Commento teologico alla prima lettura – Marzo 2018

 

1 MARZO

SECONDO IL FRUTTO DELLE SUE AZIONI
Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31

È verità oggi cancellata dallo stesso vocabolario non solo teologico, ma anche da quello del comune parla dei discepoli di Gesù. Invece è verità eterna. Si raccoglie quello che si semina. Corruzione per chi semina il male. Benedizione e vita eterna per quanti seminano il bene. Obbedienza e disobbedienza non producono lo stesso frutto.

Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme come un muro cadente, come un recinto che crolla? Tramano solo di precipitarlo dall’alto, godono della menzogna. Con la bocca benedicono, nel loro intimo maledicono. Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio. Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: la forza appartiene a Dio, tua è la fedeltà, Signore; secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo (Sal 62 (61) 1-13).

Ognuno si sazia del frutto della sua bocca, ma ciascuno sarà ripagato secondo le sue opere (Pr 12, 14). Se dici: “Ecco, io non ne so nulla”, forse colui che pesa i cuori non lo comprende? Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere (Pr 24, 12). Tanto grande la sua misericordia, quanto grande la sua severità; egli giudicherà l’uomo secondo le sue opere Egli farà posto a tutta la sua generosità; ciascuno sarà trattato secondo le sue opere (Sir 16, 13.15). Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere (2Tm 4, 14). E se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio (1Pt 1, 17). I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere (Ap 20, 12-13). Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere (Ap 22, 12).

Perciò chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro quelli che commettono tali cose è secondo verità. Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio? O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che, perseverando nelle opere di bene, cercano gloria, onore, incorruttibilità; ira e sdegno contro coloro che, per ribellione, disobbediscono alla verità e obbediscono all’ingiustizia. Tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il male, sul Giudeo, prima, come sul Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo, prima, come per il Greco: Dio infatti non fa preferenza di persone (Rm 2,1-11).

Geremia lo grida con voce imperioso: chi abbandona il Signore per confidare nell’uomo non ha né presente e né futuro di benedizione. È benedetto invece chi confida nel Signore. Ma chi confida nel Signore? Chi obbedisce alla sua Parola, sempre.

«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni.

È verità eterna ed incancellabile. Chi semina peccato e disobbedienza raccoglie morte. Chi semina obbedienza nell’ascolto della Parola del Signore raccoglie benedizione, vita, prosperità, ogni altro bene. Il futuro anche eterno è nella scelta di ogni uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci seminare di obbedienza.

 

2 MARZO

VENDETTERO GIUSEPPE AGLI ISMAELITI
Gn 37,3-4.12-13a.17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46

Il primo uomo nella Scrittura che viene perseguitato nella Scrittura, perché amico di Dio e suo fedele adoratore, è stato Abele. Chi lo uccide è il fratello. Dio aveva gradito la sua offerta e Caino non tollera questo affronto. Lo uccide a tradimento nella campagna.

Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden (Gen 4,1-16).

Dopo la chiamata d Abramo, Giuseppe è il primo uomo che viene condannato a morte dei loro fratelli, per invidia. Il Padre e Dio gradivano lui, lo amavano, mentre non gradivano le loro opere perché non perfette. Addirittura alcune opere peccaminose assai, veri orrendi misfatti dinanzi al padre loro e anche agli occhi del loro Dio.

Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di resina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.

Ma Dio si serve del male fatto ai suoi servi fedeli, che rimane eternamente male, per fare del bene a tutti gli operatori di iniquità. Giuseppe venduto agli Egiziani è dal Signore innalzato alla dignità di viceré e da quell’alta carica fa il più grande bene al suo popolo. Lo nutre di pane in tempo di carestia e gli dono un luogo dove crescere.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci strumenti di vero bene.

 

3 MARZO

SI COMPIACE DI MANIFESTARE IL SUO AMORE
Mic 7,14-15.18-20; Sal 102; Lc 15,1-3.11-32

L’invio dei profeti nel popolo del Signore non è mai per annunziare il futuro di devastazione e di morte, se Israele non si converte e non ritorna nell’Alleanza. I messaggeri del Signore vengono per chiamare il popolo alla conversione, perché il Signore ha un grande, anzi grandissimo progetto da realizzare per essi e tramite essi, per l’intera umanità. Quello del Signore è un progetto così alto da risultare inimmaginabile da qualsiasi mente e qualsiasi cuore. Osea annunzia lo sposalizio di Dio con il suo popolo e l’abbondanza di ogni bene. Urge però la conversione.

Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome. In quel tempo farò per loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli uccelli del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo e all’olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò: “Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Dio mio”» (Os 2,16-25).

Dio potrà anche realizzare i suoi altissimi progetti, ma l’uomo mai entrerà in essi, se non passando attraverso la via della conversione alla sua Parola. Tutto è dall’obbedienza alla Parola. Senza obbedienza, si rimane nella morte per sempre. Si pensi per un attimo alla rivelazione che Gesù fa di se stesso. Dio fa di Lui l’olocausto per la redenzione e l’espiazione dei peccati del mondo, lo costituisce datore di vita eterna per ogni uomo. Ma chi entra in possesso di questi beni? Chi obbedisce alla sua Parola. Chi crede in Lui come vero dono del Padre per la redenzione del mondo.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,16-21).

Il profeta Michea annunzia che il Signore getterà in fondo al mare i peccati del suo popolo. Che il loro Dio si compiace di manifestare loro il suo amore. Ma quando questa cose accadranno? Nel pentimento, nella conversione, nella fedeltà, nell’obbedienza.

Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.

Il popolo ricorda a Dio qual è la sua verità. Lui è operatore di cose prodigiose, anzi sempre più prodigiose. Ma anche il popolo deve ricordarsi qual è la sua verità. Lui deve lasciarsi fare sempre dal suo Signore. Come si lascerà fare un prodigio dal suo Dio? Crescendo di obbedienza in obbedienza e di fedeltà in fedeltà. Dio opera cose meravigliose per l’uomo solo con chi è nella sua Parola, con chi vuole dimorare in essa. Si esce dalla Parola, si diviene disobbediente, ci si deve solo convertire.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti e fedeli a Dio.

 

4 MARZO – III DOMENICA DI QUARESIMA – B

NON AVRAI ALTRI DÈI DI FRONTE A ME
Es 20,1-17; Sal 18; 1 Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

Chi vuole godere tutti i beni divini promessi dal Signore ad Abramo nella sua discendenza, deve osservare i suo Comandamenti. In essi vi è la verità di Dio, del tempo, delle persone, delle cose. Dio è verità, chi vuole essere con Dio, è obbligato a rimanere, abitare nella verità. Come si abita nella verità? Dimorando nella sua Legge. Qual è la verità di Dio? Il Dio di Abramo, il Dio che liberato il popolo dalla schiavitù d’Egitto è il solo Dio vivo e vero. Non esistono altri. Ogni altro dio non è falso dio, è un non esistente. Si adora la non esistenza, il niente, la nullità, un pezzo di ferro o di legno. La vita è solo da Lui, solo per Lui, solo nella sua Parola, per la sua Parola. Cerca altre fonti di vita è peccato di idolatria e superstizione. Si offende il Signore.

Quando sarai entrato nella terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti, non imparerai a commettere gli abomini di quelle nazioni. Non si trovi in mezzo a te chi fa passare per il fuoco il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o il presagio o la magia, né chi faccia incantesimi, né chi consulti i negromanti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore. A causa di questi abomini, il Signore, tuo Dio, sta per scacciare quelle nazioni davanti a te. Tu sarai irreprensibile verso il Signore, tuo Dio, perché le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore, tuo Dio (Dt 18,9-14).

Dio va rispettato nel suo santo nome. Nulla deve essere proveniente da Lui, se la cosa non proviene da Lui e niente deve dirsi non proveniente da Lui, se proviene da Lui. Si dice solo ciò che il Signore dice. Non si dice ciò che il Signore non dice. Oggi invece si dice ciò che il Signore non dice. Non si dice ciò che il Signore dice. Come si abita nella verità del tempo e delle cose? Usandole solo secondo la sua volontà, nel rispetto della sua Parola. Anche il corpo dell’uomo va usato secondo le divine disposizioni. Oggi invece di ogni persona o cosa si nega persino che sono del Signore. Ognuno se ne serve secondo il suo cuore di peccato e il suo spirito pieno di ogni falsità.

Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.

Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

Anche le persone vanno “usate” secondo la verità che Dio ha posto in esse. La persona va sostenuta perché viva e non muoia. Mai ad essa si deve togliere la vita. Il matrimonio va protetto tenendoci lontani da ogni adulterio. Il nome dei fratelli va rispettato senza dire contro di loro non solo false testimonianze, ma anche evitando calunnie, giudizi temerari, mormorazioni, giudizi, vani e inutili pettegolezzi. C’è una verità della persona che oggi viene calpestata e vilipesa senza più alcun rispetto. Ma se è dichiarato Dio non esistente, da dove l’uomo attingerà la verità per difendere la verità di se stesso? Senza verità eterna, ognuno si abbandono al più grande male.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre dalla verità di Dio.

 

5 MARZO

IL TUO CORPO TI RITORNERÀ SANO
2 Re 5,1-15a; Sal 41; Lc 4,24-30

Ogni opera compiuta dai profeti del Signore rima che opera di carità, è opera di speranza e prima ancora opera di purissima fede. La carità diviene così la via perché si raggiunga prima il fine della speranza e poi quella della fede. O se si preferisce: si parte dalla speranza, si passa per la carità o compassione, si deve giungere alla fede. Una serva annunzia a Naaman il Siro, lebbroso, che se si reca in Israele potrà essere guarito dalla lebbra. Nasce la speranza. Si reca da una persona che mai potrà guarirlo. Il profeta di Dio interviene con tempestività e lo manca a lavarsi sette volte nel Giordano. Uscirà dalle acque guarito. Naaman, persona altera, dall’alto della sua dignità, avrebbe voluto essere ricevuto con onori dal profeta. Non gradisce ciò che per lui è stato un vero affronto alla sua dignità. Sta per ritornare con la sua lebbra in Damasco. Per sua grazia, qualche suo funzionario, uomo di buon senso, gli suggerisce che la guarigione vale bene una mancanza di riguardo. Purtroppo l’uomo è così. Spesso si chiude nella sua stoltezza. Rinunzia al vero bene per un bene effimero.

Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramei. Ma quest’uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samaria, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».

Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele.

Naaman ascolta le parole sagge del suo servo, scende nel fiume sette volte e viene mondato dalla sua lebbra. La carità ricevuta a nulla serve se essa non si trasforma in un purissimo atto di fede. La vera fede nasce nel suo cuore: “Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”. Questo processo: annunzio di speranza, opera di amore e di carità, nascita nella fede nel cuore, deve essere via della Chiesa e di ogni suo figlio. Dalla fede deve poi nascere il cammino inverso: si deve creare la vera speranza che deve concretizzarsi in perfetta carità. Dalla speranza alla fede passando per la carità. Dalla fede alla speranza passando ancora una volta per la carità. Le tre virtù teologali sempre devono divenire una cosa sola per chi deve operare nel nome del Signore. Tutto deve essere finalizzato alla creazione nei cuori della fede nell’unico vero Dio e nell’unico vero Salvatore dell’uomo: Cristo Gesù. Se la vera fede non viene generata nei cuori, tutto alla fine risulterà inutile e addirittura dannoso. A che serve dare un pezzo di pane sulla terra, se poi si morirà di fame nell’inferno per l’eternità?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri creatori di fede.

6 MARZO

SAPPIANO CHE TU SEI IL SIGNOR
Dn 3,25.34-43; Sal 24; Mt 18,21-35

Tre giovani, figli di Gerusalemme, deportati in Babilonia, sono in una fornace ardente, perché hanno osato sfidare il decreto del re che obbligava a non adorare nessun altro Dio, se non la statua che Nabucodònosor aveva eretto nella sua grande città.

In quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei e andarono a dire al re Nabucodònosor: «O re, vivi per sempre! Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, deve prostrarsi e adorare la statua d’oro: chiunque non si prostrerà e non l’adorerà, sia gettato in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Ora, ci sono alcuni Giudei, che hai fatto amministratori della provincia di Babilonia, cioè Sadrac, Mesac e Abdènego, che non ti obbediscono, o re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d’oro che tu hai fatto erigere». Allora Nabucodònosor, sdegnato e adirato, comandò che gli si conducessero Sadrac, Mesac e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re. Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto» (Dn 3,8-29).

I tre giovani non chiedono la liberazione dalla fornace per aver salva la vita. La chiedono come segno della verità del loro Dio e Signore. Tutti i popoli della terra per questa liberazione dovranno confessare che Lui è il solo Dio vivo e vero.

Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore. Siano invece confusi quanti mostrano il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna, privati della loro potenza e del loro dominio, e sia infranta la loro forza! Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra».

Nessuno può salvare dalle fiamme di una fornace, né dèi e né uomini. Solo il vero Dio, il Signore Onnipotente, lo può. Nabucodònosor lo vede e lo confessa a tutta la terra.

Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio. Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, sia fatto a pezzi e la sua casa sia ridotta a letamaio, poiché non c’è nessun altro dio che possa liberare allo stesso modo». Da allora il re diede autorità a Sadrac, Mesac e Abdènego nella provincia di Babilonia. Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: «Abbondi la vostra pace! Mi è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me. Quanto sono grandi i suoi prodigi e quanto potenti le sue meraviglie! Il suo regno è un regno eterno e il suo dominio di generazione in generazione» (Dn 3,95-100).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci generatori di vera fede.

 

7 MARZO

LA VOSTRA SAGGEZZA E LA VOSTRA INTELLIGENZA
Dt 4,1.5-9, Sal 147, Mt 5,17-19

Per l’uomo la saggezza è il rispetto della verità della propria natura. Come l’uomo ha ricevuto la natura da Dio, dal suo Creatore, così anche da Dio ha ricevuto la verità della sua natura. I comandamenti sono la rivelazione della verità della natura dell’uomo, chiamata a rispettare se stessa, rispettando le molteplici verità di ogni altro essere esistente: Dio, il tempo, i genitori, la vita, l’uso del corpo, l’uso delle cose, l’uso della parola, l’uso dei desideri. L’uomo è intelligente se vive nella verità di se stesso e di ogni altra realtà esistente. È stolto e insensato se impone la sua volontà alla natura, senza rispettare in alcun modo la sua verità. Nel rispetto della verità si crea vita, nel disprezzo di essa si produce solo morte. Nella verità vi è la benedizione per l’uomo. Nella falsità vi è solo male. La falsità mai ha prodotto il bene e mai lo produrrà. Inoltre sempre la natura si ribella all’uomo che non obbedisce ad essa, secondo la Legge del suo Dio. Se la natura si ribella, anche l’aria che l’uomo respira diviene tossica. Mangerà ma non si sazierà. Non lavorerà, ma sarà sempre più affaticato. Si curerà ma non guarirà. Berrà ma non si disseterà. Respirerà aria pulita, ma sarà sempre veleno tossico per i suoi polmoni. Questo accade sempre quando l’uomo non vive nella verità della sua natura, verità che nessuno si può donare, perché solo Dio è il suo Autore.

Oggi l’uomo ha deciso di darsi lui la verità della vita e della morte, del vivere e dell’operare. Ha deciso anche di darsi la verità di Dio, di Cristo, della Chiesa, dei Sacramenti, della Grazia, dello Spirito Santo. Ha stabilito che non vi sia altra verità se non quella da lui voluta, pensata, decisa per ogni settore della vita sulla terra. E così l’uomo si dona la verità della religione, dell’economia, delle relazioni con se stesso e con gli altri, la verità del suo corpo, la verità di ogni uso del corpo. Quanto viene dalla natura deve essere cancellato, distrutto, dichiarato cultura di un passato quasi disumano. E così dalla natura si è passai alla volontà. Non è bene la verità della natura che si riceve da Dio. È bene quanto la volontà decide che sia bene oggi. Domani deciderà che il bene di oggi venga dichiarato male e il male bene e così dovrà essere. Oggi non è l’etica, cioè la verità della natura, che stabilisce il bene e il male, ma è il diritto senza alcuna relazione con la vera etica della natura. Si decide che un uomo debba morire ed è morte. Si stabilisce che la donna può liberarsi dalla creatura che è nel suo seno e diviene legge, diritto, civiltà. Si emana una sentenza che la vita dovrà essere tolta e subito l’ordine viene eseguito. La volontà ha preso il posto della natura.

Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do? Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.

Il Signore mette in guardia il suo popolo. La sua saggezza e intelligenza sono nell’osservanza della legge della natura che sono i comandamenti. La vita non viene dalla terra. Nell’obbedienza alla Legge, essa diventerà un giardino nel quale scorrerà un fiume di latte e miele. Nella trasgressione della Legge, diverrà invece un deserto inospitale. La terra anzi lo vomiterà a causa dei suoi peccati, perché essa non tollera che venga calpestata da quanti vivono contro la loro natura creata che è da Dio e solo da Lui. L’obbedienza alla legge farà la differenza tra Israele e tutti i popoli. Le genti non conoscono la verità della natura. Ad essi non è stata rivelata. Dovrà mostrarla Israele, con la sua vita tutta intessuta di obbedienza alla Legge.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Legge.

 

8 MARZO

PROCEDETTERO OSTINATAMENTE
Ger 7,23-28; Sal 94; Lc 11,14-23

La Legge dona la verità dell’uomo e di quanto esso opera e vive. Anche la verità del culto e del tempio è data dalla Legge. Israele invece aveva sostituito la Legge con il culto. Onorava Dio ma senza la verità di Dio e la verità di se stesso. Dalla falsità della sua natura, del suo essere popolo fondato sulla Legge, anche il culto era stato trascinato nella stessa falsità. Può il Signore tollerare che Lui venga servito dalla falsità, anzi che la falsità prenda il posto della verità, l’ingiustizia della giustizia, l’obbedienza della disobbedienza, il sacrificio della Legge? Geremia da Lui è mandato nel tempio perché annunzi al popolo che solo nella Legge, dalla Legge tutto acquisisce la sua verità. Senza l’obbedienza alla Legge, tutto diviene falsità e menzogna. Loro hanno fatto del tempio la casa della falsità. Lo hanno ridotto ad una spelonca di ladri. Come al ladro serve la spelonca per nascondersi dopo le sue ruberie per poi ritornare a rubare, così sta accadendo con il suo popolo. Questi commette ogni abominio, ogni nefandezza, poi viene nel tempio, offre un animale al Signore, recita una preghiera, la sua coscienza è lavata dalle nefandezze e poi continuare a commetterne ancora.

Geremia ricorda che l’ostinazione e la ribellione verso la Legge non è nata oggi. Fin dai giorni del deserto, subito dopo aver stipulato l’alleanza sul fondamento della Legge, Israele si ribellò al Signore divenendo idolatra e procedendo da una idolatria all’altra. Tutta la loro storia è un cammino di ribellione, idolatria, immoralità. Vi è una ostinazione che è divenuta una seconda natura del popolo del Signore. Esso, chiamato all’obbedienza, altro non fa che trasgredire la Legge con continua ostinazione. Ignora che la salvezza non viene dal tempio, dal sacrificio, dalla ritualità. Essa viene dall’obbedienza, dall’osservanza ai comandamenti, dal piegare il collo per lasciarsi aggiogare al patto dell’alleanza. Il Signore sa che neanche questa volta vi sarebbe stato ascolto. Perché allora manda il suo profeta, esponendolo alla derisione e al ludibrio del popolo? Lo manda perché Lui è purissima verità di amore eterno. Quando tutte le parole contenute nella Legge si avvereranno, esso dovrà confessare che il Signore è stato santamente giusto e sempre ricco di amore e di misericordia. Israele dovrà rendere gloria al Signore. Lui in nulla ha mancato, Tutto ha fatto per la nostra salvezza. La responsabilità della perdizione è solo nostra. Noi siamo stati ribelli.

Ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.

Quanto il Signore ha fatto con il suo popolo, deve farlo la Chiesa versa i suoi figli. Essa deve sempre ammonirli perché non sostituiscano il Vangelo con il culto, la liturgia, le opere di carità, altri servizi all’uomo. Culto, liturgia, carità, servizio all’uomo devono essere vissuti dal Vangelo, secondo il Vangelo. Mai la Chiesa si deve stancare di formare i suoi figli all’obbedienza al Vangelo. Essa è chiamata sempre ad evangelizzare se stessa in modo da mostra al mondo la bellezza della Parola nella quale camminano i suoi figli. Se la Chiesa smette di evangelizzare i suoi figli, il mondo precipita nelle tenebre. Nessuno pensi di poter evangelizzare il mondo dal di fuori del Vangelo, senza che il Vangelo sia divenuto verità del suo corpo della sua anima, del suo spirito, di ogni sua relazione con Dio e con i fratelli. Ogni relazione del cristiano con il mondo deve essere attestazione, rivelazione, manifestazione della potenza della Parola che lo anima. Da una parola del cristiano il mondo deve vedere il Vangelo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Parola di Vangelo.

 

9 MARZO

CHI È SAGGIO COMPRENDA QUESTE COSE
Os 14,2-10; Sal 80; Mc 12,28b-34

Quali sono le cose che Israele deve comprendere? La sua salvezza viene dal Signore, anzi è il Signore la sua salvezza, la sua benedizione, la sua vita. Il Signore è solo nella Legge, nei Comandamenti, nell’obbedienza al patto giurato. Al suo popolo Dio chiede di essere saggio. Ma in cosa consiste la saggezza richiesta? Nell’esaminare la sua storia. Essa gli rivelerà che sempre quando esso è uscito dall’alleanza, all’istante è stato oppresso dai popoli, divenendo schiavo di essi. Mentre sempre quando è ritornato nell’obbedienza alla Legge, lui è stato liberato dal suo Dio e da Lui anche benedetto con ogni benedizione. Questa regola vale anche per noi oggi. La storia, letta con occhi neutri, rivela che ogni disastro nasce quando l’uomo si pone fuori della Legge del Signore. Rientra nella Legge, tornano vita e benedizione, prosperità e benessere, pace e tranquillità. Tutti i disastri sociali, economici, familiari, finanziari dei nostri giorni non sono il frutto dell’uscita dell’uomo dal Comandamento del Signore? è sufficiente che un solo comandamento venga osservato per ridurre infiniti malanni e guai che si abbattono nelle nostre case. Questo chiede il Signore all’uomo: solo un poco di saggezza per osservare la storia. Ci si pone fuori della Parola, niente è più governabile dall’uomo. Si ritorna nella Parola, tutto è sotto il suo dominio.

Israele è nella disobbedienza al suo Dio. Cerca salvezza nei popoli stranieri. Se la salvezza venisse per esso dai popoli, Dio sarebbe inutile. A che serve un Dio, se si può fare a meno di Lui? Se la sua opera è uguale a quello di ogni altro uomo? Questa verità la possiamo oggi anche applicare a Cristo Gesù. A che serve Cristo alla Chiesa e al mondo se ogni religione è via di vera salvezza? Ma anche a che serve il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, se ogni altro Dio produce gli stessi frutti di vita? Andiamo oltre nel ragionamento. A che serve il Vangelo, se ogni altro scritto religioso è ad esso uguale? Se ogni Dio è buono, il nostro Dio è inutile. Se ogni religione è buona. La Chiesa è inutile. Se ogni libro è buono, il Vangelo è inutile. Ma se ogni religione è buona, anch’io posso farmi la mia religione ed essa dovrà essere dichiarata ugualmente buona per raggiungere la mia salvezza. Il Dio dell’alleanza avverte il suo popolo: non c’è salvezza se non nel Signore. Non c’è vita se non da Lui. Non c’è benedizione se non per Lui. Israele non attenda salvezza da nessun popolo straniero.

Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

O la Chiesa avrà il coraggio di gridare al mondo che “extra ecclesia nulla vera salus”, oppure dovrà confessare la sua inutilità. O annunzierà al mondo che “non vi è sotto il cielo altro nome nel quale è stabilito che siamo salvati, al di fuori del nome di Gesù il Nazareno”, oppure dovrà dichiarare Cristo Gesù ininfluente in ordine alla salvezza del mondo. Ma poiché solo Lui è il Redentore, il Salvatore, il Mediatore unico tra Dio e l’umanità intera, se Lui non viene confessato non vi è vera relazione né con Dio né con i fratelli e neanche con le cose. Che il mondo sia senza vera salvezza, lo attesta la storia. Che molti cristiani siano senza vera salvezza, anche questa verità viene dalla storia. O diamo alla Chiesa e a Cristo Gesù la loro verità, oppure siamo condannati a non entrare mai nella vera salvezza. Nessuno è Salvatore vero. Il solo è Cristo Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cristiani di vera fede.

 

10 MARZO

VOGLIO L’AMORE E NON IL SACRIFICI
Os 6,1-6; Sal 50; Lc 18,9-14

Quando nella Scrittura si parla di amore, di certo non ci si riferisce né ad un sentimento vago dell’uomo né ad una mozione proveniente dal suo cuore. Amore presso Dio ha un solo significato: “Obbedienza pura, ininterrotta, piena alla Legge dell’Alleanza. Imitazione perfetta della santità di Dio così come prescrive il Libro del Levitico nei capitolo 18, 19, 20”. Non si tratta di fare qualcosa di bene per gli altri, ma di osservare la volontà di Dio, la sola che detta all’uomo cosa è bene e cosa è male, cosa va fatto e cosa invece mai dovrà essere fatto. Quando invece si parla di sacrificio, si intende l’offerta di un animale da immolare al Signore nel suo tempio santo. Noi sappiamo che il sacrificio era interamente finalizzato o al ritorno dell’uomo nell’Alleanza, dopo che da lui essa era stata infranta, o anche come segno di purissima comunione con la volontà del Signore, la sola Legge di amore per ogni uomo. Presso Dio amare vuol dire obbedire. Si obbedisce, si ama. Non si obbedisce, non si ama. L’obbedienza non alla volontà o alla legge di questo o di quell’altro uomo, ma solo alla volontà manifesta, rivelata, codificata del nostro Dio e Signore. Non si ama una volontà di Dio non codificata. Si ama solo la volontà di Dio conosciuta. Quanto Dio vuole che si faccia o non si faccia lo ha anche rivelato. Non vi sono volontà segrete di Dio.

Oggi tutti si appellano ad una volontà segreta, nascosta, inespressa del Signore, che è piena e totale contraddizione con la volontà, codificata, manifesta, rivelata sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Si vive oggi una doppia religione, doppia verità, doppia volontà di Dio. Una ufficiale, pubblica, palese dichiarata non più valida, l’altra segreta, nascosta, non rivelata che si dichiara essere la sola valida, la sola buona, la sola da vivere. Gesù dice pubblicamente: “Non divida l’uomo ciò che Dio ha congiunto”. L’uomo dice che “Dio non può volere questo. Non può condannare un uomo alla fedeltà per tutta la vita”. Il Signore dice che “il solo matrimonio possibile è fra un uomo e una donna liberi da ogni altro legame coniugale”. L’uomo dice che “Dio non vuole questo, ma che “ogni unione anche tra uomo e uomo e donna e donna è a lui gradita”. Oggi in nome di Dio si approva tutto ciò che è contrario alla volontà di Dio codificata e tutto questo si chiama “amore”. Il divorzio è amore, l’adulterio è amore, le relazioni extraconiugali sono amore, l’aborto è amore, l’eutanasia è amore. O crediamo che solo la volontà di Dio codificata è il solo amore possibile, o tutto dovrà essere dichiarato amore. Ogni uomo potrà dirsi portatore di una speciale, nascosta, segreta volontà di Dio che abolisce questo o quell’altro comandamento. Oggi in nome dell’amore per l’uomo si è abolito persino Gesù Signore e la sua Chiesa è dichiarata inutile in ordine alla salvezza. Anche la Trinità è stata distrutta in nome dell’amore.

“Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.

Oggi si è sganciati dall’oggettività dell’amore, in nome di una esasperante soggettività, gridata ai quattro venti in nome del Signore. Si può ritornare nell’oggettività che è la sola via vera dell’amore? Si può ad una sola condizione: che colui che crede nell’oggettività della Legge, della Parola, del Vangelo, della Scrittura rimanga ancorato nella sua fede e con ogni convincimento e forza nello Spirito Santo aiuti ogni suo fratello ad entrare nell’oggettività che viene dalla volontà rivelata e codificata di Dio. Urge oggi gridare che ci si deve attenere a ciò che è scritto dallo Spirito Santo. Se si esce dallo scritto saremo tutti consumati dalla soggettività. Lo scritto però va sempre letto e compreso nella luce, sapienza, verità, saggezza dello Spirito Santo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci l’oggettività dell’amore.

 

11 MARZO – IV DOMENICA DI QUARESIMA – B

DISPREZZARONO LE SUE PAROLE
2 Cr 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21

Tutto ciò che avviene dalla nascita alla morte nella nostra vita è sempre e solo manifestazione della grande misericordia dl Signore in vista della nostra conversione, salvezza, santificazione della nostra anima e anche come partecipazione al mistero di espiazione del peccato del mondo di Cristo Gesù. Israele è nella disobbedienza. Si è consegnato all’idolatria e all’immoralità. Vive nella continua trasgressione della Legge dell’Alleanza. Il Signore gli manda con premura e senza alcuna interruzione numerosi profeti con l’incarico di invitarlo a ritornare a Lui, rivelando cosa sarebbe accaduto a Gerusalemme nel caso si fossero ostinati a perseverare nella ribellione e nel rifiuto di ascoltare il suo richiamo d’amore. Sul popolo si sarebbero abbattuti quattro grandi calamità: la spada, la peste, la morte, l’esilio con la distruzione del tempio e di tutta la città. Tutto fu vano. Le parole del Signore furono disprezzate e i profeti scherniti. Al Signore non restò che lasciare attuare quanto minacciato. Gerusalemme fu assediata, conquistata, distrutta, il tempio ridotto in macerie, dopo essere stato depredato di tutti i suoi tesori. Quanti non perirono di spada, di fame, di peste, presero la via dell’esilio.

L’esilio non è per la fine o l’abbandono del popolo, ma per la sua conversione. Anche questa durissima pena e sofferenza è un dono della misericordia e della pietà del Signore verso Giuda. Infatti sempre i profeti assieme all’esilio hanno sempre annunziato il ritorno degli esuli nella loro patria. Il popolo viene deportato, ma con la speranza nel cuore che molti di essi sarebbero un giorno ritornati. Altro è partire senza speranza, altro è fare un viaggio nella promessa del Signore, che apre il cuore alla vita. Questo significa che ogni sofferenza del tempo presente sempre deve essere vissuta nella grande speranza. La vita nasce dalla sofferenza. La risurrezione è dopo la croce. Il dolore sempre purifica e rinnova cuore e mente. Le umiliazioni hanno un solo fine: aiutarci a convertirci al Signore con più dedizione, obbedienza, amore. Quando invece non si ha la parola della promessa che dopo la croce vi è la grande luce, il dolore diviene disperazione, insofferenza, vera dannazione e per questo oggi ci si suicida, uscendo disperati dalla vita per andare a finire nel dolore e nella disperazione eterna. Il cristiano sa per fede che ogni sofferenza produce vita e la vive offrendola al Signore, chiedendo a Dio che lo renda perfetto nella sofferenza così da poter essere un solo sacrificio e un solo olocausto con Cristo Gesù, il Crocifisso per amore.

Anche tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Avendo il mondo bandito Cristo Gesù dalla sua vita, dai suoi pensieri, dalla sua fede, dalla sua religione, manca della parola della speranza. Non sa più vivere il dolore ed è questa la più grande tragedia che oggi si è abbattuta sull’umanità. Lo provano tutte le leggi di morte stabilite dall’uomo, il miliardo di aborti che si sono consumati negli ultimi anni nel mondo e i crescenti casi di suicidio che è anche omicidio, che è l’eutanasia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, colmateci di vera speranza.

 

12 MARZO

NON SI RICORDERÀ PIÙ IL PASSATO
Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54

Il nostro Dio, il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, è amore eterno, carità divina, compassione infinita, misericordia senza misura. Come il sole esiste solo per mandare la sua luce che dona vita a tutta la terra, così il nostro Dio vive per irradiare nel cuore di ogni uomo amore, carità, compassione, misericordia, perdono, riconciliazione, pace. Come ci si può nascondere dal sole, chiudendosi in una caverna, così anche ci si può nascondere da Dio, imprigionando cuore e mente, anima e volontà, desideri e corpo, nel peccato. Solo chi non vuole potrà sottrarsi all’amore del suo Signore e Creatore. Dio mai si sottrarrà alla verità della sua natura. Sempre Lui è pronto al perdono, alla riconciliazione, alla pace. La condizione è sempre una: l’abbandono del peccato e il ritorno nell’obbedienza alla sua Legge. Se questo avviene, Dio non ricorderà più il passato. Quando l’uomo è nella sua Legge, vive nella sua Parola, obbedisce ai Comandamenti, sempre Dio lo avvolge con il suo amore, la sua misericordia, la sua grazia, la sua benedizione. Se però nuovamente esce dalla Legge, nuovamente si allontana dalla fonte della sua vita. Entra in uno stato di morte spirituale, che diviene anche morte sociale, economica, politica, familiare, fisica. Senza Dio, perché fuori della Legge, mai si potranno produrre frutti di vita. Sempre nascono frutti di morte.

L’amore del Signore non è statico, ma dinamico. Dio vuole creare per l’uomo nuovi cieli e terra nuova. Vuole creare per la sua creatura un mondo pieno di vita. Quanto Dio promette, sempre lo attua e lo realizza. Ma ci entrerà nei nuovi cieli e nella nuova terra? Solo coloro che hanno abbandonato la via di perdizione e di morte e nella conversione, nel pentimento, nella richiesta di perdono, nell’entrata nella Legge, sono ritornati nell’amicizia con il loro Dio e Signore. Il nostro Creatore è anche il nostro Salvatore. Ma chi può essere salvato da Lui? Solo chi accoglie il suo invito alla conversione e vive nella sua Alleanza. L’errore e la falsità di oggi è nella negazione di questa verità eterna. Oggi si insegna e si grida che alla sera della vita saremo accolti tutti nel regno eterno del nostro Dio. Diciamo, ingannando i cuori, cose che mai Dio ha detto. Sempre il Signore ha parlato di conversione e di obbedienza alla sua Legge. Entrerà nei suo cielo eterno chi sarà trovato nella Legge, nella Parola, nei Comandamenti. Quanti sono trovati fuori della Parola, sarà esclusi da regno per sempre. Questo Dio ha detto e questo ogni uomo onesto deve dire. Dire ciò che Dio non ha detto, oltre che gravissimo peccato di falsa testimonianza, si nomina anche il nome di Dio invano. Peccato ancora più grave perché contro il secondo Comandamento. A nessun uomo è lecito alterare la Parola del nostro Dio.

Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.

Le promesse del Signore vanno ben oltre le attese dell’uomo e la sua stessa immaginazione. Godrà di essi solo chi abita nella sua Parola. La Parola è come il giardino dell’Eden, terra di vita e di ogni altra delizia. L’uomo è uscito dalla Parola, è uscito anche dal Giardino. Si è trovato a vivere in un deserto non solo materiale, ma anche spirituale, perché posto in una terra di morte. Le promesse di Dio sono universali ed eterne. Ad ogni uomo l’obbligo di osservare le condizioni perché possa farle sue per sempre. Parola e Dio non sono separabili. Parole e uomo non sono separabili. L’uomo è nella Parola è in Dio. È fuori della Parola è fuori di Dio. Dio viene e lo chiama perché entri nella Parola. Se l’uomo si rifiuta di ascoltare, rimane fuori della Parola, fuori di Dio, fuori di ogni dono di Dio. Se tutta la Scrittura Santa è questa rivelazione, perché l’uomo dice il contrario? La menzogna è solo oracolo del peccato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere nella Parola.

 

13 MARZO

LÀ DOVE GIUNGERÀ IL TORRENTE TUTTO RIVIVRÀ
Ez 47,1-9.12; Sal 45; Gv 5,1-3.5-16

La terra è senza vita, gli alberi sono senza vita, le acque sono senza vita. Ezechiele, dopo aver descritto il nuovo tempio del Signore, vede che dal lato destro di esso, da oriente, esce un fiume di acqua che diviene sempre più grande man mano che inonda la terra. Dove esso giunge, giunge anche la vita. Gli alberi cambiano addirittura la loro stessa natura: producono un frutto ogni mese e anche le foglie servono come medicina per gli uomini. Le acque senza vita abbandona di pesci e sulle rive i pescatori asciugano le reti. Anche il Mar Morto, senza alcun segno di vita, si riempie di ogni sorta di pesci. Questo è il miracolo prodotto dalle acque che escono dal lato destro del nuovo tempio del Signore. Una verità va subito affermata. La vita sulla terra non viene dalla natura. La natura è nella morte. Essa mai potrà produrre vita. La vita invece viene dalla casa di Dio, viene da Dio. È Lui la sorgente eterna della vita non solo spirituale, ma anche fisica. Se è essa è dono di Dio, a Dio si deve chiedere, da Dio si deve accogliere. Pensare che si possa produrre vita, senza quest’acqua che sgorga dal lato destro del nuovo tempio, è stoltezza, insipienza, vera chimera di disperazione e morte.

È questo oggi il peccato dell’uomo. Pensa che la sua scienza, tecnologia, invenzioni siano per esso il fiume della vita. Se questo fosse possibile, Dio sarebbe inutile all’uomo. Il deserto produce deserto, la morte genera morte, la non vita dona non vita. si noti bene. Dalla vita spirituale nasce vita materiale, fisica. Si uccide la vita spirituale, muore anche la vita fisica. Oggi è lo spirito dell’uomo che è nella morte. Dalla morte non può produrre che morte. Mai uno spirito morto potrà produrre un frutto di vita. Si osservino tutte le decisioni dell’uomo di oggi: sono tutte decisioni di morte, non di vita. Essendo il suo spirito morto alla vera vita, mai potrà produrre un solo frutto di vita. è albero secco. Da questa produzione di morte si può uscire ad una sola condizione: che ci si lasci inondare dall’acqua che sgorga dal tempio di Dio. Avendo oggi l’uomo deciso che Dio è inutile per la sua vita, dal momento che la sua scienza gli basta, altro non può se non perseverare nella produzione di frutti di morte. Un albero secco mai potrà produrre una sola foglia e mai un solo frutto. Oggi l’uomo è albero secco.

Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.

Il Nuovo Tempio di Dio è Gesù Signore. L’acqua della vita sgorga solo dal suo costato squarciato. Si crede in Cristo, si entra nella sua Parola, si è subito inondati dalla sua acqua di vita che è lo Spirito Santo e si torna a produrre frutti di vita. Non si crede in Lui, si disprezza Lui, si rimane fuori della sua Parola, si resta alberi secchi. Quando un uomo diviene albero secco o rimane tale, non solo non produce più alcun frutto di vita, abbandona in produzione di frutti di morte. L’uomo senza Cristo sa dare solo morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

14 MARZO

NEL GIORNO DELLA SALVEZZA TI HO AIUTATO
Is 49,8-15; Sal 144; Gv 5,17-30

L’uomo non ritorna dalla morte alla vita perché prende coscienza del sue peccato e chiede perdono al Signore. Il peccato è forza potente che incatena alla morte e tiene lontano l’uomo dal suo Dio. Adamo ed Eva, dopo la loro disobbedienza, non fecero ricordo al loro Signore per impetrare il perdono, si nascosero nei cespugli del giardino per paura di incontrarsi con Lui. L’uomo torna nell’amicizia con il suo Creatore, perché è Lui che sempre viene e sempre offre il perdono, la riconciliazione, con ogni altra grazia perché il peccatore si possa convertire, facendo ritorno nell’obbedienza al suo comandi di amore per la vita. Tutti i profeti sono offerta da parte del Signore di perdono e di riconciliazione. Cristo Gesù è il dono nel quale avviene l’espiazione di ogni peccato. In Lui è data ogni grazia di salvezza e di redenzione. Gli apostoli sono mandati nel mondo per offrire la Parola della salvezza ad ogni uomo. San Paolo implora gli uomini a lasciarsi riconciliare con il loro Signore e Dio.

L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso (2Cor 5,14-6,2).

Vi è amore più grande di quello di una madre per la creatura del suo grembo? Ebbene, anche questo amore può fallire e fallisce. L’amore di Dio per l’opera delle sue mani non fallirà mai. Sempre il Signore amerà l’uomo e sempre gli offrirà la grazia del perdono.

Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

Oggi il Signore offre al suo popolo questa certezza eterna. Lui mai verrà meno nel suo amore di perdono, riconciliazione, pienezza di ogni vita. Questa verità è confermata dalla morte in croce di Gesù. Il Crocifisso è il dono di salvezza del Padre per ogni uomo. Guardando Lui, ogni uomo dovrà dire nel suo cuore: “Veramente il Padre mi ama. Mi ha dato il Figlio suo Unigenito, Me lo ha dato facendolo per me olocausto e sacrificio di espiazione, di grazia, di salvezza”. Questa certezza spingeva Paolo nel suo ministero. Lui camminava con dinanzi agli occhi sempre Gesù, il Crocifisso: “E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). Se il Padre ha dato il Figlio suo unigenito per me, mi ha dato il suo tesoro eterno, per me lo ha consegnato alla morte, allora posso essere certo: Lui veramente mi ama e veramente vuole riconciliarsi con me.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

 

15 MARZO

RICÒRDATI DI ABRAMO, DI ISACCO, DI ISRAELE
Es 32,7-14; Sal 105; Gv 5,31-47

L’uomo è peccatore. Dio viene per infliggere la pena dovuta alla sua trasgressione. Gli amici di Dio invocano da Lui il perdono. Chiedono che non distrugga coloro che hanno peccato, offendendo la sua divina maestà. Le ragioni della grazia e della misericordia non vanno trovate nell’uomo, ma sempre nel Signore. Abramo chiede al Signore che non distrugga Sòdoma. Per quali ragioni Lui non deve distruggere la città? Perché Lui è il Giudice di tutta la terra. Un giudice condanna il reo, assolve l’innocente. Mai un giudice punisce l’innocente. Per non colpire gli innocenti, Dio non deve distruggere.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,22-32).

Anche Mosè, amico di Dio e sua profeta, intercede per il popolo idolatra non venga distrutto dal Signore. Le ragioni anche da Lui sono trovate in Dio, nella sua Parola data ad Abramo, Isacco, Giacobbe. Lui è obbligato a mantenere la Parola data con giuramento. Mai dovrà venire meno ad essa. Per questo deve perdonare e condurre il popolo ella Terra Promessa, camminando assieme ad esso per sempre. Dio è obbligato ad essere fedele a se stesso. Lui è fedeltà eterna. Se Lui non è fedele a se stesso, chi si fiderà di Lui? Nessuno. Tutti penseranno che dice e poi non mantiene.

Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Gesù, sulla croce, non trova le ragioni in Dio, ma nell’uomo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Perché questo spostamento di asse da Dio all’uomo nelle ragioni del perdono? Perché in Dio tutte le ragioni sono state esaurite. Dinanzi ad un Padre che dona il Figlio in olocausto e in sacrificio per il peccato del mondo, quale altra ragione potrà essere trovata in Lui? Lui ha dato tutto, ha fatto tutto. In nome di cosa si deve chiedere a Lui il perdono? Necessariamente l’asse va spostato da Dio all’uomo: “Padre, il peccato li ha accecati. Perdonali!”. “Padre, il peccato è in loro forza di distruzione del cuore e dell’anima. Perdonali!”.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, otteneteci il perdono da Dio.

 

16 MARZO

CONDANNIAMOLO A UNA MORTE INFAMANTE
Sap 2,1a.12-22; Sal 33; Gv 7,1-2.10.25-30

Il Libro della Sapienza rivela una verità che è il frutto del cuore malvagio dell’empio, ma che potrà divenire per esso fonte di salvezza, a condizione che non si ostini nella sua cattiveria e malvagità. Il giusto rimane nella sua giustizia, perché anche se dovesse attraversare una valle di sofferenza, doloro, morte, Dio mai lo abbandonerà. Sempre verrà in suo soccorso. L’empio cosa dice? “Tu, giusto, confidi nel Signore. Sei certo del suo soccorso. Vivi nella speranza che Lui verrà in tuo aiuto. Vediamo se le tue parole e la tua fede sono vere. Noi ti condanniamo a una morte infamante. Tu ti lascerai uccidere. Se la tua fede è vera e la tua speranza è ben riposta, il Signore ti darà la vita”. La morte è inflitta al giusto come prova. L’empio è però sicuro che nessun aiuto gli verrà dal Signore. Se lui muore, rimarrà in eterno nella morte. Non ci sarà ritorno in vita per lui. Dalla loro sentenza di morte, nessuno lo potrà liberare: né Dio, né gli uomini. Questa la loro certezza. Dio per l’empio non esiste e se non esiste non può aiutare. La fede del giusto è posta nella non esistenza, nella nullità.

Il Signore accoglie la sfida dell’empio. Consegna il giusto alla morte. Lo consegna per amore dell’empio. Vedendo questi che il soccorso gli verrà, dovrà pentirsi del suo peccato, chiedere umilmente perdono, abbracciare la vera fede che è quella del giusto. Passiamo ora al caso concreto di Gesù Signore. L’empio ha deciso di condannarlo ad una morte infamante. Sapendo che Cristo, il Giusto, ha profetizzato che dopo la sua morte per consegna ai pagani, il terzo giorno sarebbe risuscitato, ha deciso di sigillare la sua tomba e di porre a custodia di essa dei soldati. Così nessuno avrebbe potuto rubare il corpo di Gesù e nessuno avrebbe potuto dire che era risorto. Succede invece che proprio i soldati sono i testimoni della risurrezione e non gli apostoli. Cosa fa l’empio? Si compra il silenzio dei soldati con una grande somma di denaro. Lui ha sfidato Dio. Dio gli ha risposto. Ha risuscitato il Giusto. Ora per l’empio non vi sono più scusanti. Se si converte, vive, altrimenti sarà reo di morte eterna per le sue stesse parole. Lui ha messo a morte il Giusto per provare la verità delle sue parole. Le sue parole sono state verissime. Per la sfida fatta a Dio, è obbligato a credere. Non crede, solo lui è responsabile della sua perdizione eterna. Ha sfidato. Ha perso, Ha constato la sconfitta. Si è comprato il silenzio, Non ha creduto. Dio è innocente per la sua morte,

Dicono fra loro sragionando: Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile.

Per la salvezza dell’empio Dio accetta ogni sfida. Ha consegnato il Figlio suo alla morte di croce. Anche questo il Signore compie, pur di offrire una via di redenzione per chi rinnega, nega, professa la sua non esistenza. Dopo aver perso la sfida, l’uomo non ha più alcuna scusante dinanzi a Dio. Lui gli ha dato vera prova della sua esistenza. Un cadavere posto in una tomba, morto dissanguato su una croce, trafitto al cuore con un colpo di lancia, non può risorgere. La storia attesta che questo è impossibile. Un morto resta morto per sempre. Se poi risorge da se stesso, è perché è Dio e Figlio di Dio e partecipa della stessa onnipotenza di Dio. La prova è data. Si è obbligati alla fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede del Giusto.

 

17 MARZO

STRAPPIAMOLO DALLA TERRA DEI VIVENTI
Ger 11,18-20; Sal 7; Gv 7,40-53

Il profeta Geremia è mandato presso un popolo ostinato e ribelle, bene ammaestrato contro il Signore da un esercito di falsi profeti. Nel giorno della chiamata, lui era stato avvisato delle difficoltà che avrebbe incontro nello svolgimento della sua missione. Era stato anche rassicurato che nessuno avrebbe prevalso su di lui.

«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla». Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». Il Signore mi disse: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitanti della terra. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i regni del settentrione. Oracolo del Signore. Essi verranno e ognuno porrà il proprio trono alle porte di Gerusalemme, contro le sue mura, tutt’intorno, e contro tutte le città di Giuda. Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro, per tutta la loro malvagità, poiché hanno abbandonato me e hanno sacrificato ad altri dèi e adorato idoli fatti con le proprie mani. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Ger 1,5-19).

I falsi profeti non sopportano la sua parola e decidono di abbattere l’albero nel suo pieno vigore, strapparlo dalla terra dei viventi, così nessuno avrebbe più ricordato il suo nome. L’odio contro Dio si fa odio contro il suo profeta. Non siamo più nel peccato di idolatria, immoralità, empietà, cattiveria. Qui siamo ben oltre, infinitamente oltre i limiti del male. Siamo oltre lo stesso peccato di Satana. Lucifero si era proclamato Dio. Qui non solo ci si proclama dèi di se stessi, si vuole la stessa morte di Dio, la sua cancellazione. Oltre questo peccato non si può pervenire. È il limite ultimo del male.

Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa.

La vendetta di Dio non è la morte dell’empio. È invece la salvezza del suo profeta. Liberando Geremia dalla fossa, il Signore rivela e manifesta che veramente Lui è Dio. La salvezza del profeta, vera vendetta del Signore, è l’ultima grazia per la salvezza dell’empio. Anche la risurrezione di Cristo Gesù è l’ultima grazia di salvezza per tutti coloro che lo hanno ucciso. Se non si convertono dopo questa vendetta del Signore, per essi resta solo la via della morte eterna. Il Signore non ha altra grazia da offrire loro. Questa legge della “vendetta” del Signore, “vendetta di misericordia, pietà, compassione, salvezza”, vale per ogni profeta e missionario di Cristo Gesù. Quando la volontà satanica e diabolica di distruggere i messaggeri del Vangelo e lo stesso Vangelo, nonostante le molte e inarrestabili persecuzioni, non riesce, allora è il segno che il Signore è con i suoi inviati. Chi vuole confessa la presenza e la verità di Dio, si converte, accoglie la Parola, entra nel vero cammino della salvezza. Chi invece si ostina nella sua cattiveria e malvagità e persevera nella volontà di distruzione, è incamminato verso la morte eterna. Non vi sono altre grazie e altre “vendette” di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di cuore mite e umile.

 

18 MARZO – V DOMENICA DI QUARESIMA – B

CONCLUDERÒ UN’ALLEANZA NUOVA
Ger 31,31-34; Sal 50; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33

La Nuova Alleanza, annunciata da Dio al suo popolo per mezzo del profeta Geremia, non è solo per i figli di Israele, ma anche per il mondo intero, cioè per tutte le genti. Questa verità così è annunziata con profondità di contenuti da Paolo agli Efesini.

Per questo io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani… penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra (Ef 3,1-113).

La Nuova Alleanza oltre che per la sua universalità, differisce in modo sostanziale dalla prima. Ora la Legge viene scritta nel cuore, che viene trasformato da cuore di pietra in cuore di carne. La Legge messa nel cuore è la Parola di Gesù, scritta nella sua più pura verità e attualità dallo Spirito Santo, dono di Cristo a tutti i credenti nel suo nome. In questa Nuova Alleanza avviene un cambiamento sostanziale dell’uomo, che viene ricreato, rigenerato, reso partecipe della divina natura, fatto corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito, dimora di Dio tra le genti. Essa non viene conclusa sul sangue dei tori e dei vitelli, ma sullo stesso sangue del Figlio di Dio, che è anche dato a noi come nuovo nutrimento. Nella Nuova Alleanza si beve la stessa vita di Dio e si mangia la sua carne.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato».

Nella Nuova Alleanza l’uomo è trasformato in nuova creatura, messa e guidata dallo Spirito, per vivere secondo lo Spirito, per produrre i frutti dello Spirito. Tutto questo è possibile per la fede in Cristo e per l’obbedienza alla sua Parola. Se si esce dall’obbedienza alla Parola, il cuore di pietra riprende il suo posto, la carne impone la sua legge di schiavitù e di morte e l’uomo produce solo frutti di peccato, corruzione, morte. Si rimane in Cristo finché si rimane nella sua Parola secondo la verità dello Spirito Santo. Si esce dalla Parola, si esce da Cristo, si ritorna nella nostra vecchia umanità. I sacramenti creano la nuova natura, danno vigore ad essa, solo se l’uomo rimane nella Parola. Ci si converte alla Parola, si diviene con Cristo un solo corpo, si vive tutta la Parola, Cristo vive tutto in noi per la potenza dello Spirito Santo e noi sempre per la potenza dello Spirito Santo diveniamo suo vita. La Parola di Gesù è tutto nella Nuova Alleanza. Essa è la casa in cui abita Cristo, lo Spirito Santo, il Padre. Si dimora nella Parola, si dimora nella casa di Cristo, dello Spirito, del Padre. Si esce dalla Parola, si è fuori della casa di Cristo, dello Spirito, del Padre. La carne riprende il suo governo e l’uomo ritorna a produrre i suoi frutti di corruzione e di morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci abitare nella Parola.

 

19 MARZO

IL TUO TRONO SARÀ RESO STABILE PER SEMPRE
2 Sam 7,4-5a.12-14.16; Sal 88; Rm 4.13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24a

La promessa che Dio fa a Davide per mezzo del profeta Natan è unica nella storia. Passano i regni, muoiono le nazioni, tramontano imperi potenti. Tutto ciò che è frutto della storia, dalla storia sarà divorato. Nulla rimane e nulla dura. Il Signore promette a Davide che il suo regno mai avrebbe visto la fine. Esso sarebbe rimasto per sempre. il suo è l’unico regno sul quale la storia non ha potere, anzi travalica gli stessi confini della storia, per divenire un regno eterno, un regno che non avrà mai fine.

Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Il profeta Isaia conferma la parola detta dal Signore a Davide, manifestando l’opera del re che verrà. Il suo regno non è solo per Israele, ma dovrà abbracciare tutti i popoli. Da regno senza fine, eterno, a regno universale senza confini.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

Il profeta Michea rivela che il re promesso nascerà a Betlemme. Lui però non viene dalla terra, dal tempo. Viene dall’eternità. Viene dai giorni senza tempo.

E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace! (Mi 5,1-3).

Il profeta Zaccaria annunzia che il re che verrà non è un re di guerra, alla maniera di Davide, ma è un re di pace. Lui viene per essere la pace della terra, delle genti.

Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra (Zc 9,9-10).

Quello che è sorprendente nel compimento della profezia è una verità inaudita: il figlio di Davide non viene dalla carne di Giuseppe, ma dal suo cuore, dal suo spirito, dal suo amore, dalla sua volontà, dalla sua obbedienza. Giuseppe è vero padre di Gesù, ma per generazione spirituale. Per opera dello Spirito Santo Gesù nasce dal cuore di Giuseppe e per questo è più che padre putativo. È vero padre nell’anima. è una generazione unica, specialissima, irripetibile, come unica, specialissima, irripetibile è la generazione verginale di Maria, sempre per opera dello Spirito Santo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci comprendere il mistero.

 

20 MARZO

MOSÈ PREGÒ PER IL POPOLO
Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30

Dio è vinto dalla preghiera dei suoi profeti. Israele cade nel tristissimo peccato di idolatria, Mosè prega e il Signore abbandono il proposito di far perire il popolo nel deserto. Oggi sempre Israele cade in un altro brutto peccato: nella mormorazione e nella non fede contro il Signore e contro Mosè. Dio manda nell’accampamento serpenti brucianti dal morso letale. Il popolo, sapendo quando vale presso il Signore la preghiera di Mosè, chiede a lui che preghi Dio per ottenere il perdono. Mosè prega e il Signore gli indica la via come rendere innocuo il morso dei serpenti. Dio sempre è vinto dalla preghiera del suo profeta. Se Mosè non si fosse interposto tra Dio e il popolo con la sua preghiera, Israele di certo sarebbe stato divorato dal deserto.

Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

I tre amici di Giobbe hanno peccato contro Dio, perché non hanno parlato rettamente di Lui come si conviene. Il Signore li manda da Giobbe. Lui pregherà per essi, il Signore, per riguardo a Giobbe non punirà la loro stoltezza. Dio chiede la preghiera del giusto, dell’amico Giobbe per cancellare il peccato di coloro che lo hanno offeso. San Giacomo insegna ai cristiani che presso Dio la preghiera fervorosa del giusto è molto potente. Con essa si ottiene qualsiasi grazia. Per essa tutto è concesso. Il Libro della Sapienza ci rivela che Israele nel deserto è stato salvato sempre dalla preghiera.

Dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe» (Gb 42,7-8). Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto (Gc 5,13-18). L’esperienza della morte colpì anche i giusti e nel deserto ci fu il massacro di una moltitudine, ma l’ira non durò a lungo, perché un uomo irreprensibile si affrettò a difenderli, avendo portato le armi del suo ministero, la preghiera e l’incenso espiatorio; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando di essere il tuo servitore. Egli vinse la collera divina non con la forza del corpo né con la potenza delle armi, ma con la parola placò colui che castigava, ricordando i giuramenti e le alleanze dei padri. Quando ormai i morti erano caduti a mucchi gli uni sugli altri, egli, ergendosi là in mezzo, arrestò l’ira e le tagliò la strada che conduceva verso i viventi. Sulla sua veste lunga fino ai piedi portava tutto il mondo, le glorie dei padri scolpite su quattro file di pietre preziose e la tua maestà sopra il diadema della sua testa. Di fronte a queste insegne lo sterminatore indietreggiò, ebbe paura, perché bastava questa sola prova dell’ira divina (Sap 18,20-25). .

Se potente è la preghiera del giusto, infinitamente più potente è la preghiera del Giusto Sofferente, Cristo Signore, che si offre al Padre per il perdono dei peccati del mondo. Per la sua preghiera e la sua immolazione ogni peccato è redento, espiato, perdonato. Per il solo Giusto, che è il Figlio Unigenito di Dio, è data a tutti la grazia della salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti dinanzi a Dio.

 

21 MARZO

NOI NON SERVIREMO MAI I TUOI DÈI
Dn 3,14-20.91-92.95; C Dn 3,52-56; Gv 8,31-42

Tre giovani giudei si rifiutano di adorare la statua d’oro fatta erigere da Nabucodònosor nella città di Babilonia. Le motivazioni sono di fede purissima: “Tu, o re, puoi anche gettarci nella fornace ardente. Sappi che il nostro Dio ci libererà dal fuoco”. Questa è la prima parte della loro fede. La seconda è ancora più eccelsa ed elevata: “Se però per un disegno misterioso, che solo il nostro Dio conosce, Lui decidesse di farci perire nel fuoco della fornace, la nostra vita è sua e può prendersela come a Lui piace. Ma noi non adoreremo mai la tua statua, o re”. La fede di questi tre giovani può essere così tradotta: “La vita appartiene a colui che l’ha creata. Di certo Lui l’ha creata per un fine. Qual è il fine della nostra vita: che Lui manifesti la sua onnipotenza, liberandoci e attestando dinanzi al mondo intero che solo Lui è il Signore, il solo vero Dio e il solo vero Salvatore? Oppure che noi manifestiamo al re e al mondo dei pagani quanto vera e profonda è la nostra adorazione da giungere a consegnare a Lui la vita perché per mezzo di essa venga rivelato quanto è grande il nostro amore per Lui?”. È evidente che il fine della vita di ogni singola persona non è la singola persona è deciderlo. Il fine solo Dio lo conosce e solo Lui lo può realizzare. A noi è chiesta una cosa sola: rimanere sempre nella più alta fedeltà al suo amore. Questa è la differenza del vero martire per la fede dai molti falsi martiri. Il vero martire non sceglie lui come vivere la vita. Ogni modalità è scelta da Dio. A lui è chiesto solo di rimanere fedele alla Parola e di non uscire mai da essa. I falsi martiri sono essi che decidono il fine della loro vita. Essi sono adoratori di se stessi, non del vero Dio, dal momento che Dio non è Signore della loro vita. Loro decidono, loro scelgono, loro testimoniano il falso contro Dio.

Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto». Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio.

Dio sceglie la via della manifestazione della sua onnipotenza. Rivela la sua gloria ai pagani, attestando che è Lui il solo vero Dio su tutta la terra. Anche Gesù offre la vita al Padre. La sua fede è ancora più eccelsa e più alta di quella dei tre giovani giudei. Lui non pone la seconda condizione. Lui si offre al Padre attestando dinanzi ai suoi discepoli che il terzo giorno sarebbe ritornato in vita. La morte lo avrebbe tenuto prigioniero solo fino all’alba del primo giorno dopo il sabato. Poi il Padre avrebbe manifestato su di Lui tutta la sua divina ed eterna onnipotenza. Gesù annunzia la sua risurrezione perché la sua vita non si conclude con la morte. Essa inizia con la morte, perché con la sua crocifissione si compie il mistero dell’espiazione dei peccati e il dono dello Spirito Santo. Con la sua morte in croce viene data vita al vero regno di Dio, di cui Lui solo è il Re. Le profezie attestano la sua risurrezione e Lui crede in essa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

 

22 MARZO

PER ESSERE IL DIO TUO E DELLA TUA DISCENDENZA
Gn 17,3-9; Sal 104; Gv 8,51-59

Con il peccato Dio ha perso la sua Signoria sull’uomo. L’uomo rimane sempre sua creatura. La sua creatura però non riconosce il suo Creatore, Signore, Dio. Il fine di ogni intervento di Dio nella storia dell’umanità e del suo popolo è solo uno: aiutare l’uomo perché lo riconosca e lo confessi suo Dio. Ma come l’uomo riconoscere Dio come il suo Dio e il suo Signore? Prestando a Lui ogni obbedienza, nell’ascolto della sua Parola. Senza obbedienza non c’è confessione e né conoscenza di Dio. Senza ascolto la religione o la relazione dell’uomo con il Signore non solo è vana, ma anche peccaminosa. Mai produrrà un solo frutto di vita. Senza obbedienza vi è solo morte.

Abramo attesta e confessa che il Signore è il suo Dio in due momenti particolari della sua vita. Quando il Signore lo chiama ad uscire dalla sua terra e lui subito ascolta e si mette in cammino. Quando il Signore gli chiede di sacrificargli sul monte il figlio della promessa e lui all’istante si mette in cammino per eseguire l’ordine ricevuto dal suo Dio. Il Signore è veramente il Dio di Abramo perché l’obbedienza è perfetta.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran (Gen 12,1-4). Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato (Gen 22,1-3).

Anche di Cristo Gesù il Signore è il suo Dio. Tutte le tentazioni subite da Cristo hanno avuto quest’unico solo fine: fare di Lui un Dio senza Dio, un Dio senza obbedienza al Padre. Lui invece rimase fedele al Padre fino alla morte di croce. A Lui il Padre ha chiesto di portarsi sul monte e lasciarsi immorale per l’espiazione dei peccati del mondo e Lui prontamente ha obbedito, consegnandosi volontariamente alla morte. Da Crocifisso dona al mondo intero la più alta testimonianza che il Signore è il suo Dio. Di questa confessione di appartenenza, il Padre si è così compiaciuto da dargli la Signoria sul tempo e sull’eternità. Ora ogni ginocchio deve confessare che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre. Tutti sanno che il Signore è il suo Dio per i secoli eterni. Se Gesù Signore, Dio, Figlio di Dio, è stato tentato di farsi Dio autonomo, Dio senza Dio, Dio senza il Padre, possiamo pensare che noi siamo risparmiati da questa tentazione? Noi sempre saremo tentati per essere cristiani senza Cristo, cristiani senza Vangelo, cristiani senza Parola, cristiani senza obbedienza, cristiani dal culto perfetto, ma senza alcun Dio cui prestare la nostra obbedienza, senza alcun Signore da confessare come nostro vero ed unico Dio. è la tentazione che ci sta distruggendo come cristiani, come discepoli di Gesù, come adoratori dell’unico e solo vero Dio.

Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.

È giusto che ogni cristiano si chieda: “Ma Gesù è il mio vero Dio, il mio vero Signore, colui che mi dona il vero Dio e il vero Padre? Mi sono anch’io lasciato trascinare dalla tentazione di essere cristiano senza Cristo? Se sono cristiano senza Cristo, sono anche uomo senza il vero Dio, il vero Padre. Sono cristiano senza Parola, senza obbedienza, senza alcuna verità”. Chi cade in questa tentazione, è senza il vero Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da questa tentazione.

 

23 MARZO

CI PRENDEREMO LA NOSTRA VENDETTA
Ger 20,10-13; Sal 17; Gv 10,31-42

Geremia deve parlare nel tempio governato interamente dai falsi profeti. Deve profetizzare alla corte del re anch’essa sotto il dominio della falsa profezia. Il re ormai aveva perso ogni autorità. Era senza alcun potere decisionale. Tutti i falsi profeti gridavano che mai Gerusalemme sarebbe stata conquistata, mai distrutta e che mai vi sarebbe stato una sola persona fatta prigioniera o condotta in esilio. Geremia era il solo che profetizzava la caduta della città accompagnata da quattro grandi flagelli: la fame, la peste, la spada, la morte. Per coloro che sarebbe sfuggiti a queste quattro calamità vi sarebbe stata la deportazione e un lungo esilio. Per questa ragione veniva accusato di creare il panico nella città, di scoraggiare i guerrieri, di incoraggiare la resa a Babilonia. Per i falsi profeti lui era un creatore di terrore e per questo andava eliminato. Geremia è solo contro tutta Gerusalemme. Tutti vogliono il suo male.

Il vero profeta si serve solo della parola per rivolgersi al popolo. La parola mette ogni uomo dinanzi ad una verità prossima a compiersi, ma non arreca alcun danno fisico ad alcuno. Il falso profeta invece non si limita a dire le sue menzogne, difende la sua falsità con la minaccia, la calunnia, le accuse, le percosse, la minaccia di morte, la stessa morte fisica. Il falso profeta ha un solo intento: mettere a tacere per sempre la vera profezia. Quanto si ricorre alla morte fisica si è sempre alla presenza dei falsi profeti. Questo si è compiuto anche con Gesù Signore. Mentre Lui si è limitato a parlare e fare ogni bene al popolo, senza mai fare alcuna distinzione tra persona e persona, contro di Lui si è abbattuto tutto l’esercito dei falsi profeti. Prima lo ha minacciato, poi lo ha calunniato, infine ha deciso per la sua morte. Lo ha catturato, lo ha processato, lo ha consegnati ai pagani chiedendo loro che fosse crocifisso. Ci troviamo dinanzi alla potenza della falsa profezia, che non potendosi difendere in alcun modo, tanto grande è la sua menzogna, ha una sola via d’uscita: la morte del vero profeta. È stato così ieri, è anche oggi e sarà domani. La violenza è solo della falsa profezia. Chiunque ricorre alla violenza sia per parola semplice, sia per calunnia o falsa testimonianza, sia con minacce e percosse, sia con la morte è solo un falso profeta.

Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.

Anche nel desiderio di vendetta vi è sostanziale differenza tra quella dei falsi profeti e quella dei veri. Il falso profeta si vendica uccidendo il vero. La morte è il suo appagamento. Il vero profeta non vuole la morte dei suoi nemici, vuole invece che il Signore attesti e confermi la sua verità. Mentre la vendetta dei Giudei verso Cristo Gesù è stata la sua crocifissione, la vendetta del Signore è stata la sua gloriosa risurrezione. Dio ha vendicato il sangue innocente di Gesù attestando al mondo intero con la sua risurrezione che Lui era il Santo e il Giusto. Ora tempo ed eternità sanno che i Giudei sono stati falsi profeti – lo conferma la loro violenza fisica inferta a Cristo – mentre Gesù è stato il vero profeta del Dio Vivente. Lo testimonia il suo innalzamento alla destra del Padre nella gloria eterna del cielo. La vendetta dei falsi profeti è per attestare le loro menzogne e bugie. La vendetta dei veri profeti è per dichiarare la loro innocenza, la loro verità, il loro essere realmente da Dio. Mai un vero profeta, un vero ministro, un vero apostolo del Signore ricorre alla calunnia o alla morte per difendere se stesso da un altro profeta, apostolo, ministro. Falsità e violenza sono solo dei falsi profeti, falsi apostoli, falsi ministri. Al vero profeta è sufficiente una preghiera al Signore, perché Lui entri con potenza nella storia e certifichi la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti di Cristo Gesù.

 

24 MARZO

SARÀ UN’ALLEANZA ETERNA CON LORO
Ez 37,21-28; Sal. 31; Gv 11,45-56

In Ezechiele, così come in Osea, l’alleanza tra Dio e Israele è sponsale. Essendo Dio eterno e l’uomo immortale, l’alleanza sponsale non può essere se non eterna.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio. (Ez6,1-14).

L’alleanza eterna non è solo con Israele, ma con l’umanità intera. Essa si compie nel Figlio di Davide, il quale sposa l’umanità, facendosi vero uomo. Nella Persona eterna del Verbo di Dio, l’umanità e la divinità si sono sposati in modo indissolubile.

E di’ loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni. Non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro iniquità; li libererò da tutte le ribellioni con cui hanno peccato, li purificherò e saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Il mio servo Davide regnerà su di loro e vi sarà un unico pastore per tutti; seguiranno le mie norme, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica. Abiteranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe. In quella terra su cui abitarono i loro padri, abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre; il mio servo Davide sarà loro re per sempre. Farò con loro un’alleanza di pace; sarà un’alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le nazioni sapranno che io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre».

Lo sposalizio eterno tra Cristo e ogni uomo si celebra al momento del Battesimo e si vive con ogni altro sacramento. È uno sposalizio nel quale Cristo purifica la sua sposa, lavandola con il suo sangue, al fine di renderla santa e immacolata al suo cospetto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Ef 5,25-32).

Senza il battesimo – o di acqua, o di sangue, o di desiderio – nessuno sposalizio sarà celebrato tra Cristo e l’uomo. Senza sposalizio non c’è alleanza eterna. L’uomo rimane nella sua vecchia natura e vive non purificato, non lavato, non santificato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede in Cristo.

 

25 MARZO – DOMENICA DELLE PALME – B

SAPENDO DI NON RESTARE CONFUSO
(Mc 11,1-10) Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47

Il peccato non è un concetto o una nozione semplicemente morale. Esso è trasgressione puntuale di ogni Parola del Signore. Con esso nel cuore, l’uomo abbandona la via della verità, della luce, della sapienza, della giustizia, della pace, del rispetto, della misericordia, della compassione, della pietà, delle virtù. Si consegna e si abbandona ai vizi e ai loro frutti che sono odio, malvagità, crudeltà, spietatezza, vendetta, desiderio di morte. Nel peccato l’uomo lascia che siano i suoi istinti peggiori a governare la sua vita. Le opere del peccato le conosciamo. Dio le ha rivelate tutte.

Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo (Mc 7,21-23). Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,18-32).

Tutto questo mondo di male si è abbattuto su Cristo Signore e Lui si lascia abbattere, sapendo sia che la sua sofferenza è necessaria per l’espiazione del peccato e anche che dopo aver subito i frutti della malvagità degli uomini, il Padre gli avrebbe reso giustizia, avrebbe cioè certificato e attestato la sua verità con la risurrezione gloriosa, spirituale, rivenendo un corpo incorruttibile e immortale, di luce come Dio è luce.

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

La missione di Gesù è missione di tutto il suo corpo. Ogni persona che con il battesimo diviene corpo di Cristo, deve consegnarsi al peccato del mondo. È la sola via per la sua espiazione. Il cristiano deve essere l’uomo che sa prendere su di sé ogni sofferenza, anzi si deve consegnare liberamente ad essa. Come Cristo Gesù deve sapere che il Signore sempre verrà e attesterà la verità della sua vita. Deve anche credere che non vi sono altre vie di salvezza e di redenzione. Il peccato si espia prende nel proprio corpo tutti i suoi frutti di cattiveria e malvagità, lasciandosi schiacciare da essi, al fine di cooperare a ciò che manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa. Per questo urge una purissima visione di fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di perfetta fede in Cristo.

 

26 MARZO

TI HO CHIAMATO PER LA GIUSTIZIA
Is 42,1-7; Sal 26; Gv 12,1-11

Ritengo che non esista pagina più perfetta per chi vuole sapere cosa è la vera giustizia della preghiera che Gesù ha innalzato al Padre prima di consegnarsi alla morte.

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,1-26).

La verità del Padre è nella verità di Cristo, la verità di Cristo è nella verità del Padre. Chi è in Cristo, nella sua Parola, è nella verità del Padre. Chi non è in Cristo, è senza la verità del Padre, vive fuori della giustizia. Cristo e il Padre sono indivisibili in eterno.

Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.

Se è Cristo Gesù la verità del Padre, Lui è necessario perché ogni uomo entri nella giustizia. Senza Cristo, ogni uomo vive in una universale ingiustizia. È collocato nella non conoscenza del vero Dio e di conseguenza anche nella non conoscenza di se stesso, di ogni altro uomo e di ogni creatura animata e inanimata dell’universo. Poiché l’uomo oggi vive senza Cristo, fuori di Lui, in opposizione a Lui, l’ingiustizia è il suo pane e la falsità la sua acqua. O riportiamo Cristo Gesù al centro della nostra fede, della nostra religione, della nostra vita, o saremo condannati ad una ingiustizia eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera giustizia in Cristo.

 

27 MARZO

IO TI RENDERÒ LUCE DELLE NAZIONI
Is 49,1-6; Sal 70; Gv 13,21-33.36-38

Cristo Gesù nella sua Persona divina è luce eterna dalla luce eterna del Padre per generazione. Luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per mezzo della sua luce il Padre ha creato ogni cosa. In ogni cosa ha impresso un raggio della sua luce e della sua vita. Il Verbo si è fatto carne, viene nel mondo come luce eterna incarnata per manifestare ad ogni uomo la luce eterna che è il Padre. Questa verità è rivelata già agli inizi del Vangelo.

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,12-17). «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32),

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-18).

Senza la luce di Cristo, che è Cristo, non si conosce secondo verità né Dio e né l’uomo, né il tempo e né l’eternità, né le cose visibili e neanche quelle invisibili. Tutto è dalla luce di Cristo e tutto è nella luce di Cristo. Non si attinge la luce dall’esterno. Come Cristo è luce dalla luce, nella luce del Padre, così l’uomo deve essere luce dalla luce, nella luce di Cristo Signore. Come Cristo è stato generato dalla luce del Padre ed è nella luce del Padre, così l’uomo deve essere generato dalla luce di Cristo, divenendo con Lui una sola luce e rimanendo sempre nella sua luce.

Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».

Oggi la missione di essere luce della nazioni è di tutto il corpo di Cristo. Se la Chiesa non annunzia Cristo, non dona Cristo, non genera in Cristo, il mondo resta nelle tenebre. Non c’è luce per chi è fuori di Cristo. Senza Cristo si è nella morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci luce in Cristo luce.

 

28 MARZO

CHI MI DICHIARERÀ COLPEVOLE?
Is 50,4-9a; Sal 68; Mt 26,14-25

Nel Vangelo secondo Giovanni, è Gesù stesso che dichiara la sua innocenza. Non vi è persona al mondo che potrà dimostrare che Lui ha peccato. Lui è il Santo di Dio.

Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio» (Cfr. Gv 8,30-47).

Il Sinedrio convoca dei falsi testimoni contro Cristo Signore. Ma neanche costoro riescono ad accusarlo di qualcosa di meno giusto e meno santo. Gesù esce innocente anche dal loro giudizio. In Lui non vi è colpa alcuna. Tuttavia lo consegnano a Pilato.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote (Gv 18,19-24).

Anche Pilato dovette affermare che in Gesù non vi è alcuna colpa contro l’Impero. Gesù è innocente dinanzi alla Legge di Dio e innocente dinanzi alla legge degli uomini.

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio» (Gv 19,1-7).

L’innocenza, la santità, la giustizia perfetta dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini appartiene a Cristo Gesù. Se Lui non fosse stato senza colpa, non avrebbe potuto espiare il peccato del mondo. Invece Lui può morire per gli ingiusti perché giusto.

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?

Questa verità di Gesù Signore dovrà essere verità di ogni suo discepolo. Chi vuole compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa, deve essere santo come Dio è santo e giusto come Cristo Gesù è giusto. La redenzione si compie dalla giustizia, dalla santità, dall’innocenza. Nessuno speri dal peccato di produrre un solo frutto di vita eterna. I frutti di conversione e di salvezza nascono della santità del cuore, dell’anima, della mente, del corpo. Il cristiano deve brillare nel mondo di purezza nei pensieri e nelle opere. Produrrà di vera conversione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci puri di mente e cuore.

 

29 MARZO

IL VOSTRO AGNELLO SIA SENZA DIFETTO, MASCHIO
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

Israele, celebrando il rito della Pasqua di generazione in generazione, si ricorderà che esso è popolo interamente creato, fatto dal suo Signore e Dio. Per un calcolo di stolta e insenata politica era divenuto schiavo e prigioniero di un faraone che lo aveva condannato ai lavoro forzati, privandolo di ogni libertà. Per cancellarlo dalla storia aveva anche deciso di uccidere tutti i figli maschi. Esso sarebbe dovuto scomparire dalla storia. Questa la decisione dell’uomo. Il Signore scende, piega la potenza del re d’Egitto, dona libertà al suo popolo, facendo uscire da quella di morte. L’agnello della Pasqua si riveste di due grandissimi significati. Il primo è di liberazione dalla morte dei primogeniti. Per obbligare il faraone a lasciare libero il suo popolo, il Signore gli preannunzia la morte di ogni primogenito in Egitto, dal primogenito del faraone a quello di ogni suo suddito e anche di ogni animale. Il Signore vuole risparmiare il suo popolo da un tale flagello. Ordina loro di uccidere un agnello, prendere il sangue e con esso aspergere sia gli stipiti che l’architrave di ogni porta. L’Angelo sterminatore avrebbe visto il sangue e sarebbe passato oltre, risparmiando ogni vita che era nella casa. Il secondo è di forza. Mangiando la sua carne, i figli d’Israele avrebbero avuto energia a sufficienza per compiere il cammino della loro liberazione. Così l’agnello salva dalla morte e dona vita per portare a compimento il disegno del Signore. Un terzo significato è quello delle ossa da non spezzare. Affidare per intero le ossa alla terra era segno di risurrezione dell’agnello. Questi tre significati si sono compiuti alla perfezione e con modalità differenti in Gesù Signore. Essi vanno ben compresi e spiegati.

Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne.

Gesù è il vero Agnello della Nuova Pasqua. Il suo sangue libera dalla morte eterna. Esso non va più sparso, ma bevuto. Si beve il sangue del Figlio di Dio, si beve la vita di Dio, per conquistare la vera libertà dei figli di Dio che è da ogni peccato. Con il sangue bevuto si può vivere senza peccato, senza trasgressione, senza alcuna colpa dinanzi a Dio e agli uomini. Esso va però bevuto con fede. Se bevo il suo sangue, sarà libero da ogni peccato, da ogni schiavitù spirituale dell’anima, dello spirito, del cuore. Se bevo il sangue del Figlio dell’Altissimo potrà vivere nella santità più santa, potrò essere santo come Dio è santo. Anche la carne va mangiata in pienezza di fede. Se mangio la carne del Figlio dell’uomo avrò ogni forza per vivere tutto il Vangelo e raggiungere per questa via il regno eterno di Dio. Le ossa non spezzate per Gesù non è segno di risurrezione, ma realtà. Gesù è veramente risorto. A Lui non fu spezzato alcun osso. Celebrando la Cena del Signore il cristiano deve sempre ricordarsi che lui è frutto di Cristo. Lui celebra la Cena per chiedere a Cristo Gesù che sia sempre Lui a farlo vero figlio di Dio, vero uomo, vero fratello di ogni uomo, vero redento, vero santificato. Si mangia la Cena del Signore, per confessare che solo Gesù oggi è il Creatore della vera umanità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conservateci nella verità.

 

30 MARZO

SI È ADDOSSATO I NOSTRI DOLORI
Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42

Nei Salmi spesso si parla del giusto perseguitato, con la descrizione di ogni sua sofferenza, sia fisica che spirituale. In essi sempre viene manifestata la speranza del giusto che soffre. Dopo il suo tormento lui, il giusto ritornerà a vivere il Signore suo Dio gli sarà in sorte le moltitudini. È una sofferenza la sua che si apre ad una grande gloria.

Tu mi hai risposto! Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele; perché egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli (Sal 22 (21) 22-26).

Con Isaia tutto cambia. Viene annunziata una verità che cambia sostanzialmente quanto finora detto sul giusto sofferente. Il profeta vede il “Servo del Signore” immerso nella sofferenza. Da essa consumato come un legno in una fornace ardente. Sono sofferenze le sue che devono espiare tutti i peccati del mondo. Ancora però la verità non è piena. Queste sofferenze non sono capitate su di Lui, anche se sono il frutto del peccato del mondo. Ogni dolore da Lui è stato volontariamente assunto per amore dell’uomo da salvare. Per le sue piaghe ogni uomo è stato guarito. Ora se vuole, se crede nel “Servo del Signore”, se accoglie la sua Parola, può essere liberato da ogni peccato e da ogni colpa. Può tornare nella sua vera umanità. Può adorare il Padre come si conviene, in spirito e verità. Grande è l’amore del “Servo Sofferente” per l’uomo. In vece sua, al suo posto, ha espiato i peccati di tutta l’umanità.

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.

Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.

Questa verità è già altissima, ma non è tutta la verità del “Servo Sofferente”. Il Servo che soffre, che espia, che si carica di tutte le iniquità del mondo, non solo un uomo. Lui è lo stesso Dio per mezzo del quale l’uomo e ogni altra essere esistente è stato fatto. Il Figlio Eterno del Padre per amore si fa carne, fratello di ogni altro. Lui, Dio, diviene nostro fratello e come vero nostro fratello compie la redenzione del mondo. Cristo Gesù è il dono del Padre che si fa dono per amore dalla croce. È la nostra redenzione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ringraziate per noi Cristo Gesù.

 

31 MARZO

LA MORTE NON HA PIÙ POTERE SU DI LUI
Rm 6,3-11; Sal 117; Mc 16,1-7

L’Apostolo Paolo vede con gli occhi dello Spirito Santo che nel battezzato si compie lo stesso mistero di Cristo Gesù, mistero di morte e di risurrezione. Quando nella celebrazione del battesimo, l’uomo viene immerso nelle acque, è immerso nella morte di Cristo, quando risorge dalla acque, risorge nella risurrezione di Gesù. Muore con il battesimo l’uomo nato nel peccato, che è corpo del peccato, nasce l’uomo nuovo, chiamato a manifestare al mondo tutta la potenza della risurrezione del suo Signore. È come se l’uomo venisse espiantato dal corpo di Adamo per essere innestato nel corpo di Cristo, per produrre i frutti di Cristo e non più quelli del corpo di Adamo. Chi è morto al peccato non può più vivere secondo la legge del peccato, deve vivere secondo la legge dello Spirito, lasciandosi condurre dallo Spirito, per produrre i frutti dello Spirito. Non per volontà, ma per natura trasformata in Cristo e divenuta sua vero corpo. Non si vive di Parola di Gesù, di obbedienza a Lui, per volontà. La volontà non può modificare la natura di un corpo. Si vive di obbedienza per trasformazione in Cristo, in suo vero corpo. Più ci si trasforma in esseri spirituali e più si può vivere secondo la natura spirituale. Se si rimane esseri carnali, si vivrà anche secondo la carne. Ogni albero produce secondo la sua natura. L’albero spirituale produce frutti di purissima obbedienza. L’albero carnale produrrà sempre frutti di peccato e di morte. Questa altissima verità San Paolo l’annunzia nella sua Prima Lettera ai Corinzi.

Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio (1Cor 3,1-9).

Chi vuole dare una impostazione nuova alla sua vita, deve divenire naturalmente nuovo. Non si può rimanere nel corpo del peccato e pensare di produrre frutti secondo lo Spirito. Corpo di Cristo, frutti di Cristo. Corpo di Adamo, frutto di peccato.

O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

La morte che si compie nel battesimo deve essere perennemente attualizzata da discepolo di Gesù. Ma come si attualizza questa morte per vivere interamente risorti in Cristo? Crescendo nella conformazione a Lui, lasciandoci trasformare in vero corpo di Cristo dallo Spirito Santo. È lo Spirito di Dio che deve creare senza alcuna interruzione l’uomo nuovo. Se ci si distacca dallo Spirito Santo si arresta la creazione nuova e si ritorna nel vecchio corpo di peccato per produrre i suoi frutti di morte. Oggi l’uomo, e anche il cristiano, si è distaccato da Cristo e dallo Spirito Santo. Quali sono i frutti di questa scelta sciagurata? L’incapacità per natura di produrre frutti di vita eterna. Senza Cristo e lo Spirito Santo, si è natura di peccato e di producono frutti di morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santa, fateci natura nuova in Cristo.