrà dire a Gesù che ha fatto il male perché la sua natura era corrotta. I santi attestano che la sua grazia è sovrabbondante, capace di vincere ogni passione e ogni concupiscenza ogni superbia, ogni altro male. In più essi spingono ogni discepolo di Gesù a moltiplicare lo zelo. Se mi impegno di più, di certo l’uomo risponderà.

Madre di Dio, Angeli, Santi, colmateci di zelo e luce per la missione evangelizzatrice.

È incline al male fin dall’adolescenza

Gn 8,6-13.20-22; Sal 115; Mc 8,22-26

20 FEBBRAIO

Dio sa da cosa ha tratto l’uomo: dalla polvere del suolo. Sa anche che dopo la sua disobbedienza, l’umanità è lacerata nell’anima, nello spirito, nel corpo. Sa che questa lacerazione fa sì che l’uomo sia incline al male fin dall’adolescenza. Ma essere incline al male non significa che necessariamente dovrà fare il male. È incline, ma con la sua grazia sempre il male potrà essere vinto. Questa verità così è rivelata dal Salmo.

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Il Signore compie cose giuste, difende i diritti di tutti gli oppressi. Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie, le sue opere ai figli d’Israele. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere. L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più, né più lo riconosce la sua dimora. Ma l’amore del Signore è da sempre, per sempre su quelli che lo temono, e la sua giustizia per i figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza e ricordano i suoi precetti per osservarli (Sal 103 (102) 1-18).

Il Signore sa che siamo inclini al male fin dall’adolescenza, sa che siamo fatti di polvere, per questo aumenta di giorno in giorno il dono della sua grazia e sapienza, fino a darci lo Spirito Santo senza misura. Poiché sa di cosa siamo fatti, dona se stesso come nostra vita. Ci fa vita della sua vita, luce della sua luce, grazia della sua grazia, sapienza della sua sapienza, carità della sua carità. Solo chi non vuole, rimarrà nella sua concupiscenza e nella sua superbia. Chi vuole possiede ogni dono per vivere secondo la sua natura creata ad immagine e a somiglianza di Dio, redenta e resa corpo del corpo di Cristo per divenire partecipe della natura divina. Dio tutto ha donato.

Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell’arca, perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell’arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco, la superficie del suolo era asciutta. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno».

Perché l’uomo creda che Dio lavorerà per la sua salvezza, il Signore stabilisce di non distruggere più la terra. Pone il suo arco tra le nubi. Quando le acque si addenseranno, lui si ricorderà e nessun diluvio sommergerà la vita. Nella sua malvagità l’uomo potrà creare dieci diluvi universali al giorno. Dio sempre persevererà nel suo amore e nella sua misericordia. Questa decisione di Dio deve essere decisione oggi di tutta la Chiesa, di ogni membro del corpo di Cristo. Ogni cristiano deve impegnarsi al sommo delle sue forze per portare la grazia e la verità nel cuore di ogni uomo. Ma il cristiano oggi sembra non volersi più interessare né della grazia né della verità. Pensa che occuparsi di qualche corpo sia più necessario che impedire sulla terra un solo peccato.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci ad immagine di Dio anche nella volontà di salvezza.

Dall’uomo il suo sangue sarà sparso

Gn 9,1-13; Sal 101; Mc 8,27-33

21 FEBBRAIO

Il Signore vuole iniziare con Noè e con i suoi figli come ha iniziato con il primo uomo da Lui formato a sua immagine e somiglianza. Gli dona i suoi comandamenti da osservare. Dei due comandamenti dati all’origine uno lo conferma: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra”. L’altro prima così recitava: “Soggiogate la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra. Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo”. Questo comandamento è stato trasformato, modificato nella sua sostanza: “Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà come cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe”.

Interessante è il comandamento sul sangue: “Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo”. Il sangue è la vita. Essa è di Dio e la si dona al Creatore della vita, versandolo per terra. Viene poi riconfermato il primo dei comandamenti, ma con una modifica anch’essa sostanziale: “E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela”. Manca il dominino sugli animali, perché è stato trasformato in timore e terrore. In questi comandi del Signore è manifestata tutta la benevolenza, l’amore, la misericordia del Signore verso l’uomo. Di una cosa l’uomo si dovrà sempre guardare: dal versare il sangue dei suoi fratelli. Questo è un comandamento assoluto. Non vi è ragione al mondo per versare il sangue. La pena è severissima. Chi versa il sangue dell’uomo, dall’uomo avrà la stessa pena. Anche il suo sangue sarà versato. Gesù nell’orto degli Ulivi lo ricorda a Pietro: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”. La vita è sacra. Va rispettata.

Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela». Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra.

Ai comandamenti da osservare, il Signore aggiunge una solenne promessa, anzi stipula con l’umanità un’alleanza unilaterale. Si impegna ad amare sempre l’uomo, sempre gli vorrà offrire una via di salvezza e redenzione, sempre lo aiuterà perché viva da uomo e mai si svesta della sua umanità. La croce di Cristo Gesù, il dono dello Spirito Santo, la grazia, la vita eterna, che il Signore oggi offre ad ogni uomo, sono il frutto di questa alleanza. La Chiesa e ogni suo figlio, essendosi in essi compiuta la partecipazione della divina natura, sono chiamati a manifestare l’amore divino ad ogni uomo. Ogni uomo deve sapere che è possibile vivere da uomini ad immagine di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni figlio della Chiesa viva ad immagine di Cristo.

Facendovi modelli del gregge

1Pt 5, 1-4; Sal 22; Mt 16,13-19

22 FEBBRAIO

San Pietro si annunzia come testimone delle sofferenze di Cristo Gesù. Esse non sono solo quelle dell’ultimo giorno, quando venne arrestato, giudicato, condannato, consegnato ai pagani, crocifisso. Queste sono solo la conclusione di tutte le altre sofferenze legate al compimento della sua missione. Per Gesù ogni giorno era una grande sofferenza. I cuori non solo era induriti, erano anche contrari. Lui era spiato, osservato, esaminato, analizzato in ogni sua Parola. Ogni gesto veniva trasformato. Finanche i miracoli sono stati attribuiti ad un’alleanza nascosta e segreta con Beelzebùl, il capo dei demòni. Alla malvagità e cattiveria degli uomini Lui rispondeva sempre con grande benevolenza, amore, misericordia, con parole di purissima verità. La sua missione era di salvezza, solo di salvezza, e lui salvava con la verità e la carità. Mai la carità senza la verità. Mai la verità senza la carità. San Pietro nel cortile del sommo sacerdote vide anche sul volto di Cristo Gesù la sofferenza causata con il suo rinnegamento. Ed è lì che sperimentò tutta la misericordia del suo Maestro. Questa carità di Gesù verso di Lui divenne storia che gli permise di riparare il suo peccato e lo costituì pastore delle sue pecore e dei suoi agnelli. Ma anche quanto Gesù visse nel Cenacolo, durante la lavanda dei piedi, è impresso nella memoria di Pietro.

Ora, se Gesù ha amato lui e gli altri apostoli, vi potrà essere mai una sola persona che è costituita in Cristo, per Cristo, con Cristo, Capo e Pastore del suo gregge che possa comportarsi in modo differente dal Maestro? Mai. Ma gli altri non hanno assistito alla missione di Gesù, non sono stati testimoni delle sue sofferenze, come potranno imitare il Maestro? San Pietro aiuta gli anziani con tre regole semplici e molto pratiche. Prima regola: pascete il gregge di Dio che vi è stato affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio. Chi è Cristo Signore? Colui che si è spogliato della sua volontà al fine di compiere solo la volontà del Padre. Chi è l’anziano in Cristo Gesù? Colui che annienta se stesso per obbedire al suo Maestro, per amare come Lui, per servire come Lui. Volentieri non significa dalla propria volontà, ma dalla volontà del Padre, dalla volontà di Cristo Gesù, secondo la mozione dello Spirito Santo. Seconda regola: Non per vergognoso interesse, ma con animo generoso. Chi è Cristo Signore? Colui che si è privato di ogni cosa. Tutto ha dato. Niente ha preso. Anche il suo sangue e la sua carne, l’intera vita ha dato per il suo gregge. Anche l’anziano in Cristo Signore deve dare a Gesù tutta la sua vita perché il Padre ne faccia un sacrificio di salvezza.

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

Terza regola: Non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. Gesù si è fatto modello degli Apostoli. Ha anche lavato loro i piedi. Essi dovranno sempre lavarsi l’anima, la mente, il cuore, la volontà con l’acqua dello Spirito Santo gli uni gli altri. Anche gli anziani in Cristo dovranno lavare con l’acqua della verità e dello Spirito Santo il cuore di ogni persona loro affidata con lo stesso amore, affabilità, compassione, misericordia, pietà, perdono di Gesù Signore. Il pastore in Cristo deve formare il gregge di Cristo e nutrirlo come Cristo. Qual è il frutto dell’osservanza di queste tre regole? “E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce”. Il pastore non lavora per una misera gloria terrena, per un successo umano, effimero, passeggero. Lavora per una gloria eterna, che mai appassirà. Questa gloria gliela darà il Pastore supremo se avrà osservato queste tre semplici, piccole regole, nelle quali è racchiusa tutta la sostanziale modalità di pascere il gregge del Signore. Il gregge non è suo, ma di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate pastori e greggi a camminare nella verità.

Ricevette in eredità la giustizia secondo la fede

Eb 11,1-7; Sal 144; Mc 9,2-13

23 FEBBRAIO

La giustizia secondo la fede che si riceve in eredità è già contenuta nella Parola della fede. Leggiamo le otto Beatitudini e scopriremo che per ognuna di esse vi è una particolare giustizia. La giustizia è ciò che Dio è obbligato a dare, perché da Lui promesso. L‘obbedienza alla Parola è un vero contratto. Tu obbedisci e quanto è contenuto nella promessa sarà tuo, dovrà essere tuo per giustizia.

Sei povero in spirito, per giustizia tuo è il regno dei cieli. Non sei povero, non hai diritto ad ereditare il regno. Sai vivere nella sofferenza come Cristo Gesù sulla croce, sarai consolato per giustizia, per promessa. Non sai stare nel pianto, non hai diritto alla consolazione. Sei mite, sai sopportare ogni male che si abbatte su di te, hai diritto ad ereditare la terra. Non sei mite, ti ribelli, mai potrai ereditare la terra. Hai fame e sete della giustizia, cioè di conoscere e di fare la divina volontà, per giustizia ti si farà conoscere ciò che Dio vuole da te. Se non hai fame, neanche hai diritto. Sei misericordioso, per giustizia Dio sarà misericordioso con te. Non sei misericordioso, non hai alcun diritto presso Dio. Sei puro di cuore, sempre Dio ti si rivelerà, si farà vedere da te. Non sei puro di cuore, Dio non ti si potrà mai rivelare. Il tuo cuore è impuro. Sei operatore di pace. Hai diritto per giustizia ad essere chiamato figlio di Dio. Non sei operatore di pace, mai sarai detto figli di Dio. Sei perseguitato per la giustizia, il Vangelo, la Parola del Signore, avrai il regno dei cieli. Esso sarà tuo. Se non sei perseguitato, è segno che tu non vivi per la giustizia e il regno non potrà essere tuo. Sei calunniato, insultato, perseguitato per causa di Gesù, hai diritto a rallegrarti. Grande sarà la tua ricompensa nei cieli.

La Lettera agli Ebrei ci rivela che ogni Parola proferita da Dio ad un uomo sempre ha portato e porta con sé l’eredità che è donata all’uomo che vi presta fede ed obbedisce ad essa. Oggi è questa relazione tra Parola, obbedienza, eredità che è stata scalzata, sradicata dalla mente e dal cuore dei fedeli in Cristo e anche di ogni altro uomo. Si vuole la ricompensa senza fede, senza giustizia maturata. Così pensando e agendo non solo tutto il Vangelo è stato dichiarato inutile, ma anche l’impegno per osservare un qualche comandamento è inutile. Se si va in Paradiso senza alcuna eredita maturata per giustizia, perché devo far morire la carne dentro di me per vivere la Parola secondo pienezza di verità a me data dallo Spirito Santo? Non serve più né la Parola di Dio, né quella di Cristo Gesù, né la verità dello Spirito Santo. È stato sufficiente introdurre questa radice velenosa per ridurre a silenzio tutta la rivelazione, la Chiesa, i suoi santi misteri. Nulla più serve perché nulla è per giustizia maturata.

La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile. Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, avendo Dio attestato di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora. Per fede, Enoc fu portato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Infatti, prima di essere portato altrove, egli fu dichiarato persona gradita a Dio. Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano. Per fede, Noè, avvertito di cose che ancora non si vedevano, preso da sacro timore, costruì un’arca per la salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e ricevette in eredità la giustizia secondo la fede.

O si rimette nel cuore e nella mente di tutti i cristiani che nulla il Signore dona se non trasformiamo la sua Parola e la sua grazia in un diritto maturato di giustizia, oppure lavoreremo invano e per nulla. Gratuitamente il Padre celeste ci dona la Parola, la grazia, lo Spirito Santo, la verità, la vita eterna. Chi accoglie il dono di Dio e lo trasforma in un diritto secondo giustizia, riceverà quanto è contenuto nella Parola. Chi rifiuta il dono o non obbedisce alla Parola, non ha alcun diritto e nessuna eredità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci di fede convinta nella Parola di Cristo Gesù.

Secondo la sua giustizia e la sua fedeltà

1 Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1 Cor 15,45-49: Lc 6,27-38

24 FEBBRAIO – VII DOMENICA T. O.

Chi vuole servire l’uomo, secondo il comando del Signore e nel posto di servizio da Lui assegnato, sappia che sarà provato in ogni virtù, in modo particolare nella virtù dell’umiltà e della mitezza. Gli altri possono perseguitarlo con ogni persecuzione. Lui sempre si dovrà conservare nella più pura volontà di Dio e sempre rispondere al più grande male con il più grande bene. Gesù mentre stava vivendo il male più atroce – era inchiodato sulla croce – rispose all’uomo con il più eccelso e alto bene. Gli ha dato il suo perdono, la Madre sua, l’acqua e il sangue per la sua rigenerazione, redenzione, salvezza. Questa verità così viene rivelata nel Libro del Siracide.

Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso. Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade! Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione. Guai a voi che avete perduto la perseveranza: che cosa farete quando il Signore verrà a visitarvi? Quelli che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole, quelli che lo amano seguono le sue vie. Quelli che temono il Signore cercano di piacergli, quelli che lo amano si saziano della legge. Quelli che temono il Signore tengono pronti i loro cuori e si umiliano al suo cospetto. «Gettiamoci nelle mani del Signore e non in quelle degli uomini; poiché come è la sua grandezza, così è anche la sua misericordia» (Sir 2,1-18).

Saul vuole la morte di Davide e lo insegue con il suo esercito per catturarlo, ucciderlo. Davide per non cadere nelle mani del re con i suoi vive una vita da fuggiasco. Ogni giorno è alla ricerca di un luogo sicuro nel quale potersi nascondersi. Per ben due volte Lui può uccidere Saul. Anche se dai suoi è tentato perché lo uccida, si astiene dal versare il sangue del consacrato del Signore. Davide non solo è provato con ogni sofferenza e persecuzione. È anche tentato perché compia il male. Lui non cade.

Saul si mosse e scese nel deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti d’Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisài scesero tra quella gente di notte, ed ecco Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisài: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?». Così Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore. Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra loro. Rispose Davide: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore.

Perché Davide non ha ucciso il suo nemico? Perché la vita è del Signore e solo lui ha il diritto sopra di essa. All’uomo non è stato concesso questo potere. Sappiamo che nell’Antico Testamento nessun uomo poteva uccidere un altro uomo. Tuttavia la Legge prevedeva dei peccati gravissimi sanzionati con la pena di morte. Davide ora può essere re del popolo del Signore. Sa affidare ogni cosa alla sua giustizia e fedeltà.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che in ogni circostanza rimaniamo nella Parola di Dio.

Fonte della sapienza è la parola di Dio

Sir 1,1-10; Sal 92; Mc 9,14-29

25 FEBBRAIO

La sapienza è la luce di Dio che illumina la strada dell’uomo perché progredisca di vita in vita. La luce di Dio è contenuta nella sua Parola. Si esce dalla Parola del Signore, si disobbedisce ad essa, si entra nella morte. La morte è il frutto della stoltezza. Cos’è la stoltezza? Sono le tenebre spirituali e morali nelle quali si addentrano tutti coloro che hanno abbandonato la Parola di Dio. Il Signore per mezzo del profeta Geremia lo annunzia al suo popolo. Esso è uscito dalla Parola, è privo di ogni sapienza.

Tu dirai loro: Così dice il Signore: Forse chi cade non si rialza e chi sbaglia strada non torna indietro? Perché allora questo popolo continua a ribellarsi, persiste nella malafede, e rifiuta di convertirsi? Ho ascoltato attentamente: non parlano come dovrebbero. Nessuno si pente della sua malizia, e si domanda: “Che cosa ho fatto?”. Ognuno prosegue la sua corsa senza voltarsi, come un cavallo lanciato nella battaglia. La cicogna nel cielo conosce il tempo per migrare, la tortora, la rondinella e la gru osservano il tempo del ritorno; il mio popolo, invece, non conosce l’ordine stabilito dal Signore. Come potete dire: “Noi siamo saggi, perché abbiamo la legge del Signore”? A menzogna l’ha ridotta lo stilo menzognero degli scribi! I saggi restano confusi, sconcertati e presi come in un laccio. Ecco, hanno rigettato la parola del Signore: quale sapienza possono avere? Per questo darò le loro donne a stranieri, i loro campi ai conquistatori, perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. Curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: “Pace, pace!”, ma pace non c’è. Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire. Per questo cadranno vittime come gli altri; nell’ora in cui li visiterò, crolleranno, dice il Signore (Ger 8,4-12).

Chi vuole essere sapiente necessariamente deve abitare nella Parola del Signore. La Parola è la luce nella quale dirigere i propri passi. Si esce dalla Parola, ci si addentra su una strada di tenebre che conducono alle tenebre eterne. Per il cristiano la sapienza è il Vangelo, ogni Parola che è uscita dalla bocca di Cristo Signore. Ma anche noi, così come al tempo di Geremia, possiamo ridurre la Parola a menzogna. Cosa fare perché questo non accada? Rimanere nella più stretta obbedienza ai Comandamenti del Signore. Chi osserva il Discorso della Montagna rimarrà sempre nella sapienza. Dimorando nella luce, viene lo Spirito Santo e conduce a tutta la verità, facendoci crescere di sapienza in sapienza e di intelligenza in intelligenza. L’obbedienza è la via maestra per non passare mai nelle tenebre, nella stoltezza, nell’insipienza.

Ogni sapienza viene dal Signore e con lui rimane per sempre. La sabbia del mare, le gocce della pioggia e i giorni dei secoli chi li potrà contare? L’altezza del cielo, la distesa della terra e le profondità dell’abisso chi le potrà esplorare? Prima d’ogni cosa fu creata la sapienza e l’intelligenza prudente è da sempre. Fonte della sapienza è la parola di Dio nei cieli, le sue vie sono i comandamenti eterni. La radice della sapienza a chi fu rivelata? E le sue sottigliezze chi le conosce? Ciò che insegna la sapienza a chi fu manifestato? La sua grande esperienza chi la comprende? Uno solo è il sapiente e incute timore, seduto sopra il suo trono. Il Signore stesso ha creato la sapienza, l’ha vista e l’ha misurata, l’ha effusa su tutte le sue opere, a ogni mortale l’ha donata con generosità, l’ha elargita a quelli che lo amano. L’amore del Signore è sapienza che dà gloria, a quanti egli appare, la dona perché lo contemplino.

Una verità merita di essere messa in grande evidenza. Nell’Antico Testamento il Signore aveva stabilito come sapienza visibile il suo popolo. Le genti, vedendo i figli d’Israele osservare la Legge dell’Alleanza e ogni altro Statuto del loro Dio, avrebbero dovuto ammirare, per la sapienza vista, la bellezza, grandezza, diversità del loro Dio. Anche Gesù costituisce i suoi discepoli sapienza visibile del mondo, li fa sale della terra, luce del mondo, sapienza e luce delle Genti. Ogni uomo che vede un discepolo di Gesù deve rimanere ammirato e gridare alla bellezza, grandezza, differenza infinita che regna tra Gesù e i loro dèi. Se il cristiano non è sale e non è luce, la predicazione del Vangelo a nulla serve. Il mondo non vede la differenza in chi l’annunzia e penserà che sia una parola vuota come tutte le altre parole. Responsabilità altissima.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano diventi sapienza visibile di Gesù.

Aspettate la sua misericordia e non deviate

Sir 2,1-13; Sal 36; Mc 9,30-37

26 FEBBRAIO

Comprendiamo questo insegnamento del Siracide, “Aspettate la sua misericordia e non deviate”, solo lasciandoci aiutare dal racconto della Passione di Gesù. Il Signore è stato catturato e si lasciò catturare. Fu sottoposto a giudizio e si lasciò giudicare. Fu condannato a morte e si lasciò condannare. Fu inchiodato sulla croce e si lasciò crocifiggere. Fu insultato mentre era affisso al legno e lui si lasciò insultare. Fu sputato e si lasciò sputare. Fu flagellato e si lasciò flagellare.

Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito (Mt 27,33-50).

San Paolo attesta a Timoteo (Cfr. 2Tm 4,6-8) che Lui mai ha abbandonato la fede. Sempre è rimasto, nonostante le molte persecuzioni, nella fedeltà al comando ricevuto, senza deviare né a destra né a sinistra. Ora attende la ricompensa eterna.

Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. o combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

Ogni discepolo di Cristo Gesù deve inchiodarsi spiritualmente e anche fisicamente sulla croce della Parola del Signore. Dovrà sopportare ogni persecuzione, ogni avversità, senza però mai uscire dalla Parola, senza mai scendere dalla croce. Dovrà e potrà fare questo se avrà nel cuore una fede forte: “Il Signore mi libererà”.

Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso. Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade! Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione.

Quando finirà la sofferenza? Quando il Signore lo vorrà? Quando verrà a liberarci? Quando lo vorrà la sua sapienza eterna. Al Signore la missione della liberazione. Al credente in Lui la missione di rimanere inchiodato sulla croce. Se scende, ha smesso di confidare nel Signore. Non attende più la sua misericordia. Dio nulla potrà più fare.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci forti nelle prove, nelle persecuzioni, nel martirio.

Lo tormenterà con la sua disciplina

Sir 4,12-22; Sal 118; Mc 9,38-40

27 FEBBRAIO

Nella fede, la disciplina è la perfetta osservanza delle regole date da Dio a quanti da Lui sono chiamati e incaricati di un ministero, una missione, un compito particolare. La disciplina del cristiano, quella vera, è l’osservanza del Discorso della Montagna. Per i figli d’Israele la prima disciplina era la Legge dell’Alleanza e ogni altro Statuto dato loro dal Signore. Per tutti la vera, santa disciplina, è l’ascolto interrotto con immediata obbedienza alla voce del nostro Dio, secondo verità e mozione che vengono dallo Spirito Santo. Perché la Parola di Dio dice che la sapienza tormenterà l’uomo di fede con la sua disciplina? Forse che i tormenti sono il frutto della sapienza? Leggiamo un Salmo che descrive le sofferenze del Giusto perseguitato e si conoscerà il significato.

Salvami, o Dio: l’acqua mi giunge alla gola. Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge. Sono sfinito dal gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio. Sono più numerosi dei capelli del mio capo quelli che mi odiano senza ragione. Sono potenti quelli che mi vogliono distruggere, i miei nemici bugiardi: quanto non ho rubato, dovrei forse restituirlo? Dio, tu conosci la mia stoltezza e i miei errori non ti sono nascosti. Chi spera in te, per colpa mia non sia confuso, Signore, Dio degli eserciti; per causa mia non si vergogni chi ti cerca, Dio d’Israele. Per te io sopporto l’insulto e la vergogna mi copre la faccia; sono diventato un estraneo ai miei fratelli, uno straniero per i figli di mia madre. Perché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me. Piangevo su di me nel digiuno, ma sono stato insultato. Ho indossato come vestito un sacco e sono diventato per loro oggetto di scherno. Sparlavano di me quanti sedevano alla porta, gli ubriachi mi deridevano. Ma io rivolgo a te la mia preghiera, Signore, nel tempo della benevolenza. O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi, nella fedeltà della tua salvezza. Liberami dal fango, perché io non affondi, che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde. Non mi travolga la corrente, l’abisso non mi sommerga, la fossa non chiuda su di me la sua bocca. Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore; volgiti a me nella tua grande tenerezza. Non nascondere il volto al tuo servo; sono nell’angoscia: presto, rispondimi! Avvicìnati a me, riscattami, liberami a causa dei miei nemici. Tu sai quanto sono stato insultato: quanto disonore, quanta vergogna! Sono tutti davanti a te i miei avversari. L’insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati. Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto (Cfr. Sal 69 (68) 1-37).

Ora sappiamo cosa è il tormento cui la disciplina sottopone. Chi ama la sapienza deve rimanere sempre in essa. Chi ama la Parola deve abitare nella Parola. Mai potrà uscire da essa. Tutto il male del mondo si abbatterà sui servi fedeli del Signore ed essi devono berlo tutto. Non si possono liberare facendo il male, ma solo rimanendo nel più grande bene. Gesù visse tutta la sua vita nell’obbedienza allo Spirito Santo. Il sommo del tormento lo raggiunge quando fu inchiodato sulla croce. Ma Lui rimase fedele.

Chi ama la sapienza ama la vita, chi la cerca di buon mattino sarà ricolmo di gioia. Chi la possiede erediterà la gloria; dovunque vada, il Signore lo benedirà. Chi la venera rende culto a Dio, che è il Santo, e il Signore ama coloro che la amano. Chi l’ascolta giudicherà le nazioni, chi le presta attenzione vivrà tranquillo. Chi confida in lei l’avrà in eredità, i suoi discendenti ne conserveranno il possesso. Dapprima lo condurrà per vie tortuose, gli incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina, finché possa fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti; ma poi lo ricondurrà su una via diritta e lo allieterà, gli manifesterà i propri segreti. Se invece egli batte una falsa strada, lo lascerà andare e lo consegnerà alla sua rovina. Tieni conto del momento e guàrdati dal male, e non avere vergogna di te stesso. C’è una vergogna che porta al peccato e c’è una vergogna che porta gloria e grazia. Non usare riguardi a tuo danno e non arrossire a tua rovina.

Perché il giusto cammina di tormento in tormento e di sofferenza il sofferenza? Perché Satana vuole che si stanchi, abbandoni la via della vita, lasci il regno dei cieli, si consegni interamente al suo impero di tenebre e disponga il cuore ad ogni disobbedienza. La disciplina è durissima. Si deve perseverare nonostante tutto.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci. Vogliamo perseverare sino alla fine nella Parola.

Non essere troppo sicuro del perdono

Sir 5,1-10; Sal 1; Mc 9,41-50

28 FEBBRAIO

Il Libro della Sapienza rivela che tutta la pazienza di Dio è in vista del pentimento. Il nostro Dio non è paziente perché noi continuano a peccare, ma perché, con il suo aiuto e la sua grazia, ci convertiamo e smettiamo di peccare. Aggiungere peccato a peccato conduce il cuore all’indurimento, al superamento dei limiti del male, si può giungere anche al peccato contro lo Spirito Santo. Chi continua a peccare abusa della misericordia e della bontà del nostro Dio. Lui è sempre giusto e lento all’ira.

Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,21-26).

Le vostre iniquità hanno sconvolto quest’ordine e i vostri peccati tengono lontano da voi il benessere; poiché tra il mio popolo si trovano malvagi, che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la causa, non si curano della causa dell’orfano, non difendono i diritti dei poveri. Non dovrei forse punirli? Oracolo del Signore. Di una nazione come questa non dovrei vendicarmi? Cose spaventose e orribili avvengono nella terra: i profeti profetizzano menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno, e il mio popolo ne è contento. Che cosa farete quando verrà la fine? (Ger 5,25-31). Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro (Mt 12,31-32).

Il Libro del Qoelet insegna che la misericordia del Signore, anziché condurre gli uomini al pentimento, spesso li spinge all’illusione, dal momento che non vi è una sentenza immediata. La non immediatezza non significa che non vi sarà sentenza.

Poiché non si pronuncia una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore degli uomini è pieno di voglia di fare il male; infatti il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, e non sarà felice l’empio e non allungherà come un’ombra i suoi giorni, perché egli non teme di fronte a Dio (Qo 18,11-13).

Possiamo paragonare il peccato ad un masso che inizia a rotolare dalla cima di un monte. Quando inizia la sua corsa, sappiamo da dove essa è iniziata, ma non sappiamo dove essa finirà e se finirà. Per questo siamo ammoniti a non peccare mai.

Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: «Basto a me stesso». Non seguire il tuo istinto e la tua forza, assecondando le passioni del tuo cuore. Non dire: «Chi mi dominerà?», perché il Signore senza dubbio farà giustizia. Non dire: «Ho peccato, e che cosa mi è successo?», perché il Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: «La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati», perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa scoppierà l’ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato. Non confidare in ricchezze ingiuste: non ti gioveranno nel giorno della sventura. Non ventilare il grano a ogni vento e non camminare su qualsiasi sentiero: così fa il peccatore che è bugiardo. Sii costante nelle tue convinzioni, e una sola sia la tua parola.

Chi pecca subito deve chiedere perdono, nel pentimento e nella conversione. Non si chiede perdono per continuare a peccare, ma per non peccare mai più in eterno. la promessa di non peccare più è obbligatoria per ricevere il perdono delle nostre colpe.

Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che cadiamo nel peccato, mai.