Commento teologico alla prima lettura – Maggio 2017

 

1 MAGGIO

Videro il suo volto come quello di un angelo

At 6,8-15; Sal 118,23-24.26-27.29-30; Gv 6,22-29.

Finora i Giudei si erano limitati a proibire agli Apostoli di predicare nel nome di Cristo Gesù. Vi era stato per essi anche il carcere e la fustigazione perché non parlassero, ma non si era andati oltre. Gamaliele aveva persuaso il sinedrio a non procedere. Ora invece si compie la Parola di Gesù verso i suoi discepoli. Giunge per essi l’ora del martirio, del dono della vita proprio perché discepoli di Cristo Signore. La persecuzione contro Cristo diviene e si fa persecuzione contro i suoi discepoli.

Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione. Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto. (Gv 15,18-16,4).

Il primo martire, o testimone con il sangue è Stefano. È discepolo di Gesù pieno di grazia e di Spirito Santo. È uno dei sette ai quali era stato affidato da Pietro il servizio delle mense. Quest’uomo, proprio perché ricolmo di Spirito, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. A questa potenza di opera lui aggiungeva una straordinaria potenza di parola e di sapienza. Nessuno riusciva a resistere alla sua argomentazione. Quando non si può vincere usando le armi della verità, si vince con le armi della menzogna, della falsità, dell’inganno, della falsa testimonianza. Con Stefano accadde come è avvenuto per Gesù Signore. Vennero istigati alcuni perché accusassero il discepolo di Gesù mettendo sulla sua bocca parole mai da lui proferite, mai pensate. Sempre la parola di male è a servizio di quanti vogliono distruggere gli uomini di verità e di luce.

Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, 0ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.

Nonostante gli uomini vogliono distruggere Stefano, distruggendo in lui Gesù Signore, Dio, per il suo grande amore verso il suo popolo, dona ad essi un potentissimo segno: attesta che Stefano è suo, infatti lo riveste di una luce più potente di quella con la quale sul monte aveva rivestito il suo servo Mosè. Il volto di Stefano era come quello di un Angelo. Segno questo che il discepolo è di Dio, appartiene a Dio, non al Dio di Gesù Cristo o al Dio Gesù Cristo, ma al Dio di Mosè, di Abramo, al Dio di Giosuè, al Dio dei profeti dell’Antica Legge. Stefano non è un estraneo a Dio, è di Dio allo stesso modo che di Dio era Mosè. È questo un grande segno di amore. Essi vogliono uccidere Stefano. Dio vuole salvare il suo popolo. All’odio Dio risponde con grande amore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vita dell’amore di Dio.

 

2 MAGGIO

Il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio

At 7,51-8,1a; Sal 30,3-4.6-8.17.22; Gv 6,30-35.

Dinanzi al sinedrio la sapienza ispirata, nello Spirito Santo, di Stefano rilegge tutta la storia dei Padri. In questa storia vi sono due verità: da un lato la misericordia eterna di Dio verso i figli di Abramo, dall’altra l’ostinazione del suo popolo e la sua ininterrotta disobbedienza alla sua Parola. Questa ostinazione e disobbedienza esplode nella violenza omicida contro i profeti e i messaggeri del loro Dio. Stefano interpreta la loro storia sulla scia del Salmo e degli altri profeti, attestando che uno è lo Spirito di Dio. Lo Spirito che parlava per mezzo dei profeti e lo stesso Spirito che parla per messo di lui.

Non siano come i loro padri, generazione ribelle e ostinata, generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio. Non osservarono l’alleanza di Dio e si rifiutarono di camminare nella sua legge. Dimenticarono le sue opere, le meraviglie che aveva loro mostrato. Cose meravigliose aveva fatto davanti ai loro padri nel paese d’Egitto, nella regione di Tanis. Divise il mare e li fece passare, e fermò le acque come un argine. Li guidò con una nube di giorno e tutta la notte con un bagliore di fuoco. Spaccò rocce nel deserto e diede loro da bere come dal grande abisso. Fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l’acqua a fiumi. Eppure continuarono a peccare contro di lui, a ribellarsi all’Altissimo in luoghi aridi. Nel loro cuore tentarono Dio, chiedendo cibo per la loro gola.

Quando li uccideva, lo cercavano e tornavano a rivolgersi a lui, ricordavano che Dio è la loro roccia e Dio, l’Altissimo, il loro redentore; lo lusingavano con la loro bocca, ma gli mentivano con la lingua: il loro cuore non era costante verso di lui e non erano fedeli alla sua alleanza. Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa, invece di distruggere. Molte volte trattenne la sua ira e non scatenò il suo furore; ricordava che essi sono di carne, un soffio che va e non ritorna. Quante volte si ribellarono a lui nel deserto, lo rattristarono in quei luoghi solitari! Ritornarono a tentare Dio, a esasperare il Santo d’Israele. Non si ricordarono più della sua mano, del giorno in cui li aveva riscattati dall’oppressione, quando operò in Egitto i suoi segni, i suoi prodigi nella regione di Tanis. Scacciò davanti a loro le genti e sulla loro eredità gettò la sorte, facendo abitare nelle loro tende le tribù d’Israele. Ma essi lo tentarono, si ribellarono a Dio, l’Altissimo, e non osservarono i suoi insegnamenti. Deviarono e tradirono come i loro padri, fallirono come un arco allentato. Lo provocarono con le loro alture sacre e con i loro idoli lo resero geloso (Cfr. Sal 78 (77) 1-71).

Altro segno della verità di Stefano. Lui è radioso sul volto più che Mosè. Lui legge la Scrittura Antica nella purissima luce dello Spirito Santo. Lui è di Dio e Dio è in Lui, perché lo Spirito di Dio è sopra di lui. Stefano è potentissima luce di Dio dinanzi al suo popolo. Dio non cambia nel suo amore. Dona ogni segno perché il popolo si converta e ascolti la sua Parola, il suo invito. Chi invece non cambia è il popolo. Testardo è stato con Mosè, testardo con i profeti, testardo con Cristo Gesù, testardo con i discepoli di Gesù. Veramente è un popolo che non ama la conversione, non ama la Parola di Dio.

Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione.

Stefano viene condannato non perché accusato ingiustamente, ma perché vero testimone di Gesù dinanzi ai Giudei. Lui muore perché attesta di vedere i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio. Lui è lapidato come vero testimone di Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni di Cristo Gesù.

 

3 MAGGIO

A meno che non abbiate creduto invano!

1 Cor 15,1-8a; Sal 18,2-5; Gv 14,6-14.

Paolo con grande amore, piena dedizione, indicibile attenzione aveva “creato” la comunità di Corinto. Lui parte per recarsi a predicare il Vangelo in altri luoghi, secondo il comando dello Spirito Santo, e dopo poco tempo era successo anche a lui quanto era accaduto con Mosè presso il Sinai. Il suo popolo era divenuto idolatra, senza più fede nel Dio dell’Alleanza. Israele si era costruito un vitello d’oro come suo Dio.

Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione» (Es 32,1-10).

Nulla era rimasto intatto della fede da lui annunziata. Anche Cristo era divenuto un pensiero umano, un figura storica del passato e nulla più. Infatti non si credeva nella sua risurrezione. Regnava nella comunità una parvenza di fede. I suoi contenuti, anche quelli essenzialissimi, erano stati divorati e inghiottiti dalla falsità, dai pensieri della terra, dai sentimenti di questo o di quell’altro. Si viveva in una grande guerra di ignoranza e in una divisione e scontro degli uni contro gli altri. Questo sempre succede quando scompare la vera fede. Scompare la carità, finisce la speranza, ci si aggrappa alle misere cose del momento. Paolo deve ricostruire nei cuori tutto il tessuto della vera fede, che può essere fondata sul mantenere integro ciò che si è ricevuto.

Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me.

La fede non è una invenzione della mente, un suggerimento del cuore, una risposta alle esigenze della storia, una risposta umana alle cose della terra. Essa non è un’altra antropologia, non è una eccellente filosofia, non è una scuola di economia, neanche è un trattato di psicologia, da aggiornare man mano che le acquisizioni si fanno più profonde e la scienza si illumina di nuovi contenuti di esperienza. La fede è “tradizione”. Essa è conservare intatto, senza alcun cambiamento ciò che si è ricevuto. Per questo essa può nascere solo dall’annunzio degli Apostoli e dei loro successori. Per questo essa richiede di essere perseveranti nell’insegnamento e nella dottrina degli apostoli. La risurrezione di Gesù non è una deduzione di fede. Essa è vera tradizione, vera consegna, vero annunzio, fondato sulla storia, sulla scrittura, sulla visione, sulla testimonianza. La risurrezione è il cuore della fede. Se non si crede in Cristo Risorto, non si ha alcuna ragione per credere. Senza Cristo risorto non c’è speranza vera per l’uomo. Cristo Risorto è il tutto della fede e tutto è la Risurrezione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di retta fede in Cristo.

 

4 MAGGIO

Capisci quello che stai leggendo?

At 8,26-40; Sal 65,8-9.16-17.20; Gv 6,44-51.

Gli Atti degli Apostoli contengono una verità non scritta, non rivelata direttamente con le parole, ma indirettamente manifestata in ogni loro pagina. L’Autore che muove tutta la storia è lo Spirito Santo. È Lui che raduna il giorno di Pentecoste tutto il mondo allora conosciuto davanti agli Apostoli. È Lui che muove Pietro e Giovanni perché si rechino al tempio e donino guarigione allo storpio, che giaceva alla porta Bella. È Lui che guida la successiva discussione o dialogo con i capi dei Giudei. È Lui che dona a Stefano la sapienza cui nessuno poteva resistere. Ora è Lui che comanda a Filippo di recarsi sulla strada che da Gerusalemme conduce a Gaza. Ma anche il resto degli Atti afferma, rivela, manifesta la stessa verità. È Lui che manda a chiamare Pietro perché si rechi nella casa di Cornelio ed è Lui che manda Paolo e Barnaba in missione presso tutti i popoli dell’Asia, della Grecia, fino a Roma. Lo Spirito Santo è l’ispiratore di tutto ciò che avviene nella Chiesa nata dalla Pentecoste. Lui è il Datore della vita.

Vi è un funzionario della Regina Candace di Etiopia, che lo Spirito del Signore vuole che venga battezzato, dopo aver conosciuto il mistero di Cristo Gesù. La salvezza dell’uomo è dalla volontà eterna, divina, imperscrutabile del Padre. Gesù lo ha detto nel Vangelo secondo Giovanni. Le pecore sono del Padre ed è Lui che le dona a Cristo, al suo corpo, alla sua Chiesa. Cristo, il suo corpo, la sua Chiesa, ogni figlio di essa, devono essere sempre pronti e mettersi in immediata obbedienza allo Spirito del Signore. La salvezza è data da Dio, in Cristo, suggerita dallo Spirito Santo, ma concretamente operata dal suo corpo che è la Chiesa. Se i figli della Chiesa non sono pronti, non obbediscono, rallentano l’obbedienza, il cocchio cammina e il funzionario ritorna in Etiopia così come è venuto. Leggerà la Scrittura ma nulla comprenderà di Gesù Signore e soprattutto nel suo nome mai sarà battezzato per avere la salvezza.

Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.

Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

Filippo obbedisce, ascolta lo Spirito che gli dice di avvicinarsi al carro. La salvezza non si compie per la mozione, l’ispirazione, l’ascolto dello Spirito Santo agli inizi della missione. Tutta la missione dall’inizio alla fine deve essere sotto la mozione dello Spirito di Dio. Filippo si avvicina, chiede, l’altro manifesta la sua ignoranza nelle Scritture, le legge ma non le comprende, lui sale sul carro, gli spiega ogni cosa, gli manifesta il mistero di Gesù. Il funzionario comprende così bene la spiegazione, da chiedere, giunti ad un corso d’acqua, di essere battezzato. La missione inizia dallo Spirito, si compie nello Spirito, termina per volontà dello Spirito. Dallo Spirito Filippo viene rapito e trasportato ad Azoto per annunziare anche in quella regione il Vangelo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti allo Spirito.

 

5 MAGGIO

Io sono Gesù, che tu perséguiti!

At 9,1-20; Sal 116,1-2; Gv 6,52-59.

San Paolo, nello Spirito Santo, è il primo datore di luce sul mistero della sua vocazione. Lui non perseguitava la Chiesa per odio, ma per zelo, per la fede riposta nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Il suo rigido monoteismo è privo della verità nascosta nelle parole dei Profeti e dei Salmi. Lui nega la storia in nome della fede, invece di leggere la storia per aprirsi alla verità della fede. Fede è storia sono una cosa sola.

Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile (Fil 3,4-6). Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco (Gal 1,11-17). Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna (1Tm 1.12-16).

Affermando che lui è stato chiamato fin dal seno di sua madre, San Paolo dichiara la sua vocazione vera missione profetica. Lui è come Geremia, Giovanni il Battista.

Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.

Sulla via di Damasco la sua vocazione non viene creata, gli viene rivelata. Il Signore gliela rivela in una maniera singolarissima perché la sua missione è particolarissima. Lui dovrà gridare a tutto il mondo la novità di Cristo Gesù e la sua unicità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

6 MAGGIO

Camminava nel timore del Signore

At 9,31-42; Sal 115,12-17; Gv 6,60-69.

Il timore del Signore è dono dello Spirito Santo. Una Chiesa che cammina nel timore di Dio attesta che lo Spirito di Dio è su di essa, da Lui si lascia muovere, guidare, condurre, ispirare. Lui è il Signore che traccia le vie sulle quali essa dovrà sempre incamminarsi. Non è saltuaria l’azione dello Spirito sulla Chiesa, ma abituale, permanente. Non è un solo suo figlio che cammina nel timore del Signore, ma tutti. Ogni credente in Cristo è sotto l’azione dello Spirito di Dio. La pienezza dello Spirito che ha mosso Cristo Gesù è la stessa pienezza che oggi muove la Chiesa. È come se la Chiesa vivesse in una Pentecoste perenne. Ogni giorno lo Spirito si posa su di essa e ogni giorno essa si pone a servizio di Lui. La Chiesa vive per ascoltare lo Spirito. Lo Spirito vive per muovere la Chiesa. Spirito e Chiesa sono una sola vita. La Chiesa può dire di sé ciò che la profezia di Isaia profetizza di Gesù Signore.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli (Is 11,1-10).

Pietro, mosso dallo Spirito Santo, prima si reca a Lidda dove trova un paralitico che da otto anni giaceva su una barella e gli ridona l’uso delle gambe. A Giaffa risuscita Tabità, donna dalla grande carità, piena di amore verso le donne vedove e sole. Questi due segni danno vigore alla fede e aprono le sue porte a molti altri. Sempre la fede, vissuta nel timore del Signore, in perenne ascolto dello Spirito di Dio, apre le sue porte perché molti altri vi possano entrare. La fede nasce sempre dalla fede. La fede che apre le porte alla fede è quella che si trasforma in carità, in amore, in opere sante.

La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore. A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva. La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore. Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone, conciatore di pelli.

Camminare nel timore del Signore è dare allo Spirito Santo il timone della Chiesa, perché sia Lui a condurla dove il Padre celeste ha stabilito che essa operi. Senza il timore di Dio, lo Spirito si ritira e l’uomo rimane prigioniero di sé. Non dona salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di timore di Dio.

 

7 MAGGIO – IV Domenica di Pasqua A

Salvatevi da questa generazione perversa!

At 2,14a.36-41; Sal 22,2-6; 1 Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10.

C’è una verità, che è volontà di Dio, che sempre deve essere evidenziata, illuminata, posta sul candelabro. Il Vangelo non è un lieto messaggio lasciato alla libera accoglienza delle singole coscienze. Io ti rivelo questa buona notizia, se tu vuoi, puoi accoglierla, altrimenti resti nella tua vita, anch’essa via buona per amare e servire Dio. Il Vangelo non è questo. Prima di ogni cosa è la sola vera via attraverso la quale l’uomo ritorna ad essere uomo. L’uomo non è uomo, perché è nella morte. Se vuole tornare in vita, la sola via percorribile è il Vangelo di Gesù Cristo. Questa verità oggi non è più creduta ed in parte è anche colpa e responsabilità della Chiesa. È la Chiesa che nei suoi figli più dotti spesso insegna che il Vangelo è via, ma non è la via. Nulla è più falso e nulla più ingannevole e nulla più disumano. In nome dell’amore e del rispetto dell’uomo si lascia l’uomo nella morte. Non gli si parla della vera vita.

La seconda verità è ancora più obbligante. Gesù non manda i suoi nel mondo per riferire la novità che viene dalla sua vita e dallo Spirito Santo. Li invia perché annunzino il Vangelo, invitino ogni uomo a convertirsi ad esso, si lascino tutti battezzare quanti hanno creduto, ad ogni battezzato insegni come il Vangelo si vive in ogni sua Parola. L’invito alla conversione non è facoltativo, è obbligatorio, è parte integrante della missione. Questo significa che se l‘invito non viene fatto, non c’è missione cristiana. Si può dialogare, parlare, discutere, ci si può anche impegnare per degli scopi comuni da raggiungere, quali la pace o la salvaguardia del creato, ma non c’è missione cristiana. La missione cristiana inizia quando ad ogni uomo il discepolo di Gesù dice: “Ora convertiti a quanto io ti ho annunziato, credi nella Parola che ti ho detto, ti lasci battezzare, ti salvi da questa generazione perversa!”. Proclamazione del Vangelo, invito esplicito alla conversione, battesimo nel nome di Gesù, insegnare come il Vangelo si vive: sono la missione cristiana. Se una sola di queste cose manca, la missione è un aborto. Se neanche il Vangelo è annunziato, non c’è alcuna missione.

Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.

Oggi questa chiarezza manca. Che ogni uomo abbia il diritto a camminare seguendo le sue credenze, la sua religione, le sue tradizioni è una cosa. Che sia libero anche di passare da una credenza ad un’altra o da una religione ad un’altra, anche questo è vero, perché si è obbligati a seguire la propria coscienza. La Chiesa in ogni suo figlio non è libera nel dare o nel non dare il Vangelo, nel dire o nel non dire la Parola, nell’invitare o meno alla conversione. Essa è obbligata per obbedienza eterna, senza alcuna variazione, a predicare il Vangelo ad ogni creatura, ad invitare ogni uomo alla conversione, a battezzare nel nome di Cristo, a insegnare a tutti come il Vangelo va vissuto. Questa non è libertà religiosa per essa. Questo è obbligo, comando, imperativo missionario. Essa ha l’obbligo di obbedire al suo Maestro e Signore. Gli uomini hanno il diritto di coscienza ad accogliere o a rifiutare il dono della vita eterna. L‘altro, ogni altro, deve ricevere il dono della vita eterna. Nessuno potrà essere privato di esso. Ognuno poi può accoglierlo o rifiutarlo, ma con sua personale responsabilità. Se la Chiesa non offre il dono della vita eterna e l’altro si danna, di questa dannazione il Signore rende responsabile la sua Chiesa per omissione grave nella missione. Noi non siamo stati mandati a fare proseliti. È vero. Ma si deve aggiungere che siamo stati mandati per fare di ogni uomo un figlio di Dio, facendolo corpo di Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Cristo.

 

8 MAGGIO

Chi ero io per porre impedimento a Dio?

At 11,1-18; Sal 41,2-3; 42,3-4; Gv 10,11-18.

Ciò che San Pietro insegna nella sua prima Lettera sull’obbligo dei discepoli di Gesù di rendere ragione al mondo sulla speranza che li muove e li spinge, vale anche all’interno della Chiesa. Poiché nella Chiesa siamo tutti di obbedienza allo Spirito Santo, è necessario che per ogni azione, decisione, opera, consiglio, suggerimento rendiamo ragione ai fratelli, attestando e certificando che quanto è stato da noi fatto, detto, pensato, voluto, compiuto viene solo dallo Spirito del Signore. Se viene dallo Spirito di Dio, a Lui tutti devono obbedire, anche se la sua volontà è stata manifesta ad uno anziché ad un altro. L’obbedienza non è all’uomo, ma sempre allo Spirito Santo.

E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito (1Pt 3,12.18).

Anche Pietro è obbligato a rendere ragione della speranza che ha mosso il suo cuore, entrando in una casa di pagani e portando in essa la consolazione della Parola e il dono della vita eterna. Le sue parole sono chiare. Nulla è venuto dal suo cuore, dalla sua volontà, dai suoi pensieri. Nulla è sorto dai suoi desideri di far conoscere Cristo alle genti. Tutto invece è avvenuto per obbedienza allo Spirito Santo. Non solo tutto è stato per purissima obbedienza, lo stesso Spirito di Dio si è donato ai pagani prima che lui stesso fosse in grado di prendere una decisione. Lui ha obbedito allo Spirito, essi devono obbedire allo Spirito. Tutti siamo in obbedienza allo Spirito di Dio.

Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!». Allora Pietro cominciò a raccontare loro, con ordine, dicendo: «Mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e in estasi ebbi una visione: un oggetto che scendeva dal cielo, simile a una grande tovaglia, calata per i quattro capi, e che giunse fino a me. Fissandola con attenzione, osservai e vidi in essa quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del cielo. Sentii anche una voce che mi diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Io dissi: “Non sia mai, Signore, perché nulla di profano o di impuro è mai entrato nella mia bocca”. Nuovamente la voce dal cielo riprese: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Questo accadde per tre volte e poi tutto fu tirato su di nuovo nel cielo.

Ed ecco, in quell’istante, tre uomini si presentarono alla casa dove eravamo, mandati da Cesarèa a cercarmi. Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare. Vennero con me anche questi sei fratelli ed entrammo in casa di quell’uomo. Egli ci raccontò come avesse visto l’angelo presentarsi in casa sua e dirgli: “Manda qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli ti dirà cose per le quali sarai salvato tu con tutta la tua famiglia”. Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come in principio era disceso su di noi. Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?». All’udire questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».

Se questa regola, in verità semplice, fosse osservata da ogni figlio della Chiesa, da chi sta più in alto fino a chi occupa gli ultimi posti – secondo l’uomo, mai secondo Dio – tanti pensieri inutili, parole vane, mormorazioni, giudizi, pettegolezzi, dispendio di inutili energie si potrebbero evitare. Mai l’obbedienza è all’uomo, ma sempre allo Spirito di Dio. Ognuno è obbligato a dimostrare l’origine divina delle sue azioni.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti allo Spirito.

 

9 MAGGIO

Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo

At 11,19-26; Sal 86,1-7; Gv 10,22-30.

Cristo Gesù ha dato Paolo alla Chiesa. Ma questo non basta perché Paolo dalla Chiesa venga accolto. Quanto Anania dice al Signore, tutta la Chiesa lo pensa.

C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, 19poi prese cibo e le forze gli ritornarono (At 9,10-18).

È necessario ora che la Chiesa venga data a Paolo. Chi fa quest’opera di vitale necessità sia per Paolo che per la Chiesa è Barnaba. La Chiesa non può vivere senza Paolo. Paolo non può vivere senza la Chiesa. Barnaba dona la Chiesa a Paolo. Completa l’opera iniziata da Cristo Gesù e continuata dal Signore con Anania.

Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero (At 9,26-31).

Lo sposalizio tra Paolo e la Chiesa vive un momento di crisi. Paolo si ritira nella sua città natale. Si rifugia a Tarso. Questa separazione non giova né a Paolo né alla Chiesa. Paolo senza la Chiesa è privo di se stesso. La Chiesa senza Paolo è come Adamo nel giardino dell’Eden. Le manca una vitalità nuova, una energia nuova, una vita piena. La Chiesa è la verità di Paolo e Paolo è la spinta propulsiva della Chiesa.

Intanto quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

Barnaba, mosso dallo Spirito Santo, si reca a Tarso, trova Paolo e lo riporta in seno alla Chiesa. Dallo sposalizio tra Paolo e la Chiesa dovrà nascere vita eterna per tutte le Genti. Barnaba deve essere modello per tutti noi. Lui ci insegna che l’opera di Cristo quasi sempre ha bisogno dell’opera dell’uomo per essere portata a compimento. Senza Barnaba non avremmo avuto Paolo. Egli è frutto di Cristo e di Barnaba. Cristo dona Paolo alla Chiesa. Barnaba dona la Chiesa a Paolo. Con la sua saggezza di Spirito Santo, prepara lo sposo perché celebri le nozze indissolubili con la sua sposa. Da questo sposalizio, non senza difficoltà, il mondo dei pagani nasce alla fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datori della Chiesa.

 

10 MAGGIO

Imposero loro le mani e li congedarono

At 12,24-13,5; Sal 66,2-3.5-6.8; Gv 12,44-50.

Lo Spirito Santo, nella sua scienza e sapienza eterna, sa che l’evangelizzazione spontanea, libera, non è sufficiente. La via di Cristo, la sua metodologia, la sua forma deve essere anche forma e via della Chiesa. Gesù non lasciò il Vangelo alla libertà di questo di quell’altro cuore. Lui stesso è il missionario del Padre e si dedica a tempo pieno all’annunzio del Vangelo. Lui stesso chiama i Dodici, i Settantadue e li manda in missione. La missione per essere efficace necessità di organizzazione. Nulla è più effimero che abbandonare la missione alla disponibilità dell’uno o dell’altro.

Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città. Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10,5-20).

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).

La forza della Chiesa è nell’organizzazione della missione, che deve essere affidata a delle persone che amano Cristo, amano la Chiesa, vogliono portare anime a Cristo, facendole divenire corpo di Cristo, sua Chiesa Santa. Se la missione non viene organizzata ad ogni livello: universale, diocesano, parrocchiale, anche in seno alle Associazioni, Movimenti e Gruppi Ecclesiali, non c’è vita per la Chiesa. La missione è la vera vitalità della Chiesa di Cristo Gesù. Essa va portata a compimento da persone speciali, particolari, uniche, perché dedite solo ad essa.

Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Bàrnaba e Saulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con sé anche Giovanni come aiutante

Lo Spirito Santo vede una Chiesa che si sta ripiegando su se stessa. Scende con potenza, sceglie Paolo e Barnaba perché si dedichino al compimento della sua volontà. Essi devono lasciare Antiochia e andare tra le nazioni pagane a far conoscere Cristo Gesù. La Chiesa obbedisce allo Spirito e consegna alla missione quanti da Lui sono stati scelti. Dopo questa scelta, la Chiesa cambierà completamente il suo volto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

11 MAGGIO

Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù

At 13,13-25; Sal 88,2-3.21-22.25.27; Gv 13,16-20.

Nella sua missione evangelizzatrice, Paolo inizia la sua predicazione dal suo popolo. Dio non ha ritirato ad esso la sua promessa e neanche Cristo Gesù lo ha fatto. Anzi Gesù Signore ha comandato ai suoi discepoli di predicare la conversione e il perdono dei peccati nel suo nome iniziando da Gerusalemme e poi allargandosi alle nazioni pagane. In eterno Dio rimane fedele a quanto giurato ad Abramo. Mai verrà meno. Questa verità San Paolo l’afferma nella Lettera ai Romani con grande solennità.

Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita. Che cosa gli risponde però la voce divina? Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal. Così anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta per grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti. Gli altri invece sono stati resi ostinati, come sta scritto: Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchi per non sentire, fino al giorno d’oggi. E Davide dice: Diventi la loro mensa un laccio, un tranello, un inciampo e un giusto castigo! Siano accecati i loro occhi in modo che non vedano e fa’ loro curvare la schiena per sempre! Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità! (Rm 11,1-12).

Questo principio resta valido in eterno. Gerusalemme ha respinto Cristo Gesù. Cristo Gesù non ha respinto Gerusalemme. Cristo Gesù è stato crocifisso. Cristo Crocifisso vuole dare la sua vita eterna anche al suo popolo, anzi iniziando dal suo popolo. Questa verità resta valida in eterno. Dio è sempre pronto ad accogliere Israele. La via è la fede in Cristo Gesù e la sua conversione al suo Corpo che è la Chiesa.

Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!». Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuele. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.

Notiamo la saggezza di Paolo nello Spirito Santo. Lui non presenta Cristo Gesù al suo popolo come fosse una cometa che dal cielo precipita sulla nostra terra. Lo annunzia come il frutto sperato, atteso dal suo popolo. Israele attendeva il Messia, il Salvatore, il redentore, il Liberatore. Dio lo aveva solennemente promesso con giuramento. La promessa di Dio si è compiuta, è divenuta storia. La Parola del Signore si è realizzata in Gesù di Nazaret. È Lui che Dio ha costituito Signore e Cristo non solo per il suo popolo, ma per tutte le Genti, sempre nel più alto rispetto della sua Parola. È Gesù il Figlio di Davide. Non se ne deve attendere un altro. È Lui il Messia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci Cristo Salvatore.

 

12 MAGGIO

La promessa fatta ai padri si è realizzata

At 13,26-33; Sal 2,6-11; Gv 14,1-6.

La metodologia antica dell’annunzio di Gesù ai Giudei è una ed è la stessa sia per Pietro che per Paolo. Essendo Cristo la Persona nella quale si compiono tutte le speranze e le promesse fatte dal Padre ai figli d’Israele, la storia di Cristo e la profezia devono combaciare alla perfezione. Storia, profezia, giuramenti devono essere una cosa sola. Se vi è discrepanza, differenza, anche minima Gesù mai potrà dirsi né il Messia e neanche il Salvatore. Nella sua vita non si adempiono tutte le Parole di Dio. In modo particolare il Vangelo secondo Matteo – e anche gli altri – ci attestano che non vi è Parola, Profezia, Giuramento di Dio, Oracolo del Signore che non si sia tutto compiuto in Gesù Signore. Nessuna Parola del Padre è rimasta incompiuta. Qual è la conclusione necessaria da trarre? Dio non ha altre parole da adempiere. Con Cristo Gesù muore l’Antico Testamento. Non ha più ragion d’essere. Non ha più vita.

Un esempio potrà illuminare quanto tutto il Nuovo Testamento con dovizie di particolari attesta, manifesta, rivela, profetizza di Gesù Signore. L’Antico Testamento lo possiamo paragonare ad un uovo fecondato. Esso è “concepito da Dio”, posto “sotto lo Spirito Santo perché si schiuda”. Esso è stato “concepito” da Dio nell’arco di ben circa due mila anni – da Abramo fino alla Vergine Maria – e per circa duemila anni “covato” dallo Spirito Santo. Questo uovo si è “schiuso”, da esso è nato come suo unico frutto Gesù Signore. Cosa è rimasto dell’Antico Testamento? Un guscio vuoto. Un guscio che mai più potrà schiudersi. Si è schiuso. Ha dato il suo prezioso frutto. Ora a che serve quel guscio? Serve a rivelarci la perfetta conformità tra l’essere che deve nascere da quell’uovo e l’essere che è nato. Quanto quel guscio contiene della futura vita di Gesù è totalmente trasformato in vita in Gesù Signore. Neanche una sola Parola di Dio è rimasta non compiuta in Gesù di Nazaret. Dal guscio mai più nascerà un altro.

Paolo prende tutti gli elementi dell’Antico Testamento li confronta con la storia di Cristo Gesù, vi trova perfetta corrispondenza. Tutto in Cristo si è compiuto. Non solo Gesù è il Messia, il Salvatore, il Signore, il Figlio di Dio, attenderne un altro è vanità. Non c’è un altro Messia, perché non ci sono altre Parole che Dio dovrà adempiere. Ma neanche più si potrà leggere l’Antico Testamento come fonte di verità. Sarebbe una verità inventata, immaginata, frutto di mente umana, dal momento che la verità di ogni Parola di esso è Gesù Signore. È Lui la sola, l’unica, eterna verità dell’Antico Testamento. Dirne altre, sono invenzioni e fantasie della nostra mente. La verità di esso la si può leggere solo dalla vita di Gesù, dalla sua Croce, dalla sua Risurrezione, dal suo Santo Spirito, dalla sua Chiesa, dalla sua grazia, dalla sua luce.

Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l’hanno riconosciuto e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso. Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.

È Cristo la verità di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Giosuè, tutti i Profeti e i Salmi. Tolto Cristo, abolito Lui, la speranza diviene illusione, fantasia, attesa vana. Non vi sono altri adempimenti. Questo va gridato a tutti coloro che ancora fanno dell’Antico Testamento “un uovo che deve ancora schiudersi”. L’uovo si è dischiuso. La speranza si è compiuta. La Parola si è realizzata. L’oracolo è divenuto storia. Il Messia non solo è venuto, ha realizzato la sua missione di salvezza, ora è assiso alla destra del Padre. Verrà un giorno, ma solo come Giudice dei vivi e dei morti. Ora viene nella fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di grande saggezza.

 

13 MAGGIO

Noi ci rivolgiamo ai pagani

At 13,44-52; Sal 97,1-4; Gv 14,7-14.

Il dono della salvezza ai pagani non è un ripiego. Non è esso il frutto o la conseguenza del rifiuto opposto dai Giudei alla predicazione di Paolo e degli altri Apostoli. La vita eterna è data ad ogni uomo perché vera promessa di Dio al serpente, quando ancora la discendenza di Abramo neanche esisteva. Ma anche quando la discendenza di Abramo esisteva, la benedizione è promessa alle Genti mediante la discendenza di Abramo. I figli di Abramo devono dare la salvezza alle genti come vero servizio di amore. Il Messia di Dio, vera discendenza di Abramo, è morto per tutti gli uomini.

Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15).

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli (Is 42,1-8).

La salvezza va data ai pagani per diritto divino stabilito da Dio fin da sempre. Che poi storicamente prima viene data agli Ebrei e poi alle Genti, è solo per motivi di procedura. È giusto che sia prima colui che ha prodotto l’albero che ne mangi i frutti, ma i frutti sono di ogni uomo. Questa verità mai va dimenticata. Come non va dimenticata che un Giudeo può rifiutare la salvezza, ma non per questo Dio ritirerà il suo dono. La promessa di Dio rimane invariata nei secoli eterni. Dio è fedele sempre.

Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

È verità eterna: i Giudei possono anche cacciare dal loro territorio i messaggeri del Dio di Abramo che recano loro il lieto annunzio. Dio però mai chiuderà la porta del suo cuore ai Giudei. Non appena essi busseranno al suo cuore con la fede in Cristo Gesù, non appena essi avranno accolto il suo dono, che è il compimento di tutte le sue promesse, la porta del suo cuore si aprirà e saranno accolti come suo vero popolo.

Vergine Maria Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci tutti figli della vera fede.

 

14 MAGGIO – V Domenica di Pasqua A

Alla preghiera e al servizio della Parola

At 6,1-7; Sal 32,1-2.4-5.18-19; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12.

La carità va organizzata per diritti, doveri, ministeri, carismi, responsabilità personali. Una carità non organizzata non è carità secondo Dio, non produce frutti di salvezza. Nulla nell’uomo deve essere frutto della sua volontà, tutto deve essere per comando dello Spirito Santo. È Lui che stabilisce quale carità ogni persona deve vivere. Ma è anche Lui che stabilisce a chi va fatta la carità materiale e a chi deve essere negata.

Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove; ma se una vedova ha figli o nipoti, essi imparino prima ad adempiere i loro doveri verso quelli della propria famiglia e a contraccambiare i loro genitori: questa infatti è cosa gradita a Dio. Colei che è veramente vedova ed è rimasta sola, ha messo la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario, quella che si abbandona ai piaceri, anche se vive, è già morta. Raccomanda queste cose, perché siano irreprensibili. Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia moglie di un solo uomo, sia conosciuta per le sue opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene. Le vedove più giovani non accettarle, perché, quando vogliono sposarsi di nuovo, abbandonano Cristo e si attirano così un giudizio di condanna, perché infedeli al loro primo impegno. Inoltre, non avendo nulla da fare, si abituano a girare qua e là per le case e sono non soltanto oziose, ma pettegole e curiose, parlando di ciò che non conviene. Desidero quindi che le più giovani si risposino, abbiano figli, governino la loro casa, per non dare ai vostri avversari alcun motivo di biasimo. Alcune infatti si sono già perse dietro a Satana. Se qualche donna credente ha con sé delle vedove, provveda lei a loro, e il peso non ricada sulla Chiesa, perché questa possa venire incontro a quelle che sono veramente vedove.

I presbìteri che esercitano bene la presidenza siano considerati meritevoli di un duplice riconoscimento, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e: Chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non accettare accuse contro un presbìtero se non vi sono due o tre testimoni. Quelli poi che risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore. Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non fare mai nulla per favorire qualcuno. Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui. Consèrvati puro! (1Tm 5,3-22).

Anche Pietro organizza la carità. Gli Apostoli devono esercitare la carità nel dono che dal Cielo discende sulla terra e dalla terra deve salire al cielo. La loro dovrà essere carità di preghiera e di Parola. Essi dovranno portare Dio all’uomo e l’uomo a Dio. I diaconi dovranno invece dare ad un uomo ciò che è dono dell’altro uomo. Devono prendere dagli uni e dare agli altri. Divina organizzazione operata dallo Spirito Santo.

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Se colui che deve dare Dio all’uomo e l’uomo a Dio, sposta l’asse della sua carità e dona l’uomo all’uomo, priva l’uomo della sua vera salvezza e redenzione. Se colui che deve dare l’uomo all’uomo, prende dall’uomo per dare all’uomo, sposta l’asse e dona Dio all’uomo e l’uomo a Dio, mai lo potrà dare. Non è abilitato a questo ministero.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi nella carità.

 

15 MAGGIO

Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi

At 14,5-18; Sal 113B,1-4.15-16; Gv 14,21-26.

L’uomo di Dio deve agire sempre con sapienza e intelligenza di Spirito Santo, deve mettere in atto tutta la potenza di Dio al fine di operare conversione e salvezza, ma anche deve servirsi di tutta la fortezza che è in Cristo Gesù perché nessun equivoco sorga sia rispetto alla sorgente della verità e della grazia, sia in relazione ai mezzi, agli strumenti, ai mediatori di essa. Conosciamo la fermezza di Pietro nel respingere l’offerta in denaro di Simon Mago per comprarsi il dono di Dio.

Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli rispose: «Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio! Non hai nulla da spartire né da guadagnare in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Convèrtiti dunque da questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonata l’intenzione del tuo cuore. Ti vedo infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci dell’iniquità». Rispose allora Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto» (At 8,18-24).

Oggi Paolo e Barnaba devono essere forti, risoluti, pieni di energia divina per respingere ogni idolatria che rischia di coinvolgere le loro persone. Vengono dichiarati dèi dalla gente e ad essi si vuole offrire dei sacrifici. Di questi episodi, anche se con modalità e forme differenti, possono sempre accadere e spesso accadono, allora è obbligo del mediatore riportare ogni cosa sia nella più pura verità di Dio come anche nella verità del mediatore. Spesso si lascia che regni confusione sia nella verità di Dio che in quella del mediatore. Mai questo deve accadere. Se accade è grave peccato. Si toglie a Dio ciò che è Dio, si dona all’uomo ciò che non è dell’uomo. Si priva Dio della sua gloria. Si riveste l’uomo di falsa gloria, falso onore, falsa identità.

Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi di aggredirli e lapidarli, essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe, e nei dintorni, 7e là andavano evangelizzando. C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio: «Gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!». E chiamavano Bàrnaba «Zeus» e Paolo «Hermes», perché era lui a parlare.

Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori». E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.

Ogni uomo di Dio deve porre ogni attenzione a che lui rimanga nella sua più alta verità umana. Lui di Dio è solo mediatore, è un portatore di Lui, un portatore nel mondo della sua Parola e della sua grazia, della sua luce e della sua verità. Anche se a volte agisce con potenza di Spirito Santo, la potenza data dallo Spirito deve servire solo per la conversione di un cuore, mai per ingrassare la superbia dell’uomo e la sua falsità. Stroncare sul nascere ogni falsa comprensione o lettura della figura o della persona del mediatore è obbligo grave, perché nessuna gloria venga tolta a Colui al quale essa appartiene. Paolo e Barnaba non sono dèi, sono persone mortali, uomini come tutti gli uomini. Sono però ministri del Dio Altissimo, del Dio vero, da Lui mandati per annunziare loro una Parola di speranza, verità, salvezza. Il miracolo a questo serve: per attestare la verità di Dio e per annunziare la sua volontà di salvezza in Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni della verità.

 

16 MAGGIO

Designarono per loro in ogni Chiesa alcuni anziani

At 14,19-28; Sal 144,10-13.21; Gv 14,27-31a.

La Chiesa di Cristo Gesù, il Nuovo Popolo di Dio, è gerarchicamente strutturato, perché dovrà essere nutrito di grazia e verità, di sapienza e di Spirito Santo, del corpo di Cristo e del suo sangue, della sua santissima volontà. Questo ministero da Cristo Gesù è stato affidato agli Apostoli, dagli Apostoli ai loro successori, secondo la legge della successione apostolica, che dovrà essere da Apostolo ad Apostolo per imposizione delle mani. Gli Apostoli si servono per l’esercizio sacro del dono della grazia e della verità di presbiteri, da essi consacrati e assegnati alle comunità particolari, sparse sul territorio. La Chiesa degli Atti, Paolo, Pietro ci rivelano che questo è avvenuto per volontà dello Spirito Santo agente ed operante negli Apostoli.

Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori (Tt 1,5-9). I presbìteri che esercitano bene la presidenza siano considerati meritevoli di un duplice riconoscimento, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e: Chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non accettare accuse contro un presbìtero se non vi sono due o tre testimoni. Quelli poi che risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore. Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non fare mai nulla per favorire qualcuno. Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui. Consèrvati puro! (1Tm 5,17-22).

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce. Anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili (1Pt 5,1-5).

La Chiesa non è una comunità di molte cellule che si mettono insieme, perché formate e guidate e fondate su un’unica fede. Essa è guidata, nutrita, illuminata dagli Apostoli. Sul territorio gli Apostoli sono coadiuvati dai Presbiteri, da essi consacrati, per questo ministero, da esercitarsi sempre in comunione gerarchica con essi e per alcune mansioni vitali. Per altre è necessario il ministero pieno dell’Apostolo.

Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe. Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

Senza presbitero non vi è comunità di Cristo Gesù. Manca a questa comunità il perdono dei peccati e il nutrimento che è il Corpo di Cristo assieme alla Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Cristo.

 

17 MAGGIO

Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani

At 15,1-6; Sal 121,1-6; Gv 15,1-8.

La Chiesa vive nel tempo. Tempi nuovi con problemi nuovi con soluzioni nuove. È giusto allora che si abbia una parola chiara, pura, limpida, in modo che ciascuno possa sapere cosa fare, come agire, come regolarsi nel caso concreto, nella situazione storica in cui ci si dovesse trovare. Non è semplice, ma possibile, se si crede nello Spirito Santo, lo si ascolta secondo le sue regole di ascolto, lo si segue secondo le sue regole di sequela. Per questo ognuno deve essere disposto a rinnegare se stesso per poter seguire lo Spirito sempre, qualsiasi soluzione gli suggerisca o manifesti.

Prima procedura: quando lo Spirito ancora non si è manifestato secondo le sue regole di manifestazione, non vi sono problematiche vere e problematiche false, soluzioni antiche e soluzioni nuove, neanche vi sono tradizionalisti e progressisti. Vi sono solamente problematiche da presentare all’attenzione dello Spirito Santo. Chi è nel vero Paolo o i Giudei? Pietro o Giacomo? Quelli che provengono dai pagani o coloro che sono figli di Abramo? Finché lo Spirito Santo non si sarà pronunciato, esiste una problematica che va affrontata. Si deve passare per la circoncisione? Non si deve passare? Quale la via giusta? Quale da abbandonare? Quale da assumere?

Seconda procedura: è giusto che ognuno adduca le ragioni della validità della sua proposta. Su cosa esse si fondano? Qual è il principio dottrinale che li sorregge? Perché essa va adottata come proposta per tutta la Chiesa? Perché le altre proposte sono da abbandonare. Una proposta è valida se validi sono i suoi fondamenti veritativi e questi possono trovarsi solo nella fede o su rette e sante deduzioni di fede, oppure su una rivelazione diretta di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo. In questo caso ci si deve astenere dal guardare o considerare di chi è la proposta per concentrarsi solo sulle ragioni o fondamenti o principi che la reggono o la esigono. Quando dalla proposta si passa alle persone e queste vengono accusate di progressismo o di tradizionalismo, allora è segno che vi è assenza di principi in chi passa all’accusa.

Terza procedura: dopo aver abbondantemente parlato è giusto che ci si ponga in ascolto di persone sagge oltre ogni sospetto. Sono queste lo strumento dello Spirito Santo per mezzo delle quali Lui darà la sua soluzione celeste, quella vera che dovrà accompagnare il cammino della Chiesa nel tempo. Senza il ricorso a queste persone sagge, ci si potrà impelagare, impigliare, catturare dalla rete dei sentimenti personali, dalla stoltezza e dall’insipienza attraverso le quali mai potrà parlare a noi lo Spirito del Signore. La grande saggezza deve animare chi è preposto alla guida della Chiesa.

Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè». Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

In questo oggi si è molto omissivi. Non si parte più dalla Scrittura, Tradizione, Magistero, sana dottrina per dare soluzione vera ai problemi emergenti e neanche da vere discussioni. Oggi si adora il “dio volontà”. “Voglio questo, dunque è vero”. Ma poiché le volontà sono tante, molte, la stessa cosa diviene allo stesso tempo vera e falsa, morale e immorale, giusta e ingiusta, lecita e illecita, praticabile e non praticabile, santa e profana. Questa confusione nasce dalla superbia che non apre la mente all’ascolto dello Spirito Santo. Rinnegare la propria volontà, i propri pensieri per ascoltare lo Spirito è legge evangelica essenziale per chi vuole conoscere la verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a rinnegarci sempre.

 

18 MAGGIO

Giacomo prese la parola e disse

At 15,7-21; Sal 95,1-3.10; Gv 15,9-11.

La Scrittura Antica ci suggerisce che nella ricerca della verità mai ci si deve affidare a persone la cui rettitudine di vita non è a prova di evidenza testimoniata dalla loro storia. Chi cerca conforto per avvalorare le sue tesi in queste persone, di certo non cerca la verità dello Spirito. Mai essa potrà venire da anime inquinate di peccato.

Ogni consigliere esalta il consiglio che dà, ma c’è chi consiglia a proprio vantaggio. Guàrdati da chi vuole darti consiglio e prima infórmati quali siano le sue necessità: egli infatti darà consigli a suo vantaggio; perché non abbia a gettare un laccio su di te e ti dica: «La tua via è buona», ma poi si tenga in disparte per vedere quel che ti succede. Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco e nascondi le tue intenzioni a quanti ti invidiano. Non consigliarti con una donna sulla sua rivale e con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio e con un compratore sulla vendita, con un invidioso sulla riconoscenza e con uno spietato sulla bontà di cuore, con un pigro su una iniziativa qualsiasi e con un salariato sul raccolto, con uno schiavo pigro su un lavoro importante. Non dipendere da costoro per nessun consiglio. Frequenta invece un uomo giusto, di cui sai che osserva i comandamenti e ha un animo simile al tuo, perché se tu cadi, egli saprà compatirti. Attieniti al consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti è più fedele. Infatti la coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Per tutte queste cose invoca l’Altissimo, perché guidi la tua via secondo verità Sir 37,7-15).

L’uomo saggio, prudente, accorto della Chiesa che si è riunita a Gerusalemme, nel suo primo Concilio Ecumenico, è Giacomo. È alla sua saggezza che lo Spirito Santo affida la soluzione. Lui non è con Paolo, non è con gli Ebrei, non è con i Greci e neanche con i figli di Abramo. Lui è dallo Spirito Santo, per lo Spirito Santo, il solo che può guidare la Chiesa nelle sue molteplici controversie che sempre sorgeranno nel suo seno nel corso della sua lunga storia. Ogni comunità necessita di persone sagge nel suo seno. Per esse la voce dello Spirito si fa sentire e la pace potrà sempre risplendere in essa.

Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro». Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro.

Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò, perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre. Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe».

La soluzione di Giacomo rivela quell’equilibrio necessario per mantenere la Chiesa libera dalle tensioni che sempre potrebbero annidarsi nel suo seno. Passato e presente non sempre si possono recidere con la spada. La Chiesa non tratta con cose, con pezzi di legno, ma con persone che hanno una storia e la storia è la loro vita, è il loro cuore. È questa la saggezza che solo nello Spirito Santo si può trovare: non ostacolare il nuovo ma anche dare a ciò che è di ieri la possibilità di potersi estinguere lentamente. Ciò che per gli uomini diviene impossibile, per lo Spirito Santo è possibile, purché ci si ponga in umiltà e lo si voglia ascoltare in ogni suo suggerimento.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori dello Spirito.

 

19 MAGGIO

Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila

At 15,22-31; Sal 56,8-12; Gv 15,12-17.

La Chiesa non affida le sue decisioni alla carta stampata, alle voci, al vento, ai giornali, alle televisioni, ai social, agli infiniti Media che oggi sono finalizzati tutti ad occupare la mente dell’uomo, rendendola schiava delle loro idee. La Chiesa non deve permettere che la sua verità, che è di salvezza eterna, venga manipolata da chi non crede travisandola e modificandola, da chi crede adattandola alla sua fede non perfetta, non vera, o addirittura falsa, ereticale, spesso anche diabolica. La Chiesa affida la sua verità a persone di indiscussa onestà perché sia fatta conoscere ad ogni suo fedele.

Gli Apostoli, con Pietro e sotto Pietro, prendono nello Spirito Santo la decisione di non importunare i pagani imponendo una legge di ieri che non è più adattabile al Vangelo di Cristo Gesù. Ma neanche si può tagliare netto con il passato. Molti rinnegherebbero Cristo Gesù per delle decisioni per essi non comprensibili. Ecco ancora una volta la grande saggezza dello Spirito Santo: suggerisce alla Chiesa di mandare persone fidate, credibili, accreditate, per comunicare le decisioni degli Apostoli, ma anche di spiegare il perché della loro utilità per il momento presente.

Quanta mancanza di attenzione oggi per le anime. Verità vitali per i cristiani vengono prese dai Mass Media e da essi trasformate, adattate al loro pensiero, stravolte e fatte passare per sana dottrina. Una volta che il pensiero è stato inquinato dalla falsità, sarà difficile se non impossibile riportarlo nella verità di Cristo, nel suo Vangelo. I mezzi di comunicazione oggi sono di abilità diabolica. Leggono in chiave profana ciò che è detto con linguaggio sacro, donando significati totalmente differenti dalla parola ascoltata. Sapendo questo, Gesù ha chiesto ai suoi di essere semplici come colombe, ma anche prudenti come serpenti. Una volta che la falsità ha inquinato le menti, le rettifiche, gli annunzi ufficiali a nulla servono. Il pensiero falso è passato ed è stato bene installato nel cuore. Sradicarlo è ormai impossibile. La gente pensa secondo quella falsità.

Non sempre però è responsabilità dei Mass Media, spesso anche il nostro linguaggio è improprio, vago, liquido, quasi viscido, inafferrabile. Di certo l’altro lo prenderà e gli darà il significato giustificatore del suo pensiero. Se un cristiano ha difeso la morale cattolica, di certo non può chiedere a nessuno dell’annunzio della verità. Se poi la Chiesa cambia la sua morale, è al difensore della morale antica che deve chiedere perdono. Prima gli ha indicato una via ed essa è stata fedelmente seguita. Non può essere accusato di colpa chi ha obbedito ad un comando della Chiesa. Non può essere condannato per rigidità chi ha eseguito quanto gli è stato ordinato di fare. Purtroppo non sempre si parla con proprietà di linguaggio e di verità. Questo accade, ma a noi non è dato né il potere di giudicare né di condannare, ma di perdonare e scusare.

Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!». Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiòchia; riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.

Tutti questi errori si possono evitare se si imita la saggezza degli Apostoli. La loro decisione è affidata a persone che amano Cristo e che sanno come difendere Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi nello Spirito Santo.

 

20 MAGGIO

Vieni in Macedonia e aiutaci!

At 16,1-10; Sal 99,2-3.5; Gv 15,18-21.

In Paolo vi è una costante che va messa bene in luce, altrimenti nulla si comprende della sua vita. Lui è chiamato da Dio fin dal seno di sua Madre. Lo Spirito Santo prima gli fa vivere tutto lo zelo nella difesa del Dio dei Padri. Quando in questo zelo raggiunge il sommo della forza e della decisione, lo afferra sulla via di Damasco, lo ricolma di sé, gli fa sperimentare la fragilità nella quale la Chiesa vive, perché Lui ha bisogno che nella Chiesa e fuori di essa metta in movimento tutta la potenza e la forza del suo convincimento per spingerla nella pienezza della verità di Gesù Signore. Tutto ciò che è avvenuto prima è grande insegnamento per lui. Conosce il mondo degli Ebrei, conosce ora in profondità il mondo della Chiesa, conosce il mondo dei pagani. Con questa scienza di verità, dottrina, esperienza può dedicarsi interamente alla difesa, all’annunzio, alla verità, al dono di Cristo agli Ebrei, alla Chiesa, ai pagani.

Paolo non è solo l’Apostolo delle genti. È l’Apostolo degli Ebrei, della Chiesa, delle genti. È l’Apostolo al quale lo Spirito Santo ha affidato tutto se stesso perché lo faccia risplendere nel mondo in tutta la sua potenza di verità, luce, sapienza, dottrina. Paolo è un afferrato dallo Spirito Santo. Uno che è tutto da Lui e per Lui. Uno al quale lo Spirito sempre manifesta dove andare, cosa fare, cosa dire, come agire. Ora Paolo si sta avvicinando alla Macedonia. Ancora però è in territorio d’Asia e ha in mente di dirigersi verso la Galazia. Lo Spirito non lo permette. Di notte gli indica la via da seguire attraverso un Macedone che lo prega perché passi dall’altro lato del mare a salvarli. Lo Spirito del Signore non gli parla sempre per ispirazione. Si serve di tutte quelle modalità che Paolo ben conosce, essendo esperto conoscitore delle Antiche Scritture. Lo Spirito di Dio non parla in un solo modo. Parla molte volte, in diversi modi. Paolo conosce queste modalità dello Spirito e sa come prestare ad esse ogni obbedienza.

Gli uomini di Dio sanno sempre distinguere ciò che viene dalla carne e ciò che invece viene dallo Spirito di Dio. Nel Macedone Paolo sente la voce dello Spirito del Signore e subito si appresta ad una obbedienza immediata e piena. Per chi cammina seguendo lo Spirito non vi sono progetti da realizzare, vi è solo obbedienza da compiere. Quando si hanno progetti da realizzare di sicuro non vi è lo Spirito al quale obbedire. Il progetto dell’uomo di Dio è uno solo: l’immediata, subitanea, totale obbedienza allo Spirito.

Paolo si recò anche a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.

È giusto allora che ognuno si chieda: sono uomo secondo la carne o secondo lo Spirito? Inseguo i miei progetti o nel cuore ho il solo desiderio di ascoltare lo Spirito Santo? So discernere la sua voce nella confusione di tutte le voci del mondo che giungono ai miei orecchi? Ma soprattutto: sono pronto ad ascoltarlo con immediata obbedienza? Chi è nello Spirito Santo risponderà secondo lo Spirito, chi è nella carne penserà secondo la carne. Non si può passare rapidamente dallo Spirito alla carne, ma neanche immediatamente dalla carne allo Spirito. Per questo chi vuole essere dello Spirito Santo deve iniziare quel lungo cammino di Parola in Parola, di verità in verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dello Spirito di Dio.

 

21 MAGGIO – VI Domenica di Pasqua A

Allora imponevano loro le mani

At 8,5-8.14-17; Sal 65,1-7.16.20; 1 Pt 3,15-18; Gv 14,15-21.

Gesù è con i suoi discepoli. Quanto Lui ha promesso loro, puntualmente lo sta adempiendo. Ha detto che sarebbe stato con essi ed è con essi. Ha detto che quanti credono nel suo nome compiranno ogni specie di miracolo e anche questo si sta realizzando. La Chiesa vive con il conforto della presenza di Cristo Gesù, che è presenza viva, vivificatrice, rinnovatrice della storia. Realmente Lui è con chi è in Lui.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,14-20). Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).

Filippo è nella verità di Cristo e Cristo è nella Parola di Filippo. Lo attestano i miracoli da lui compiuti. Essi sono un vero segno della presenza di Gesù nella sua vita. Le folle prestano ogni attenzione alla sue parole. Esse non sono parole vuote, sterili. Sono parole piene di Spirito Santo. Sono parole che non solo compiono miracoli visibili, ma soprattutto invisibili. Esse convertono molti cuori a Gesù Signore. Nasce la gioia sulla terra, perché fiorisce la vita, la speranza. Dove un apostolo o un discepolo porta Cristo, lì sempre nascono vita e speranza e vita e speranza sono creatrici di gioia grande.

Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

Filippo è diacono nella Chiesa. Può evangelizzare, battezzare, non può dare lo Spirito Santo. Senza il dono dello Spirito di Dio, il battezzato non è ancora capace di rendere tutta la testimonianza a Cristo Signore. Gli manca Colui che sempre deve manifestare al suo cuore, alla sua mente, alla sua intelligenza e razionalità tutta la grandezza del mistero di Cristo Gesù. Può anche parlare di Gesù Signore. Lo conoscerà per sentito dire, perché gli altri hanno parlato di Lui. Mentre con lo Spirito Santo la conoscenza di Cristo è interiore, è tratta dal suo cuore, nel quale abita lo Spirito, è tratta dalla sua mente, nella quale abita anche lo Spirito, è tratta dalla sua parola che diviene Parola dello Spirito. La cresima è il sacramento che ci rende testimoni di Gesù per conformazione a Cristo, per assimilazione della sua verità, perché lo Spirito in noi è la verità di Cristo e dalla verità in noi si parla sempre differentemente di Cristo Gesù.

Non è semplice cogliere questa differenza: parlare di Cristo dal di fuori, dalla Scrittura, dai libri, dall’ascolto di altri e parlare dal cuore, dalla mente, dallo stesso nostro corpo perché lo Spirito è in noi verità, luce, potenza, santità, forza, sapienza, mistero di Gesù Signore. Con lo Spirito Santo in noi è come se noi parlassimo di Cristo allo stesso modo che parliamo di noi stessi, anzi in una maniera ancora più chiara, netta, perfetta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

 

22 MAGGIO

Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo

At 16,11-15; Sal 149,1-6a.9b; Gv 15,26-16,4a.

Chi governa il cuore è il Signore. A Lui sempre i suoi veri adoratori si rivolgono per chiedere che disponga cuori e menti perché la sua volontà si possa compiere secondo il suo disegno eterno di salvezza e di redenzione. Esempio perfetto di preghiera è Ester. La regina chiede a Dio che volga il cuore del re per la salvezza del suo popolo.

Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore! Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale. Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori.

Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato alla tavola di Aman; non ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito, se non in te, Signore, Dio di Abramo (Est 4, 17m-17y).

Se il Signore non apre il cuore con la sua potente grazia, la parola dei suoi missionari rimane solo suono che il vento disperde. Mai potrà entrare in un cuore. Invece il Signore tocca il cuore, lo trafigge, e la parola produce conversione, accoglienza, benevolenza. Sempre due devono essere i missionari della Parola: l’uomo e lo Spirito Santo, l’uomo e Cristo Signore, l’uomo e il Padre celeste. Né Dio da solo, né l’uomo da solo. Anche quando il Signore da solo toccò il cuore di Saulo, subito lo manda da Anania perché lo lavasse, lo purificasse, lo immergesse nelle acque purificatrici del Battesimo. Il Signore tocca il cuore di Lidia ed essa accoglie la Parola, vi aderisce.

Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.

Toccata dal Signore, Lidia si pone a servizio dei missionari del Vangelo. Li invita ad andare e a rimanere nella sua casa. La sua parola è carica di un così grande amore, infinito rispetto per gli operai di Dio da costringerli ad accettare l’invito. Cosa è avvenuto in questa donna? Nulla di speciale, niente di particolare. Nel suo cuore il Vangelo ha messo grandi radici. Il Vangelo si è messo a sua disposizione. Lei si pone a disposizione, a sevizio del Vangelo. Quando il cuore è trasformato dalla Parola, tutta la persona si pone al servizio della Parola. Vuole il bene della Parola. Vuole che la Parola faccia il bene ad ogni altra persona. Come aiutare la Parola? Aiutando i portatori di essa. Quando non si aiutano i portatori della Parola è segno che la Parola è fuori del cuore, ancora non ha messo vere radici in esso. Non è Parola nel cuore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci servi della Parola.

 

23 MAGGIO

Non farti del male, siamo tutti qui

At 16,22-34; Sal 137,1-3.7-8; Gv 16,5-11.

Paolo e Sila vengono messi in prigione. I missionari di Cristo Gesù sanno che devono passare attraverso mille tribolazioni e sono nella pace. Non potendo evangelizzare con la Parola lo fanno con la preghiera e cantando nella notte inni a Dio. Se Il Signore permette che essi siano in cella, è perché essi gli servono in cella, altrimenti se gli servissero fuori, rimarrebbero liberi. Le vie del Signore sono sempre misteriose e arcane. Il loro fine è sempre uno: la salvezza dell’uomo. Un carceriere non può andare ad ascoltare Paolo. È obbligato a rimanere prigioniero con i prigionieri e carcerato con i carcerati. Deve fare loro buona guardia. Cosa fa il Signore? Gli manda gli evangelizzatori in casa, nella sua stessa prigione. Questo è l’agire di Dio.

Mandare Paolo e Sila in prigione da solo non basta. Ecco che il Signore interviene e prepara il terreno come solo Lui sa fare. All’improvviso nella notte vi è un forte terremoto, vera attestazione di un intervento divino. Il carcere viene scosso dalle fondamenta, le catene cadono, le porte si aprono. Il carceriere pensando che i prigionieri fossero fuggiti via, sfodera la spada e sta per suicidarsi. Ma Paolo gli grida forte: “Non farti del male. Siamo tutti qui”. La salvezza dell’uomo nasce da questo gesto semplice di Paolo: dalla sua decisione di non fuggire, di rimanere nel carcere. Paolo non fugge perché Lui nel corpo, nello spirito, nel cuore, nella mente, nell’anima, nella volontà è sempre legato allo Spirito di Dio. Se lo Spirito del Signore gli comanda di lasciare, lui lascia. Se lo invita a partire, lui parte. Se vuole che lui rimanga, lui rimane. Paolo non è da se stesso e dallo Spirito Santo. Un attimo da sé e un attimo dallo Spirito del Signore. Lui è tutto, sempre dallo Spirito e dello Spirito di Dio.

La folla allora insorse contro di loro e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

La salvezza del carceriere e della sua famiglia è dall’obbedienza di Paolo allo Spirito. Paolo obbedisce, rimane nella prigione, il carceriere vede una cosa insolita. Toccato anche lui dallo Spirito, si getta ai piedi di Paolo e Sila, li conduce fuori e dice: “Signori, che cosa devo fare per essere salvato?”. Questo è vero tocco della grazia di Dio. La grazia però perché porti frutti di vita eterna ha bisogno di essere resa efficace, vitale, attraverso la Parola e i Sacramenti e per questo occorrono i ministri di Cristo e gli amministratori dei suoi misteri. Questi ultimi devono essere perennemente a servizio dello Spirito Santo. Se camminano per se stessi, da se stessi, la grazia dello Spirito di Dio non produrrà mai frutti, perché le manca l’opera del ministro o dell’Apostolo di Gesù. Ma è sempre lo Spirito che agisce per via interiore e per via esteriore.

La via esteriore, quell’Apostolo è indispensabile allo Spirito del Signore. Paolo è tutto e sempre dello Spirito. Lo Spirito ha bisogno di lui nella prigione. Paolo si lascia condurre in essa. In essa rimane, anche quando potrebbe fuggire. Lo Spirito lo incatena spiritualmente in essa. Poi viene il terremoto, anche questo è opera dello Spirito e serve per toccare il carceriere. È evidente che il Divin Regista è solo lo Spirito Santo. Quando si obbedisce a Lui, Lui opera salvezza e redenzione in modo misterioso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti allo Spirito.

 

24 MAGGIO

Su questo ti sentiremo un’altra volta

At 17,15.22-18,1; Sal 148,1-2.11-14; Gv 16,12-15.

È cosa buona leggere gli eventi vissuti da Paolo nell’Areòpago guidati dal Libro della Sapienza. È infatti il pensiero quel carcere senza sbarre che tiene prigioniero l’uomo e gli impedisce di aprirsi alla più grande luce che Dio fa brillare su di esso.

I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate. Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna. Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell’oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni. Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi. Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall’alto quella notte cupa. Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano. Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato. La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà. La paura infatti altro non è che l’abbandono degli aiuti della ragione; quanto meno ci si affida nell’intimo a tali aiuti, tanto più grave è l’ignoranza della causa che provoca il tormento. Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch’esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno, ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro. Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre: agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l’ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre. Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento. Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre (Cfr. Sap 17,1-20).

La fede in Cristo Gesù è per conversione, per abbandono del proprio carcere mentale, filosofico, psicologico, antropologico, scientifico. Il carcere spirituale è il peggiore tra tutti i carceri. Esso supera ogni carcere materiale, anche di massima sicurezza.

Quelli che accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l’ordine, per Sila e Timòteo, di raggiungerlo al più presto. Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta». Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro. Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.

Paolo sperava di riuscire a penetrare in questo carcere filosofico con il ragionamento. In esso non si entra per ragionamento, ma per potente grazia di Dio. La sua entrata in quel carcere però non fu vana. Lo Spirito anche in esso raccolse qualche frutto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

 

25 MAGGIO

Testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo

At 18,1-8; Sal 97,1-4; Gv 16,16-20.

San Paolo è responsabile della vita eterna non solo di tutto il suo popolo, ma anche di ogni altro uomo che vive sulla nostra terra. Ad essi deve rivelare il glorioso Vangelo di Gesù Signore. Se Lui non lo dona, non lo predica, non lo annunzia, la morte eterna ricade su di esso. In questa verità è tutta la sua vita. La sua vita è questa verità.

Io invece non mi sono avvalso di alcuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché si faccia in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto! Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto come Giudeo per i Giudei, per guadagnare i Giudei. Per coloro che sono sotto la Legge – pur non essendo io sotto la Legge – mi sono fatto come uno che è sotto la Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la Legge. Per coloro che non hanno Legge – pur non essendo io senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo – mi sono fatto come uno che è senza Legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono senza Legge. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io. Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato (1Cor 9,1-27).

Quando Paolo non è più responsabile dinanzi ad un’anima che si perde? Quando l’anima gli manifesta un rifiuto netto, gli rivela la sua volontà contraria, non limitandosi al semplice rifiuto, ma giungendo fino alla persecuzione. Anche Gesù, mandando i suoi Apostoli in missione, dinanzi al rifiuto, li libera da ogni ulteriore responsabilità. Questa liberazione è attestata con il togliere la polvere dai propri sandali.

In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città (Mt 10,11-15).

L’apostolo non deve esporre la sua vita al martirio, quando vede rifiuti, opposizioni, persecuzioni, rivolte. Finisce la sua responsabilità, inizia quella di quanti hanno ascoltato e alzano altissimi muri contro il dono della grazia e della vita eterna.

Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani». Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.

La coscienza del missionario del Vangelo deve essere sempre esaminata dinanzi a Dio, alla sua volontà, all’obbedienza prestata ad ogni suo comando e desiderio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

26 MAGGIO

Io sono con te e nessuno cercherà di farti del male

At 18,9-18; Sal 46,2-7; Gv 16,20-23a.

L’Apostolo del Signore, chi da Lui è incaricato di una missione, ha bisogno di sentire il conforto del suo Dio. È la sua vicinanza, la sua presenza che dona ogni forza per andare avanti, portando a compimento l’opera che gli è stata affidata. Mi viene in mente il conforto dato da Dio a Gedeone quando lo ha mandato a combattere con soli trecento uomini un esercito agguerrito, invincibile per qualsiasi altro esercito.

In quella stessa notte il Signore disse a Gedeone: «Àlzati e piomba sul campo, perché io l’ho consegnato nelle tue mani. Ma se hai paura di farlo, scendi con il tuo servo Pura 11e ascolterai quello che dicono; dopo, prenderai vigore per piombare sul campo». Egli scese con Pura, suo servo, fino agli avamposti dell’accampamento. I Madianiti, gli Amaleciti e tutti i figli dell’oriente erano sparsi nella pianura, numerosi come le cavallette, e i loro cammelli erano senza numero, come la sabbia che è sul lido del mare. Quando Gedeone vi giunse, un uomo stava raccontando un sogno al suo compagno e gli diceva: «Ho fatto un sogno. Mi pareva di vedere una pagnotta d’orzo rotolare nell’accampamento di Madian: giunse alla tenda, la urtò e la rovesciò e la tenda cadde a terra». Il suo compagno gli rispose: «Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Ioas, uomo d’Israele; Dio ha consegnato nelle sue mani Madian e tutto l’accampamento». Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione, si prostrò; poi tornò al campo d’Israele e disse: «Alzatevi, perché il Signore ha consegnato nelle vostre mani l’accampamento di Madian».

Divise i trecento uomini in tre schiere, mise in mano a tutti corni e brocche vuote con dentro fiaccole e disse loro: «Guardate me e fate come farò io; quando sarò giunto ai limiti dell’accampamento, come farò io, così farete voi. Quando io, con quanti sono con me, suonerò il corno, anche voi suonerete i corni intorno a tutto l’accampamento e griderete: “Per il Signore e per Gedeone!”». Gedeone e i cento uomini che erano con lui giunsero all’estremità dell’accampamento, all’inizio della veglia di mezzanotte, quando avevano appena cambiato le sentinelle. Suonarono i corni spezzando la brocca che avevano in mano. Anche le tre schiere suonarono i corni e spezzarono le brocche, tenendo le fiaccole con la sinistra, e con la destra i corni per suonare, e gridarono: «La spada per il Signore e per Gedeone!». Ognuno di loro rimase al suo posto, attorno all’accampamento: tutto l’accampamento si mise a correre, a gridare, a fuggire. Mentre quelli suonavano i trecento corni, il Signore fece volgere la spada di ciascuno contro il compagno, per tutto l’accampamento. L’esercito fuggì fino a Bet‑Sitta, verso Sererà, fino alla riva di Abel‑Mecolà, presso Tabbat (Gdc 7,9-22).

Come a Gedeone, come a Davide, come allo stesso Cristo Gesù, anche a Paolo il Signore fa sentire la sua vicinanza, la sua presenza. Anche per Lui è scudo di difesa. Paolo non deve temere. Non deve lasciare la città. Vi saranno agitazioni, ma nessuno gli farà del male. Lui dovrà continuare a predicare il Vangelo nella città. Vi è un popolo numeroso che gli appartiene e Paolo dovrà radunarglielo nell’ovile di Cristo Gesù.

Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio. Mentre Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei insorsero unanimi contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale dicendo: «Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge». Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, o Giudei, come è giusto. Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi: io non voglio essere giudice di queste faccende». E li fece cacciare dal tribunale. Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo. Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.

Ogni missione di Cristo Gesù ha bisogno di sentire la presenza del suo Dio nella sua vita. Certo, a questa presenza non ci si può abituare. La missione va vissuta con fede, nella fede. Il conforto manifestato dona più vigore. Dio sa, conosce, dona.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il conforto di Dio.

 

27 MAGGIO

Gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio

At 18,23-28; Sal 46,2-7; Gv 16,23b-28.

La fede si fonda sulla conoscenza di Cristo, nella quale è la conoscenza del Padre e dello Spirito Santo e di tutto il mistero dell’uomo. Senza la conoscenza di Cristo Gesù, ogni altra conoscenza del mistero è scarsa, approssimativa, vana, inutile per la vera salvezza. Sapendo questo, San Pietro esorta i discepoli di Gesù a mettere ogni impegno per la realizzazione di una duplice crescita: spirituale e morale. Corpo, anima, spirito devono essere condotti in una crescita senza alcuna interruzione.

La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Questi doni, presenti in voi e fatti crescere, non vi lasceranno inoperosi e senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. Chi invece non li possiede è cieco, incapace di vedere e di ricordare che è stato purificato dai suoi antichi peccati. Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. Penso perciò di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e siate stabili nella verità che possedete. Io credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo. E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose (2Pt 1,3-15).

La crescita nella conoscenza di Cristo Gesù non è solamente necessaria per motivi personali, per avere una fede più vera e un amore più puro. Essa è anche necessaria, anzi indispensabile, per possedere una parola più perfetta, un insegnamento più adeguato, un discorso il più possibilmente comprensivo ed espositivo del mistero che si deve annunziare. Oggi, ad esempio, vi è molta ignoranza nella conoscenza di Dio. Siamo come quei farisei e scribi, i quali, non conoscendo Dio, neanche i diavoli conoscevano. La loro parola non solo era falsa, ma distruttrice dell’opera di Gesù.

In quel tempo fu portato a Gesù un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva. Tutta la folla era sbalordita e diceva: «Che non sia costui il figlio di Davide?». Ma i farisei, udendo questo, dissero: «Costui non scaccia i demòni se non per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni». Egli però, conosciuti i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso in se stesso cade in rovina e nessuna città o famiglia divisa in se stessa potrà restare in piedi. Ora, se Satana scaccia Satana, è diviso in se stesso; come dunque il suo regno potrà restare in piedi? E se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Ma, se io scaccio i demòni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Come può uno entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega? Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde (Mt 12,22-30).

È obbligo di chi è avanti nella conoscenza aiutare chi è indietro. Ma è anche dovere di chi è indietro chiedere aiuto a chi sta avanti. Anche nella scienza urge la comunione.

Trascorso là un po’ di tempo, partì: percorreva di seguito la regione della Galazia e la Frìgia, confermando tutti i discepoli. Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera comunione.

 

28 MAGGIO – Ascensione del Signore

Una nube lo sottrasse ai loro occhi

At 1,1-11; Sal 46,2-3.6-9; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20.

La nube che nasconde Gesù è la gloria del Padre, la sua luce, che accoglie il Figlio suo, perché sieda in eterno alla sua destra nei cieli. L’accoglienza nella nube rivela che per Gesù la missione nella sua visibilità è finita. Ora inizia la sua missione invisibile.

Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte (Es 13, 21). Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte (Es 13, 22). L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro (Es 14, 19). Venne così a trovarsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte (Es 14, 20). Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta (Es 14, 24). Ora mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube (Es 16, 10). Il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te”. Mosè riferì al Signore le parole del popolo (Es 19, 9). Appunto al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore (Es 19, 16). Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura, nella quale era Dio (Es 20, 21). Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo” (Mt 17, 5). Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d’uomo; aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: “Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura” (Ap 14, 14-15).

Se Gesù è accolto nella gloria del Padre, si deve dedurre che la sua missione è stata portata a compimento secondo pienezza di verità e giustizia, santità e obbedienza. Il Padre testimonia per la verità, la bontà, la santità non solo di ogni Parola, ma anche di ogni opera di Gesù Signore. I discepoli possono imitarlo, camminare sulle sue orme, dire ciò che Lui ha detto e fare ciò che Lui ha fatto, non però per imitazione pedissequa, ma per mozione, ispirazione, guida e conduzione nello Spirito Santo.

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

I discepoli dovranno andare per il mondo imitando Cristo Gesù nella sua opera di salvezza, ma anche attendendo ogni giorno la sua venuta nella gloria. Essi dovranno camminare con Cristo Crocifisso nel cuore e con il Cristo assunto nella gloria del Padre davanti agli occhi. Insieme Cristo Crocifisso e Cristo Assunto sono la loro unica verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

29 MAGGIO

Si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù

At 19,1-8; Sal 67,2-7; Gv 16,29-33.

La fede in Cristo riceve il suo compimento con il sacramento del battesimo e della confermazione, o dono dello Spirito Santo. Con il battesimo si diviene corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo, figli adottivi del Padre, partecipi della divina natura, eredi della vita eterna, nuovo popolo di Dio, comunità dei redenti, chiesa di Cristo Gesù. Con la cresima si è costituiti testimoni di Gesù Signore, annunziatori di Lui, con le parole e con le opere, costruttori del suo regno sulla nostra terra, per il cielo. San Pietro così annunzia ai cristiani il mistero che il battesimo ha creato nella loro vita.

Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza. Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore. Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. 6Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima. Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita. Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti, come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re (1Pt 2,1-17).

Questo mistero, che obbliga il discepolo di Gesù ad essere immagine viva di Lui, si può realizzare solo in Cristo, con Cristo, per Cristo, divenendo con Lui un corpo, ma anche per la potenza dello Spirito Santo che agisce nella pienezza di suoi doni per noi e con noi e in noi. Non divenendo corpo di Cristo non possiamo realizzare la sua immagine, non è stata scritta in noi, perché non rinati da acqua e da Spirito Santo e neanche possiamo rendergli testimonianza ed edificare il suo regno, dall’interno di esso, perché privi dello Spirito. In Cristo con lo Spirito in noi, tutto è possibile, tutto realizzabile.

Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini. Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio.

Questa verità ci rivela quanto grande è la stoltezza cristiana quando essa propone che tra battezzato e non battezzato non vi è alcuna differenza e che non si ha più bisogno di ricolmarci di Spirito Santo. Lui è dovunque e agisce per mezzo di chiunque. I risultati di tale stoltezza sono sotto gli occhi di tutti. Il mondo è privo della visibilità di Cristo in mezzo ad esso. Il suo regno e la sua chiesa non vengono più edificati. Si è credenti per se stessi e in se stessi con una vaga idea su di Dio, su Cristo, sulla Chiesa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci nella nostra fede.

 

30 MAGGIO

Io sono innocente del sangue di tutti

At 20,17-27; Sal 67,10-11.20-21; Gv 17,1-11a.

San Paolo applica a sé la Parola del Signore rivolta al suo profeta Ezechiele, quando lo ha costituito sentinella dinanzi al suo popolo. La vita del popolo è dalla sua missione.

Al termine di quei sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Tu morirai!”, e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio ed egli non si converte dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato. Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette il male, io porrò un inciampo davanti a lui ed egli morirà. Se tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate, ma della morte di lui domanderò conto a te. Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato» (Ez 3,16-21).

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla ai figli del tuo popolo e di’ loro: Se mando la spada contro un paese e il popolo di quel paese prende uno di loro e lo pone quale sentinella e questi, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona il corno e dà l’allarme al popolo, se colui che sente chiaramente il suono del corno non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina. Aveva udito il suono del corno, ma non vi ha prestato attenzione: sarà responsabile della sua rovina; se vi avesse prestato attenzione, si sarebbe salvato. Se invece la sentinella vede giungere la spada e non suona il corno e il popolo non è avvertito e la spada giunge e porta via qualcuno, questi sarà portato via per la sua iniquità, ma della sua morte domanderò conto alla sentinella. O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato (Ez 33,1-9).

L’affermazione di Paolo si riveste di due verità. La prima dice che la sua è vera Parola di Dio, Parola di Cristo Gesù, Parola di salvezza proferita nello Spirito Santo, Parola profetica come quella di tutti i profeti. Lui è obbligato ad annunziarla ad ogni uomo per la sua salvezza. La seconda mette in evidenza la responsabilità dell’uomo, nel caso dovesse rifiutarla. Non ha più scusanti in eterno dinanzi al Signore né oggi e né nel giorno del giudizio. Il Signore tutto ha fatto per la sua salvezza. È stato l’uomo a rifiutarla, non ascoltarla, non accoglierla nel cuore. Questa stessa coscienza devono possederla tutti i ministri della Parola. Se essi non dicono la Parola, la responsabilità di ogni dannazione ricade sul loro capo. Essi sono responsabili del sangue dannato.

Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio.

San Paolo non dice una parola, mezza parola, non è parziale e neanche accomodante. Lui dice tutta la volontà di Dio, sempre ad ogni uomo. È la sua coscienza ed è verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci tutta la volontà di Dio.

 

31 MAGGIO

Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente

Sof 3,14-18; oppure: Rm 12,9-16b; Sal Is 12,2-6; Lc 1,39-56.

Sofonia è sulla stessa scia del profeta Isaia. È sufficiente leggere un suo Canto per avere una visione nitida di ciò che il Signore si sta accingendo a fare per il suo popolo.

Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto». Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri.

Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono a te. «Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore –, ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa». Poiché le tue rovine e le tue devastazioni e la tua terra desolata saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti, benché siano lontani i tuoi divoratori. Di nuovo ti diranno agli orecchi i figli di cui fosti privata: «Troppo stretto è per me questo posto; scòstati, perché possa stabilirmi». Tu penserai: «Costoro, chi me li ha generati? Io ero priva di figli e sterile, esiliata e prigioniera, e questi, chi li ha allevati? Ecco, ero rimasta sola, e costoro dov’erano?». Così dice il Signore Dio: «Ecco, io farò cenno con la mano alle nazioni, per i popoli isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi figli in braccio, le tue figlie saranno portate sulle spalle. I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse le tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me». Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno? Eppure, dice il Signore: «Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari, io salverò i tuoi figli. Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto. Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe» (Is 49,1-26).

La potenza del Signore è la sua sconvolgente onnipotenza di amore che in nulla si risparmia per la salvezza del suo popolo, figura e immagine della salvezza dell’uomo.

Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». «Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te. Sono la vergogna che grava su di te.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Dio.