Commento teologico alla prima lettura – luglio 2018

 

DIO HA CREATO L’UOMO PER L’INCORRUTTIBILITÀ

Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2 Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43

1 LUGLIO – XIII DOMENICA T.O.

Ogni giorno l’uomo si scontra con la morte, sovente preceduta e accompagnata dalla sofferenza. Ogni domanda sulla morte riceve risposta a seconda della verità o della falsità del Dio che ognuno adora, ma anche dalla perfezione o imperfezione che possiede nel cuore sul Dio da lui adorato. Quanti sono senza Dio, la risposta la riceveranno dal pensiero filosofico, scientifico, antropologico, ideologico o culturale che governa la loro mente. Una verità è innegabile. Oggi l’uomo senza Dio, avendo una sua particolare antropologia “meccanica” della sua vita, vede la morte così come vede la fine di un oggetto da lui costruito. Come si porta allo scasso una macchina, così si porta allo scasso anche il suo corpo. Come si mette nella fonderia il metallo, così si pone nell’alto forno della cremazione il suo corpo. Poi tutto finisce. Sappiamo che oggi vi sono delle officine attrezzatissime per il fine vita o per la definitiva rottamazione del corpo dell’uomo. Ma non potrebbe essere altrimenti. Avendo l’uomo una concezione “meccanica” della sua vita, quando questa non è più ben funzionante allora è giusto che la si rottami e si ponga definitivamente fine.

In fondo è la stessa concezione di utilità che regnava in alcune civiltà del passato. Un uomo non buono alla guerra, era inutile alla società. Lo si poteva sopprimere fin dalla nascita. Oggi neanche questo fine di utilità viene usato. Un uomo è noioso, fastidioso per la madre? Lo si può sopprimere nel seno materno. Un uomo è fastidioso, noioso a se stesso, chiede che venga soppresso. Una società vede i suoi figli noiosi e fastidiosi, stabilisce per essi leggi di mote. Da una scienza dell’uomo puramente “meccanicistica”, ogni persona è divenuta solo una macchina. Mi serve per un uso? me ne servo. Mi serve per un altro uso? Me ne servo. Una donna è solo un utero. Mi serve per un figlio? Me be servo. Mi serve per sfogare la mia perversa libidine? Me ne servo. Mi fa fastidi? La uccido. Mi respinge? La sopprimo. Così vale per ogni altra persona? Mi serve un pezzo di ricambio? Me ne servo. Che la persona sia viva, sia morte, cosciente, incosciente, voglia o non voglia, è solo un macchina. Tristissime concezione dell’uomo, purtroppo è così. Ma anche la singola persona, considerandosi solo una macchina, pensa di potersi cambiare e ricambiare i pezzi a suo piacimento.

Non affannatevi a cercare la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Il Libro della Sapienza dona una luce divina sul mistero della morte. Prima di tutto lo Spirito Santo ci rivela che la morte è sempre cercata con gli errori della nostra vita e anche ogni rovina viene attirata con le nostre mani. La storia testimonia che quanto lo Spirito rivela è purissima verità. Qual è il primo errore che conduce alla morte? La presunzione che tutto si può concedere al corpo: alcool, droga, fumo, ogni licenza sessuale, indistintamente tutto e anche ogni altro disordine alimentare. Ci si dimentica del proverbio antico che così recitava: “Bacco, Tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere”. Altro errore è la stoltezza di per frequentare qualsiasi luogo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ognuno ignora che la libertà individuale sempre va regolata dalle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Anche l’altro proverbio antico viene dimenticato: “Chi ama il pericolo in esso cadrà”. Se esaminiamo ogni giorno tutte le morti violente che avvengono, come si deve parlare di efferati omicidi o femminicidi, così anche si deve parlare a motivo della stoltezza di “suicidi” cercati. Non si può fare ciò che si vuole. Non si può mettere la mano nel covo delle vipere. Ognuno è responsabile della sua vita. Essa va custodita con somma prudenza e intelligenza.

Madre di Dio, Angeli, Santi, insegnateci la saggia prudenza con ogni intelligenza.

FANNO DEVIARE IL CAMMINO DEI MISERI

Am 2,6-10; Sal 49; Mt 8,18-22

2 LUGLIO

È verità eterna. Il Signore veglia su tutte le opere dell’uomo e interviene con giusto giudizio per dare a ciascuno secondo i frutti da lui prodotti, frutti di bene e di male, di giustizia e ingiustizia. Il Signore è il solo Giudice di tutta la terra. Lui viene a giudicare chi crede e chi non crede, chi confessa il suo santo nome e chi lo disprezza. Poiché in ogni uomo Lui ha scritto la sua legge, che è la verità nella quale la natura umana deve sempre dimorare, chi pecca contro la Legge sarà giudicato secondo la Legge. Chi pecca contro la natura, secondo la natura sarà giudicato. L’uomo può anche soffocare la verità della sua natura nell’ingiustizia, sappia però che anche del soffocamento è responsabile. Sia la legge positiva, che la legge della natura obbligano sempre. Il profeta Amos inizia il suo Libro con il giudizio di Dio sulle nazioni. Esse non hanno la legge scritta sulle due tavole di pietra. Hanno però la legge scritta sulle tavole del loro cuore, della loro natura, della loro anima. Se Dio non avesse scritto nel cuore la sua legge, ogni suo giudizio sarebbe ingiusto. Nessuno può essere giudicato senza legge.

Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Damasco e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno trebbiato Gàlaad con trebbie ferrate. Alla casa di Cazaèl manderò il fuoco e divorerà i palazzi di Ben-Adàd; spezzerò il catenaccio di Damasco, sterminerò chi siede sul trono di Bikat-Aven e chi detiene lo scettro di Bet-Eden, e il popolo di Aram sarà deportato in esilio a Kir», dice il Signore (Am 1,3-5) Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Gaza e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere per consegnarle a Edom. Manderò il fuoco alle mura di Gaza e divorerà i suoi palazzi, sterminerò chi siede sul trono di Asdod e chi detiene lo scettro di Àscalon; rivolgerò la mia mano contro Ekron e così perirà il resto dei Filistei», dice il Signore (Am 1,6-7)

Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Tiro e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere a Edom, senza ricordare l’alleanza fraterna. Manderò il fuoco alle mura di Tiro e divorerà i suoi palazzi». Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Edom e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha inseguito con la spada suo fratello e ha soffocato la pietà verso di lui, perché la sua ira ha sbranato senza fine e ha conservato lo sdegno per sempre. Manderò il fuoco a Teman e divorerà i palazzi di Bosra» (Am 1,9-12) Così dice il Signore: «Per tre misfatti degli Ammoniti e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno sventrato le donne incinte di Gàlaad per allargare il loro confine. Darò fuoco alle mura di Rabbà e divorerà i suoi palazzi, tra il fragore di un giorno di battaglia, fra il turbine di un giorno di tempesta. Il loro re andrà in esilio, egli insieme ai suoi comandanti», dice il Signore (Am 1,13-15). Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Moab e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha bruciato le ossa del re di Edom per ridurle in calce. Manderò il fuoco a Moab e divorerà i palazzi di Keriòt e Moab morirà nel tumulto, al grido di guerra, al suono del corno. Eliminerò dal suo seno chi governa, ucciderò, insieme con lui, tutti i suoi prìncipi», dice il Signore (Am 2,1.3).

Israele invece sarà giudicato secondo la Legge, tutta la Legge, non solo una parte di essa. Lo sfruttamento del povero è un crimine odioso al Signore. Quando il povero è calpestato, sfruttato, venduto, spellato, il Signore interviene con immediato giudizio e pronta sentenza. Crimini obbrobriosi sono tutti i disordini sessuali. In Israele la Legge della Santità data da Dio nel Libro del Levitico, Capitoli XVIII, XIX, XX è totalmente calpestata. Secondo questa Legge Israele sarà giudicato.

Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri, e padre e figlio vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome. Su vesti prese come pegno si stendono presso ogni altare e bevono il vino confiscato come ammenda nella casa del loro Dio. Eppure io ho sterminato davanti a loro l’Amorreo, la cui statura era come quella dei cedri e la forza come quella della quercia; ho strappato i suoi frutti in alto e le sue radici di sotto. Io vi ho fatto salire dalla terra d’Egitto e vi ho condotto per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso la terra dell’Amorreo.

Madre del Signore, Angeli, Santi, date ad ogni uomo la fede nel giusto giudizio di Dio.

FONDAMENTO DEGLI APOSTOLI E DEI PROFETI

Ef 2,19-22; Sal 116; Gv 20,24-29

3 LUGLIO

San Paolo rivela ai cristiani di Efeso che essi sono edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. Come si può constatare l’edificio cristiano si regge su un fondamento che è uno e duplice insieme. è duplice perché fondamento sono gli apostoli e fondamento sono i profeti. È uno perché profeti ed apostoli sono un solo, unico fondamento indivisibile. Né sul fondamento degli Apostoli senza il fondamento dei profeti, né sul fondamento dei profeti senza il fondamento degli Apostoli. Chi però tiene uniti l’uno e l’altro fondamento è Cristo Gesù. Per cui Cristo Gesù, Apostoli, Profeti devono essere una cosa sola in eterno. Se vi è una qualche separazione o da Cristo, o dagli Apostoli, o dai Profeti non vi è alcuna costruzione bene ordinata. Il nostro è solo un cantiere dismesso, abbandonato a se stesso, senza più alcuna possibilità di potervi edificare.

Perché è necessario questo duplice fondamento e perché Gesù sempre deve essere la pietra angolare? Gesù deve essere la pietra angolare, perché tutto cresce in Lui, con Lui, per Lui. Nella rivelazione secondo Giovanni, Gesù è la vera vite. Se il tralcio non è inserito vitalmente in lui, è buono solo per il fuoco. Senza Cristo, che dona linfa di grazia, verità, Spirito Santo, vita eterna, nessuno mai potrà edificare se stesso secondo la volontà di Dio. Il Creatore dell’uomo ha stabilito che ogni edificazione avvenga in Cristo, ma come corpo di Cristo. Ma il discepolo di Gesù si nutre di grazia, verità, Parola. Se il profeta dona la Parola, la verità della Parola la dona l’Apostolo. Non si è sul fondamento dell’Apostolo, si è senza la verità della Parola. Se invece si è senza il fondamento dei profeti, possiamo avere una verità senza la Parola. Potrebbe essere una verità non verità, ma anche una verità non attuale, non intellegibile per l’uomo di oggi, non aggiornata ai tempi e ai momenti. Urge porre molta attenzione a non sovvertire mai i pilastri di stabilità di ogni edificio spirituale. I tre pilastri che reggono la nostra casa vanno custoditi sempre in unità. È gravissima tentazione esaltare la profezia e disprezza l’apostolicità. Così come anche è pericolosa tentazione esaltare l’apostolicità e disprezzare la profezia, cioè la Parola attuale dello Spirito Santo. San Paolo esorta i discepoli di Gesù a non spegnere lo Spirito, a non disprezzare le profezie. La rivelazione sul tema delle profezie è chiara, anzi illuminante in San Paolo.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. (1Cor 13,8-9). Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male (Cfr. 1Ts 5,14-22). Questo è l’ordine che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie già fatte su di te, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia, conservando la fede e una buona coscienza. Alcuni, infatti, avendola rinnegata, hanno fatto naufragio nella fede; tra questi Imeneo e Alessandro, che ho consegnato a Satana, perché imparino a non bestemmiare (1Tm 1,18-20).

Nella Chiesa sempre si è tentati a porre in contrapposizione profeti e apostoli. La vita santa nasce dalla loro perfetta unità. Prima che i “sudditi” o gli “ascoltatori”, chi deve cercare l’unità sono proprio loro: apostoli e profeti. La loro unità e comunione è garanzia di vera ortodossia e vera ortoprassi. Se invece apostoli e profeti camminano ognuno per suo conto, gli uni e gli altri si pongono fuori della volontà di Dio.

Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

Sapendo l’apostolo che ha bisogno del profeta e il profeta ha necessità dell’apostolo, è obbligo dell’uno e dell’altro cercarsi, stimarsi, sostenersi, aiutarsi, mostrando ai discepoli di Gesù la loro piena e perfetta comunione. La verità è nella loro unità.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, create la perfetta unità tra apostoli e profeti.

LONTANO DA ME IL FRASTUONO DEI VOSTRI CANTI

Am 5,14-15.21-24; Sal 49; Mt 8,28-34

4 LUGLIO

La voce dei profeti risuona come se fosse una sola voce nel corso degli anni: Amos, Isaia, Geremia, Malachia. Tutto annunziano al popolo una sola verità: il vero culto, il culto gradito a Dio, è solo l’osservanza dei suoi Comandamenti, l’obbedienza alla sua Legge, l’ascolto della sua Parola. Ogni altra cosa è gradita al Signore, se è fatta dalla Legge, nella Legge, per la Legge. Se è fatta senza la Legge, nella sua continua trasgressione, mai potrà essere gradita al Signore. è vero abominio presso il Signore pensare di sostituire l’obbedienza, l’ascolto, l’osservanza della sua volontà con qualche canto o con dei vitelli, dei capri o di altri animali.

La voce di Amos si alza imperiosa è dice ai figli d’Israele qual è la volontà del suo Dio. Essi devono cercare il bene e non il male. Il bene non è però quello pensato dall’uomo, così come avviene oggi, tempo in cui ogni nefandezza è dichiarata bene, anzi legiferata come diritto. Così l’infanticidio è un diritto, il divorzio è un diritto, l’eutanasia è un diritto, le unione tra gli stessi sessi è un diritto e mille altre cose sono un diritto della persona umana, quindi sono un bene. Nella relazione con il nostro Dio, bene è ciò che Dio dice bene e male è ciò che Lui dice male. Come il bene non può essere dichiarato male, così il male non può essere dichiarato bene. Bene è tutto ciò che è conforme alla Legge del Signore, male è tutto ciò che è difforme. Neanche pensare ciò che è bene secondo la volontà di Dio fa sì che un’opera sia buone, Ciò che è bene è classificato, elencato, specificato, attestato, dato dalla Parola del Signore. Così anche dicasi del male. Neanche questo potere è stato dato all’uomo: stabilire o pensare secondo la Legge del Signore ciò che è male. Anche il male è classificato, elencato, specificato, attestato, dato dalla Parola del nostro Dio.

Quando l’uomo è nel bene stabilito da Dio e sta lontano dal male da Lui stabilito, conformemente alla sua Parola, il Signore è con il suo popolo. Quando il Signore è con il suo popolo, con Lui vi è anche la sua benedizione, la sua grazia, che sono apportatrice di ogni vita. Dio è la sorgente della vita. Lui dona la vita alla terra, la terra dona ogni vita all’uomo. L’uomo non è senza il suo Dio, perché ha scelto il male, Dio non può essere con il suo popolo, la terra rimane priva di vita, il popolo soffre ogni ristrettezza. È come una terra sulla quale non cade la pioggia, né vi sono canali di irrigazione. In poco tempo diviene un deserto. Scompare da essa ogni forma di vita. Né qualcuno pensi che basta presentare al Signore un vitello o un capro in sacrificio o in olocausto, perché Lui ritorni con il suo popolo. Lui è solo nella sua Parola. Torna la Parola nel cuore, torna Dio nel popolo. La Parola sta lontana dal cuore, Dio sta lontano dal suo popolo. La terra non dona più i suoi frutti. Non c’è più vita in Israele.

Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e solo così il Signore, Dio degli eserciti, sarà con voi, come voi dite. Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe. «Io detesto, respingo le vostre feste solenni e non gradisco le vostre riunioni sacre; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco le vostre offerte, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe non posso sentirlo! Piuttosto come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne.

Quanto valeva ieri per Israele, vale anche oggi per il nuovo popolo di Dio e anche per ogni uomo. Il bene è solo quello stabilito nella sua Parola. La liturgia, ogni liturgia che la Chiesa celebra, ha un solo fine: l’obbedienza ad ogni Parola di Cristo Signore. Fare della liturgia un fine a se stessa, è pensiero malvagio e insano. Tutti i sacramenti hanno come unico e solo fine la creazione del vero discepolo di Gesù e la sua perfetta santificazione. Celebrare i sacramenti senza questo fine, è opera non gradita al Signore. Niente potrà sostituire l’obbedienza alla Parola. Niente l’osservanza del Vangelo. Nel Paradiso non si giunge celebrando splendide liturgie, ma osservanza ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio e di Gesù Signore. È verità eterna.

Vergine Madre, Angeli, Santi, liberateci dalla stoltezza che allontana dalla Parola.

VA’, PROFETIZZA AL MIO POPOLO ISRAELE

Am 7,10-17; Sal 18; Mt 9,1-8

5 LUGLIO

Amos è stato mandato dal Signore a far udire la sua Parola nel regno del Nord, regni scismatico, perché si era separato non solo dalla casa di Giuda, ma anche dal vero Dio. Sappiamo che Geroboamo aveva costruiti dei vitelli e aveva costretto il popolo alla loro adorazione, vietando ai suoi sudditi di potersi recare in Gerusalemme per adorare il Dio vivo e vero. Alla scissione politica è seguita anche quella religiosa. Quali furono le conseguenze? Dall’idolatria è scaturita una diffusa immoralità con ogni ingiustizia sociale, nella quale pascolo del ricco era il povero. Ma il Dio di Abramo ha pietà dei suoi figli. Manda loro il profeta perché faccia risuonare la sua Parola, invitando la conversione, ma anche ricordando quali sono i frutti della disobbedienza.

Amasia, sacerdote in Betel, allora la capitale religiosa del regno scismatico, ascolta Amos e subito informa il re. Anziché il sacerdote invitare alla conversione il re, perché ritorni alla vera adorazione del Dio di Abramo e distrugga i vitelli da lui costruiti, cosa che sarebbe già dovuta essere sua missione, essendo lui il custode della vera Parola del Signore, si rivolge contro Amos e lo invita a lasciare il paese. È sciagura grande per un popolo, quando il sacerdote anziché prendere le difese di Dio, si occupa degli interessi del suo re. Il sacerdote non è né del popolo, né del re, né del ricco e né del povero. Lui è del Signore e deve curare solo gli interessi del suo Dio. Questa è la sola ed unica missione. Curerà gli interessi del popolo e del re, solo curando quelli del suo Signore e Dio. Se cura solo gli interessi del re e del popolo, è il più grande rinnegatore e traditore sia del re che del popolo. Non vuole il loro bene, ma solo il loro male.

Amasia, sacerdote di Betel, mandò a dire a Geroboamo, re d’Israele: «Amos congiura contro di te, in mezzo alla casa d’Israele; il paese non può sopportare le sue parole, poiché così dice Amos: “Di spada morirà Geroboamo, e Israele sarà condotto in esilio lontano dalla sua terra”». Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasia e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele. Ora ascolta la parola del Signore: Tu dici: “Non profetizzare contro Israele, non parlare contro la casa d’Isacco”. Ebbene, dice il Signore: “Tua moglie diventerà una prostituta nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà divisa con la corda in più proprietà; tu morirai in terra impura e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra”».

Amos ascolta le parole di Amasia e gli risponde, facendo la differenza tra il profeta e il sacerdote. Tu, Amasia, sei sacerdote per discendenza. Tuo padre era sacerdote, tu sei sacerdote. La tua è una eredità. Tu devi scegliere di essere sacerdote, invece hai scelto di non esserlo. Non hai scelto la missione del sacerdote che è quella di curare gli interessi del suo Dio, annunziando la sua Parola e ammonendo il popolo sulle conseguenze che ogni disobbedienza alla Legge genera in seno al popolo. Io non sono profeta né per eredità e né per discendenza. Io ero un povero pastore e un raccoglitore di sicomori. Il Signore mi prese da dietro il gregge, mi fece scendere dagli alberi e mi ha detto di venire in Israele e di profetizzare al suo popolo. Sono qui per obbedienza, solo per obbedienza e vi rimango per obbedienza. Che io sia vero profeta ti annunzio cosa ti accadrà: “Tua moglie diventerà una prostituta nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà divisa con la corda in più proprietà; tu morirai in terra impura e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra”. Ora Amasia sa che Amos è vero profeta del Dio vivente e che è stato il Signore a inviarlo in Betel. La profezia non è più proferita in forma “vaga”, o annunziando un lontano futuro. Essa è particolareggiata ed è prossima a compiersi. Riguarda direttamente sia il sacerdote che sua moglie. Si compirà a brevissimo tempo. Quando il sacerdote sarà in esilio, si ricorderà che questa penosa e dolorosa condizione di disagio è anche frutto della sua missione. Lui non è stato sacerdote del Dio vivente, ma di un re idolatra.

Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che il Sacerdote di Dio diventi dell’uomo.

CAMBIERÒ LE VOSTRE FESTE IN LUTTO

Am 8,4-6.9-12; Sal 118; Mt 9,9-13

6 LUGLIO

Questa profezia di Amos: “Cambierò le vostre feste in lutto”, è ricordata da Tobi in terra d’Esilio. Quanto Amos aveva annunziato si era puntualmente compiuto. I figli d’Israele erano in terra straniera. Le loro feste erano piene di amarezza e di grande dolore.

Sotto il regno di Assarhàddon ritornai dunque a casa mia e mi fu restituita la compagnia di mia moglie Anna e del figlio Tobia. Per la nostra festa di Pentecoste, cioè la festa delle Settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola: la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: «Figlio mio, va’, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero, che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad aspettare che tu ritorni, figlio mio». Tobia uscì in cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno disse: «Padre!». Gli risposi: «Ebbene, figlio mio?». «Padre – riprese – uno della nostra gente è stato ucciso e gettato nella piazza; l’hanno strangolato un momento fa». Io allora mi alzai, lasciando intatto il pranzo; tolsi l’uomo dalla piazza e lo posi in una camera in attesa del tramonto del sole, per poterlo seppellire. Ritornai, mi lavai e mangiai con tristezza, ricordando le parole del profeta Amos su Betel: «Si cambieranno le vostre feste in lutto, tutti i vostri canti in lamento» (Tb 2,1-6).

In Isaia invece è rivelato che il Signore detesta le feste del suo popolo. Non solo le feste, ma tutto il culto che a Lui viene offerto nello stato di disobbedienza e di grande ingiustizia. La vera festa dell’uomo è avere il cuore in Dio ed è in Dio il cuore se è nella sua Parola. La festa dell’uomo è il vivere nella pace del suo Signore per tutti i giorni della sua vita. Sappiamo che la pace per noi discepoli di Gesù è frutto dello Spirito Santo nel nostro cuore. Se lo Parola di Gesù non è in noi, neanche lo Spirito è in noi e senza lo Spirito Santo mai vi sarà pace nel cuore dell’uomo.

«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,11-17).

Oggi in modo particolare dovremmo riflette su questa profezia di Amos. Molte feste si stanno trasformando in lutto. Il lutto delle feste attesta che non si è nella Parola del Signore. Ma i profeti oggi tacciono. Non gridano la Parola del Signore. A loro basta coltivare vuote e sterili celebrazioni, anche se fatte con pompa magna e grande sfarzo di luce, fiori, canti, incensi. Al popolo serve una cosa sola: il ricordo della Parola.

Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano”». In quel giorno – oracolo del Signore Dio – farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurerò la terra in pieno giorno! Cambierò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento: farò vestire ad ogni fianco il sacco, farò radere tutte le teste: ne farò come un lutto per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno d’amarezza. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore». Allora andranno errando da un mare all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno.

Tempi assai tristi sorgono per un popolo quando in esso non risuona più la Parola del Signore. Tempi bui e amari ricoprono la terra quando si cerca la Parola di Dio e non la si trova. È questo un castigo amaro. Senza Parola non c’è conversione. è la morte.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate sì che questi tempi tristi mai sorgano per noi.

MUTERÒ LE SORTI DEL MIO POPOLO ISRAELE

Am 9,11-15; Sal 84; Mt 9,14-17

7 LUGLIO

Tutte le profezie del Signore sempre si chiudono con una promessa di forte speranza. È giusto allora chiedersi: Cosa è in verità la vera profezia? Essa consiste nella manifestazione di due cuori: del cuore dell’uomo nel quale abita il peccato e del cuore di Dio, in cui dimora solo il grande desiderio di amare l’uomo fino al limite delle sue divine possibilità. Manifestando il cuore dell’uomo, la profezia gli rivela quali saranno i frutti del peccato: desolazione, lutto, morte, esilio, perdita della libertà, distruzione delle città, abbandono della terra, ogni miseria spirituale e materiale. Sono frutti che non vengono operati dal Signore. È il peccato che li produce e poi costringe l’uomo a gustarli fino all’ultima molecole di male. Anche se la formulazione letterale attesta che l’opera è del Signore, è solamente formulazione letterale. La verità nelle parole è ben altra. Con il peccato il popolo allontana il Signore ed apre la porta ad ogni male perché si riversi su di esso. Dio è autore solo del bene, del bene più grande, del sommo bene. Il Vangelo secondo Matteo non applica a Cristo Gesù la profezia di Isaia, nella quale si parla del popolo che cammina nelle tenebre e viene rischiarato da una grande luce?

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti (Is 9,1-6).

Se quando leggiamo i profeti, togliamo dalle loro parole, il cuore di Dio, muore per sempre la speranza. Invece essi rivelano il cuore del Signore e anche noi dobbiamo rivelarlo. Loro annunziano tutte le risorse della sua misericordia e anche noi dobbiamo annunziarle. Essi dicono quanto grande è il suo amore e anche noi dobbiamo dirlo. Ma le risorse dell’amore di Dio non finiscono solo nella promessa di un amore senza fine, i suoi profeti non sono mandati solo per rivelare il cuore dell’uomo e di Dio, ma anche e soprattutto per chiedere all’uomo di ritornare nella Parola al fine di gustare fin da subito tutto l’amore del loro Dio e Signore. Non c’è profezia che non sia proposta di riconciliazione, invito alla conversione, grido perché si torni a Dio. Ma neanche c’è retta predicazione della Parola del Signore se non si manifesta il cuore dell’uomo. Oggi si sta eccedendo fortemente nel rivelare un cuore di Dio – ed anche assai distante dalla sua verità – e quasi nulla si dice del cuore dell’uomo. La vera profezia deve svelare il cuore e di Dio e dell’uomo, altrimenti è falsa profezia.

In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è cadente; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome. Oracolo del Signore, che farà tutto questo. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – in cui chi ara s’incontrerà con chi miete e chi pigia l’uva con chi getta il seme; i monti stilleranno il vino nuovo e le colline si scioglieranno. Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho dato loro», dice il Signore, tuo Dio.

Chi sono i falsi profeti? Tutti coloro che svelano il cuore dell’uomo senza svelare il cuore di Dio, ma anche tutti coloro che parlano del cuore di Dio senza parlare del cuore dell’uomo. Sono infine quanti parlano ad un falso cuore dell’uomo da un falso cuore di Dio. Il vero profeta sempre deve parlare dal vero cuore di Dio al cuore dell’uomo perché si converta, ritornando nella Parola del suo Signore, nella quale è la sua vita.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepolo di Gesù sia vero profeta di vita.

UN PROFETA SI TROVA IN MEZZO A LORO

Ez 2,2-5; Sal 122; 2 Cor 12,7-10; Mc 6,1-6

8 LUGLIO1 LUGLIO – XIV DOMENICA T.O.

L’invio di un profeta nel popolo di Dio è la più grande grazia che il Signore possa concedere. Il profeta infatti, facendo risuonare la vera Parola di Dio, indica ad ogni uomo la via della salvezza. nella conversione e nel ritorno nella Legge dell’Alleanza. Ma il profeta non viene solo per ricordare la Parola antica di Dio, viene anche per portare una nuova, nella quale quella antica trova tutta la pienezza della sia verità. Quando la Parola antica di riveste della Parola nuova, la vera luce illumina i cuori e se essi vogliono, possono ritornare al loro Dio, lasciando però ogni idolatria e immoralità. Se si rimane nell’immoralità non vi è alcuna conversione, ma il profeta non ha parlato vanamente. Ha reso responsabile il popolo anche di un ulteriore peccato: il rifiuto della grazia della conversione che il Signore gli aveva offerto con il dono della sua Parola, nella quale l’invito a tornare è sempre chiaro, evidente, pubblico, rivolto a tutti.

Il Signore sa che il suo popolo, in questo frangente storico, è duro di orecchi, anzi è una genia di ribelli, sono figli testardi, dal cuore indurito. Per il nostro Dio non c’è solo il presente da salvare, c’è anche il futuro. Un profeta non è un dono solo per l’oggi, è un dono di Dio per sempre, per ogni uomo, per tutta la storia. Oggi però è necessario che il profeta venga mandato in mezzo al popolo, perché tutti sappiamo che il Signore non li ha abbandonati, non si è dimenticato di essi. Non li ha lasciati in balia del loro peccato. Il Signore ama il suo popolo e l’invio di un profeta è vera attestazione, rivelazione, manifestazione concreta del suo amore. Infatti Ezechiele viene per rivoluzionare tutta l’antica Legge del Signore. Viene per potare in essa una novità che accompagnerà per sempre tutta la storia della salvezza. Dio offre al suo popolo la grazia di potersi sempre convertire dopo aver peccato. Non solo. Abolisce una falsa mentalità che faceva credere ai figli d’Israele che la loro miseria attuale era per colpa del peccato dei loro padri. Nulla è più falso di questo modo di pensare.

A queste parole, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.

Questo modo di pensare è falso, perché il Signore per mezzo del profeta Geremia ha lottato per circa quarant’anni – prima ancora con il profeta Isaia – nel chiedere al suo popolo la conversione, per avere la vita e perché Gerusalemme non fosse distrutta. Anzi Dio è pronto a perdonare a tutta la città, se in essa si fosse trovato un solo giusto. Non è quindi per il peccato dei padri che la miseria di abbatterà su di essi, ma per la loro colpa attuale e che è vero peccato contro lo Spirito Santo. L’ostinazione nel male è il vero peccato dei figli d’Israele. Non solo non vogliono convertirsi, si scagliano anche contro il profeta Geremia, volendo che questi non profetizzi e non parli nel nome del Signore. Quanto Ezechiele dirà al suo popolo – ognuno muore per il suo peccato – è purissima verità. Sarebbe stato sufficiente che esso si fosse convertito oggi, abbandonando il male e ritornando nella Parola, per avere il perdono da parte di Dio.

Cristo Gesù dona sublime compimento ad Ezechiele, ma la Parola del profeta è a fondamento della sua predicazione. Dal peccato si può ritornare nella Parola, ma anche dalla Parola si può tornare nel peccato. Farisei e scribi del tempo di Gesù, proprio questa verità negavano e contestava. Essi erano non solo senza la purissima profezia di Ezechiele, ma neanche avevano la vera Parola di Mosè. Erano cultori di una religione fondata su una Legge senza alcuna vera profezia. Questo è anche il nostro grave pericolo: fondare la nostra religione senza il vero Vangelo, perché senza la vera profezia che dona, nello Spirito Santo, valore eterno al Vangelo di Gesù. Ma anche possiamo cadere nell’altro errore di una profezia senza il Vangelo del Signore.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, illuminate sempre il Vangelo con la più pura profezia.

TI FARÒ MIA SPOSA PER SEMPRE

Os 2,16.17b-18.21-22; Sal 144; Mt 9,18-26

9 LUGLIO

Il Libro della profezia di Osea inizia con un comando assai particolare. Il Signore chiede al profeta di prendere in moglie una prostituta e ad avere con lei figli di prostituzione. Questo matrimonio è figura, immagine, vero simbolo dei figli d’’Israele che verso il loro Dio sono una sposa infedele, una prostituta. Essi hanno abbandonato il loro Signore per darsi tutti agli idoli. È l’adulterio spirituale ed è peccato gravissimo contro il primo Comandamento, sul quale si fonda tutta la Legge dell’Alleanza. Se il primo Comandamento cade, tutti gli altri cadono. Se esso si salva e si conserva puro nel cuore, tutti gli altri si salvano e si conservano puri. L’idolatria è il peccato che è padre di ogni altro peccato. Essa ha come frutto una immoralità dilagante.

Parola del Signore rivolta a Osea, figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele. Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: «Va’, prenditi in moglie una prostituta, genera figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore». Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: ella concepì e gli partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Izreèl, perché tra poco punirò la casa di Ieu per il sangue sparso a Izreèl e porrò fine al regno della casa d’Israele. In quel giorno io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreèl». La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, non li perdonerò più. Invece io amerò la casa di Giuda e li salverò nel Signore, loro Dio; non li salverò con l’arco, con la spada, con la guerra, né con cavalli o cavalieri». Quando ebbe svezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Non-popolo-mio, perché voi non siete popolo mio e io per voi non sono (Os 1,1-9).

Si è già detto che la vera profezia sempre rivela il cuore dell’uomo e il cuore di Dio. Oggi viene rivelato che il cuore dell’uomo è quello di una prostituta, di una adultera, una donna infedele al suo sposo. Ma viene anche manifestato il cuore purissimo del Signore. Lui sta pensando come fare perché la sua sposa infedele possa ritornare nella fedeltà di un tempo. Il Signore nella sua sapienza eterna e divina intelligenza scruta tutte le vie possibile perché questo ritorna si compia. Ne trova una sola: quella di un lungo esilio, lontano dalla propria terra. Il deserto per Israele è l’Assiria. Dio lascerà che il suo popolo venga deportato, perché Altre vie di salvezza non ve ne sono. Se esistessero vie migliori, semplici, facili, Lui di certo le avrebbe scelto. Questa verità valeva per ieri, vale per oggi e per sempre. Dio sempre sceglie la via migliore per la salvezza dell’uomo. Ogni persona deve sempre confessare nel suo cuore: “La storia che sto vivendo è la sola via di salvezza e di conversione per me. Se vi fossero altre vie migliori di questa, il mio Signore di certo l’avrebbe scelta per me”. Andando in esilio, lontano dalla sua terra, Israele deve confessare che non esistono per lui vie più efficaci di questa. Sapendo questo, è obbligato a viverla con ogni pazienza.

Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Quando il Signore farà Israele sua sposa per sempre? Quando esso si sarà convertito al suo Dio. È verità che mai va dimenticata. Ogni sposalizio tra Dio e il suo popolo, tra Dio e ogni uomo, avviene solo nella sua Parola. Si esce dalla Parola, si opera il divorzio del Signore, si diviene adulteri. Urge la conversione. Essa però non è opera dell’uomo. È sempre per opera del Signore. È per sua potente grazia. Il Signore prende Israele per la sua grande misericordia, lo sradica dalla sua terra, lo pianta nel deserto di Babilonia, qui lo aiuta perché possa ritornare nella Parola, nella quale Lui potrà nuovamente riprenderlo come sua sposa fedele. Ma il popolo, quando è nel peccato, non comprende le vie di Dio. Occorre un vero profeta che gliele spieghi e lo illumini.

Vergine Sapiente, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere le stupende vie di Dio per noi.

HO SCRITTO NUMEROSE LEGGI PER LUI

Os 8,4-7.11-13; Sal 113; Mt 9,32-38

10 LUGLIO

Il Signore, per mezzo del suo profeta, rivela qual è il cuore del suo popolo. Esso vive senza più alcun riferimento nei suoi confronti. È come se Lui non esistesse più. Questa verità il Signore l’aveva già rivelata agli inizi della parola rivolta a Israele per mezzo di Osea: “Io sono Dio, ma non per loro. Io esisto per me e sono Dio per me. Voi mi avete ripudiato come vostro Dio”. Che Dio sia stato ripudiato dal suo popolo lo manifestano gli atti concreti. I re non sono stati voluti da Lui, né i capi che governano. Si servono del loro argento e del loro oro per costruire idoli. Ma per la loro rovina. Oro e argento servono per trasformali in opere di misericordia, elemosina, grade carità verso l’uomo povero, misero, carente di ogni cosa. Mai dovrebbe servire per costruire inutili idoli, che portano solo grande rovina a causa dell’immoralità che essi generano.

Chiediamoci per un istante: oggi il nostro oro, il nostro argento, la nostra ricchezza a che serve? Come viene usata? Per costruire idoli di vizi e di peccato. Quanto ora si mangia l’idolo della lussuria, della gola, della superbia? Quanto argento divora l’idolo della droga, dell’alcool, del divertimento, del gioco? Quanto oro e argento divora l’idolo della malattia che è frutto di ogni altri idoli al quale consacriamo la nostra vita? Oggi si può affermare che la ricchezza, sovente frutto di gravissimi peccati, è anche posta a servizio di altri gravissimi e orrendi peccati. Non potrebbe essere altrimenti. Ogni idolo si nutre solo di peccato e ogni peccato genera altri peccati. Ogni vizio si nutre di altri vizi e ogni vizio genera altri vizi. La Parola del Signore non parla solo per ieri, ma per oggi e per sempre. Quando l’uomo è adoratore del vizio, è senza Dio nel suo cuore.

Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, ma per loro rovina. Ripudio il tuo vitello, o Samaria! La mia ira divampa contro di loro; fino a quando non si potranno purificare? Viene da Israele il vitello di Samaria, è opera di artigiano, non è un dio: sarà ridotto in frantumi. E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta. Il loro grano sarà senza spiga, se germoglia non darà farina e, se ne produce, la divoreranno gli stranieri. Èfraim ha moltiplicato gli altari, ma gli altari sono diventati per lui un’occasione di peccato. Ho scritto numerose leggi per lui, ma esse sono considerate come qualcosa di estraneo. Offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità, chiede conto dei loro peccati: dovranno tornare in Egitto.

Vizio e Dio, peccato e Dio, immoralità e Dio non possono convivere nello stesso cuore. L’idolatria scaccia Dio. Dio scaccia l’idolatria. Dio è fonte di ogni vita. L’idolatria sorgente di ogni morte. Urge allora che l’uomo, anzi il popolo si lascia purificare. Ma come? Immergendosi nuovamente nell’acqua rigeneratrice della Parola del Signore. Come l’uomo non appena esce dalla Parola si insudicia di molte impurità, così appena ritorna nella Parola, si purifica da tutte le sue nefandezze. Nella Parola deve abitare in modo stabile, permanente. Se esce da essa, nuovamente si trova lurido, sporco di ogni sporcizia morale. Ma il popolo nulla vuole sentire della Legge del suo Dio. Anzi è come se Dio mai avesse loro parlato e mai avesse per essi scritta una sola Legge. Eppure da quando esso è stato costituito popolo di Dio, la Legge gli fu scritta su tavole di pietra e conservata nell’arca dell’alleanza a eterna memoria di questo evento di salvezza.

Qual è il frutto del vizio, generato dall’idolatri? I beni della terra non solo non vengono più prodotti. Un popolo consacrato al vizio perde anche l’intelligenza e la sapienza più elementare, necessaria per vivere la sua vita quotidiana. Se qualcosa la terra produce, per misericordia del Signore, il frutto prodotto non nutre e non sazia. Il vizio deturpa e modifica anche la natura dell’uomo. La rende incapace di essere vera natura, per agire secondo vera natura, produrre frutti di vera natura. Non solo la natura dell’uomo, anche la terra, l’acqua, l’aria, vengono corrotte dal vizio dell’uomo. Vi è una sola via per la purificazione dell’universo nel quale l’uomo vive: la sua purificazione con una immersione stabile e duratura nella Parola del suo Dio. Senza la Parola tutto è morte.

Madre senza peccato, Angeli, Santi, immergeteci per sempre nella divina Parola.

TROVERAI LA CONOSCENZA DI DIO

Pr 2,1-9; Sal 33; Mt 19,27-29

11 LUGLIO

Le parole con le quali il padre si rivolge al figlio andrebbero scritte sulla porta di ogni casa delle nostre città. Non tanto per il figlio, molto di più per il padre. È del padre la missione di dare la vita non solo al corpo, ma anche all’anima e allo spirito del figlio. Ma perché il padre dia vita a corpo, anima e spirito del figlio deve attingere la vita del corpo dal suo corpo, la vita dello spirito dal suo spirito, la vita dell’anima dalla sua anima. Se lui ha il corpo ammalato, darà una vita ammalata. Se possiede uno spirito ammalato anche lo spirito del figlio sarà ammalato. Se poi la sua anima è morta, anche l’anima del figlio sarà anima morta. La vita è dalla vita. Come Dio dona la vita per creazione dalla sua vita, così anche per il padre terreno per “procreazione” fisica e spirituale deve dare vita all’anima, allo spirito, al corpo del figlio dalla sua vita.

Questo significa che il padre deve essere lui stesso, se vuole dare perfetta vita al figlio, perfettamente nella vita. Se vuole dare una vita serena al corpo, deve stare lontano da ogni vizio. Si sa che i vizi creano nella natura una trasformazione anche genetica, che poi viene trasmessa per generazioni ai figli. Un uomo, una donna che vogliono essere padre, madre per i loro figli, per amore di essi, sono obbligati a stare lontano da ogni vizio. Il vizio neanche dovranno conoscerlo. Nessuno oggi pensa che la natura a causa dei vizi si sta trasformando a tal punto da essere incapace anche di concepire. Eppure ognuno continua tranquillamente a coltivare vizi fin dalla più giovane età. Ci si droga, ci si immerge nell’alcool, ci si consegna al fumo, all’impurità, alla gola. Il corpo è gravissimamente danneggiato. La vita che si dona, quando si dona, è anch’essa danneggiata. Ma chi si sente responsabile dinanzi a Dio del dono della vita?

Ma padre e madri sono padri e madri di tutto l’uomo, anche se l’anima non viene da essi, perché creata direttamente da Dio al momento del concepimento. Da essi nasce però la persona umana, che è anima, spirito, corpo. Di tutto l’uomo essi devono prendersi cura. Quale padre è oggi capace di insegnare queste altissime verità al figlio? Quale madre dona al figlio la sapienza perfetta perché in essa possa portare tutta la sua vita? Di cosa oggi ci si preoccupa? Solo di cose effimere, futili, inutili, vane, spesso anche peccaminose. Ci si preoccupa dei vaccini per il corpo. Ma chi si preoccupa dei vaccini per l’anima e per lo spirito? Qualcuno potrebbe rispondere la Chiesa. La Chiesa mai si potrà sostituire alla famiglia. Essa è di aiuto, ma non di sostituzione. Mezzora di formazione catechistica alla settimana immersa poi in un mondo di completa idolatria scompare in un istante. Si esce dalla sala del catechismo, ci si immerge nuovamente nel mondo senza Dio e senza luce.

Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza, se appunto invocherai l’intelligenza e rivolgerai la tua voce alla prudenza, se la ricercherai come l’argento e per averla scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio, perché il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca escono scienza e prudenza. Egli riserva ai giusti il successo, è scudo a coloro che agiscono con rettitudine, vegliando sui sentieri della giustizia e proteggendo le vie dei suoi fedeli. Allora comprenderai l’equità e la giustizia, la rettitudine e tutte le vie del bene,

Verità essenziale, primaria da mettere nel cuore, è questa: la conoscenza di Dio viene dalla conoscenza della sua Parola. Il padre dona la vera Parola di Dio al figlio, il figlio conoscerà il vero Dio. Il padre gli dona una falsa parola, lui conoscerà un falso Dio. è vero. La conoscenza di Dio è un suo dono. Ma essa viene dalla conoscenza della sua vera Parola. La sua vera Parola è il padre che deve darla al figlio. Perché oggi anche nella Chiesa abbiamo una falsa conoscenza di Dio? Perché molti dei suoi ministri donano una falsa parola di Dio. Falsa parola, falsa conoscenza, falso Dio. Vera Parola, vera conoscenza, vero Dio. Ognuno deve scegliere. Se vuole dare la vera conoscenza deve dare la vera Parola. Dona una falsa parola, produrrà una falsa conoscenza.

Madre della Sapienza, Angeli, Santi, aiutateci a crescere in sapienza e grazia sempre.

PERCHÉ SONO DIO E NON UOMO

Os 11,1-4.8c-9; Sal 79; Mt 10,7-15

12 LUGLIO

Vi sono molti modi per ricordare la storia della salvezza compiuta da Dio per tutto l’arco dell’Antico Testamento. Il Libro dell’Esodo la racconta come manifestazione della Signoria di Dio. Lui è il solo Signore, il solo Dio, il solo Onnipotente. Né uomini e né creature possono opporsi ad un solo suo comando. Lui dice e le cose sono. Vi sono i Salmi. Essi la raccontano come potenti segni dati dal Signore per creare la fede del suo popolo nella sua Parola. Questo racconto è anche del Libro del Deuteronomio. Uno degli ultimi libri è quello della Sapienza. In questo Libro vengono messi in contrapposizione la stoltezza dell’uomo che genera idolatria e morte e la sapienza di Dio che conduce la storia di vita in vita. Chi è nella sapienza si colma di vita e dona vita. Chi è schiavo della stoltezza, è nella morte e dona non solo morte fisica, ma anche spirituale, perché la stoltezza è madre e figlia insieme dell’idolatria.

Ogni Agiografo narra Dio e le sue opere secondo particolari indicazioni date a lui dallo Spirito Santo. Osea narra Dio e quanto Lui ha fatto e fa per il suo popolo con indicazioni totalmente nuove, anzi nuovissime. Non solo il Signore è annunziato come lo Sposo del suo popolo ad esso legato con una sposalizio indissolubile. Israele passa da un adulterio ad un altro, da un idolo ad un altro. Il Signore rimane fedele in eterno al suo amore. Lui mai verrà meno e sempre troverà una via perché la sua sposa possa tornare a Lui nella piena fedeltà. Oggi il profeta lo presenta come un Padre. Tutta la storia antica è letta con la categoria della vera paternità. Israele è figlio. Dio è Padre. Il Padre non solo “concepisce” il figlio, gli insegna a camminare, lo corregge, lo educa, lo forma, lo attrae a lui con vincoli di vera bontà. Il padre ha un solo desiderio: fare di Israele un figlio saggio, fedele al suo amore, obbediente ad ogni suo comando. Ogni correzione è solo quest’unico e solo fine: fare del suo popolo un vero suo figlio.

Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira.

È questa la differenza tra l’ira del Signore e l’ira dell’uomo. L’ira dell’uomo è senza sapienza e senza vera finalità. È un moto incontrollato del suo cuore, capace di produrre ogni danno sia materiale che spirituale. L’ira del Signore invece è sempre governata dalla sua eterna sapienza e intelligenza ed ha un solo unico fine: fare di Israele un suo vero figlio. Dio non viene nella sua ira per distruggere, ma per educare, correggere, formare, elevare, redimire. Spesso le vie per la rieducazione di Israele sono dolorosissima ma sono necessarie perché si ritorna nella verità della figliolanza. È questo il motivo per cui il Signore dice che Lui è Dio e non un uomo. Lui è il Santo in mezzo al suo popolo e non verrà nella sua ira. Non verrà nell’ira secondo gli uomini. Verrà invece nell’ira secondo Dio, verrà ciò per rimettere Israele nella verità, nella giustizia, nella santità, ponendo sulla via della vera salvezza, riportandolo nella Parola.

Ogni racconto di Dio e delle sue opere, purché operato nello Spirito Santo e secondo le sue indicazioni necessarie ai tempi e ai momenti particolari che suggerisce la storia, è sempre vero e può anche essere differente da ogni altro racconto. Una cosa mai dovrà essere pensata: narrare Dio in negazione della sua Parola già rivelata. Lo Spirito dona verità sempre nuova alla Parola, mai estingue la Parola o la cancella come se non fosse mai esistita. In parole assai semplici. Gesù porta a compimento la Legge e i Profeti. Non li abolisce. Ezechiele dona a tutti la possibilità di potersi convertire, non cancella la verità del peccato. Oggi è questo l’errore: si cancellata la Parola rivelata.

Regina del Profeti, Angeli, Santi, fateci cantori veri di Dio e della sua divina Parola.

RETTE SONO LE VIE DEL SIGNORE

Os 14, 2-10; Sal 50; Mt 10,16-23

13 LUGLIO

Osea, poiché vero profeta del Dio vivente, anticipa di qualche secolo la rivelazione del perdono nella conversione che il Signore offre. Anzi è anche ben oltre. Sembra addirittura di ascoltare Paolo. È Dio stesso che suggerisce le parole da dire perché Israele possa trovare presso di Lui misericordia e perdono. Come Paolo è araldo di Cristo Gesù per chiamare ogni uomo a lasciarsi riconciliare con Dio, così anche Osea è ambasciatore presso il popolo. Dio la manda per riferire le giuste parole con le quale presentarsi a Lui e ottenere la remissione delle proprie colpe. Nasce una verità nuova della fede in Dio. Ascoltiamo prima Ezechiele e poi Paolo.

Figlio dell’uomo, di’ ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e il malvagio non cade per la sua malvagità se si converte dalla sua malvagità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca. Se io dico al giusto: “Vivrai”, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette il male, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nel male che egli ha commesso. Se dico al malvagio: “Morirai”, ed egli si converte dal suo peccato e compie ciò che è retto e giusto, rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà; nessuno dei peccati commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà (Ez 33,12-16).

L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. 2Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2Cor 5,14-6,2).

Con questa rivelazione Dio e il suo popolo iniziano una storia nuova. L’uomo sa che sempre può ritornare al suo Dio, purché sia pentito dei suoi peccati e con la volontà di compiere un vero cammino nella sua Parola. Dio e l’uomo possono incontrarsi solo nella sua Parola, abitando in essa. Fuori della Parola, l’uomo è fuori del suo Dio.

Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

Quando l’uomo è nella vera conversione? Quando crede con ferma convinzione dell’anima e dello spirito che rette sono solo le vie indicate dal Signore. Quali sono le vie indicate dal Signore? Quelle contenute nella sua Parola. Fuori della Parola di Dio non esistono vie rette. Sono vie tortuose che portano solo alla morte eterna. Questa ferma convinzione urge in modo particolare oggi. Abbiamo abolito la Parola di Dio.

Stella dell’Evangelizzazione, Angeli, Santi, date una retta fede nella Parola del Signore.

ECCOMI, MANDA ME!

Is 6,1-8; Sal 92; Mt 10,24-33

14 LUGLIO

Il popolo del Signore vive di purissima mediazione profetica, sacerdotale, regale. A queste tre mediazioni se ne aggiungo anche delle altre: quella del giudice e dello scriba. Mediazione sacerdotale e regale erano per nascita. Questo sempre nel regno di Giuda. Nel regno di Israele spesso la mediazione regale non sempre è stata per nascita, sovente anche per sommossa di palazzo per uccisione del re. Il profeta invece era di volta in volta chiamato da Dio e da Lui inviato per dire la sua vera Parola. Indipendentemente dall’origine, se per nascita, per chiamata diretta, per sostituzione, per elezione e per incarico, vi è una verità che va gridata. Quando una mediazione non veniva svolta secondo giustizia e verità il popolo quasi sempre abbandonava il Signore e si dava all’idolatria e ad ogni immoralità e nefandezza. Questo ci deve convincere che la mediazione è opera di vera vita ma anche di vera morte presso il popolo del Signore. Ieri, oggi, sempre la vita del popolo è dalla vera mediazione. Una mediazione falsa, a qualsiasi livello, anche del padre e della madre, crea falsità nei cuori e di conseguenza in tutto il popolo di Dio. Nulla è più necessario di una mediazione vissuta con onestà, fedeltà, purissima obbedienza al mandato ricevuto.

Gerusalemme è divenuta una città di idolatri. Dio vorrebbe mandare qualcuno perché faccia risuonare la sua Parola. Ma chi mandare? Può un idolatra, un immorale, un disonesto, un infedele, un impostare portare la vera Parola del suo Dio? Mai. Mancherebbe di ogni credibilità e inoltre la sua vita sarebbe la negazione di quanto dice nel nome del Signore. Questa verità vale anche ai nostri tempi. Un mediatore immorale, che calpesta la Parola del suo Signore, mai potrà essere un suo ministro. Il ministro è mediatore non solo di verità, ma anche della santità di Dio. Nel suo corpo deve rivelare tutta la bellezza della Parola del suo Signore che in lui è divenuta carne, vita. Quest’errore oggi sta distruggendo la Chiesa del Dio vivente. Si pensa in molti che immoralità e missione o mediazione possano convivere nella stessa persona. Si crede che il peccato possa abitare nel cuore di chi vuole portare la luce alle genti. Si ritiene che si possa essere ministri della grazia pur rinnegando Dio e i suoi Comandamenti. Questo mai potrà accadere. Il santo santifica, il vero dona la vera Parola. Il giusto è annunziatore di giustizia. Il malvagio porta solo malvagità e ogni ingiustizia.

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

Il Signore manifesta a Isaia, che è nel suo tempio, la sua volontà di mandare qualcuno, ma anche la difficoltà a trovare qualcuno. Isaia, contemplando la divina bellezza e santità, si vede uomo impuro, di conseguenza incapace di poter rispondere al suo Dio. Il Signore manda un Angelo a purificarlo e lui subito si offre per la missione. “Se tu vuoi e pensi che io possa compiere i tuoi desideri, sono qui, Signore, manda me”. Solvente ci si ferma solo sull’ultima parte: sul dono che Isaia fa al suo Dio della sua vita. Mai però ci ricordiamo di gridare che la mediazione è nella purificazione di corpo, anima, spirito. Essa è nella liberazione da ogni vizio. Essa è mediazione per la Parola e va fatta dalla Parola. Questa altissima verità mai dovrà essere dimenticata, soprattutto nella preparazione dei futuri mediatori. Col vizio nel corpo e nello spirito, non ci si dovrebbe presentare dinanzi a Dio per essere consacrati suoi mediatori di luce.

Madre purissima, Angeli, Santi, fate mediatore santi per dare luce ad ogni uomo.

VA’, PROFETIZZA AL MIO POPOLO ISRAELE

Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13

15 LUGLIO1 LUGLIO – XV DOMENICA T.O.

Ogni vero profeta che il Signore manda – Sia che riguardi l’Antico Testamento che il Nuovo – è la più grande grazia che elargisce all’umanità intera. In gatti il profeta viene per l’elevazione di ogni uomo. La vera luce che lui porta in mezzo agli uomini è per tutti. Essa non è solo per alcuni, cioè per quanti già credono o devono ritornare alle sorgenti della vera fede. Questa verità risulta evidente già con la chiamata di Abramo. In Lui devono essere benedette tutte le tribù della terra. Molto più evidente si manifesta nelle parole di Gesù Signore. I suoi discepoli sono luce del mondo e sale della terra.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. (Mt 5,13-16).

Il regno del Nord dal re Geroboamo è stato con segnato all’idolatria. Il Signore manda Amos, come suo profeta, a dire al popolo e al re quali sarebbe state le conseguenze disastrose di questa loro scelta. Lo stesso Geroboamo ha dinanzi a sé lo spettro della morte mentre per il popolo vi è quello dell’esilio. Amasia, sacerdote un Betel, anziché appoggiare Amos e invitare il re a distruggere i vitelli di Samaria e a convertirsi di vero cuore, denuncia Amos presso di lui. In più di sua iniziativa invita il profeta a lasciare Bethel e a ritirarsi in terra di Giuda e a fare lì il profeta. Schierandosi dalla parte del re e non di Dio, il sacerdote compie un atto di alto tradimento verso il suo Signore. Mai un sacerdote deve essere dalla parte dell’uomo, ma sempre dalla parte del Signore. Amasia è sacerdote del Dio vivente, non di questo o quell’altro uomo.

Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasia e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele.

Amos gli risponde che lui non è profeta di mestiere. Se così fosse, avrebbe anche potuto schierarsi dalla parte del re, contro Dio. Lui invece era un pastore e un raccoglitore di sicomori. Il Signore lo prese da dietro il gregge ed è stato Lui a inviarlo a Bethel a profetizzare. Non può disobbedire al suo Dio. In Bethel è stato mandato e in Bethel dovrà rimanere finché il Signore non gli darà un altro comando. Amos, ricordando ad Amasia, qual è la sua missione, gli ricorda che anche lui è da Dio, dalla sua volontà a servizio della sua Parola e della sua Legge. Quando un sacerdote lascia Dio e si schiera con gli uomini, compie il più grande infatti, non solamente verso Dio, ma verso l’intera umanità. Lui non priva solo un uomo della luce della verità e della salvezza, non priva solo un popolo, ma priva l’intera umanità. Un sacerdote che cambia “signore”, dal Signore-Dio passa al signore-uomo, oscura la luce di Dio per il mondo intero. Mai questa verità dovrà essere dimenticata. Il sacerdote è di Dio, non è di nessun uomo, né del re e né del popolo, né del santo e né del peccatore.

Regina degli Apostoli, Angeli, Santi, fate che siamo sempre di Dio, da Dio.

SMETTETE DI PRESENTARE OFFERTE INUTILI

Is 1,10-17; Sal 49; Mt 10,34-11,1

16 LUGLIO

Quando il popolo o l’uomo presenta offerte inutili al Signore? Quando esse non sortiscono i frutti che si sperano? Perché si va al tempio di Dio per offrire olocausti e sacrifici di comunione? Gli olocausti si offrono in espiazione dei peccati. I sacrifici di comunione per stringere un’alleanza più forte sia con Dio che i figli del popolo di Dio. Può un olocausto offerto per l’espiazione dei peccati produrre un solo frutto di bene, se colui che lo offre non solo è nel peccato, me neanche vuole pentirsi, chiedendo perdono al suo Dio e promettendo di ritornare nella Parola e dimorare in essa per tutti i giorni della sua vita? Il sacrificio si comunione potrà mai essere offerto da una persona che sparge sangue, ruba, è adultero, disonora il suo Dio con ogni pratica di superstizione e con la stessa idolatria che è la causa di ogni male? Di certo questi sacrifici e olocausti sono inutili, perché anziché l’uomo liberarsi, purificarsi, mondarsi dai suoi peccati si pianta stabilmente in essi illudendosi che basti un olocausto per coprile la violazione della Legge del Signore. Se il sacrificio non produce più grande santità, obbedienza, fedeltà al Signore è sempre una offerta inutile.

Le parole del profeta denunciano la gravità del male che regna nel popolo del Signore. Gerusalemme è divenuta come Sodoma e Gomorra. Sono tutti consegnati al male. Sono schiavi della loro idolatria. Prigionieri di ogni loro bramosia di male. Può un popolo, nel quale l’iniquità scorre come un fiume, essere gradito al Signore quando entra nel suo tempio, se il Dio di Giacobbe è il Dio che odia il male, perché contro la sua natura che è purissimo bene? Se i sacrifici sono inutili per l’uomo, per il Signore sono un vero abominio, un peccato gravissimo di insulto alla santità del suo nome. Il nome di Dio è santo e chi lo invoca deve invocarlo nella santità del cuore e nella sincerità della mente. Un cuore pieno di ogni malvagità e cattiveria, non può invocare santamente il nome del Signore. Prima deve chieder perdono, lasciarsi purificare, poi può presentare la sua offerta al suo Dio. Ma neanche con la falsità nella mente si può pregare il Signore. Lui è purissima verità. Chi lo invoca deve invocarlo dalla verità della sua mente e la mente è vera quando accoglie la Parola dell’alleanza come sua unica e sola Parola di vita. Su questi requisiti di santità e verità urge oggi molta fermezza.

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova».

Quanto il Signore dice al suo popolo per mezzo del profeta Isaia, non vale solo per i figli di Israele e per quanti si recano nel suo tempio santo, vale anche per ogni discepolo di Gesù. Anche Gesù, come il Padre suo, ha fondato la Nuova Alleanza nel suo sangue santissimo e vuole che ogni persona che crede in Lui, si lascia purificare da esso, nutrendosi di esso, al fine di vivere per Lui, ma anche in Lui e con Lui. Il sangue di Cristo viene bevuto perché anche il sangue dell’uomo diventi, si faccia sangue di alleanza e di redenzione. Ma l’alleanza ha un solo fine: farci essere un solo cuore con Cristo per essere con Lui una sola volontà, allo stesso modo che il suo cuore è nel cuore del Padre e la sua volontà è in quella del Padre. Quando tra noi e Cristo vi sono due cuori e due volontà, è segno che il nostro culto è vuoto e le nostre celebrazioni sono inutili. Il fine va sempre rispettato. Lo si rispetta se il culto è celebrato per divenire con Cristo un solo cuore, una sola volontà, un solo sacrificio di salvezza.

Madre Immacolata, Angeli, Santi, aiutateci a divenire con Cristo un solo cuore.

CIÒ NON AVVERRÀ E NON SARÀ!

Is 7,1-9; Sal 47; Mt 11,20-24

17 LUGLIO

Il Signore è il Signore e rimane in eterno il Signore. Non è Signore solamente di nome. È Signore nei fatti e nella realtà. Non solo è Signore perché Lui è il Creatore di tutte le cose, visibili e invisibili, ma è anche il Signore perché ogni cosa obbedisce alla sua volontà. Lui è il Signore perché è la Provvidenza dell’universo. Ogni cosa da Lui è guidata perché raggiunga il fine per cui è stata creata. Dell’uomo Dio è il Signore della sua vita di verità, giustizia, amore, santità, liberazione, salvezza, se l’uomo lo sceglie come il solo suo Signore e Dio. La scelta non va fatta una volta solo in vita e poi essa rimane valida per sempre. Essa va fatta dinanzi ad ogni momento ed evento della storia. In ogni attimo all’uomo è chiesto di scegliere il Signore, nonostante tutto, sempre, per ogni circostanza, ogni avvenimento. Si sceglie il Signore, scegliendo di rimane nella sua Parola, anche se si è inchiodati su un legno o si è scaraventati in una fornace di fuoco ardente. L’uomo non sa perché è sulla croce o nella fornace, lo sa però il Signore e di Lui si fida. Dio mai opera il male. Lui vuole sole il bene sommo.

Il popolo di Dio, con a capo il suo re, hanno perso la fede nel loro Dio, fede che consisteva in un solo obbligo: la perfetta osservanza della Legge dell’alleanza. Se il popolo è nella Legge. Dio sarà sempre un muro di bronzo posto ai confini della terra e nessuno potrà mai entrare in essa. Non ci sono eserciti delle nazioni che potranno espugnare il muro che è Dio. Sappiamo che in Zaccaria Dio promette di custodire e proteggere Gerusalemme ponendo attorno ad essa un muro di fuoco. Avendo perso la fede, cercano la salvezza nell’alleanza con i popoli. Questo significa pieno rinnegamento del Signore. Non si crede più nella verità del loro Dio né nella sua fedeltà agli impegni presi, anzi sigillati con il rito del sangue. Nel patto era anche stabilito che se Dio non è il custode del suo popolo, nessuno lo potrà essere. Gerusalemme e Giuda saranno spazzati via, distrutti, annientati, decimati. O il Signore è il Signore, o nessun altro è il custode d’Israele. Verità eterna. Se Dio non è vita dell’uomo, nessun uomo, nessuna potenza umana, potrà essere vita.

Nei giorni di Acaz, figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. Fu dunque annunciato alla casa di Davide: «Gli Aramei si sono accampati in Èfraim». Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento. Il Signore disse a Isaia: «Va’ incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. Tu gli dirai: “Fa’ attenzione e sta’ tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumanti, per la collera di Resin, degli Aramei, e del figlio di Romelia. Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl. Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà! Perché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Resin. Capitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia. Ancora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo. Ma se non crederete, non resterete saldi”».

Il Signore ama il suo popolo. Manda il profeta Isaia perché annunzi al popolo la sua decisione. In quest’ora della storia viene concessa un ulteriore segno che solo Dio è il Signore. Tutti i piani dell’uomo di entrare in Gerusalemme saranno annientati, resi vani. Oggi Gerusalemme e il suo popolo saranno salvati, custoditi, protetti. Questo però dovrà essere per loro solo un segno, perché tutti si convertano e credano che la vita è solo dal Signore, mai dalle alleanze con i popoli. Se i popolo potesse dare vita a Gerusalemme e a Giuda, il Signore sarebbe inutile. Questa verità va gridata anche ai nostri giorni. Se un uomo, un fondatore di religione, potesse dare vera vita all’uomo, a che serve Cristo Gesù? All’istante diviene uno come gli altri. Non Gesù, ma tutti diventano prodotti da supermercato. Ognuno sceglie il meglio per lui. Invece solo Gesù è il solo nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. Si ha Lui, si è nella vita. Non si ha Lui, si rimane nella morte. Così è per il Signore. Solo Lui è la vita.

Madre della vera vita, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo unico e solo Salvatore.

COSÌ NON GIUDICA IL SUO CUORE

Is 10,5-7.13-16; Sal 93; Mt 11.25-27

18 LUGLIO

Il Signore – questa è verità che solo nello Spirito Santo si può conoscere e solo con la sua luce si può comprendere – può scegliere una nazione per realizzare il suo disegno di giustizia e di verità verso un’altra nazione, un altro popolo. Per portare o condurre il suo popolo a conversione, perché ritornasse a fiorire in esso la retta fede, Dio sceglie l’Assiria come verga per correggere i figli d’Israele. Dio potrebbe direttamente intervenire. Ma lascia che siano gli uomini a correggere gli uomini con il suo permesso. La persecuzione nella rivelazione si riveste di due grandissimi significati: manifestare quanto vero, puro, grande è il nostro amore per il Signore. Esso è tanto grande da offrire a Lui la vita in olocausto, così come Cristo Gesù gliel’ha offerta sulla croce? L’altro fine è la nostra correzione. Quando la Parola non basta, quando ci si fa sordi al Signore che parla per mezzo dei suoi profeti, Dio ci corregge per la via della persecuzione, del dolore, della stessa morte. Questa verità è anche annunziata dalla lettera agli Ebrei. L’Agiografo nello Spirito Santo vede la persecuzione come correzione. La vede e invita io credenti a lasciarsi convertire dal loro Dio e Signore.

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli! Del resto noi abbiamo avuto come educatori i nostri padri terreni e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre celeste, per avere la vita? Costoro ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità. Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati (Eb 12,1-11).

Questa duplice fede mai va perduta. Anzi, in questa fede si deve crescere, secondo questa fede ci si deve educare gli uni gli altri. Dio ci corregge per la nostra salvezza.

Oh! Assiria, verga del mio furore, bastone del mio sdegno! Contro una nazione empia io la mando e la dirigo contro un popolo con cui sono in collera, perché lo saccheggi, lo depredi e lo calpesti come fango di strada. Essa però non pensa così e così non giudica il suo cuore, ma vuole distruggere e annientare non poche nazioni. Poiché ha detto: «Con la forza della mia mano ho agito e con la mia sapienza, perché sono intelligente; ho rimosso i confini dei popoli e ho saccheggiato i loro tesori, ho abbattuto come un eroe coloro che sedevano sul trono. La mia mano ha scovato, come in un nido, la ricchezza dei popoli.

Il profeta rivela una verità che necessariamente va posta nel cuore. Lo strumento con il quale il Signore si serve per correggere deve obbligatoriamente rimanere nella volontà di colui che lo ha mandato, cioè deve operare ogni cosa secondo misure, modalità, regole stabilite dal Signore. Lo strumento, nell’operare la correzione, non deve né aggiungere né togliere a quanto è giusto che lui faccia. A Lui non è data nessuna autonomia nelle cose da fare o da non fare. Se oltrepassa i limiti, lui diviene responsabile dinanzi a Dio di ogni male commesso. Il Signore lo chiamerà in giudizio. Significa che se basta una parola non si deve aggiungere uno schiaffo e se è sufficiente uno schiaffo la verga va messa da parte. Questo significa grandissima padronanza di se stessi. L’uomo spesso si lascia travolgere dalla malvagità e cattiveria, dalla sua sete di vendetta o sopraffazione. Per i limiti superati sarà giudicato.

Madre di Misericordia, Angeli, Santi, fateci sempre operatori di misericordia e di pietà.

NON ABBIAMO PORTATO SALVEZZA ALLA TERRA

Is 26,7-9.12.16-19; Sal 101; Mt 11,28-30

19 LUGLIO

Isaia inizia la sua profezia, rivelando al popolo la vanità e l’inutilità del suo culto. Non solo il suo culto è vano e inutile, è anche un abominio presso il Signore. È un culto che lui detesta perché carente del suo vero fine, quello cioè di rinsaldare i cuori nell’obbedienza alla Legge dell’alleanza stipulata con Lui. Sempre la verità del culto va verificata. Si possono celebrare stupende liturgie belle agli occhi degli uomini, ma inutili e vane agli occhi del Signore e sono sempre inutili e vane quando vengono vissute con il peccato nel cuore e la falsità sulle labbra. La purezza del culto è dalla purezza del cuore e della labbra. Un cuore impuro rende impuro il culto. Le labbra false rendono falso il culto. È verità eterna che nessun uomo dovrà mai dimenticare. Questa commistione tra purità e impurità, verità e falsità, delitto e solennità è denunziata dal profeta anche con altre immagine ancora più eloquenti.

Così dice il Signore: «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la dimora? Tutte queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie – oracolo del Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola. Uno sacrifica un giovenco e poi uccide un uomo, uno immola una pecora e poi strozza un cane, uno presenta un’offerta e poi sangue di porco, uno brucia incenso e poi venera l’iniquità. Costoro hanno scelto le loro vie, essi si dilettano dei loro abomini; anch’io sceglierò la loro sventura e farò piombare su di loro ciò che temono, perché io avevo chiamato e nessuno ha risposto, avevo parlato e nessuno ha udito. Hanno fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco hanno scelto» )Is 66,1-4).

L’inutilità del culto manifesta e rivela una inutili ancora più grande: l’inutilità della vita dell’uomo e di ogni sua opera da lui compiuta. Qual è il fine della vita di un uomo? Quello di raggiungere la beatitudine eterna nel suo regno. Come si raggiunge la beatitudine eterna? Compiendo tutti i fini che il Signore ha dato all’uomo sulla terra. Quale il primo fine da raggiungere? La perfetta obbedienza alla sua volontà, ai suoi comandi, alla sua Legge. Se l’uomo perde di vista i fini da realizzare sulla terra, mai potrà realizzare il fine ultimo, il fine eterno. Finirà miseramente nella perdizione. Sarà calato nella cisterna di fuoco e di zolfo per l’eternità. Oggi, osservando bene la vita degli uomini sulla terra, tutti ci stiamo rivestendo di fini futili, passeggeri, inutili, di sola gloria mondana, spesso sono anche fini di vizio, di peccato, di malvagità, cattiveria, nefandezze, abomini, nella totale trasgressione della Legge del Signore. Questo è vero fallimento di tutta una vita. Anziché partorire vita eterna, partoriamo morte sulla terra e nell’eternità. A che serve all’uomo se guadagna tutto il mondo e poi perde la sua vita?

Il sentiero del giusto è diritto, il cammino del giusto tu rendi piano. Sì, sul sentiero dei tuoi giudizi, Signore, noi speriamo in te; al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio. Di notte anela a te l’anima mia, al mattino dentro di me il mio spirito ti cerca, perché quando eserciti i tuoi giudizi sulla terra, imparano la giustizia gli abitanti del mondo. Signore, ci concederai la pace, perché tutte le nostre imprese tu compi per noi. Signore, nostro Dio, altri padroni, diversi da te, ci hanno dominato, ma noi te soltanto, il tuo nome invocheremo. Signore, nella tribolazione ti hanno cercato; a te hanno gridato nella prova, che è la tua correzione per loro. Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nei dolori, così siamo stati noi di fronte a te, Signore. Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento; non abbiamo portato salvezza alla terra e non sono nati abitanti nel mondo. Ma di nuovo vivranno i tuoi morti. I miei cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere. Sì, la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre.

Può l’uomo smettere di partorire solo vento? Può smettere di cancellare il fine primario che si realizza attraverso i fini intermedi dati da Dio^ Può rinsavire e riportare la sua vita nella volontà del suo Signore? Per fare questo urge una profondissima conversione. La conversione è alla Parola. Se oggi nessun profeta dona la Parola di Dio, a quale parole ci si potrà convertire? Siamo tutti incamminato verso il fallimento.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, date ad ogni uomo grande saggezza e intelligenza.

IO AGGIUNGERÒ AI TUOI GIORNI QUINDICI ANNI

Is 38,1-6.21-22.7-8; C Is 38,10-12.16; Mt 12,1-8

20 LUGLIO

Dio è onnipotente. Ma quanto è onnipotente? Quanto è grande il suo potere o la sua forza? Cosa può operare nella sua natura creata? Veramente può fare tutto ciò che vuole sulla terra e nei cieli? Ezechia si ammala. È stato un re saggio e giusto, fedele al suo Dio. Ha combattuto per sradicare l’idolatria dal suo popolo. Ora il Signore per mezzo del suo profeta gli manda a dire di prepararsi perché il giorno della sua morte è vicino: “Da’ disposizioni per la tua casa, perché tu morirai e non vivrai”. Ezechia è affetto da una malattia che lo porterà presto nella tomba. Il re non vuole morire, vuole ancora vivere. Piange e manifesta il suo dolore al Signore. Lui ha amato il suo Dio. Vuole ancora amarlo, rimanendo nel suo corpo. Ascolterà il Signore il suo grido? Esaudirà questo suo desiderio? Permetterà che non scenda nella fossa?

Il Signore ascolta la preghiera del suo re, saggio, giusto, fedele, e manda nuovamente il profeta ad annunziargli che rimarrà in vita e non morirà. Gli dona anche la cura perché lui possa guarire: “Si vada a prendere un impiastro di fichi e si applichi sulla ferità, così guarirà”. Il re vuole essere certo che la parola del profeta si compia e chiede un segno: “Qual è il segno che salirò al tempio del Signore?”. Il profeta subito gli dona il segno: “Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l’ombra sulla meridiana, che è già scesa con il sole sull’orologio di Acaz”. Grande è l’amore del Signore verso questo suo re. Ascolta ogni sua preghiera, esaudisce ogni suo desiderio. Il segno chiesto da Ezechia non è una sfida o un mettere alla prova il Signore, ma solo un desiderio di certezza. Lui vuole fin da subito gustare la gioia della verità della Parola del suo Signore e per questo chiede il Signore. Il re non vuole sciupare neanche un istante di vita, consumando i suoi pensieri nell’attesa della guarigione. Ecco quanto è potente il Signore. Con Giosuè il sole è rimasto fisso nel cielo fino al completamento della vittoria. Con Ezechia esso torna indietro di dieci gradi. Veramente tutto obbedisce a Dio. Nessuna creatura sottrae a Lui la sua obbedienza. Lui è il Signore, il solo Signore.

Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d’Israele: «Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla valle di Àialon». Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto? Stette fermo il sole nel mezzo del cielo, non corse al tramonto un giorno intero. Né prima né poi vi fu giorno come quello, in cui il Signore ascoltò la voce d’un uomo, perché il Signore combatteva per Israele. Giosuè e tutto Israele ritornarono verso l’accampamento di Gàlgala (Gs 10,12-15).

Veramente la grandezza dell’amore del Signore non si può misurare. In nulla lui si risparmia per dare conforto e consolazione quanti confidano e sperano in lui.

In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Il profeta Isaia, figlio di Amoz, si recò da lui e gli disse: «Così dice il Signore: “Da’ disposizioni per la tua casa, perché tu morirai e non vivrai”». Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò il Signore dicendo: «Signore, ricòrdati che ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro e ho compiuto ciò che è buono ai tuoi occhi». Ed Ezechia fece un gran pianto. Allora la parola del Signore fu rivolta a Isaia dicendo: «Va’ e riferisci a Ezechia: “Così dice il Signore, Dio di Davide, tuo padre: Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco, io aggiungerò ai tuoi giorni quindici anni. Libererò te e questa città dalla mano del re d’Assiria; proteggerò questa città”. Isaia disse: «Si vada a prendere un impiastro di fichi e si applichi sulla ferita, così guarirà». Ezechia disse: «Qual è il segno che salirò al tempio del Signore?». Da parte del Signore questo ti sia come segno che il Signore manterrà questa promessa che ti ha fatto. Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l’ombra sulla meridiana, che è già scesa con il sole sull’orologio di Acaz». E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso.

Possiamo anche noi chiedere dei segni al Signore che ci manifestino il suo amore e la sua misericordia^ Possiamo chiederli ad una condizione: perché desideriamo amarlo di più e servirlo con più dedizione. Nell’amore del Signore nessun tempo va sciupato.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nessun momento venga sottratto all’amore di Dio.

GUAI A COLORO CHE MEDITANO L’INIQUITÀ

Mic 2,1-5; Sal 9; Mt 12,14-21

21 LUGLIO

Il Signore opera sempre una altissima distinzione tra un peccato di fragilità, compiuto a causa della poca consistenza del nostro amore per lui e quello di cattiveria, malvagità, peccato meditato, pensato, studiato, voluto, desiderato. Altra distinzione è tra peccato involontario, commesso per leggerezza, inavvertenza, imprudenza e peccato volontario. Si sa che l’azione che si sta per fare è un male e la si fa ugualmente. La gravità varia da peccato a peccato, da trasgressione a trasgressione, da disobbedienza a disobbedienza, da atto delittuoso ad atto delittuoso.

In ordine al peccato di fragilità e a quello di inavvertenza urge affermare una seconda differenza: tra l’uomo che viveva nell’Antico Testamento, o Antica Alleanza, e l’uomo del Nuovo Testamento o Nuova Alleanza. Se in qualche modo per l’uomo che viveva nell’Antica Alleanza l’involontarietà e l’inavvertenza poteva in qualche modo essere scusati, nella Nuova alleanza questi peccati non possono in alcun modo essere scusati. L’antico uomo non aveva tutti quei mezzi di grazia che possiede il nuovo uomo e neanche anticamente era stato versato lo Spirito Santo nel cuore. Nel Nuovo Testamento nessun dono di grazia manca all’uomo e in più a Lui è stato dato lo Spirito Santo nella pienezza dei suoi doni. Cosa ancora più importante da mettere in evidenza è la differenza sostanziale tra il vecchio uomo e il nuovo. Il vecchio viveva nella sua vecchia natura con il suo cuore di pietra. Il nuovo vive nella nuova natura con il cuore nuovo, come vero corpo di Cristo, partecipe della divina natura, tempio vivo dello Spirito Santo. La differenza è di sostanza, essenza, non solo di forme o modalità estrinseche. Questa differenza va sempre posta in luce quando si parla di peccato.

Nonostante ancora l’uomo non fosse stato rigenerato e rinnovato, ricreato e santificato, sempre il Signore nell’Antico Testamento gli ha chiesto di dominare la sua bramosia, di estinguere il suo odio, di governare la sua collera, di non meditare il male e di non attuarlo. Altra regola data dal Signore è quella di non oltrepassare mai i limiti del male, della cattiveria, della malvagità. Non vi è ritorno indietro. Si è perduti per sempre. Oggi il popolo del Signore dal profeta viene solennemente ammonito. Nessuno pensi che dal male possa venire fuori un solo frutto di bene. Il male genera male non solo per chi lo riceve, molto di più per colui che lo commette. Per chi lo riceve, si tratta di subire una qualche privazione. Per chi lo commette è questione di morte eterna dopo il tempo, nel tempo vi è il rischio di perdere ogni cosa guadagnata con il male e anche la stessa vita. Vale allora la pena fare il male per perdere ogni cosa? A che giova godere l’illusione di avere qualcosa, mentre nella realtà ciò che si è acquisito con il male è solo veleno di morte? Quale utilità vi è nel lavorare solo per la propria morte spirituale, fisica, eterna?

Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli; alla luce dell’alba lo compiono, perché in mano loro è il potere. Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Così opprimono l’uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità. Perciò così dice il Signore: «Ecco, io medito contro questa genìa una sciagura da cui non potranno sottrarre il collo e non andranno più a testa alta, perché sarà un tempo di calamità. In quel tempo si intonerà su di voi una canzone, si leverà un lamento e si dirà: Siamo del tutto rovinati; ad altri egli passa l’eredità del mio popolo, non si avvicinerà più a me, per restituirmi i campi che sta spartendo!”. Perciò non ci sarà nessuno che tiri a sorte per te, quando si farà la distribuzione durante l’assemblea del Signore».

Nessuno si illuda. Pensare di trovare vita fuori della Parola del Signore è potentissimo inganno di Satana. Mai il bene è frutto del male. La storia ogni giorno testimonia contro di noi, stolto e insipienti, che pensiamo che dal male possa derivare un bene. è giusto ripeterlo. Ogni estorsione fisica o spirituale può privare l’altro di un po’ di vita dell’anima, dello spirito, del corpo. Gli può creare un po’ di povertà. Noi invece che commettiamo le ingiustizie siamo privati della vita eterna, domani, dopo la morte. Nel tempo acceleriamo e affrettiamo il processo della nostra miseria e morte fisica.

Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che cadiamo in questa triste illusione.

DISPERDONO IL GREGGE DEL MIO PASCOLO

Ger 23,1-6; Sal 22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34

22 LUGLIO1 LUGLIO – XVI DOMENICA T.O.

Nessun peccato che si commette sulla terra supera per gravità quello del sacerdote. Non si tratta però di un qualche peccato di azione: adulterio, furto, omicidio, falsa testimonianza, superstizione, bestemmia. Il peccato del sacerdote è di omissione nell’insegnamento della Legge del Signore, nel discernimento tra bene e male, sacro e profano, puro e impuro, nella parzialità nell’annunzio della Parola del suo Dio, nella non correzione del popolo di Dio, nello scandalo che si dona quando lui non cammina secondo ciò che insegna. Insegnamento e vita nel sacerdote devono essere una cosa sola. Se un sacerdote vuole fare del male al suo popolo, lo vuole distruggere, disintegrare, è sufficiente che ometta l’insegnamento della Parola. Senza Parola il popolo va alla deriva, si inabissa nell’idolatria, precipita nell’immoralità, percorre solo strade di morte. Il sacerdote è vita del suo popolo, ma anche morte, è benedizione, ma anche maledizione, è salvezza ma anche perdizione. Tutto è dalla sua fedeltà o infedeltà al suo Dio e Signore. Ogni cosa è dalla sua obbedienza e servizio alla Parola.

Aronne, primo sommo sacerdote del Dio vivente, per fragilità o incoscienza, permise al popolo che si fabbricasse un vitello d’oro. Se Mosè non fosse intervenuto presso il Signore, sarebbero tutti morti nel deserto. Una sola omessa vigilanza avrebbe causato la rovina di tutti i figli di Israele. Si mediti bene: una sola omessa vigilanza! Sappiamo che Eli, anche lui sacerdote del Signore, non corresse con fermezza i suoi figli che davano scandalo presso la tenda dell’alleanza. I frutti della debolezza e fragilità di Eli sono stati pesanti sia per lui che per i suoi figli. Osea dichiara il sacerdote responsabile di tutti i disastri morali, sociali, economici del popolo. Lui è venuto meno nell’insegnamento della Parola e tutto il popolo, iniziando dal re, si è consegnato alla delinquenza e ad ogni trasgressione e disobbedienza. Per mandare in rovina il mondo basta solo una “piccola, innocente” omissione del sacerdote. Basta che lui si dimentichi che la sua missione è in ordine alla Legge. Questa va insegnata così come è uscita dalla nocca di Dio e secondo la pienezza della verità in essa contenuta. Il sacerdote che distrugge il popolo di Dio non ha alcun futuro di bene né sulla terra né nell’eternità. Grande è la responsabilità del ministro del Signore, anzi grandissima.

«Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia.

La mediazione sacerdotale è più che necessaria nel popolo del Signore. Può il Signore lasciare senza sacerdoti il suo popolo? Se lo lasciasse senza questi mediatori di luce e di verità, non vi sarebbe alcun futuro di bene. Ecco la promessa del Signore: “Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi”. Ma la promessa del Signore va ben oltre: “Susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra”. Noi sappiamo che il germoglio giusto è Gesù Signore. È Lui il Buon Pastore mandato dal Padre ed è in Lui che ogni altro potrà essere pastore delle pecore del Signore. Nell’Antico Testamento il pastore per insegnare la Parola doveva abitare nella Parola. Nel Nuovo Testamento il pastore per pascere le pecore di Cristo dovrà abitare in Cristo, essere con Lui una sola anima, un solo cuore, un solo corpo. Se il pastore di separa da Cristo, ben presto diventerà o ladro o mercenario.

Regina degli Apostoli, Angeli, Santi, mandati pastori che vivano in Cristo e per Lui.

HA CONSEGNATO SE STESSO PER ME

Gal 2,19-20; Sal 33; Gv 15,1-8

23 LUGLIO

Chi vuole conoscere le profondità del mistero di Cristo Gesù, secondo la rivelazione di Paolo, è sufficiente che legga gli inni contenuti nelle Lettere da lui scritte una agli Efesini, una ai Colossesi, una Filippesi. Altre essenziali verità sono nelle altre sue Lettere. Quello di Cristo è un mistero infinito, perché eterno, divina, umano, di umiliazione fino alla morte di croce ed esaltazione alla destra del Padre.

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose (Ef 3,14.20.23). Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,14-18).

È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli (Col 1,13-20). Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,5-11).

Oggi Paolo ci rivela che Cristo è il cuore della sua vita. Lui dovrà essere il cuore della vita di Cristo. Cristo è morto per Lui. Lui dovrà morire per Cristo. La sua vita sarà perfetta quando anche lui si sarà consegnato per Cristo, formando con Cristo una sola vita. Cristo in Paolo per Paolo. Paolo in Cristo per Cristo. Dono reciproco perfetto.

In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.

Regina dei Martiri, Angeli, Santi, fate della nostra vita un dono perfetto a Cristo

SI COMPIACE DI MANIFESTARE IL SUO AMORE

Mic 7,14 -15.18-20; Sal 84; Mt 12,46-50

24 LUGLIO

Conoscere il Dio della Scrittura Santa è divinamente stupendo. Colma la mente di una luce sempre nuova. Infonde nel cuore una speranza sempre più pura. Il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, che è il Dio di Mosè, di Giosuè, dei Profeti, che è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Dio degli Apostoli e di ogni credente in Cristo Gesù, è il Dio che è amore, verità, fedeltà, giustizia, santità. Due sono essenzialmente le sue Parole, sulle quali tutta la storia si distrugge o si edifica. La prima Parola è detta ad Adamo. La seconda è rivolta al serpente dopo il peccato dell’uomo e della donna.

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,1-16-17).

Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15).

Mentre l’uomo ogni giorno non sa più cosa inventare per inventare per obbedire al serpente, il Signore ogni giorno manifesta all’uomo un amore sempre nuovo per attrarlo a sé. Mentre la creatura studia, si affatica, si stanca nella ricerca di nuove vie di morte, il Signore altro non fa che “pensare” come distruggere le vie di morte dell’uomo, mostrandogli nuove forme di vita sempre più belle e attraenti. La storia è tra queste due forze: l’odio dell’uomo verso la propria vita, pronto a consegnarsi alla morte eterna e l’amore del Signore per la vita dell’uomo che vuole condurlo nella sua eternità beata. È chiaro che in questa battaglia tra l’uomo e Dio, Dio nulla potrà fare senza la volontà dell’uomo. Dio sempre gli manifesta che è solo Lui l’albero della vita. L’uomo per un istante sempre volere accogliere la sua offerta, ma subito dopo eccolo di nuovo sotto l’albero della morte, in diavolo con il serpente tentatore. Storia di ieri, oggi, sempre.

È verità eterna. Dio mai si stancherà nell’offrire all’uomo se stesso come albero di vita, come l’unico albero di vita. La sua ira non è per la distruzione dell’uomo, ma per la sua salvezza. Lui non vuole la morte del peccato. Lui desidera che il peccatore si converta e viva. Non può però privare l’uomo della sua volontà. Gli può mostrare tutte le conseguenze della volontà usata in modo contrario alla sua verità, ma non può fare altro. Dovrà solo attendere che nuovamente scelga Lui per entrare nella vita. La Storia della salvezza è questo combattimento infinito tra la volontà di bene di Dio e la volontà di male dell’uomo. Esso finirà quando verranno i nuovi cieli e la terra nuova. Allora vita e morte saranno eternamente divise. La vita è nel suo paradiso. La morte è nello stagno di fuoco e zolfo. Tra i due regni non vi sarà più alcun contatto. Né colui che è in Paradiso sarà più tentato perché abbandoni la vita e venga precipitato nell’inferno.

Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

Il profeta Michea canta la bellezza del suo Dio. È un Dio che è capace di spegnere in un istante la sua ira, cioè il suo stare lontano dall’uomo. Gli basta che l’uomo riconosca il suo peccato e scelga nuovamente Lui come sorgente della sua vita. Scelto Lui, attraverso la scelta della sua Parola, l’uomo subito ritorna in vita e inizia a gustare i frutti dell’albero della vita. Sempre però vi è accanto all’albero della vita quello della morte, come potente tentazione che lo attrae, lo seduce, lo conquista, lo fa ritornare nella perdita di ogni bene e nella lacerazione della sua stessa natura.

Madre senza peccato, Angeli, Santi, fate che siamo attratti dall’albero della morte.

ANCHE NOI CREDIAMO E PERCIÒ PARLIAMO

2 Cor 4,7-15; Sal 125; Mt 20,20-28

25 LUGLIO

In Dio natura, verità, volontà, parola sono una cosa sola. La parola in lui è come un soffio della sua natura. Anche in Cristo Gesù natura umana, natura divina, verità, volontà, parola, sono una cosa sola. Anche la sua parola è un soffio delle due sue natura, la natura umana e quella divina. Se il cuore è impuro, la natura è impura, la parola è impura. Se il cuore è santo, la natura è santa, la parola è santa. Questa verità è messa in evidenza dal Salmo ed è ripresa e insegnata da Gesù Signore.

Oracolo del peccato nel cuore del malvagio: non c’è paura di Dio davanti ai suoi occhi; perché egli s’illude con se stesso, davanti ai suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla. Le sue parole sono cattiveria e inganno, rifiuta di capire, di compiere il bene. Trama cattiveria nel suo letto, si ostina su vie non buone, non respinge il male (Sal 36 (35) 3-5).

Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,33-37).

Pietro allora gli disse: «Spiegaci questa parabola». Ed egli rispose: «Neanche voi siete ancora capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo» (Mt 15,15-20).

La Parola di un Apostolo del Signore – anche di ogni altro suo discepolo – deve essere attinta dalla propria natura. Non può essere parola tratta da un libro o appresa da altri uomini. Il libro e gli uomini possono essere di aiuto, sostegno, ma se la Parola di Gesù non diviene natura, vita, cuore, mente, volontà, desiderio, carne dell’Apostolo, la sua mai sarà una parola come quella di Dio e di Cristo Gesù. Sarà una parola che non essendo la sua vita, la sua carne e il suo sangue, mai potrà generare vita in un altro cuore. La vita nasce dalla vita. La Parola dell’Apostolo deve essere il suo stesso aliti do vita. Se pieno di Spirito Santo è il suo cuore, piena di Spirito Santo sarà la sua Parola. Se il suo cuore è pieno di peccato, anche la sua parola è una parola di peccato.

Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.

La Parola di Paolo – ho creduto, perciò ho parlato – ci vuole insegna proprio questa verità. Lui non parla di un Cristo appreso dai Libri, o scoperto nella Scrittura Santa. Lui parla del Cristo che è vita della sua vita e cuore del suo cuore. La sua Parola è alito di Cristo e dello Spirito Santo, perché Cristo e lo Spirito Santo sono l’alito della sua vita. Come la vita di Cristo è vita consegnata alla morte per generare molta altra vita, così anche la vita di Paolo è consegnata ogni giorno alla morte per produrre molti frutti di vita. Una sola vita: quella di Cristo in Lui. Una sola morte: quella di Cristo in Lui. Un solo frutto di vita: quello di Cristo per mezzo di Lui. Una sola Parola: quella di Cristo.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fateci natura di verità per dire la Parola della verità.

O CIELI, SIATENE ESTERREFATTI

Ger 2,1-3.7- 8.12-13; Sal 35; Mt 13,10-17

26 LUGLIO

Il Signore vede il disastro spirituale, morale, sociale del suo popolo e manda il profeta Geremia per invitarlo alla conversione, per ritornare nello splendore della vita. Il profeta prima di ogni cosa manifesta ai figli di Israele la scelta errata da essi operato. Hanno abbandonato il Signore, sorgente di acqua di vita per delle cisterne screpolate che contengono solo fango. Vi è stoltezza più grande di questa? Se si lasciasse il meglio per l’ottimo allora vi sarebbe una qualche comprensione. Un “Dio mediocre” è stato abbandonato per un “Dio eccellente”. Così anche una religione poco elevata viene lasciate per una religione che dona all’uomo ogni elevazione morale e spirituale. Nulla di tutto questo. L’acqua è stata abbandonata per del fango. Il vero Dio è stato lasciato per seguire delle nullità. Il tutto è stato tradito per il niente. La verità per la falsità. La luce per le tenebre. Il sole per il buio. Il bene per il male. la giustizia per l’ingiustizia, la vita per la morte. L’abbondanza per la privazione anche dell’aria che si respira.

Possiamo dire che questa scelta non è solo dell’uomo di ieri. È anche di oggi. Anche oggi si rinnega Cristo per seguire “dèi di sola carne che non salvano e non redimono l’uomo”. Se questa scelta la facesse la gente semplice, in qualche modo la si potrebbe anche comprendere. Nell’ignoranza è più facile per Satana penetrare in un cuore e sedurlo. Quello che stupisce è che gente dotta, maestra di verità e di dottrina, non solo nel cuore e nella mente ha abbandonato Cristo Gesù, propone e insegna l’abbandono anche agli altri. Le modalità sono subdole, nascoste nelle parole.

Quanto il Signore rimproverava ieri con Geremia al suo popolo: “Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano”, anche è chiamato a rimproverarlo. Non sa però quale profeta inviare. Sta cercando per mare e per terra, ma non trova un solo uomo che possa essere costituito suo profeta, per denunziare al suo popolo questo orrendo peccato, La preghiera di chi ancora crede deve salire incessantemente a Lui, perché mandi qualcuno che dica ai discepoli di Gesù il grande tradimento che essi stanno operando nella loro religione: Stanno abbandonando l’unica sorgente di acqua viva e zampillante, per delle cisterne che contengono solo fango. È menzogna dire che le cisterne fangose dissetano l’uomo. È menzogna frutto del peccato che governa il cuore e della stoltezza che tiene prigioniera la mente.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata. Israele era sacro al Signore, la primizia del suo raccolto; quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli, la sventura si abbatteva su di loro. Oracolo del Signore. Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. O cieli, siatene esterrefatti, inorriditi e spaventati. Oracolo del Signore. Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua.

Quali sono i frutti di questa scelta sciagurata del popolo di Dio? Il Signore aveva dato loro una terra da giardino, un vero giardino dell’Eden. Essi appena entrati hanno contaminato la terra con il loro peccato, trasformandola in un deserto. Quanti sono cultori dell’ecologia questo dovrebbero pensare. La vera ecologia è il frutto della santità della persona umana. Ogni vizio e ogni peccato contamina la terra e la riduce a deserto. Non è verità scientifica, ma rivelata dall’Onnipotente Creatore del cielo e della terra. Oggi c’è una falsa ecologia frutto dell’insipienza e della stoltezza dell’uomo che ha abbandonato il suo Dio. Ecologia frutto di stoltezza è oggi la zoolatria.

Madre della Sapienza, Angeli, Santi, non permettete che siamo schiavi della stoltezza.

VI DARÒ PASTORI SECONDO IL MIO CUORE

Ger 3,14-17; C Ger 31,10-13; Mt 13,18-23

27 LUGLIO

Il sacerdote è vero cardine della porta del bene e del male, della verità e della falsità, della giustizia e dell’ingiustizia, del Paradiso e dell’inferno, di Dio e del Diavolo. Per lui si apre la porta del Paradiso e si chiude quella dell’inferno, ma anche si chiude la porta del Paradiso e si apre quella dell’inferno. Per lui la terra si può trasformare in benedizione e per lui in maledizione. Per lui viene la vera vita e per lui ogni morte. Nessun altro sulla terra ha un potere così grande. È come se Dio avesse posto nelle sue mani l’albero della vita e l’albero della morte. Non però lasciandogli libera la volontà di dare o l’albero della vita o quello della morte. Bensì gli ha dato il comando di dare l’albero della vita e nascondere all’uomo l’albero della morte, così che possa sempre nutrirsi dell’albero della vita. Altissima è la responsabilità del sacerdote. Per lui la pace invade i cuori e per lui la guerra distrugge il m ondo.

Il sacerdote è il secondo grande dono di Dio, dopo aver dato la Legge. Ai piedi del Sinai il Signore scrive le due tavole di pietra per il suo popolo, i Dieci Comandamenti, e subito dopo dona al popolo coloro che dovranno insegnare ad esso la corretta lettura e interpretazione di quelle due tavole. Possiamo dire che il Sacerdote è “la mente di Dio” sulla nostra terra. Lui deve insegna agli uomini a pensare come Dio pensa, perché possa volere come Dio vuole. Se però il sacerdote non è “mente di Dio”, perché non crede nel suo altissimo ministero e missione, il popolo mai potrà pensare come pensa il suo Signore e mai volere come vuole il suo Dio. Ecco allora che è il sacerdote è il punto di contro tra la mente di Dio e la mente degli uomini. Deve fare incontrare la mente di Dio con la mente degli uomini e la mente degli uomini con la mente di Dio. Ma tutto questo potrà avvenire se lui è mente di Dio. È mente di Dio se è pensiero di Dio. è pensiero di Dio se è volontà visibile di Dio in mezzo al suo popolo.

Quando il sacerdote smette di essere mente di Dio, il Signore nulla potrà fare per la sua salvezza. Un sacerdote che diviene mente del diavolo, consumerà la sua vita nella menzogna e nella falsità e ridurrà il suo ministero a pura esteriorità, a quella visibilità diabolica, fatta di ipocrisia, finalizzata a nascondere la cattiveria e la malvagità del suo cuore. Sappiamo che Cristo Gesù ha scacciato i diavoli dal corpo dell’uomo, mai ne ha scacciato uno solo da un capo dei sacerdoti. La soluzione di ieri, vale anche per oggi e per sempre. Il Signore si sceglie sacerdoti secondo il suo cuore e li dona al suo popolo con scienza e intelligenza. Vi guideranno cioè nello Spirito Santo. Il Signore darà loro il suo Spirito così come lo darà al suo Messia con tutta la pienezza dei suoi doni ed essi saranno una sorgente di vita per il suo popolo. Il Signore dona, ma anche il popolo deve chiedere. Ma un popolo idolatra chiederà mai sacerdoti al suo Dio?

Ritornate, figli traviati – oracolo del Signore – perché io sono il vostro padrone. Vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion. Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza. Quando poi vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni – oracolo del Signore – non si parlerà più dell’arca dell’alleanza del Signore: non verrà più in mente a nessuno e nessuno se ne ricorderà, non sarà rimpianta né rifatta. In quel tempo chiameranno Gerusalemme “Trono del Signore”, e a Gerusalemme tutte le genti si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più caparbiamente il loro cuore malvagio..

Non solo il Signore darà loro pastori secondo il suo cuore, modificherà anche gli antichi ordinamenti in ordine alla visibilità della religione. Nessuna cosa era più santa dell’arca dell’alleanza. Ebbene la stessa arca scomparirà. Di essa non vi sarà neanche il ricordo. Il posto dell’arca sarà preso da Gerusalemme, perché in essa il Signore porrà il suo trono. Dio governerà direttamente il suo popolo. Nella visione dell’Apocalisse questa profezia si compirà nella Nuova Gerusalemme del Cielo. Oggi sulla terra si compie il Cristo Gesù, nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità. Verità e santità sono sempre un dono di Dio e vengono a noi attraverso i suoi mediatori.

Madre del Signore, Angeli, Santi, fateci veri mediatori della verità e santità di Dio.

È UN COVO DI LADRI QUESTO TEMPIO?

Ger 7,1-11 ; Sal 83; Mt 13,24-30

28 LUGLIO

Nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù ricorda questa profezia di Geremia quando Lui, entrando nel tempio, scaccia via dai suoi cortili i venditori di pecore e di altri animali e rovescia i tavoli dei cambiamonete. Non parla però di covo di ladri, bensì di mercato. Evita così di entrare in valutazioni di ordine morale, che avrebbero dato tanto fastidio ai Giudei. Il riferimento al profeta è fatto in modo velato. Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. (Gv 2,13-17). Vi è però un’aggiunta fatta dai discepoli meritevole di ogni attenzione. Essi vedono Gesù nelle vesti del Servo Sofferente o del Giusto per seguitato. A Lui infatti vengono applicati due Salmi: il 69 (68) e il 119 (118): “Poiché mi divora lo zelo per la tua casa, ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta” (Sal 69 (68) 10). “Mi divora lo zelo della tua casa, perché i miei nemici dimenticano le tue parole” (Sal 119 (118) 139). Gesù sarà crocifisso per il suo zelo per la Parola del Padre.

Nei Vangeli Sinottici il riferimento a Geremia è esplicito. Il motivo è da trovare nello spostamento del tempo. In Giovanni la purificazione avviene agli inizi del suo ministero, nei Sinottici è alla fine, quando Gesù, entrando in Gerusalemme, viene acclamato Messia. Lui può dire tutta la verità, perché ormai la sua ora è decisa. Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri» (Mt 21,12-13). Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri» (Mc 11,15-17). Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri» (Lc 19,45-46). L’aggiunta al profeta Geremia è opera direttamente da Gesù. In Giovanni Gesù è il nuovo tempio del Padre. Nei Sinottici Gesù è la casa di preghiera per tutti i popoli. Lui viene per dare compimento alla missione di Abramo. In tutti i popolo dovranno formare una sola casa, un solo corpo, una sola vita. In Lui abita Dio e per Lui va invocato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli» (Is 56,6-7).

La profezia di Geremia dice che la Legge è insostituibile. Il culto serve per dare vera vita alla Legge. Si abolisce la Legge, si fa del tempio un covo di ladri. Come il covo è un rifugio perché il ladro continui ad essere ladro, così il tempo serve per continuare ad essere idolatri.

Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: «Férmati alla porta del tempio del Signore e là pronuncia questo discorso: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo. Non confidate in parole menzognere ripetendo: “Questo è il tempio del Signore, il tempio del Signore, il tempio del Signore!”. Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. Ma voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? Anch’io però vedo tutto questo! Oracolo del Signore.

Madre Purissima, Angeli, Santi, aiutateci a fare del Vangelo il nostro vero culto a Do.

NE MANGERANNO E NE FARANNO AVANZARE

2 Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15

29 LUGLIO – XVII DOMENICA T.O.

La parola del vero profeta del Dio vivente non è parola come quella di ogni altro uomo. Essa gode della stessa onnipotenza creatrice del suo Signore. Il Signore dice e le cose vengono alla luce. Comanda e tutto gli obbedisce. Dice una Parola, secondo quanto detto avviene. È proprio dal compimento della parola che si distingue il vero profeta dal falso. Questo principio di distinzione o di verità è annunciato dal Signore al suo popolo quando nel deserto a promesso ad esso che gli avrebbe mandato un profeta pari a Mosè. Lo avrebbero riconosciuto dalla parola che sempre si sarebbe compiuta.

Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui (Dt 18,15-22).

Un uomo porta 20 pani d’orzo a Eliseo. Questo gli ordina di darli alle gente perché si possa nutrire. I pani sono appena venti e sono anche piccoli. Gli uomini sono cento, un numero elevatissimo. Il profeta non solo insiste perché vengano loro offerti, rassicura il giovane che tutti mangeranno, si sazieranno e ne rimarrà anche. Pochi pani, molte persone. Tutti si saziano. Rimane anche molto. Questi pani sono in qualche modo figura dell’Eucaristia. La differenza è però infinitamente più grande. Nel sacramento della Cena il corpo è uno solo. Esso non viene dato a cento persone e neanche a mille, diecimila, un milione. Questo unico e solo corpo è dato ad un ogni a iniziare dalla sera della Cena Pasquale e terminando con l’ultima Santa Messa che sarà celebrata prima il giorno stesso della parusia del Signore. Esso è vero mistero della fede. Il corpo non si moltiplica. Il corpo è sempre uno. Sempre lo stesso corpo. Senza alcuna moltiplicazione esso è in tutte le ostie consacrate della terra. Anche se si spezza l’ostia, il corpo non si spezza, rimane uno sempre ed è in ogni parte spezzata. Questo miracolo solo Cristo avrebbe potuto pensarlo e solo la sua divina onnipotenza realizzarlo. Non è invenzione dell’uomo e neanche esso è simbolico.

Da Baal‑Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Il miracolo si compie. L’occhio del corpo nulla percepisce, nulla fede. Gli occhi dello Spirito, sempre illuminati dallo Spirito Santo vedono, contemplano, adorano, lo accolgono nel loro corpo, lasciando che Cristo si trasformi in vita, acquisti ciò un nuovo corpo attraverso il quale operare le meraviglie della sua redenzione. Se si trasforma solo il pane in corpo di Cristo, l’eucaristia fallisce la sua vera finalità. Il pane si trasforma in corpo di Cristo perché mangiato dal cristiano, il corpo del cristiano si trasformi diventi corpo di Cristo. Questa è vera finalità dell’Eucaristia. Ma perché essa venga raggiunta è necessaria la fede e la volontà di ognuno che si accosta ad essa. Se il cristiano si nutre del corpo di Cristo, ma non diventa corpo di Cristo, se Cristo non può assumere tutto il suo corpo per l’opera della salvezza, l’Eucaristia non è mangiata in pienezza di fede. Siamo responsabili dinanzi a Dio del dono non messo pienamente a frutto. Il frutto dell’Eucaristia è uno solo: il nostro corpo che diviene corpo di Cristo.

Madre Purissima, Angel, Santi, fate che l’Eucaristia produca in noi il suo vero frutto.

MIO POPOLO, MIA FAMA, MIA LODE

Ger 13,1-11; C Dt 32,18-21; Mt 13,31-35

30 LUGLIO

Dio ha un grande desiderio nel cuore: poter esaltare la sua opera dinanzi ad ogni creatura e anche dinanzi ai suoi Angeli. Persino dinanzi a Satana o al Diavolo Lui vuole attestare la sua “bravura”, la potenza del suo amore, lo splendore della sua luce, che si riflette tutta sull’uomo, creatura da Lui fatta a sua immagine e somiglianza. Quanto il Signore fa con Giobbe, vuole farlo con ogni uomo, ma in modo del tutto speciale lo vuole fare con il suo popolo. Israele aveva un’altissima vocazione: essere nella storia, sulla terra e nei cieli, la fama e la lode del suo Signore. Dio avrebbe voluto sempre poter manifestare e dire ai popoli pagani: “Osservate il mio popolo e saprete di cosa io sono capace: “Edificare santo un intero popolo”. Leggiamo Giobbe e comprenderemo.

Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore (Gb 1,6-12). Accadde, un giorno, che i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, e anche Satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male. Egli è ancora saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui per rovinarlo, senza ragione». Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quello che possiede, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e colpiscilo nelle ossa e nella carne e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita» (Gb 2,1-6).

Ora è giusto che ognuno di noi – papa. cardinale, vescovo, presbitero, diacono, cresimato, battezzato – : “Può il Signore gloriare se stesso dinanzi a Satana, agli Angeli, al mondo intero che io sono sua lode e sua gloria? Può Lui indicare come modello perfetto di riuscita della sua opera?”. Questa domanda non deve essere retorica, profondo esame di coscienza. Se non si è, urge divenirlo e al più presto.

Il Signore mi disse così: «Va’ a comprarti una cintura di lino e mettitela ai fianchi senza immergerla nell’acqua». Io comprai la cintura, secondo il comando del Signore, e me la misi ai fianchi. Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda volta: «Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e va’ subito all’Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra». Io andai e la nascosi presso l’Eufrate, come mi aveva comandato il Signore. Dopo molto tempo il Signore mi disse: «Àlzati, va’ all’Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi». Io andai all’Eufrate, cercai e presi la cintura dal luogo in cui l’avevo nascosta; ed ecco, la cintura era marcita, non era più buona a nulla. Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: «Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume l’orgoglio di Giuda e il grande orgoglio di Gerusalemme. Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri dèi per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda – oracolo del Signore –, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono.

I figli d’Israele, secondo le rivelazioni dei profeti, non solo hanno fallito, hanno anche fatto sì che il nome del Signore fosse disprezzato tra le nazioni. Oggi il nome di Gesù non è disprezzato perché i cristiani non camminano nel suo Vangelo e non seguono le sue orme? Può una persona convertirsi al Vangelo vedendo il cristiano fuori di esso? Quale vantaggio si riceve, se la Parola è calpestata da chi dice di credere in essa?

Madre Immacolata, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia gloria e lode del Signore.

NON DISONORARE IL TRONO DELLA TUA GLORIA

Ger 14,17-22; Sal 78; Mt 13,36-43

31 LUGLIO

Gerusalemme è il trono della gloria di Dio. In essa vi è la sua casa sulla terra. Lo Spirito Santo possiede una sua verità che è infallibile in ordine all’esaudimento della preghiera, se l’uomo la pone dinanzi agli occhi del Signore. La verità obbliga sempre il Signore. Mai Lui potrà disobbedire alla sua verità. Abramo chiede la non distruzione di Sodoma sulla verità del Signore che è giusto giudice. Il giusto giudice non punisce insieme giusti e ingiusti. Punisce gli ingiusti e assolve i giusti.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (18,22-33).

Mosè chiede il perdono del peccato del suo popolo sulla verità della fedeltà del Signore ad ogni sua Parola. Mai il Signore potrà essere infedele quanto giurato o promesso.

Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”» (Es 32,11-13).

Lo Spirito Santo oggi suggerisce a Geremia una terza verità di Dio. Dio ha deciso di porre il suo trono in Gerusalemme. Se la città viene conquista, è Dio che è conquistato. È la sua casa che sarà distrutta. Può il Signore permettere che la sua casa venga distrutta? Se la casa di Dio cadrà non vi sarà nessuna altra sua casa sulla terra. Può il Signore permettere questo? Di certo il Signore non vuole questo, ma anche il popolo non lo deve volere. Il popolo non lo vuole, se si converte e torna nella Parola.

Tu riferirai questa parola: I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco le vittime della spada; se entro nella città, ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere». Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpiti, senza più rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore! Riconosciamo, Signore, la nostra infedeltà, la colpa dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. Ma per il tuo nome non respingerci, non disonorare il trono della tua gloria. Ricòrdati! Non rompere la tua alleanza con noi. Fra gli idoli vani delle nazioni c’è qualcuno che può far piovere? Forse che i cieli da sé mandano rovesci? Non sei piuttosto tu, Signore, nostro Dio? In te noi speriamo, perché tu hai fatto tutto questo.

In questo caso Dio non è guidato dalla sua gloria, ma dalla conversione del suo popolo. Se deve rinunciare al trono della sua gloria per la conversione di Giuda, lo farà.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che rinunciamo ad ogni gloria perché il mondo si salvi.