Commento teologico alla prima lettura – Marzo 2017

 

1 MARZO – Mercoledì delle Ceneri

Laceratevi il cuore e non le vesti

Gl 2,12-18; Sal 50,3-6.12-14.17; 2 Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

Secondo la Legge dell’Alleanza attualmente Israele vive un momento critico della sua vita. La terra è divenuta una desolazione, un deserto. Anche la vita che veniva vissuta nel tempio, attorno all’altare del Signore è in grande sofferenza. È come se anche i segni della vita, compresi quelli più piccoli, avessero abbandonato i figli di Giacobbe. La descrizione del profeta del momento storico attesta una gravità mai vista prima.

Udite questo, anziani, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti della regione. Accadde mai cosa simile ai giorni vostri o ai giorni dei vostri padri? Raccontatelo ai vostri figli, e i vostri figli ai loro figli, e i loro figli alla generazione seguente. Quello che ha lasciato la cavalletta l’ha divorato la locusta; quello che ha lasciato la locusta l’ha divorato il bruco; quello che ha lasciato il bruco l’ha divorato il grillo. Svegliatevi, ubriachi, e piangete, voi tutti che bevete vino, urlate per il vino nuovo che vi è tolto di bocca. Poiché è venuta contro il mio paese una nazione potente e innumerevole, che ha denti di leone, mascelle di leonessa. Ha fatto delle mie viti una desolazione e tronconi delle piante di fico; ha tutto scortecciato e abbandonato, i loro rami appaiono bianchi. Laméntati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza. Sono scomparse offerta e libagione dalla casa del Signore; fanno lutto i sacerdoti, ministri del Signore. Devastata è la campagna, è in lutto la terra, perché il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito l’olio. Restate confusi, contadini, alzate lamenti, vignaioli, per il grano e per l’orzo, perché il raccolto dei campi è perduto. La vite è diventata secca, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi, è venuta a mancare la gioia tra i figli dell’uomo.

Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, perché priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio. Proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra, radunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore, vostro Dio, e gridate al Signore: «Ahimè, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come una devastazione dall’Onnipotente. Non è forse scomparso il cibo davanti ai nostri occhi e la letizia e la gioia dalla casa del nostro Dio?». Sono marciti i semi sotto le loro zolle, i granai sono vuoti, distrutti i magazzini, perché è venuto a mancare il grano. Come geme il bestiame! Vanno errando le mandrie dei buoi, perché non hanno più pascoli; anche le greggi di pecore vanno in rovina. A te, Signore, io grido, perché il fuoco ha divorato i pascoli della steppa e la fiamma ha bruciato tutti gli alberi della campagna. Anche gli animali selvatici sospirano a te, perché sono secchi i corsi d’acqua e il fuoco ha divorato i pascoli della steppa (Gl 1,1-20).

La “desertificazione” della terra non è però causata dalla natura, ma dalla disobbedienza dell’uomo alla Legge del Signore. È regola di saggezza che per abolire i frutti o le conseguenze venga tolta la causa che li produce. Mantenendo la causa in vita, sempre si produrranno gli stessi frutti. Da qui il comando del Signore: Volete che la terra ritorni ad essere un giardino e non più un deserto? Ritornate nella mia Legge, osservate la mia Alleanza, vivete nei miei Comandamenti, laceratevi il cuore.

«Or dunque – oracolo del Signore –, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

È stoltezza pensare di togliere i frutti mantenendo in vita la causa. Non è una liturgia esteriore che fa ritornare la vita nel popolo di Dio, ma una liturgia interiore. Si lacera il cuore di peccato, lo si getta via, si mette un cuore docile, umile, obbediente, devoto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di cuore umile e puro.

 

2 MARZO

Io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male

Dt 30,15-20; Sal 1,1-4.6; Lc 9,22-25.

Una cosa di cui mai si potrà accusare il nostro Dio è la scarsa o mancata chiarezza nelle sue relazioni con gli uomini. Dal primo istante della creazione, sempre Dio ha detto all’uomo cosa fare e cosa non fare, addirittura gli ha indicato cosa mangiare e cosa non mangiare. Anche quando vide che Caino stava pensando di uccidere il fratello, Dio scese e lo ammonì perché controllasse, dominasse il suo istinto omicida.

Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai» (Gen 4,3-7).

Ora il popolo del Signore sta per entrare nella Terra Promessa. Può il Signore lasciarlo nell’ignoranza? Può abbandonarlo ad un futuro senza certezze assolute? Questo di certo non è l’agire del Signore. Dio ama il suo popolo e lo istruisce in ogni cosa. Questa la grandezza della sua misericordia: ammonire, istruire, esortare prima, in modo che tutti possono sapere come agire, regolarsi, scegliere, decidere, volere, operare. Dinanzi al suo popolo Dio pone la vita e il bene, la morte e il male. La vita e il bene sono nella fedeltà alla sua Alleanza, nell’obbedienza ai suoi Comandamenti. La morte e il male sono nella trasgressione del Patto, che avviene ogni volta che il popolo si pone fuori della Legge. Si rimane nella Legge? Si prende il bene, la vita. Si esce dalla Legge? Si prende la morte, il male. Non è Dio che dona bene e male, vita e morte. È l’uomo che sceglie il bene, la vita, il male, la morte.

Se Israele vuole la vita, il possesso della terra, l’abitazione in essa, necessariamente dovrà scegliere la Legge, il bene, la vita. Se però sceglie il male, la disobbedienza, la trasgressione della Legge, mai potrà gustare il bene, dovrà bere il calice della morte e del male. Questa verità così semplice, oggi non viene più accolta da quasi nessun credente. Si sceglie il male e la morte e poi si vogliono gustare i frutti di bene e di vita. Si insegna che non vi è più nessuna legge morale da osservare, altrimenti questo comporterebbe una violazione del diritto individuale, e poi ci si lamenta dei frutti di morte che la nostra scelta produce. Chi semina ortiche non può raccogliere grano e chi semina vento non può mietere bonaccia. Il mondo oggi sembra un campo seminato a cadaveri: cadaveri per le case, per le strade, per i fiumi, per i campi, per il mare, cadaveri nelle città e fuori città, cadaveri di donne, bambini, uomini, anziani. Quali sono le nostre soluzioni? Un inasprimento della legge contro chi commette questi reati. Ma questa è stoltezza. La soluzione è il ritorno dell’uomo nella Legge del Signore.

Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe».

Non vi sono leggi umane che potranno impedire che la terra diventi un campo seminato a cadaveri. Il Signore fin dai tempi antichi ha indicato la via dell’obbedienza alla sua volontà. Educare all’osservanza della Legge di Dio, del Creatore dell’uomo, è obbligo di ogni uomo. La prima educazione è il rimanere ogni uomo nella più pura e fedele osservanza della Legge. Si osserva la Legge, si insegna come osservarla.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci nella Legge di Dio.

 

3 MARZO

Implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!»

Is 58,1-9a; Sal 50,3-6.18-19; Mt 9,14-15.

L’Antico Testamento tramanda al Nuovo e il Nuovo Tramanda alla Chiesa fino all’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra che il Signore è nella Parola, vive nella Parola, agisce nella Parola, opera nella Parola, dalla Parola. Se l’uomo vuole gustare i frutti dell’amore, della verità, della giustizia, della speranza, della sapienza, dell’intelligenza, dell’onnipotenza salvatrice, redentrice, di benedizione e di elevazione, deve anche lui entrare nella Parola, divenire con la Parola una cosa sola, facendosi così a vera immagine di Dio. Dio e la Parola una cosa sola. L’uomo e la Parola una cosa sola. Questa unità dovrà essere perenne, mai vi dovrà essere separazione. Se l’uomo si separa dalla Parola, si separa dal suo Dio. Dio potrà operare per l’uomo una sola cosa: invitarlo, chiamarlo, sollecitarlo, spronarlo perché ritorni nella Parola.

Questa verità vale anche per la più santa e più sacra ritualità. Anche la ritualità dovrà essere vissuta perché l’uomo entri nella Parola, in essa vi rimanga, in essa cresca in ogni frutto di ascolto e di obbedienza. Ogni ritualità che non nasce dalla Parola e non conduce nella Parola, è azione falsa. Manca del suo principio di azione e del suo fine. Questa verità si applica anche ai sacramenti della Chiesa. Alcuni di essi, nascendo dalla Parola, portano nella Parola. Altri danno all’uomo una vita nuova, perché possa vivere una particolare missione affidatagli dal Signore. In essi si attinge una nuova creazione, una nuova finalità per il nostro essere, ogni grazia e verità per divenire con la Parola una cosa sola. Separare i sacramenti dalla Parola è renderli opera vana. A che serve un sacramento se viene separato dalla Parola che è il fine che ogni uomo dovrà raggiungere? Tutta la ritualità, anche quella dei sacramenti, è mezzo. Il fine è ricomporre la nostra unità con la Parola, nella quale agisce ed opera il nostro Dio.

Il Signore vede il suo popolo affannato in una sterile ritualità. Per bocca del suo profeta gli annunzia che il fine di ogni cosa è il ritorno nella Parola. La Parola è legge di amore verso Dio e verso il prossimo. Se il digiuno non nasce dalla volontà e dall’impegno di vivere la legge perfetta dell’amore, a nulla serve, anzi è pratica di pura idolatria. È inganno e menzogna religiosa. Ci si crede a posto con la coscienza, ma rimanendo l’uomo nella trasgressione della Parola e nel non raggiungimento del suo fine. L’uomo digiuna, ma non è ad immagine di Dio. Non è divenuto una cosa sola con la Parola, non vive nella Parola, non agisce dalla Parola per realizzare la Parola. Non vi è inganno e menzogna religiosa più grande. Si usa la religiosità senza però divenire veri uomini. Ci si serve del culto, ma per rimanere nella non umanità e disumanità.

Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: «Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».

Se il popolo del Signore vuole essere luce, vuole che in esso rifulga e risplenda la vera umanità, deve rientrare nella Parola e secondo i suoi statuti iniziare un vero cammino di amore verso tutti, senza ledere il diritto di alcuno, senza mancare di carità verso alcuno. O il digiuno è creatore di un amore nuovo, o esso è falso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Parola di Dio.

 

4 MARZO

Allora brillerà fra le tenebre la tua luce

Is 58,9b-14; Sal 85,1-6; Lc 5,27-32.

Tutta la profezia è un grido contro la falsità del culto. Mai Dio potrà gradire un culto che non nasce dalla Parola e non conduce alla Parola, perché l’uomo e la Parola diventino una cosa sola. La verità del culto è data dalla Parola che si realizza. Questo legame tra Parola e culto, tra mezzo e fine, mai dovrà essere dimenticato. Il culto è per la Parola.

«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato» (Is 1,11-20).

Dice il Signore: «Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani, perciò, eccomi, continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; perirà la sapienza dei suoi sapienti e si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti». Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: «Chi ci vede? Chi ci conosce?». Che perversità! Forse che il vasaio è stimato pari alla creta? Un oggetto può dire del suo autore: «Non mi ha fatto lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? Certo, ancora un po’ e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva. Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele (IS 29,13-19).

Il Signore anche noi mette in guardia, anche noi ammonisce. Tutte le nostre pratiche religiose, tutte le nostre ritualità antiche e moderne, liturgiche e paraliturgiche, modificate nella forma o lasciate invariate, nascondono questo veleno di morte: essere fini a se stesse, senza essere motivate dalla Parola e finalizzate al ritorno dell’uomo nella Parola, per divenire con essa una cosa sola. Tutto è dalla Parola e per essa.

Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate. Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato.

Il Signore annunzia all’uomo la sua verità che è di sempre: vuoi modificare la tua vita, la tua storia? Vuoi che attorno a te fiorisca il bene? Entra nella mia Parola. Vivila in ogni sua prescrizione. Osserva quanto essa stabilisce e vuole. Entrando nella Parola, si entra nella casa di Dio, nel giardino di Dio, nel regno di Dio, nella sua vita. Divenendo una cosa sola con la Parola, si diviene una cosa sola con Dio, verità della sua verità, luce della sua luce, benedizione della sua benedizione, vita della sua vita. O il digiuno conduce nella Parola o esso diviene tentazione, inganno, menzogna di morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere di Parola di Dio.

 

5 MARZO – I Domenica di Quaresima A

Si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio

Gen 2,7-9;3,1-7; Sal 50.3-6.12-15.17; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11.

Ogni parola proferita da Satana sempre la si deve leggere al contrario. Quanto lui dice è solo falsità e menzogna. La verità non è in lui, perché lui è l’angelo delle tenebre, è angelo di tenebre, non è l’angelo della luce, non è angelo di luce. Con la sua astuzia riesce ad entrare nel cuore di Eva, convincendola che falsa è la Parola del Signore, mentre la sua è quella vera. La donna non crede a Dio, crede invece a Satana.

“È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”. Prima falsità e menzogna. Dio non ha detto questo, ma semplicemente: “Potete mangiare dell’albero della vita, non potete mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. È un albero di morte che dona morte. È un albero avvelenato. Se ne mangiate, di certo morirete. La sua natura è morte e morte produrrà. Satana astutamente aggiunge, rendendo così Dio odioso nel cuore di Eva. Non è un Dio che ama quel Dio che crea un giardino di delizie e poi proibisce alle sue creature di poterne godere i frutti.

“Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”. Grave errore della donna: entrare in dialogo con Satana. Quando si entra in dialogo con Lui, urge stare bene attenti ai dettagli. La donna aggiunge un dettaglio alla Parola di Dio. Così agendo si mette sullo stesso piano di Satana: “Non lo dovete toccare”. L’albero si può toccare, i frutti si possono toccare. Non vanno mangiati. Sono veleno di morte. Ecco la malignità di Satana: aggiungendo e togliendo alla Parola di Dio, a poco a poco lui entra nel cuore attraverso il dialogo. Entrato nel cuore, creata la fiducia, non vi sono più porte chiuse per lui. Eva ormai è sua.

Secondo affondo di Satana: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Ecco la falsità di Satana. Dio non conosce il male. Mai lo potrà conoscere. La sua natura è sommo bene, eterno amore, infinita carità. Lui non potrà mai conoscere il male perché il male è la trasgressione della sua Parola che lega l’uomo indissolubilmente alla sua volontà. Il male è della creatura che si slega dal suo Creatore, che si scioglie dalla sua natura per acquisirne una senza Dio, senza legame con Lui. Non si aprono gli occhi trasgredendo il comando di Dio, essi si chiudono per il bene, si aprono per il male. Infatti l’uomo appena cadde nel peccato, iniziò a vedere il suo corpo come sorgente di male e non più di bene. Gli occhi si chiudono alla verità si aprono alla falsità, si chiudono all’amore si spalancano all’odio e all’egoismo.

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Gli occhi di Eva si sono aperti, ma solo per essere orientati verso il male. “Essa vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza”. Da albero di morte lo vide albero di vita. Così oggi vede l’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci gli occhi di Cristo Gesù.

 

6 MARZO

Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo

Lv 19,1-2.11-18; Sal 18,8-10.15; Mt 25,31-46.

L’uomo è ad immagine e somiglianza di Dio. Dio è santo, anche l’uomo è chiamato ad essere santo. Dio gli chiede che in ogni suo pensiero, opera, desiderio manifesti al mondo la sua santità. Chi vede lui, deve vedere il Dio nel quale crede e del quale porta l’immagine in tutta la sua anima, il suo spirito, il suo corpo. Dio è santo, ma in cosa consiste la sua santità ad immagine dalla quale l’uomo è chiamato a vivere? Essa è amore vero verso Dio e verso ogni creatura di Dio, animata e inanimata, visibile e invisibile, amica o nemica, forestiera o abitante nel paese, buona o cattiva, vicina o lontana, assente o presente. Non solo quello di Dio è amore vero, puro, universale, è anche amore di salvezza, redenzione, giustificazione, creatore di amore più grande.

Non si può amare nessuna cosa, donando ad essa una verità che essa non ama. Una cosa è una cosa. Non è Dio. Mai ad una cosa si devono conferire poteri divini. Un animale è un animale. Deve rimanere sempre animale. Non si può dare la verità che è dell’uomo. Non è amare l’uomo e neanche Dio. Ci si pone al di sopra di Dio. Dio l’ha fatto animale. Noi lo eleviamo alla verità di uomo. O si rispetta la verità che Dio ha scritto in ogni essere, o non si ama. L’amore è il rispetto della verità dell’altro. È anche aiuto affinché l’altro si appropri della sua verità. O uniamo indissolubilmente l’amore alla verità, o nessun vero amore mai potrà essere vissuto da noi. In Dio verità e amore sono una cosa sola. Anche in ogni suo fedele adoratore devono essere una cosa sola.

Oggi è questo il peccato del cristiano: la separazione dell’amore dalla verità. Se l’amore è l’uomo che deve darlo, la verità è sempre da Dio che deve attingerla. È obbligo eterno per chi vuole amare Dio e l’uomo con amore puro e santo, altrimenti il suo mai potrà dirsi amore. Una cosa si ama rispettando la verità della cosa. Un animale si ama rispettando la verità dell’animale. Ora la verità dell’animale è anche quella di essere cibo per l’uomo. Un uomo si ama rispettando la verità dell’uomo. Anche la verità di natura va rispetta. Una donna va amata da donna. Un uomo va amato da uomo. Non si ama un uomo trasformandone la verità, da uomo facendolo divenire donna. Non vi è amore, perché il soggetto da amare è stato privato della sua verità, non della verità che gli dona l’uomo, ma di quella che gli ha conferito il Signore per creazione. Questo principio essenziale va sempre rispettato, mai dimenticato.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore.

Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.

Ecco la verità dell’uomo: ogni uomo, ogni persona umana è stata fatta ad immagine di Dio, porta in sé l’immagine del suo Signore e Creatore. Come portatrice dell’immagine di Dio ogni persona va amata, servita, rispettata. Così come si ama, si rispetta, si serve il Signore, così si deve servire, amare, rispettare l’uomo. Dio che ha dato all’uomo la sua verità creandolo è lo stesso che dice all’uomo la verità secondo la quale ogni uomo va amato. A nessun uomo è consentito stabilire lui regole di verità per amare Dio e l’uomo. Le regole, gli statuti, le leggi della verità dell’amore sempre vanno attinti in Dio e Dio li ha posti tutti nella sua Parola. Allora non si tratta di una imitazione di Dio lasciata alla libertà di ciascuno. L’imitazione di Dio si compie nella perfetta obbedienza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla verità.

 

7 MARZO

Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca

Is 55,10-11; Sal 33,4-7.16-19; Mt 6,7-15.

Ci aiuta a comprendere quanto il profeta Isaia ci annunzia sull’efficacia della Parola di Dio quanto viene a noi riferito di Ezechiele e della sua missione in mezzo al suo popolo, genìa di ribelli e chiuso ad ogni richiamo d’amore del Suo Signore.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, àlzati, ti voglio parlare». A queste parole, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.

Ma tu, figlio dell’uomo, non li temere, non avere paura delle loro parole. Essi saranno per te come cardi e spine e tra loro ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce: sono una genìa di ribelli. Ascoltino o no – dal momento che sono una genìa di ribelli –, tu riferirai loro le mie parole. Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai (Ez 2,1-10).

La Parola è mandata perché manifesti al popolo la volontà del Signore di perdono e di misericordia nella conversione e nel pentimento dell’uomo. Dio, per mezzo del profeta, ti dice che è pronto ad accoglierti, purché tu ritorni a Lui. Tu sei sordo, non ti converti, non ritorni, muori. Dio si dichiara non responsabile della tua morte. Domani non lo potrai accusare di non aver fatto abbastanza per te. Ha fatto tutto. Se il cristiano e ogni ministro della Parola comprendesse questa verità, si darebbe al mondo la vera luce della Parola e molti anche si potrebbero convertire. Invece cristiani e ministri della Parola, non vedendosi più missionari della Parola, inviati per dire la Parola di Dio, sostituiscono il Vangelo con pensieri della terra, con desideri della carne, mettendo così il Signore in grave difficoltà. Domani i dannati lo potrebbero accusare di ingiustizia, non avendo vigilato sui suoi missionari, non essendo intervenuto per riportarli, come Giona, sulla retta via. Un cristiano, un ministro della Parola, che dicono parole dal loro cuore, offendono gravissimamente il loro Mandatario. Si sostituiscono a Lui.

Questo peccato va rimosso dal cuore di ogni discepolo di Gesù. Lui è discepolo del Maestro divino e deve avere il più grande rispetto verso colui che lo ha mandato. Deve sempre rivestirsi di grande umiltà e confessare: “Sappiate che quanto sto dicendo è pensiero attinto nel mio cuore. Il Maestro che mi ha mandato dice cose contrarie. Parla in modo diametralmente opposto. Lui dice che c’è l’inferno e molti finiscono in esso. Io dico che l’inferno è vuoto. Adesso a voi la responsabilità: credere nella mia falsità, nelle invenzioni e fantasie della mia mente, oppure credere alla sua verità eterna”. Dire nel nome di Cristo, con la sua autorità una falsità, è l’offesa di tradimento più grande che si conosca. Questo tradimento supera il peccato di Giuda e di ogni apostata.

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.

Nessuno potrà accusare Dio di ingiustizia, poco amore, assenza di carità, negligenza nella misericordia. Questa regola vale per il cristiano. Nessuno domani dovrà accusare il cristiano di essere responsabile della sua dannazione. Sarà la dannazione anche del cristiano, poiché nel battesimo costituito vero profeta del Dio vivente. Il battezzato è voce di Cristo, voce del Padre, voce dello Spirito Santo, voce della Chiesa. Sempre lui dovrà far risuonare la Parola della verità e dell’amore. Nessuno domani lo dovrà accusare di poco amore, di assenza di verità, di carenza di ogni misericordia, perché ha lasciato morire e finire nell’inferno un suo fratello. Evangelizzare è salvarsi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Parola di Cristo Gesù.

 

8 MARZO

Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta

Gn 3,1-10; Sal 50,3-4.12-13.18-19; Lc 11,29-32.

Ninive è posta da Dio per il suo popolo come esempio di vera conversione. Una città pagana, consumata dall’idolatria, sepolta nella sua immoralità, ascolta un profeta che viene da lontano, che dice solo poche parole, si converte e vive. I figli di Israele vengono sollecitati con premura e sempre, non da un solo profeta, ma da molti, ma rimangono nella loro incredulità, peccato, idolatria, immoralità. Ninive domani condannerà tutto il mondo della vera fede e della vera credenza nel vero Dio, nel vero Salvatore e Signore, nella vera Chiesa, nella vera religione. Questa verità è solennemente annunziata da Gesù Signore. Ninive condannerà la Chiesa. Dichiarerà colpevoli e rei di morte eterna tutti coloro che non vivono di retta fede nel Salvatore e Redentore dell’uomo, quanti si sono separati dalla verità del Vangelo.

Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona (Lc 11,29-32).

Ninive condanna la nostra insensibilità al Vangelo, alla Parola, alla vera profezia, ai segni dei tempi che il Signore sempre manda perché ci convertiamo a Lui con tutto il cuore. Il popolo cristiano ormai ha fatto il callo al cuore e alla mente riguardo al Vangelo. Esso viene predicato, annunziato, proclamato, spiegato. Si fanno settimane bibliche, si prega con la lectio divina, le catechesi sono senza numero, a questo vanno aggiunte omelie, scuole della parola, catechesi, corsi di formazione. Addirittura si diviene anche teologi e maestri di teologia, ma il callo alla mente e al cuore rimane. Vale anche per noi quanto il Signore rivela al suo fedele profeta Ezechiele.

Figlio dell’uomo, i figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle porte delle case e si dicono l’un l’altro: “Andiamo a sentire qual è la parola che viene dal Signore”. In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al guadagno. Ecco, tu sei per loro come una canzone d’amore: bella è la voce e piacevole l’accompagnamento musicale. Essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica. Ma quando ciò avverrà, ed ecco avviene, sapranno che c’è un profeta in mezzo a loro» (Ez 33,30-33).

Ninive si converte solo per aver ascoltato una minaccia di Dio. Noi mai ci possiamo convertire perché oggi il predicatore ha tolto la minaccia dalla Parola. A che serve la conversione, se Dio è misericordioso, pietoso, accoglie tutti nel suo Paradiso?

Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!». Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

I nostri peccati contro la Parola sono infiniti. Per essi nessuno mai si convertirà a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri ministri della Parola.

 

9 MARZO

Ascolta la voce dei disperati

Est 4,17n.p-r.aa-bb.gg-hh; Sal 137,1-8; Mt 7,7-12.

Il popolo del Signore soffre per una decisione irrevocabile di distruzione e di morte che incombe sulla sua testa. Quando questi pericoli sorgono sempre chi può intervenire presso Dio e presso gli uomini perché il pericolo sia scongiurato, è obbligato a mettere in gioco anche la sua vita. Una vita vale la salvezza di molte vite. Esporre se stessi alla morte è sacrificio benedetto dal Signore. Cristo Gesù non diede la sua vita per la nostra vita? Non offrì Lui la sua vita a Dio per la nostra salvezza a redenzione eterna.

Ester sa che solo lei può chiedere al re la grazia del suo popolo. Sa però che per chiedere la grazia deve esporre la sua vita alla morte. Presentarsi dinanzi al re senza essere da lui convocati, era vera esposizione alla morte. La vita del suo popolo vale molto di più che la sua vita. Per la salvezza dei figli di Abramo è giusto sacrificare la propria. Ester sa questo e si prepara nella preghiera al sacrificio di sé. Una vita per molte vite. Il proprio sacrificio per impedire il sacrificio di un intero popolo.

«Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta. Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore!

Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale. Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori.

Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero.

Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato alla tavola di Aman; non ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito, se non in te, Signore, Dio di Abramo. O Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati, liberaci dalla mano dei malvagi e libera me dalla mia angoscia!».

L’opera dell’uomo deve sempre farsi in Dio, dall’inizio alla fine. È Dio che deve dare ogni forza per vincere la nostra paura che ci trattiene dall’offrire la nostra vita per la redenzione e la salvezza dei fratelli. È Dio che deve governare ogni momento della storia perché tutto si svolga per il più grande bene. Se Ester si presenta al re e viene uccisa prima di essere ascoltata nella sua supplica, il suo sacrificio è vano. Dio deve operare perché il suo sacrificio non sia inutile. È anche Dio che deve cambiare il cuore del re, rendendolo pronto ad accogliere ogni richiesta a lui rivolta. Se Dio non cambia il cuore, anche la sua supplica è vana, inutile. Ester crede che serve sia tutta la sua opera, compresa l’esposizione della sua vita alla morte, ma anche tutta l’opera di Dio, senza la quale, ogni suo agire sempre risulterà senza alcun frutto. Per la fede nella necessità della sua opera lei espone se stessa alla morte, per la fede che tutto deve essere governato verso il bene da Dio, chiede a Lui che la sua opera non sia vana. Senza l’intervento diretto di Dio nei cuori, nessuna opera umana produrrà salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone di vera fede.

 

10 MARZO

Egli certo vivrà e non morirà

Ez 18,21-28; Sal 129,1-8; Mt 5,20-26.

Con il profeta Ezechiele avviene una rivoluzione religiosa e di fede nel popolo del Signore. Con Mosè, molti peccati del suo popolo erano sanzionati con la morte. Ora Dio concede ad ogni uomo la grazia della conversione, del pentimento, del ritorno a Lui. Dio non gode della morte di chi muore. Lui gioisce per chi si converte e ritorna a Lui con cuore pentito, umiliato, affamato e assetato di verità, giustizia, riconciliazione. Questa verità, che manifesta la vera grandezza della misericordia di Dio viene anche cantata dal Libro della Sapienza. Nel perdono Dio è onnipotentemente grande.

Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,21-26).

La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità, con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri concludesti, giurando, alleanze di così buone promesse! Mentre dunque correggi noi, tu colpisci i nostri nemici in tanti modi, perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati (Sap 12,16-22).

Come verità e amore devono essere una cosa sola, non c’è amore senza verità, così una cosa sola devono essere misericordia e pentimento. La misericordia di Dio è in vista del pentimento. Con il pentimento si entra nella verità dell’amore e nell’amore della verità. Il Signore lo ha deciso con decreto divino, eterno: lui darà sempre ad ogni uomo la possibilità del pentimento. Lo aiuterà con ogni grazia perché si possa pentire. Sappiamo che Cristo Gesù ha compiuto segni, miracoli, prodigi per aiutare il suo popolo nel cammino di pentimento e di conversione. Alla fine ha anche versato il suo sangue dalla Croce e donato il suo Santo Spirito per il ritorno a Dio di ogni uomo.

Ma se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato. Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l’empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.

Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.

Verità e amore, amore della verità e verità dell’amore, compassione, misericordia, pentimento, conversione, ritorno nella Parola, vita nella Parola devono essere una cosa sola. Purtroppo oggi si separa amore e verità, misericordia e pentimento, conversione e Parola. Si uccide così l’amore, la verità, la misericordia, la conversione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità di ogni cosa.

 

11 MARZO

Ma solo se tu camminerai per le sue vie

Dt 26,16-19; Sal 118,1-2.4-5.7-8; Mt 5,43-48.

Il profeta Osea ci rivela quanto siano vere le parole che oggi il Signore fa udire al suo popolo per mezzo del suo servo Mosè: “Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie, osserverai le sue leggi e i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce”. Nel tradimento e rinnegamento della Legge del Signore avviene la rottura tra Dio e il suo popolo. Il popolo non è più popolo di Dio. Dio non è più Dio per il suo popolo. L’Alleanza è infranta, distrutta.

Parola del Signore rivolta a Osea, figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele. Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse: «Va’, prenditi in moglie una prostituta, genera figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore». Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: ella concepì e gli partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Izreèl, perché tra poco punirò la casa di Ieu per il sangue sparso a Izreèl e porrò fine al regno della casa d’Israele. In quel giorno io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreèl». La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea: «Chiamala Non-amata, perché non amerò più la casa d’Israele, non li perdonerò più. Invece io amerò la casa di Giuda e li salverò nel Signore, loro Dio; non li salverò con l’arco, con la spada, con la guerra, né con cavalli o cavalieri». Quando ebbe svezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio. E il Signore disse a Osea: «Chiamalo Non-popolo-mio, perché voi non siete popolo mio e io per voi non sono (Os 1,1-9).

L’Alleanza tra Dio e il suo popolo è stipulata sull’osservanza dei Comandamenti, della Legge, degli Statuti, sull’ascolto della voce del Signore. Il popolo non vive né di Legge e né di ascolto, non è più popolo di Dio, ma neanche Dio è Dio per il suo popolo. Qual è la prima conseguenza di questa sciagurata decisione del popolo di porsi fuori della Legge del suo Dio, di questa sua volontà di non ascoltare il suo Redentore e Salvatore? Dio non può più benedire il suo popolo, non lo può innalzare, neanche lo potrà proteggere e custodire, non gli può mostrare più la sua eterna bontà. Lo dovrà abbandonare al suo peccato, alla sua morte e distruzione, all’esilio, alla spada, alla fame, alla peste, alla devastazione. Gli potrà però mostrare una sola misericordia: mandare senza mai stancarsi messaggeri e profeti perché lo invitino a tornare, nel vero pentimento, nell’abbandono di ogni idolatria e immoralità, nella conversione vera alla sua Parola. Nella Parola il popolo è nuovamente di Dio e Dio nuovamente del suo popolo. Ora la misericordia può essere solo in vista della conversione.

Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce. Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso».

Le regole dello stare insieme di Dio e del popolo, di Cristo e dei suoi discepoli, dello Spirito Santo e della Chiesa, non sono date dall’uomo. Le condizioni le pone il Signore. Nell’Antico Testamento Dio ha posto come regola di vita la Legge scritta sulle due tavole di pietra. Nel Nuovo Testamento Cristo Gesù ha posto la Legge dell’amore scritta da Lui sulle due tavole della croce, tavola orizzontale e verticale. Queste due tavole devono essere sempre inchiodate nel cuore di ogni suo discepolo e ogni cuore inchiodato su di esse. Se vi è schiodatura dalle due tavole, Cristo non è più Cristo, la Chiesa non è più Chiesa, la grazia non è più grazia, i sacramenti non sono più sacramenti. Tutto viene vissuto nella falsità. Si è schiodati dalle due tavole di Gesù Signore. Neanche la misericordia è più misericordia. Essa ha un solo fine: aiutare ogni cuore perché si inchiodi sulle due tavole della legge nuova. Inchiodato il cuore sulle due tavole, la grazia ritorna ad essere grazia e Cristo ridiviene nuovamente Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inchiodateci sulle due tavole.

 

12 MARZO – II Domenica di Quaresima A

Verso la terra che io ti indicherò

Gen 12,1-4a; Sal 32,4-5.18-20.22; 2 Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9.

Nella Scrittura è sempre Dio che chiama ed è sempre Dio che dona la missione. Dio ha chiamato all’esistenza tutte le creature inanimate ed ha assegnato a ciascuna una sua particolare missione. Ha chiamato all’esistenza le creature animate, del cielo, della terra, dei mari ed anche ad esse ha assegnato una particolare missione. Ha chiamato l’uomo e già creandolo gli ha rivelato quale dovrà essere la missione sulla terra.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1.26-28). Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire». E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne (Gen 2,16-18.21-24).

Il Signore chiamò Noè e anche a lui affida una missione da compiere. Dalla sua obbedienza dipenderà la salvezza dell’intero genere umano. Tutto è nel suo sì a Dio.

Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e, a un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore (Gen 6,13-16).

Anche la vocazione di Abram è unica. Lui dovrà uscire dalla sua terra, dalla sua parentela, dalla casa di suo padre. Dovrà mettersi in cammino verso una terra sconosciuta, che Dio gli avrebbe indicato lungo la via. Perché dovrà lasciare la sua terra? Perché Dio vuole fare di lui una grande nazione e anche una benedizione. In lui benedetto tutte le nazioni della terrà dovranno essere benedette. Altra promessa che il Signore gli fa: Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò. Nulla è nel presente. Tutto è nel futuro. Nulla Dio dona oggi ad Abram. Tutto gli darà nel futuro. Oggi neanche gli dice dove dovrà recarsi. Anche questa indicazione gli sarà data dopo. La fede di Abram in Dio poggia sul nulla attuale. Il Signore gli chiede di consegnarsi a Lui e Abram si consegna. Parte. Lascia la sua terra. Abbandona tutto.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot.

La fede di Abramo apparentemente è un salto nel nulla. Essa però si fonda su una Parola ascoltata. Nulla è dato. Tutto sarà dato. Abram crede, si fida, si consegna, lascia, abbandona, parte, si mette in cammino. La fede di Abram diviene così un cammino verso un futuro che è tutto in Dio. Nulla è nell’uomo. L’unica certezza dell’uomo è la Parola. In questa Parola lui crede. A questa Parola si affida, si consegna, si dona. Tutto per Lui è questa Parola. Altra verità vuole che non vi sia alcun altro precedente. L’ha fatto lui, lo faccio io. Dio è stato fedele con lui, sarà fedele con me. Questo aiuto non esiste. Esistono Abram, Dio, la sua Parola. Abram obbedisce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede nella Parola.

 

13 MARZO

Al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono

Dn 9,4b-10; Sal 78,8-9.11.13; Lc 6,36-38.

Daniele vuole comprendere la Parola del Signore. Ha bisogno di un aiuto divino.

Nell’anno primo di Dario, figlio di Serse, della progenie dei Medi, il quale era stato costituito re sopra il regno dei Caldei, nel primo anno del suo regno io, Daniele, tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e che si dovevano compiere per le rovine di Gerusalemme, cioè settant’anni. Mi rivolsi al Signore Dio alla ricerca di un responso con preghiera e suppliche, con il digiuno, veste di sacco e cenere e feci la mia preghiera e la mia confessione al Signore, mio Dio (Dn 9,1-4).

Si mette in preghiera. Confessa che Dio è sommamente giusto, fedele ad ogni sua Parola. Chi è colpevole è solo il popolo, perché non ha ascoltato, non si è pentito, non si è convertito, non è ritornato al suo Signore. Nessuno potrà mai accusare il Signore di ingiustizia, di poco o di scarso amore. Lui va al di là della sua stessa Parola nell’amore e nella fedeltà. Concede sempre il tempo perché l’uomo si possa convertire.

«Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all’alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali nel tuo nome hanno parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancora oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i delitti che hanno commesso contro di te. Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te; al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti.

Daniele chiede aiuto e il Signore manda il suo Angelo, l’Angelo dell’Annunzio e della Spiegazione della Parola, perché illumini il suo profeta sulla profezia che a lui sta tanto a cuore. La luce viene. Prima della venuta del Messia dovranno ancora passare settanta settimane di anni. Saranno dalla distruzione di Gerusalemme circa quattrocentonovanta anni. Vengono anche dati alcuni elementi della storia che serviranno come pietre miliari per attestare che gli anni si stanno compiendo.

Mentre io stavo ancora parlando e pregavo e confessavo il mio peccato e quello del mio popolo Israele e presentavo la supplica al Signore, mio Dio, per il monte santo del mio Dio, mentre dunque parlavo e pregavo, Gabriele, che io avevo visto prima in visione, volò veloce verso di me: era l’ora dell’offerta della sera. Egli, giunto presso di me, mi rivolse la parola e mi disse: «Daniele, sono venuto per istruirti e farti comprendere. Fin dall’inizio delle tue suppliche è uscita una parola e io sono venuto per annunciartela, poiché tu sei un uomo prediletto. Ora sta’ attento alla parola e comprendi la visione: Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi. Sappi e intendi bene: da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi. Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui. Il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un’inondazione e guerra e desolazioni sono decretate fino all’ultimo. Egli stringerà una solida alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l’offerta; sull’ala del tempio porrà l’abominio devastante, finché un decreto di rovina non si riversi sul devastatore» (Dn 9, 20-27).

L’uomo giusto non solo si accontenta di credere nella Parola del Signore, non solo dona a Dio quel che è di Dio e all’uomo quello che è dell’uomo, ma anche vuole comprendere la Parola e chiede aiuto perché gli venga data ogni luce. L’uomo giusto crede nella Parola, vede secondo la Parola, chiede luce per aumentare la sua fede nella Parola e per vedere ancora meglio dalla Parola secondo la Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la luce della Parola.

 

14 MARZO

Se sarete docili e ascolterete

Is 1,10.16-20; Sal 49,8-9.16-17.21.23; Mt 23,1-12.

La Parola del Signore è intramontabile, immodificabile. Una volta proferita essa si compie sempre. Anche se con modalità nuove, forme nuove, concetti nuovi, espressioni nuove, essa annunzia quella verità antica contenuta nel Libro della Genesi: “Se tu ti fai da te stesso muori. Se invece ti fai da me, dalla mia volontà, vivi”. Questa verità antica è così tradotta dal Libro del Levitico:

Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, io vi darò le piogge al loro tempo, la terra darà prodotti e gli alberi della campagna daranno frutti. La trebbiatura durerà per voi fino alla vendemmia e la vendemmia durerà fino alla semina; mangerete il vostro pane a sazietà e abiterete al sicuro nella vostra terra. Io stabilirò la pace nella terra e, quando vi coricherete, nulla vi turberà. Farò sparire dalla terra le bestie nocive e la spada non passerà sui vostri territori. Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. Io mi volgerò a voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e confermerò la mia alleanza con voi. Voi mangerete del vecchio raccolto, serbato a lungo, e dovrete disfarvi del raccolto vecchio per far posto al nuovo. Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo. Io sono il Signore, vostro Dio, che vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, perché non foste più loro schiavi; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta.

Ma se non mi darete ascolto e se non metterete in pratica tutti questi comandi, se disprezzerete le mie leggi e rigetterete le mie prescrizioni, non mettendo in pratica tutti i miei comandi e infrangendo la mia alleanza, ecco come io vi tratterò: manderò contro di voi il terrore, la consunzione e la febbre, che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita. Seminerete invano le vostre sementi: le mangeranno i vostri nemici. Volgerò il mio volto contro di voi e voi sarete sconfitti dai nemici; quelli che vi odiano vi opprimeranno e vi darete alla fuga, senza che alcuno vi insegua. Se nemmeno a questo punto mi darete ascolto, io vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Spezzerò la vostra forza superba, renderò il vostro cielo come ferro e la vostra terra come bronzo. Le vostre energie si consumeranno invano, poiché la vostra terra non darà prodotti e gli alberi della campagna non daranno frutti. Se vi opporrete a me e non mi vorrete ascoltare, io vi colpirò sette volte di più, secondo i vostri peccati. Manderò contro di voi le bestie selvatiche, che vi rapiranno i figli, stermineranno il vostro bestiame, vi ridurranno a un piccolo numero e le vostre strade diventeranno deserte (Lev 26,3-22).

Sono passati molti anni dall’Alleanza del Sinai. Israele si è molto allontanato dal suo Dio. Si è consegnato all’idolatria, fonte di ogni ingiustizia e immoralità. È fuori della Parola. È nella morte religiosa e sociale, politica ed economica. Il Signore viene e ancora una volta gli offre un’ancora di salvezza. Gli concede altro tempo perché si converta per ritornare in vita. Vita, Parola, conversione alla Parola sono una cosa sola.

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato».

Il Signore è pronto a perdonare ogni peccato del suo popolo, è disposto ad immergerlo nuovamente nell’abbondanza e nella benedizione. Israele deve però convertirsi. Deve ritornare nella Parola. Deve riprendere l’obbedienza alla Legge. Se si ostina nella trasgressione, camminerà di morte in morte. Se si ribellerà, sarà divorato dalla spada. Il Signore non lo potrà proteggere ed esso sarà preda dei suoi nemici. È verità eterna. La vita è nella Parola. Si esce dalla Parola si entra in un processo di morte. Questa legge è universale. Vale per ogni uomo, sempre. La vita è nella Parola di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede nella Parola.

15 MARZO

Venite e tramiamo insidie contro Geremia

Ger 18,18-20; Sal 30,5-6.14-15a.16; Mt 20,17-28.

Nella Scrittura il primo odio a causa della religione fu quello di Caino contro il fratello Abele. Il fratello ricordava al fratello che al Signore va dato il meglio del meglio di ciò che si possiede. È questa la vera adorazione. Abele fu profeta della verità di Dio con la sua vita, i suoi gesti, le sue opere. Per questa purissima profezia fu ucciso.

Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise (Gen 4,1-8).

La stessa Scrittura ci rivela che invidia e gelosia non hanno risparmiato neanche Mosè. Anche in questo caso troviamo un altro fratello e un’altra sorella: Maria e Aronne.

Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra. Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse: «Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?». L’ira del Signore si accese contro di loro ed egli se ne andò. La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa, bianca come la neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa (Num 12,1-10).

Chi perseguita Geremia, chi tende insieme contro di lui, non è un popolo barbaro, che viene dagli estremi confini della terra. Ma sono i suoi fratelli di sangue e di fede. Questo ci deve far comprendere che i nemici della religione sono fratelli di religione e i nemici della fede sono fratelli di fede. Il nemico della verità si nasconde nella “verità”. Il nemico dell’alleanza si nasconde nell’“Alleanza”. Chi vuole essere profeta della religione, della verità, della profezia sarà perseguitato dalla religione, dalla verità, dalla profezia. Gesù è stato consegnato ai pagani dai suoi fratelli di religione e di Alleanza.

Dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira.

Gesù ci avvisa, dicendo che per quanti credono nel suo nome la persecuzione verrà da ogni persona, da ogni luogo, ogni religione, ogni credenza, ogni fede, ogni verità.

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,12-19).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone di vera fede.

16 MARZO

Maledetto l’uomo che confida nell’uomo

Ger 17,5-10; Sal 1,1-4.6; Lc 16,19-31.

È giusto chiedersi: chi è l’uomo che confida nell’uomo? Per Geremia l’uomo è il figlio di Abramo che abbandona la Parola del Signore e cerca la salvezza in chi non è figlio di Abramo. Nel caso storico, l’uomo è il popolo del Signore che non ascolta i profeti che Dio gli manda per invitarlo alla conversione, per avere la vita, e stringe alleanze con i popoli, sperando da essi la salvezza. Il popolo vuole la salvezza, ma rimanendo nella sua idolatria e immoralità, nella sua ingiustizia e falsità, nei suoi delitti e trasgressioni. Vuole la vita rimanendo nella morte, sperando di trovarla in degli uomini o in dei popoli essi stessi già nella morte, perché privi di qualsiasi segno di vita.

Il profeta Geremia brucia con il fuoco della sua Parola questa falsa certezza, illusoria speranza. Il popolo di Dio solo nella Parola del suo Dio trova vita. Cercare vita fuori della Parola, è cercare morte. È aggiungere morte a morte, povertà a povertà, miseria a miseria, illusione a illusione, disperazione a disperazione. Chi vuole la vita sa dove trovarla. Nella fedeltà alla Parola, nell’obbedienza ai comandamenti, nell’osservanza a quel Patto di Alleanza stipulato presso il Sinai e che rimane stabile in eterno. È solo inganno pensare di trovare vita saltando la Parola, Dio, l’Alleanza, la Legge. Ma il popolo del Signore in questo momento storico vive solo di inganno, menzogna, illusione. È guidato da un esercito di falsi profeti che lo stanno conducendo alla rovina.

È benedetto invece il popolo di Dio se esso ritorna nell’Alleanza del suo Dio. Confidare nel Signore è credere nella sua Parola. Non c’è fiducia in Dio saltando la Parola. Chi salta la Parola, non ha fiducia nel Signore, lo tenta. Il Signore mai va tentato. Questo vale oggi anche per la misericordia. Cercare la misericordia del Signore fuori della sua Parola, è vera tentazione contro Dio. Dio lo ha promesso. Tutto è dalla fede nella sua Parola, perché tutto scaturisce dalla fede nella sua Parola. La Parola è come il Costato trafitto di Gesù sulla croce. Come da quel Costato trafitto venne fuori l’acqua e il sangue della salvezza, così dalla Parola trafitta dalla nostra fede scaturisce la misericordia di Dio che è il dono di Cristo e dello Spirito Santo e di ogni altra grazia di salvezza e di redenzione. Saltare la Parola e sperare nella misericordia è dare al peccato diritto di cittadinanza nel cuore, credendo falsamente che con esso in noi Dio riversa in noi ogni grazia, ogni benedizione, ogni abbondanza di beni spirituali e materiali. Eppure oggi tentare il Signore per molti sta divenendo stile di vita.

«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni.

Il Signore non si lascia né ingannare né tentare da alcuno. Lui guarda il cuore, osserva i pensieri della mente, scruta le opere di ciascuno. Chi è nella Parola da Lui è benedetto, salvato, redento, aiutato e sostenuto, protetto e custodito. Chi non è nella Parola va avvisato del pericolo che lo sovrasta. Lui sta camminando verso una sicura morte. Se vuole la vita, deve invertire il suo percorso e stabilirsi saldamente nella Parola. Nella Parola, per la fede in essa, per l’obbedienza ad ogni suo comando, si aprono le porte della misericordia, della grazia, della benedizione e la vita ritorna nel corpo, nello spirito, nell’anima dell’uomo. La misericordia di Dio è questo invito alla conversione. Nella conversione la misericordia diviene dono di ogni benedizione. Ma la benedizione è nella Parola. Oggi c’è molta confusione. Si confonde misericordia come invito alla conversione e misericordia come benedizione. Dalla Parola nella Parola!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni confusione.

17 MARZO

Per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe

Gen 37,3-4.12-13a.17b-28; Sal 104,16-21; Mt 21,33-43.45-46.

La speranza del giusto riposa solo nel Signore. Non vi sono persone sulla terra sui quali si può confidare, sperare. Il profeta Michea rivela che i nemici dell’uomo sono quelli della sua casa. Verità confermata da Cristo Signore nel suo Vangelo. La fedeltà all’uomo nasce dalla fedeltà a Dio. Non si è fedeli a Dio, mai si potrà essere fedeli all’uomo. Senza fedeltà a Dio, neanche al proprio sangue si è fedeli.

Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d’estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello. Le loro mani sono pronte per il male: il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia, e così distorcono tutto. Il migliore di loro è come un rovo, il più retto una siepe di spine. Nel giorno predetto dalle tue sentinelle, il tuo castigo è giunto, adesso è il loro smarrimento. Non credete all’amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo petto. Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza, il mio Dio mi esaudirà (Mi 7,1-7). .

Giuseppe è amato dal Padre. Per quest’amore è odiato dai suoi fratelli. Quando poi racconta i suoi sogni nei quali tutta la sua famiglia si inchina davanti a Lui, l’odio divenne ancora più grande. Esso è talmente grande che si pensa alla sua uccisione. Poi per una serie misteriosa di eventi, non viene ucciso, ma venduto come schiavo.

Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre.

Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di resina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.

Il Signore ha un disegno su Giuseppe. Non lo realizza in modo lineare, prendendolo e collocandolo su un trono alto ed elevato. Questo non è l’agire del Signore. Lui opera nella storia per mezzo della storia, della quale componenti sempre presenti sono odio, invidia, gelosia, superbia, concupiscenza, stoltezza, insipienza, malvagità, cattiveria, lussuria e molti altri vizi. Ed è questa la grandezza del Signore e la potente sua grazia: realizzare la sua volontà nonostante dalla storia l’uomo sia costretto a camminare in un campo di aspidi, vipere e ogni altro serpente velenoso. La storia è la via attraverso la quale Giuseppe deve raggiungere la sua elevazione. Oggi essa passa attraverso la vendita a dei mercanti. Domani passerà facendo il servo e lo schiavo, e dopodomani passerà per il carcere, anch’esso frutto del peccato di una donna e della sua lussuria.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di Dio nella storia.

18 MARZO

Si compiace di manifestare il suo amore

Mi 7,14-15.18-20; Sal 102,1-4.9-12; Lc 15,1-3.11-32.

Il profeta è voce di Dio presso il popolo, ma anche voce del popolo presso Dio. Al popolo porta la verità di Dio e le esigenze del suo amore, a Dio manifesta il bisogno di perdono, misericordia, pietà, compassione del suo popolo. La mediazione profetica è vitale per il popolo del Signore. Oggi questa mediazione deve essere di ogni cristiano, perché lui in Cristo è insieme sacerdote, re e profeta della Nuova Alleanza. Ogni discepolo di Gesù deve manifestare all’uomo la luce di Cristo Signore, perché si innamori di essa. Deve presentare a Gesù Signore tutte le necessità di conversione, pentimento, ritorno a Dio sia degli altri discepoli che di ogni uomo, perché Gesù aumenti la sua grazia, versi con abbondanza il suo Santo Spirito, ricolmi i cuori di luce sempre più potente perché si convertano ed entrino nella vita vera, nuova, divina, eterna. La mediazione nella preghiera è essenziale per un profeta. Gesù questa mediazione la manifestò tutta nel Cenacolo nella sua preghiera elevata al Padre.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo (Gv 17,12-24).

Questa mediazione mai va tralasciata. È essenza della missione profetica. Se il profeta non porta a Dio ogni esigenza di conversione, perdono, ravvedimento, richiesta di perdono per il suo popolo, a nulla serve portare al popolo la volontà di Dio. Mai sarà accolta. Manca un cuore disponibile alla sua accoglienza. Invece il profeta chiede la grazia del perdono, della conversione, dell’accoglienza della verità e ogni cuore, perché aiutato dalla potente grazia di Dio chiesta ed ottenuta dal profeta, si aprirà perché la volontà del Signore diventi essenza e sostanza della sua vita. Il profeta Michea sa qual è la sua missione e la sua voce si fa un accorato grido presso Dio. A Lui chiede di gettare in fondo al mare i peccati del suo popolo, manifestandogli tutta la grandezza della sua misericordia, pietà, compassione, perdono.

Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

Se ogni cristiano vivesse secondo verità la sua missione profetica e ogni giorno elevasse a Cristo Signore una supplica accorata perché aumenti la sua grazia di conversione nel reale pentimento dei cuori, la Chiesa brillerebbe di vera luce celeste e il mondo si ricolmerebbe di anime che cercano Dio e la sua santa volontà. Invece il cristiano neanche per se stesso esercita la sua missione profetica e sia la Chiesa che il mondo si inabissano in tenebre sempre più fitte. Urge una forte presa di coscienza!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci profeti di vera preghiera.

 

19 MARZO – III Domenica di Quaresima A

Ne uscirà acqua e il popolo berrà

Es 17,3-7; Sal 94,1-2.6.8-9; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42.

Nei momenti più delicati della vita del suo popolo, sempre il Signore viene in aiuto del suo popolo. Esso è di fede misera, piccola. Non ha ancora imparato a conoscere il Signore. Vede sempre il Dio di ieri, mai il Dio di oggi. Non riesce il popolo a pensare Dio onnipotente per ogni sua condizione storica. La pochezza di fede si trasforma in lamentele e mormorazioni senza fine. Dalla mormorazione sorge poi anche il rinnegamento della liberazione e la volontà di ritornare in Egitto. Il popolo non sa che la fede è un cammino sempre in avanti, mai un ritorno indietro.

In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Nel Libro dei Numeri vi è un secondo racconto dello stesso miracolo dell’acqua che scaturisce dalla roccia. Ora però il Signore il miracolo lo pone nella fede di Mosè, anch’essa debole, fragile, incipiente, paurosa, titubante, incerta, bisognosa di divenire capace di dare soluzione di verità divina ad ogni evento difficile della storia.

Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere». Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro (Num 20,2-13).

A Meriba il Signore apporta un cambiamento sostanziale dell’opera della sua onnipotenza. Dio vuole che essa agisca per mezzo della fede dell’uomo. Chiede all’uomo di mettere in azione tutta la sua eterna e divina potenza e onnipotenza per mezzo della sua fede. Se la fede non viene aggiunta, l’onnipotenza non agisce e il popolo si perde. Come convincere Mosè che mai più dovrà dubitare ? Come aiutarlo perché comprenda che senza la sua fede il popolo si perde? Con una perenne punizione: Lui non entrerà nella Terra Promessa. Si ricorderà sempre così che per la sua fede il popolo vive, per la sua non fede il popolo muore e anche lui muore.

Con Gesù si opera un altro fortissimo passaggio nella divina onnipotenza. Con Lui cambia la sostanza stessa del miracolo. Il miracolo non è più la liberazione dalla sete o dalla morte, ma rimanere nella sete, andando incontro alla morte. Il miracolo è quello di chiedere al Dio onnipotente ogni forza e ogni grazia per rimanere sulla croce, nella sofferenza, nel dolore. La fede richiesta è ancora più grande. Essa è purissima.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura e vera.

 

20 MARZO

Il tuo trono sarà reso stabile per sempre

2 Sam 7,4-5a.12-14a.16; Sal 88,2-5.27.29; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24a.

Man mano che la storia avanza verso il compimento di ogni promessa di Dio, si manifesta anche con più certezza chi sarà il figlio di Abramo nel quale il Signore ha posto la sua benedizione, anzi che è Lui stesso la benedizione di Dio. Già nella Genesi da Abramo la discendenza verrà da Giuda. La benedizione è in uno dei suoi figli.

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18). Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel sangue dell’uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte (Gen 49,8-12).

Il popolo entra nella Terra Promessa. Dopo qualche secolo viene instaurata la monarchia. Il Signore promette al primo suo grande re, a Davide, che il suo regno sarà stabile per sempre. Necessariamente il futuro Messia dovrà nascere da lui.

Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Sia il profeta Isaia che Michea confermano questa verità. Il Re dal regno eterno sarà uno della discendenza di Iesse. Nascerà a Betlemme, città del grande re Davide.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi (Is 11,1-5). E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace! (Mi 5,1-4).

Le profezie di Dio sono misteriose. Solo nel loro compimento vengono comprese. Da Davide il Messia non nascerà secondo la carne. Nascerà invece secondo la fede. Giuseppe non dona la sua carne perché il Figlio di Dio diventi Figlio di Abramo, il Figlio di Abramo il Re dal regno eterno. Maria, per opera dello Spirito Santo, dona al Figlio di Dio la carne di Abramo. Giuseppe dona a Lui la sua fede, accogliendolo come suo proprio Figlio, facendolo Figlio di adozione, generandolo col suo spirito, il suo cuore, la sua anima, ma non con il suo corpo. Con Giuseppe la generazione avviene secondo la fede e non più secondo la carne. Giuseppe è vera immagine di ogni cristiano.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede di Giuseppe.

 

21 MARZO

Da’ gloria al tuo nome, Signore

Dn 3,25.34-43; Sal 24,4.9a; Mt 18,21-35.

Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele sono annunciatori di una parola di grande speranza per il popolo del Signore, disperso tra le genti a causa dei loro peccati di ribellione e di disobbedienza. Il Signore verrà e liberà i suoi figli dal duro giogo della schiavitù. Il profeta Baruc descrive con particolari immagini il ritorno degli esuli in Gerusalemme.

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui (Bar 5,1-9).

Azaria è nella fornace di fuoco, calato in essa a motivo della sua fedeltà alla Legge del suo Dio. Tra le fiamme, che sono per lui più che vento leggero e soave, contempla la storia del suo popolo, vede la sua iniquità, i suoi molti peccati, le sue ribellioni, la sua ostinazione nel rifiuto di ascoltare i suoi profeti. La punizione è giusta, santa. Nulla fa Dio che non sia divinamente ed eternamente giusto. Ma può il Signore abbandonare il suo popolo fino in fondo. Non ha forse Lui detto che nel pentimento e nella conversione avrebbe perdonato ogni loro peccato. Non ha inviato i suoi profeti per dire loro che anche se le loro colpe fossero rosse come scarlatto Lui le avrebbe rese bianche come la neve? Ora il popolo, umiliato e oppresso dalla pesante schiavitù, ha riconosciuto, il suo peccato, è tornato al suo Signore, si è convertito, ha abbandonato il male di un tempo. Potrà ancora il Signore ritardare il suo perdono? Potrà rimandare ancora la liberazione del suo popolo? Anche Lui è obbligato ad essere fedele alle promesse.,

Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati.

Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore.

Azaria nella fornace è vera immagine del suo popolo. La fornace è l’esilio. Lui è il popolo di Dio. La fornace è il fuoco del sacrificio. Lui è la vittima per l’olocausto e il sacrificio. Può il Signore non gradire la loro offerta, l’offerta del loro cuore ormai pentito, umiliato, convertito? Il popolo ha fatto ciò che era suo obbligo porre in atto: una sincera e profonda conversione. Ora però spetta al Signore. Azaria si fa voce del suo popolo e chiede a Dio che mostri presto la sua gloria, attesti alle nazioni che il popolo è suo e Lui viene per ricondurlo nuovamente in Gerusalemme. La preghiera diviene così manifestazione a Dio che vi sono le condizioni perché Lui intervenga attesti la sua fedeltà ad ogni sua Parola e mostri la sua onnipotenza tra le nazioni. A Dio sempre si offrono le ragioni che lo obbligano ad essere fedele ad ogni sua Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla preghiera vera.

 

22 MARZO

Quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza

Dt 4,1.5-9; Sal 147,12-13.15-16.19-20; Mt 5,17-19.

I Comandamenti del Signore sono purissima legge di vita, benedizione, progresso sociale, creazione di vera fraternità tra gli uomini. Meditiamoli per un attimo, un istante.

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.

Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,2-17).

Ora in tutta onestà e sincerità di mente e di cuore, esiste nell’universo una legge così santa, giusta, vera, sapiente? Tutto nasce dall’osservanza di essa: pace, fratellanza, rispetto, sicurezza, gioia, amore, comunione, unione. In questa legge l’uomo diviene uomo per ogni altro, agisce da uomo, vive da uomo, si relaziona da uomo. Si esce da questa legge e si entra nella barbarie. Nascono guerre, divisioni, violenze, sopraffazioni, inimicizie, incomprensioni, dissidi, disunioni. L’uomo è visto dall’altro uomo come un lupo o un animale feroce. Eppure la stoltezza e l’insipienza dell’uomo è così alta da proclamare progresso e civiltà la sua trasgressione. Progresso è l’aborto, il divorzio, l’omicidio, l’inganno, la menzogna, la calunnia, la falsa testimonianza, lo spergiuro, il desiderio della donna d’altri, l’adulterio, l’abbandono dell’uomo alla sua concupiscenza. Progresso è la morte, anziché la vita.

Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do? Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.

Se il popolo del Signore osserverà i Comandamenti, farà della Legge del Signore il suo perenne stile o modalità di essere e di agire, Lui sarà cosa stupenda nel mondo. Tutti i popoli rimarranno abbagliati dalla sua vita. Nel popolo del Signore non si ruba, non si uccide, non si commettono adulteri, non si dicono parole di inganno, si sanno governare anche i desideri. Si può lasciare la porta aperta e i campi senza alcuna recinzione perché la roba e la propria donna non sono né desiderati né tantomeno rubati. Non c’è miracolo più grande dell’obbedienza alla Legge. Le dieci piaghe d’Egitto hanno sottomesso la creazione a Dio. I dieci Comandamenti sottomettono l’uomo al suo Creatore, ma cosa ancora più grande e strepitosa, fanno di ogni uomo un fratello.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fratelli gli uni degli altri.

 

23 MARZO

La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca

Ger 7,23-28; Sal 94,1-2.6-9; Lc 11,14-23.

L’uomo vive di Parola di Dio, nella Parola di Dio. Esce dalla Parola del suo Dio, muore. Non c’è vita per lui fuori della Parola. Questa verità è annunziata, rivelata, manifestata a Israele molte volte, in diversi modi. Nel Pentateuco essa è manifestata sotto forma di benedizione e di maledizione, di vita e di morte, di prosperità e di estrema miseria.

Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore, tuo Dio, ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Poiché tu avrai ascoltato la voce del Signore, tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni. Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame, sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Benedette saranno la tua cesta e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. Il Signore farà soccombere davanti a te i tuoi nemici, che insorgeranno contro di te: per una sola via verranno contro di te e per sette vie fuggiranno davanti a te. Il Signore ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano. Ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti. Il Signore ti renderà popolo a lui consacrato, come ti ha giurato, se osserverai i comandi del Signore, tuo Dio, e camminerai nelle sue vie. Tutti i popoli della terra vedranno che il nome del Signore è stato invocato su di te e ti temeranno. Il Signore, tuo Dio, ti concederà abbondanza di beni, quanto al frutto del tuo grembo, al frutto del tuo bestiame e al frutto del tuo suolo, nel paese che il Signore ha giurato ai tuoi padri di darti. Il Signore aprirà per te il suo benefico tesoro, il cielo, per dare alla tua terra la pioggia a suo tempo e per benedire tutto il lavoro delle tue mani: presterai a molte nazioni, mentre tu non domanderai prestiti. Il Signore ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in basso, se obbedirai ai comandi del Signore, tuo Dio, che oggi io ti prescrivo, perché tu li osservi e li metta in pratica, e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi comando, per seguire altri dèi e servirli (Dt 28,1-14).

La maledizione, nell’ostinazione e nella perseveranza nella ribellione giungerà fino alla stessa perdita della terra. Israele, da popolo libero, diverrà un popolo di schiavi. Il Signore è misericordioso, pietoso, lento ad eseguire la sua Parola di condanna e per questo manda al suo popolo numerosi profeti, con grande premura, per invitarlo a ritornare nella Legge, a convertirsi, a lasciare la sua idolatria, ad abbandonare le sue molteplici immoralità. Il Signore manifesta tutto il suo amore, la sua pazienza, ogni benignità e misericordia. Lui però sa che il suo popolo non si sarebbe convertito. Esso ormai non solo è duro di orecchi, ha perso del tutto l’udito. È sordo e cieco, incapace di ascoltare, di vedere. Il suo cuore è di pietra e non sente più alcun rimorso.

Ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.

È cosa giusta chiedersi: se il Signore sa che il suo popolo è sordo e cieco, perché manda loro numerosi profeti? Perché fin da subito non lo espone al ludibrio delle nazioni? La risposta non è nell’uomo che la si deve trovare, ma in Dio, nella sua natura. Dio è amore e pensa e agisce sempre dal suo amore. È proprio dell’amore amare sempre, nonostante l’altro è restio, recalcitra, rifiuta, si oppone, si ribella. Un amore che non ama sempre non è natura di amore. Dio è amore perché natura eterna di amore e non può se non amare. Mai l’uomo dovrà pensare che Lui sia come l’uomo: natura di non amore. Dio ama e sempre offre amore fino alla morte dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci in Cristo natura di amore.

24 MARZO

Preparate le parole da dire e tornate al Signore

Os 14,2-10; Sal 80,6b-11.14.17; Mc 12,28b-34.

Il profeta chiede al popolo non solo di ritornare al Signore, gli chiede anche di preparare le parole da dire a Dio nel momento dell’incontro. Sappiamo che il Figlio minore prima di presentarsi al Padre preparò le parole e a Lui le disse al momento dell’incontro. Sono le parole che rivelano e manifestano il cuore. Il cuore è nella Parola.

Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa (Lc 15,11-24).

Anche Davide preparò le parole da dire al Signore. Accusò il suo peccato. Chiese a Dio la grazia della creazione di un cuore nuovo e di uno spirito saldo, forte, fedele.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Sal 51 (50) 1-21).

Sono le parole che rivelano la verità della nostra mente e del nostro cuore. Se le parole sono false, mente e cuore sono falsi. Ma se cuore e mente sono falsi, anche il pentimento e il ritorno sono falsi. Il profeta, suggerendo le parole da dire, insegna ad ogni cuore, ad ogni mente, come entrare nella verità di Dio e dalla divina verità, chiedere a Lui perdono. La riconciliazione può avvenire solo nella verità.

Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

Una Confessione senza verità conduce alla celebrazione del culto senza verità. Quando il cuore è privo della luce di Dio, tutto ciò che si compie è privo di luce divina.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi fateci veri di mente e nel cuore.

 

25 MARZO

La vergine concepirà e partorirà un figlio

Is 7,10-14; 8,10c; Sal 39,7-11; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38.

Per comprendere le parole che il profeta Isaia rivolge ad Acaz è cosa giusta che noi conosciamo chi è questo re. È un re che non crede nel suo Dio. È un re empio.

Nell’anno diciassettesimo di Pekach, figlio di Romelia, divenne re Acaz, figlio di Iotam, re di Giuda. Quando Acaz divenne re, aveva vent’anni; regnò sedici anni a Gerusalemme. Non fece ciò che è retto agli occhi del Signore, suo Dio, come Davide, suo padre. Seguì la via dei re d’Israele; fece perfino passare per il fuoco suo figlio, secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Sacrificava e bruciava incenso sulle alture, sui colli e sotto ogni albero verde. Allora Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele, salirono per combattere contro Gerusalemme; strinsero d’assedio Acaz, ma non poterono attaccare battaglia. In quel tempo Resin, re di Aram, recuperò Elat ad Aram ed espulse i Giudei da Elat; poi gli Edomiti entrarono in Elat e vi si sono stabiliti fino ad oggi. Acaz mandò messaggeri a Tiglat‑Pilèser, re d’Assiria, per dirgli: «Io sono tuo servo e tuo figlio; sali e salvami dalla mano del re di Aram e dalla mano del re d’Israele, che sono insorti contro di me». Acaz, preso l’argento e l’oro che si trovava nel tempio del Signore e nei tesori della reggia, lo mandò in dono al re d’Assiria. Il re d’Assiria lo ascoltò e salì a Damasco e la prese, ne deportò la popolazione a Kir e fece morire Resin.

Il re Acaz andò incontro a Tiglat‑Pilèser, re d’Assiria, a Damasco e, visto l’altare che si trovava a Damasco, il re Acaz mandò al sacerdote Uria il disegno dell’altare e il suo modello con tutta la sua lavorazione. Il sacerdote Uria costruì l’altare, conformemente a tutte le indicazioni che il re aveva inviato da Damasco; il sacerdote Uria fece così, prima che tornasse Acaz da Damasco. Arrivato da Damasco, il re si avvicinò all’altare e vi salì, bruciò sull’altare il suo olocausto e la sua offerta, versò la sua libagione e sparse il sangue dei sacrifici di comunione a lui spettanti. Spostò l’altare di bronzo, che era di fronte al Signore, dalla facciata del tempio, dal luogo tra l’altare e il tempio del Signore, e lo pose al fianco dell’altare verso settentrione. Il re Acaz ordinò al sacerdote Uria: «Sull’altare grande brucerai l’olocausto del mattino, l’offerta della sera, l’olocausto del re e la sua offerta, l’olocausto di tutto il popolo della terra, la sua offerta e le sue libagioni; su di esso spargerai tutto il sangue degli olocausti e tutto il sangue dei sacrifici. Dell’altare di bronzo mi occuperò io». Il sacerdote Uria fece quanto aveva ordinato il re Acaz. Il re Acaz tagliò a pezzi le traverse dei carrelli e tolse da esse i bacini. Fece scendere il Mare dai buoi di bronzo che lo sostenevano e lo collocò sul pavimento di pietre. A causa del re d’Assiria egli rimosse dal tempio del Signore il portico del sabato, che era stato costruito nel tempio, e l’ingresso esterno del re (2Re 16,1-18).

A questo re idolatra, empio, che non crede che solo Dio è la salvezza del suo popolo, Isaia garantisce che il Signore è pronto a dargli qualsiasi segno lui gli avrebbe chiesto, per aiutarlo a ritornare nella retta fede. Quest’uomo ama rimanere nella sua empietà e adduce come scusa che lui non vuole tentare il Signore. Si può tentare il Signore, quando è Dio che ti offre una mano, ti vuole donare ogni aiuto per la tua conversione? Ma quando si è nell’idolatria e si vuole vivere da idolatri, da empi si agisce e da empi si pensa. La risposta del re non è di un uomo di fede, ma di persona stolta e insipiente.

Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi».

Il Signore, nella sua misericordia, dona Lui direttamente il segno ad Acaz, segno che è per Acaz e per ogni altro uomo. È Dio la salvezza del suo popolo. Dio nascerà da una Vergine. La Vergine concepirà senza conoscere uomo. Concepirà Colui che avrà come nome Emmanuele, Dio è con noi. Acaz e ogni altro uomo dopo questo segno sapranno che il Signore ama tanto l’uomo da nascere da una Vergine e rimanere uomo in eterno. Dio uomo, Dio uomo con l’uomo, Dio uomo per l’uomo. Se Dio ama a tal punto l’uomo da farsi uomo, ogni uomo non può più vivere da empio e idolatra. A lui è chiesto di entrare in questa purissima fede. Dalla fede nel Dio uomo è la salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera e pura fede.

 

26 MARZO – IV Domenica di Quaresima A

Àlzati e ungilo: è lui!

1 Sam 16,1b.4.6-7.10-13; Sal 22,1-6; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41.

In ogni momento della storia Dio si rivela come il Creatore. Noi sappiamo che Lui dona vita, ma non da materia preesistente. Prima del suo intervento vi è il nulla. Dopo il suo intervento nasce, viene fuori, appare, ciò che Lui vuole che nasca, venga fuori, appaia. Samuele vede sei giovani ben piazzati, ben messi. È certo che dinanzi ai suoi occhi vi sia colui che il Signore ha designato come suo re. Il suo Dio uno dopo l’altro li scarta tutti e sei. Di essi nessuno ha scelto. Se nessuno di essi è scelto ed è tra i figli di Iesse che lui dovrà consacrargli un re, dove cercare un altro figlio? Ma vi è un altro figlio?

Poiché la Parola del Signore è purissima verità, Samuele chiede al padre se per caso vi fossero altri figli attualmente non presenti. Il padre risponde che vi è un altro figlio, ma lui è giovane ed è un pastore di gregge e di certo non idoneo per essere consacrato re d’Israele. Non è l’uomo che decide chi è idoneo per il Signore e chi non lo è. Ma è il Signore che nella sua sapienza eterna decide chi chiamare e chi respingere, chi eleggere e chi scartare. Lui è il Signore ed è sempre guidato dalla sua sapienza eterna ed infinita. Per questo motivo anche i profeti possono cadere nell’errore e se possono cadere i profeti, potrà cadere qualsiasi altro uomo. Sappiamo che San Pietro per non cadere in questo errore, chiese le condizioni e poi lasciò che fosse il Signore a scegliere l’uomo di suo gradimento. La scelta è sempre di Dio.

Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli (At 1,21-26).

Appena Davide è davanti a Samuele, ancora una volta non è il profeta che lo sceglie, ma è il Signore che gli dona un ordine preciso: “Àlzati e ungilo: è lui!”. Anche il profeta deve sempre essere dalla volontà e dal comando del Signore. Nulla dovrà mai essere dalla sua volontà. Sempre lui dovrà pregare perché i suoi occhi non lo ingannino e la sua volontà non lo trascini per vie non di verità, non di luce, non di sapienza.

Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà». Il Signore soggiunse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: “Sono venuto per sacrificare al Signore”. Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: «È pacifica la tua venuta?». Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama.

Neanche Davide si farà da se stesso re secondo il cuore di Dio. Chi dovrà farlo re secondo il cuore del Signore è lo Spirito Santo. Dio versa il suo Spirito su Davide, lo Spirito lo afferra a da questo momento non lo abbandonerà più. Sarà lui a farlo un saggio e accorto re, anche se Davide conoscerà il peccato e la trasgressione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla volontà di Dio.

 

27 MARZO

Non si udranno più in essa voci di pianto

Is 65,17-21; Sal 29,2.4-6.11-12a.13; Gv 4,43-54.

La profezia ha sempre due compimenti: uno nella storia e l’altro nell’eternità. Quello nella storia avviene nel cammino dell’uomo nella verità, nella carità, nella luce. Questo cammino è fatto in mezzo alle tenebre e anche dalla croce, sotto la croce, sulla croce. Finché vi sarà la storia vi sarà sempre la voce del pianto, il dolore, la sofferenza, la morte. Nella fede, con la grazia, si trasforma il pianto in gioia e la croce in risurrezione. Mentre nel compimento eterno vi sarà la perfetta separazione tra bene e male, luce e tenebre, pianto e gioia, arsura e sete, croce e gloria, martirio e beatitudine. L’Apocalisse testimonia e descrive questa separazione eterna tra i due regni.

Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,13-17).

«Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio (Ap 21,3-7). E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. 5Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli (Ap 22,3-5).

Una verità che va messa nel cuore ci rivela che la speranza, quella vera, non è il frutto di azioni umane. Essa è attuale, perenne, quotidiana creazione del Signore. La gioia nel cuore è creata da Dio, così la pace è creata da Dio e ogni altro bene. Quella del Signore è una creazione senza interruzione. Anche la verità, la carità, la giustizia è creazione di Dio in noi. Dio ha deciso di creare per ogni uomo un cuore nuovo, uno spirito saldo, un animo fedele. Ha deciso di dare nuova vita anche al corpo dell’uomo. Se tutto è creazione di Dio, potrà l’uomo pensare che qualcosa di bene sia da lui? Invece dovrà attendere ogni bene come creazione e come grazia sempre dovrà chiederlo. Niente è dall’uomo. Tutto è da Dio. Cosa è allora dall’uomo? Il desiderio , la volontà, la perenne richiesta a Dio che lo crei secondo il suo cuore. Lo modelli secondo la sua eterna sapienza. Lo plasmi secondo le esigenze della sua santità.

Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.

L’uomo di fede è un “Teodipendente”, un “Diodipendente”. È Diodipendente non per accidenti, per modalità esteriori. È Teodipendente per essenza, per natura, per vita, per modalità di essere e di operare. È Teodipendente perché è sempre Dio che lo dovrà creare perché possa compiere la sua volontà. Sapendo che Dio è il Creatore e lui il creato, Dio Colui che lo fa e l’uomo colui che è fatto, dovrà consegnarsi nelle sue mani e da Lui lasciarsi modellare secondo il suo cuore. Lui è creato se Dio lo crea.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci creare da Dio sempre.

 

28 MARZO

Là dove giungerà il torrente tutto rivivrà

Ez 47,1-9.12; Sal 45,2-3.5-6.8-9; Gv 5,1-16.

La terra è un deserto arido, senza alcuna vita. L’uomo è un albero secco, non produce frutti di vita eterna. Questa la reale condizione dell’uomo. Dio è la vita. Con il peccato l’uomo si è distaccato dalla fonte eterna della vita, conduce un’esistenza di morte. Tutto il Libro del Profeta Ezechiele non ci parla di un popolo morto, senza alcuna vita? Non ci mostra un popolo consegnato all’idolatria e all’immoralità? Non ci parla della sposa di Dio, della sua regina che lo tradisce e si consegna agli idoli? Se è avvolto dalla morte il popolo di Dio, da Lui curato più che il giardino dell’Eden, vi sarà vita in altri luoghi? L’idolatria imperversa e l’immoralità devasta e fa stragi di corpi.

Dio prende una decisione. Stabilisce di inondare la terra con un nuovo fiume. Questa volta lo fa scaturire direttamente dal suo Nuovo Tempio. Dal suo lato destro viene fuori acqua abbondantissima. Essa dove giunge tutto risana. Anche il Mar Morto è risanato. Da Mare senza vita, diviene Mare ricco di ogni vita. Gli alberi non producono frutti solo una volta durante l’anno, ma ogni mese. Le acque del fiume cambiano anche la natura degli alberi. Le loro foglie sono preziose medicine. Ancora una volta viene attestato che è Dio il creatore di ogni vita, perché è Lui il creatore del fiume dalle acque di vita. Un albero secco non può produrre acqua. È l’acqua che dona vita all’albero, che crea l’albero. Mai sarà l’albero a creare l’acqua, a darsi la vita per le sue opere.

Il Nuovo Tempio di Dio, il Tempio nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità è Cristo Gesù. Questa profezia si compie in Lui, mentre giace morto sulla croce. Un soldato trafigge il suo lato destro e da esso vengono fuori l’acqua e il sangue della vita. Dio è vita eterna. La vita eterna che è Dio viene fuori dal corpo trafitto, squarciato da Gesù Signore. Oggi corpo di Cristo è la Chiesa. È dal cuore della Chiesa, trafitto di amore per Gesù Signore, che sempre dovrà scaturire quest’acqua di vita eterna che dovrà ridare ogni vita al mondo. Se la Chiesa non farà sgorgare la vita eterna che è Dio, che è il suo amore, la sua verità, che è la grazia di Cristo, che è lo Spirito Santo, il mondo resterà nella sua paralisi di morte. Senza acqua anche l’albero più rigoglioso secca e la terra più fertile diventa un deserto. Non c’è vita dove la Chiesa non farà giungere questo fiume di vita eterna. Oggi è la Chiesa il costato della vita. Dalla Chiesa, dal suo costato, Dio dovrà trarre la nuova umanità.

Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.

Se il fiume interrompe la sua corsa per mancanza di acqua, la terra ritorna ad essere un deserto, il Mare ridiviene morto, gli alberi senza foglie e senza frutto. Alla Chiesa il mandato, la missione di far sì che l’acqua esca sempre più abbondante e ricca.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fiume di acqua di vita.

 

29 MARZO

Per far risorgere la terra

Is 49,8-15; Sal 144,8-9.13-14.17-18; Gv 5,17-30.

Dopo la caduta dell’uomo nel Giardino dell’Eden, è per l’uomo che Dio ha salvato, salva, salverà l’uomo. La prima volta lo ha salvato per mezzo di Noè. La sua giustizia lo ha reso strumento idoneo, la sua obbedienza ha fatto di lui lo strumento della salvezza di Dio. Ad Abramo promette che la benedizione sarà riversata sull’umanità attraverso la sua discendenza. Il suo popolo schiavo in Egitto è stato liberato per mezzo di Mosè e sempre per mezzo di lui è stato condotto in un deserto inospitale per circa quarant’anni. Per Giosuè lo ha introdotto nella Terra promessa. Attraverso l’opera dei Giudici lo ha liberato da predatori e invasori. Sempre per mezzo degli uomini.

Agli uomini il Signore Dio ha dato tre mediazioni di salvezza: sacerdotale, regale, profetica. Sacerdoti, re e profeti erano a servizio della vita del suo popolo. Ora il Signore deve far risorgere la terra di Israele, deve condurre in essa il suo popolo, deve liberarlo dalla schiavitù dei popoli e delle nazioni. A chi affiderà questa missione? Ancora una volta ad un uomo. La profezia di Isaia si compie nel tempo immediato e anche in quello remoto. Nel tempo immediato l’uomo di Dio è un pagano. È il re Ciro. Sarà lui lo strumento per mezzo del quale il suo popolo sarà liberato. Nel tempo lontano invece chi darà alla terra risurrezione piena, chi libererà i prigionieri, chi darà vita all’eredità devastata sarà il suo Messia, il suo Cristo, il Figlio di Davide.

Ora la missione di Cristo Gesù è del suo corpo che è la Chiesa. Nel corpo della Chiesa ogni discepolo di Gesù è rivestito della regalità, della profezia, del sacerdozio di Cristo. Queste tre mediazioni sono ordinate alla risurrezione della terra, a portare vita in seno all’umanità, a liberare i prigionieri del peccato e della morte. Ognuno secondo il suo specifico ministero e dono dello Spirito Santo, ma tutti sono ordinati a dare vita ai loro fratelli. Dio ha deciso di salvare il mondo per mezzo di Cristo e del corpo di Cristo che è la Chiesa. Nella Chiesa ognuno deve sentire viva la sua vocazione e missione. La Chiesa non esiste per se stessa, esiste per il mondo. Essa è chiamata e inviata. La vocazione alla salvezza, alla liberazione, alla giustificazione del mondo è essenza della Chiesa. O i suoi figli sono mediatori di vera salvezza, o sono da Cristo dichiarati responsabili di ogni anima che per loro opera non viene alla luce.

Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». 15Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

Urge oggi nella Chiesa una grande onestà intellettuale, dottrinale, ermeneutica, esegetica, morale per purificare la fede nella sua vocazione e missione. Se essa cade dalla fede, tutti i suoi figli cadono con essa. Se essa si smarrisce nella verità, tutti i suoi figli si smarriscono con essa. Se essa si riveste di errore e di confusione tutti i suoi figli si rivestono dello stesso errore e confusione. Se ogni dono dello Spirito è per l’utilità di salvezza per gli altri, la Chiesa che è la totalità dei doni, dei ministeri, dei carismi, potrà mai pensarsi non in funzione e non di utilità per la salvezza di ogni uomo? Essa insieme ad ogni suo figlio è obbligata a vivere la sua missione finalizzata alla salvezza del mondo, secondo le regole e le leggi che il suo Fondatore le ha consegnato. Essa non è libera di non seminare, di non dare il Vangelo, di non annunziare Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

30 MARZO

Hai giurato per te stesso

Es 32,7-14; Sal 105,19-23; Gv 5,31-47.

Perché la richiesta di perdono possa essere elevata al Signore, devono essere trovati motivi validi non nell’uomo, ma in Dio, nella sua Parola, nel suo Essere Eterno. Abramo, il primo che prega per il perdono, i motivi validi li trova nell’Essere di Dio che è eterna giustizia e verità. Un Dio eternamente giusto non può sopprimere empi e giusti.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,22-32).

Nel deserto il popolo ha rinnegato il suo Dio. Si è consegnato all’idolatria. Ha infranto il patto che lo legava al suo Signore. È giusto dovere e obbligo di Dio punire la colpa. Ma punire il popolo era distruggerlo, annientarlo, cancellarlo dalla storia. Su quali principi validi Mosè, mediatore nella supplica di perdono e di misericordia, fonda la sua richiesta di perdono, pietà, clemenza? Non certo sulla giustizia. Tutto il popolo aveva peccato. Tutti si erano abbandonati all’idolatria e all’immoralità. Mosè eleva la sua supplica fondandola su un giuramento di Dio, al quale Lui non può venire meno. Lui ha giurato ad Abramo che alla sua discendenza avrebbe donato la terra e a questo giuramento unilaterale, incondizionato, Lui è obbligato. Non può venire meno. Il popolo ha bisogno di certezze. Dio è fedele ad ogni sua Parola. È fedele nella punizione, ma è fedele nel perdono e nella misericordia, nella bontà e nella pietà o compassione.

Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Altro elemento valido sul quale Mosè innalza la sua supplica è sulla credibilità di Dio dinanzi alle nazioni. Ora, dopo i prodigi da Lui compiuti in Egitto, tutti i popoli conoscono la sua onnipotenza. Se il Signore non conduce il suo popolo nella Terra Promessa. Se esso morirà nel deserto, cosa diranno le Genti? Li ha tolti dall’Egitto, ma non è stato capace di farli entrare in possesso della terra. Può il Signore costruirsi un tale nome tra le Genti? E chi crederebbe più in Lui come il Dio sopra tutti gli dèi? La santità e verità del nome di Dio vale molto di più che la fine del suo popolo.

Vergine Madre, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci mediatori di preghiera.

 

31 MARZO

Tendiamo insidie al giusto

Sap 2,1a.12-22; Sal 33,17-22; Gv 7,1-2.10.25-30.

Il Libro della Sapienza ci rivela la volontà di male degli empi che vogliono la rovina del giusto, il suo trascinamento nel loro regno di tenebra, malvagità, stoltezza. Questa volontà di male è iniziata con Lucifero nell’eternità e finirà con la separazione eterna, alla fine del mondo tra i due regni della luce e delle tenebre, del paradiso e dell’inferno.

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.

Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo».

Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si mise a perseguitare la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, perché volasse nel deserto verso il proprio rifugio, dove viene nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo, lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d’acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna: aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si appostò sulla spiaggia del mare (Ap 12,1-18).

Cristo Gesù è il Giusto, il Santo, il Figlio di Dio. Contro di Lui gli empi si avventarono con ogni potenza di male. Lo condannarono. Lo eliminarono dalla terra dei viventi. Lo appesero sul duro legno della croce. Gesù era il loro tormento. La sola sua vista li infastidiva. La sua Parola manifestava il vuoto della loro anima e del loro spirito.

Dicono fra loro sragionando: «La nostra vita è breve e triste. Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile.

L’empio agisce dalla sua cecità spirituale. Lui non sa che il Giusto è nelle mani di Dio e che il Signore ricompenserà la sua fedeltà, la sua rettitudine, la sua giustizia perfetta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conservateci in ogni giustizia.