Commento teologico alla prima lettura – marzo 2019

Un amico fedele è rifugio sicuro
Sir 6,5-17; Sal 118; Mc 10,1-12
1 MARZO
Il Siracide prende in esame ogni momento della vita dell’uomo nelle sue molteplici relazioni. Relazione essenziale della vita umana è l’amicizia. Essa è vera fonte di vita. Un vero amico giunge fino a dare la vita e ogni altra cosa. Quando l’amicizia è vera si può chiedere qualsiasi cosa e la si ottiene. San Paolo si rivolge a Filemone non in nome del suo essere servo di Cristo Gesù, ma in nome della loro amicizia.
Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! Ti ho scritto fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo. Al tempo stesso preparami un alloggio, perché, grazie alle vostre preghiere, spero di essere restituito a voi (Fm 5-23).
L’amicizia va però fondata su una bocca amabile, su una lingua affabile, su un sano e sempre attento discernimento. Quando non si è sicuri della fedeltà dell’amico, è giusto che venga messo anche alla prova. Solo se trovato fedele, integro, puro, può essere considerato vero amico. I tradimenti più grandi sono sempre venuti da coloro che erano considerati amici e ai quali si apriva il cuore. Questa verità su ogni possibile tradimento chiede che sempre ci si rivesta di prudenza e di ogni sapienza. Ci sono cose che devono rimanere nascoste nel cuore. Un cuore manifestato diviene cuore in possesso del mondo intero. Un segreto detto è anche un segreto conosciuto. Sappiamo che Gesù fu tradito da uno dei suoi amici, cioè da un suo apostolo e anche conosciamo che nella storia sono stati proprio i discepoli di Gesù a consegnarlo ad ogni falsità. Anche oggi i più grandi traditori di Cristo, della sua verità, della sua dottrina sono proprio i suoi amici. “Colui che mangia con me ha alzato il suo calcagno contro di me”. Fu detto di Giuda. Va detto di tutti coloro che oggi si vendono Cristo al mondo.
Una bocca amabile moltiplica gli amici, una lingua affabile le buone relazioni. Siano molti quelli che vivono in pace con te, ma tuo consigliere uno su mille. Se vuoi farti un amico, mettilo alla prova e non fidarti subito di lui. C’è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura. C’è anche l’amico che si cambia in nemico e scoprirà i vostri litigi a tuo disonore. C’è l’amico compagno di tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura. Nella tua fortuna sarà un altro te stesso e parlerà liberamente con i tuoi servi. Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te e si nasconderà dalla tua presenza. Tieniti lontano dai tuoi nemici e guàrdati anche dai tuoi amici. Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è misura per il suo valore. Un amico fedele è medicina che dà vita: lo troveranno quelli che temono il Signore. Chi teme il Signore sa scegliere gli amici: come è lui, tali saranno i suoi amici.
Un amico fedele è un dono del Signore. Ma il Signore dona un amico fedele a chi è amico fedele del Signore. È questo il vero timore del Signore: vivere con Lui una relazione di purissimo ascolto nella piena obbedienza alla sua volontà. L’uomo diviene amico fedele del suo Dio, il suo Dio si dona a lui come amico fedele, anche facendogli incontrare una persona che lo amerà da vero amico. Quando si è senza alcun vero amico, allora urge farsi un serio esame di coscienza. Si è di sicuro non veri amici del nostro Dio. Non si vive nel suo santo timore. Di certo si è fuori della sua giustizia e verità. Dio non può dare i suoi molteplici doni e noi ci anneghiamo nella solitudine.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cuore dei cristiani cresca nel timore del Signore.

Mostrò loro sia il bene che il male
Sir 17,1-13; Sal 102; Mc 10,13-16
2 MARZO
Il Siracide ricorda quanto il Signore disse all’uomo, sia nel momento della sua creazione che dopo il diluvio universale. Sono comandi che valgono per ogni uomo e non solo per quanti credono nel vero Dio. Le leggi della natura valgono sempre. La natura sempre osserva le leggi e gli statuti ricevuti dal suo Creatore. Si esce dalla legge e dagli statuti solo per volontà, per disobbedienza. Quando questo accade, la natura si ribella all’uomo, non gli obbedisce. Se la natura obbedisse all’uomo, nonostante la sua ribellione e disobbedienza alla sua legge, allora la legge non sarebbe di natura. Sarebbe un fatto puramente storico, voluto dall’uomo, non da Dio.
Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo (Gen 1,26-29). Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela» (Gen 9,1-7).
La descrizione della creazione del Siracide è più complessa. Vi è una aggiunta che va messa bene in luce. “Pose il timore di sé nei loro cuori”. Cosa è il timore di Dio posto nel cuore? È quella voce nascosta e misteriosa della coscienza che sempre avverte l’uomo sul bene per farlo, sul male per evitarlo. Non solo Dio ha scritto il bene e il male nel cuore dell’uomo. Non solo gli ha rivelato il bene e il male. Gli ha fatto un altro dono, perché potesse camminare sulla retta via. Ha posto nel loro cuore il timore di Sé. Con questo timore, l’uomo può sempre rimanere nella volontà di Dio, senza deviare.
Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Ricevettero l’uso delle cinque opere del Signore, come sesta fu concessa loro in dono la ragione e come settima la parola, interprete delle sue opere. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere. Pose davanti a loro la scienza diede loro in eredità la legge della vita, affinché riconoscessero che sono mortali coloro che ora esistono. Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. Disse loro: «Guardatevi da ogni ingiustizia!»
Dopo la creazione, si entra nella storia della salvezza con la chiamata di Abramo. Il Siracide trae la sua verità sull’uomo su ogni altro dono fattogli dal suo Signore. In questo brano è come se lui avesse voluto porre in luce quanto Dio ha fatto per la sua creatura e in modo del tutto speciale per il suo popolo. Se noi oggi volesse riscrivere questo brano, dovremmo aggiungere tutta l’opera di Cristo Gesù, ad iniziare dalla sua esistenza eterna, finendo ai nostri tempi. Le opere di Dio vanno continuamente aggiornate. Ma ogni Libro della Scrittura è un aggiornamento, come è aggiornamento ogni intervento dello Spirito Santo nella storia della Chiesa. La verità va aggiornata.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a camminare di fede in fede, di verità in verità.

Se cerchi la giustizia, la raggiungerai
Sir 27,5-8; Sal 91; 1 Cor 15,54-58; Lc 6,39-45
3 MARZO – VIII DOMENICA T. O.
Un vaso non è ancora un utensile domestico appena esce dalla mani del vasaio. Prima lo si deve porre a cuocere nella fornace. Quali vasi sono buoni? Quelli che hanno superato la prova del fuoco. “I vasi del ceramista li mette a prova la fornace”. Prima della prova tutti i vasi sembrano uguali. Dopo la prova ognuno rivela se è buono per essere usato, oppure se lo si deve gettare via, perché non buono per nessun uso. La stessa cosa dicasi di un uomo. Quando un uomo attesta di essere sapiente, intelligente, prudente, accorto? Ascoltandolo ragionare. Il ragionamento è capacità altamente deduttiva. Da una verità evidente se ne trare fuori una meno evidente e da una verità visibile una invisibile. “Così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo”. Se oggi volessimo esprimere un semplice parere sugli uomini del nostro tempo, mi limito al campo della Chiesa, dovremmo dire che la prova non è affatto superata. Molti non riescono neanche a comprendere che, se una verità della fede viene negata, tutte le altre verità sono traballanti. Possibile che non si riesca a comprendere che, se Cristo Gesù viene distrutto nella sua opera di salvezza e di redenzione, anche la Chiesa viene distrutta? Possibile che si è tanto irragionevoli da pensare che si possa superare l’apparato ecclesiale, strumento necessario per raggiungere la vita eterna, se i cristiani affermano che Dio è solo purissima misericordia, che l’inferno è vuoto o non esiste e che il paradiso è per tutti, buoni e cattivi, convertiti e quanti si ostinano nel sostenere la salvezza senza alcun merito? Questa assenza di ragione è segno di grande stoltezza. Così agendo, si è anche operatori di iniquità.
Come si conosce un albero? Dai frutti che produce. Un albero ben coltivato, produce frutti eccellenti. Uno invece lasciato a se stesso, produce frutti scadenti. Una vigna ben curata fa della ottima uva. Una vigna abbandonata a se stessa è divorata da ogni parassita. “Il frutto dimostra come è coltivato l’albero”. Il frutto rivela l’albero. La parola rivela l’uomo. “Così la parola rivela i pensieri del cuore”. Una massima della sapienza d’Israele così ammonisce: “Lo stolto ha il cuore in bocca. Il saggio ha la bocca nel cuore”. Se si vuole conoscere un uomo, è sufficiente che lo si lasci parlare. In poche battute si possiede il suo cuore. Oggi, per conoscere il cuore di ogni persona, è sufficiente che si consulti qualche Social e lì i cuori sono tutti esposti a nudo. Subito si conosce chi è saggio, chi è stolto, chi è superficiale, chi è leggero, chi è impuro, chi crede, chi non crede, chi è garbato nei tratti, chi è fine nelle relazioni, chi è alla ricerca di commiserazione e di compiacimento, chi è superbo e arrogante, chi è invidioso e prepotente. Pochi minuti e si possiede una visione perfetta di ogni cuore. Vi è il cuore tentatore e anche il cuore pescatore sempre con la canna in mano per gettare l’amo. Una parola basta e l’altro si rivela in piena luce. Chi ascolta, subito conosce. La parola rivela tutto ciò che vi è dentro. Una nota universale e una costante è che quasi mai si parla della verità. Ognuno dice dal suo sentimento, dalla sua volontà, dai suoi desideri.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace, così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo. Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela i pensieri del cuore. Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini. Se cerchi la giustizia, la raggiungerai e te ne rivestirai come di un manto di gloria.
Sapendo che la parola rivela l’uomo, siamo tutti avvisati: “Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini”. Prima ascolta, conosci chi è dinanzi a te e poi potrà anche lodare, se la parola è ricca di saggezza. Quanto segue è una promessa da parte del Signore: “Se cerchi la giustizia, la raggiungerai e te ne rivestirai come di un manto di gloria”. Cercare la giustizia è amare, desiderare di conoscere la Legge secondo verità, così come essa è nel cuore di Dio. Gesù dirà: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”. Quando Dio è cercato con cuore puro, sempre Lui si manifesterà, si rivelerà. Mai il Signore si è negato ad un cuore che lo cerca perché vuole solo fare la sua volontà.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci una fame e una sete insaziabili di giustizia e verità.

A chi si pente egli offre il ritorno
Sir 17,20-28; Sal 31; Mc 10,17-27
4 MARZO
Chi ama Dio non può amare ciò che il Signore detesta. Cosa detesta il Signore? Tutto ciò che deturpa l’ordine fisico, morale, sociale, spirituale della sua creazione. Se Dio detesta l’adulterio, nessun uomo lo può amare. Se Dio detesta l’omicidio, nessun uomo potrà uccidere un altro uomo. Invece noi uccidiamo nel mondo ben cinquantasei milioni di uomini e donne appena concepiti e ci diciamo uomini di Dio, amanti della verità e del diritto, cultori della dignità dell’uomo. Oggi l’uomo ama tutto ciò che il Signore detesta. Ama la trasgressione di ogni comandamento, proclamando la disobbedienza alla Parola di Dio progresso, elevazione della natura umana, liberazione da ogni schiavitù morale e spirituale che è solo un pesante retaggio storico. Questo amore per il peccato è odio contro il Creatore, il Dio, il Signore dell’uomo. Quando l’ordine stabilito da Dio viene infranto, la natura ferita e anche uccisa, uccide colui che l’ha ferita, deturpata, uccisa. Nessuno pensi di poter sconvolgere l’ordine del Signore e non subire alcuna conseguenza. La natura si rivolta contro l’uomo, non contro colui che l’ha ferita, ma contro ogni uomo, perché la responsabilità di conservare l’ordine della natura è tutta di ognuno e ognuno si deve impegnare con tutte le sue forze perché ogni ordine venga rispettato. Chi abolisce l’ordine spirituale, abolirà qualsiasi altro ordine. Non può essere diversamente. Se lo spirito dell’uomo muore, potrà mai essere rispettato un solo altro ordine? È questo lo strapotere di morte del peccato. Distruggere ogni ordine divino.
Si esce dall’ordine spirituale, viene rotto ogni altro ordine. C’è possibilità di rientrare nell’ordine spirituale, dal quale dipende ogni altro ordine? Si può rientrare nell’ordine spirituale secondo il comando del Signore non per nostre forze, ma per grazia del nostro Dio. Con il peccato il nostro Creatore è stato offeso, rinnegato come nostro Signore, dichiarato non nostro Dio. L’offesa è gravissima. Solo Lui la può perdonare. Il suo perdono è però sempre condizionato alla nostra confessione del male fatto ai suoi occhi, alla volontà di non uscire mai più dall’ordine spirituale che ci lega a Lui. In più occorre il nostro perdono verso quanti hanno offeso noi, uscendo a loro volta dall’ordine spirituale del nostro Dio. Se queste condizioni sono osservate, ci si umilia dinanzi a Lui e si chiede perdono, riconoscendo le nostre colpe e le nostre trasgressioni. Se manca il pentimento per ciò che abbiamo commesso e anche la remissione delle colpe a coloro che hanno peccato contro di noi, Dio mai concederà il suo perdono. Non può, perché la sua Parola non viene osservata. Il perdono è sempre per l’uomo che vuole ritornare nella Parola. Se siamo fuori della Parola non possiamo chiedere perdono. Rientriamo, chiediamo perdono. Dio si riconcilia con noi. È verità eterna. Dio sempre dona il perdono a chi si pente e rientra nella sua Parola.
A lui non sono nascoste le loro ingiustizie, tutti i loro peccati sono davanti al Signore. Ma il Signore è buono e conosce le sue creature, non le distrugge né le abbandona, ma le risparmia. La beneficenza di un uomo è per lui come un sigillo e il bene fatto lo custodisce come la pupilla, concedendo conversione ai suoi figli e alle sue figlie. Alla fine si leverà e renderà loro la ricompensa, riverserà sul loro capo il contraccambio. Ma a chi si pente egli offre il ritorno, conforta quelli che hanno perduto la speranza. Ritorna al Signore e abbandona il peccato, prega davanti a lui e riduci gli ostacoli. Volgiti all’Altissimo e allontanati dall’ingiustizia; egli infatti ti condurrà dalle tenebre alla luce della salvezza. Devi odiare fortemente ciò che lui detesta. Negl’inferi infatti chi loderà l’Altissimo, al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode? Da un morto, che non è più, non ci può essere lode, chi è vivo e sano loda il Signore.
Se l’uomo vuole – volere è un suo obbligo – può ritornare sulla via della verità e della giustizia, può smettere di peccare, può camminare nella luce del Signore. Deve e quindi può. Può e quindi deve. I comandamenti del Signore non sono gravosi. Essi sono leggeri e soavi. Pesante è invece il peccato, la trasgressione, il vizio. Il male, quando entra in un uomo, produce danni irreparabili, giungendo fino ad ottenebrare la mente, oscurare la razionalità, indebolire la volontà, addormentare la coscienza. Per questo urge odiare ciò che Dio detesta e amare ciò che Dio ama.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che ci consumino il peccato e la morte.

E per lui non c’è preferenza di persone
Sir 35,1-15; Sal 49; Mc 10,28-31
5 MARZO
Il Signore gradisce un solo sacrificio: il compimento della sua volontà, l’obbedienza alla sua Legge, l’ascolto della sua voce. Ogni altro sacrificio non è il fine, ma solo un mezzo, una via per giungere a questa offerta della propria vita a Lui, che è il Signore, il Creatore, il Dio della nostra vita. Sacrificare volontà, razionalità, pensiero, idee, desideri al Signore perché solo ciò che lui vuole e desidera si compia in noi, è il sacrificio che rende vero ogni altro sacrificio perché lo rende vero strumento di salvezza. Cristo ha offerto il suo corpo al Padre, nella piena obbedienza alla sua volontà. Per l’offerta del corpo è venuta a noi la redenzione, la salvezza, la vita eterna. San Paolo chiede ai cristiani un discernimento grande al fine di fare solo ciò che è gradito a Dio. Tutto un uomo deve sacrificare a Dio in vista del compimento della sua volontà. Si sacrifica la volontà sottomettendola ad una obbedienza perfetta.
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre (Eb 10,5-10). Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,1-2).
Nella nostra fede non c’è spazio per una autonomia della volontà e dalla razionalità dell’uomo neanche per fare il bene. Tutto deve venire dal cuore del Padre, per il cuore di Cristo, nella verità, luce, sapienza, mozione dello Spirito Santo. La dipendenza dal Signore deve essere piena, perfetta, completa sempre. È Lui il Signore. Noi non siamo signori di noi stessi. Il governo della volontà e dei pensieri, dei desideri e delle scelte, anche di purissimo amore devono venire sempre dall’alto. Per questo si deve rimanere non solo nella Legge di Dio, ma anche nella grazia di Cristo Gesù e nella comunione dello Spirito Santo. Il nostro bene dovrà essere opera della Beata Trinità in noi.
Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. Chi ricambia un favore offre fior di farina, chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode. Cosa gradita al Signore è tenersi lontano dalla malvagità, sacrificio di espiazione è tenersi lontano dall’ingiustizia. Non presentarti a mani vuote davanti al Signore, perché tutto questo è comandato. L’offerta del giusto arricchisce l’altare, il suo profumo sale davanti all’Altissimo. Il sacrificio dell’uomo giusto è gradito, il suo ricordo non sarà dimenticato. Glorifica il Signore con occhio contento, non essere avaro nelle primizie delle tue mani. In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima. Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto. Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone.
L’uomo mai però dovrà pensare che si possa comprare Dio con un dono. Questo può avvenire con gli uomini. Mai con il Signore. Lui mai si vende la verità, la Legge, la giustizia per un dono, anche ricchissimo. Lui non ama il povero e odia il ricco e non ama il ricco e odia il povero. Presso il Signore non ci sono preferenze. Lui ama chi osserva la sua Legge e cammina nella sua volontà. Sempre però Lui dona ogni grazia perché il peccatore possa rientrare nel suo amore eterno. Questa legge vale anche per la preghiera. Non è la preghiera che ci salva. Essa prima deve ottenerci la grazia di rientrare nella Legge, osservare i Comandamenti, camminare nella sua volontà. Dall’obbedienza, nella Parola, dalla Parola, possiamo chiedere ogni altra cosa. Vale anche per le Sante Messe in suffragio per le anime del Purgatorio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate della nostra vita un’offerta gradita per il nostro Dio.

Il Signore si mostra geloso per la sua terra
Gl 2,12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20- 6,2; Mt 6,1-6.16-18
6 MARZO
Eva e Adamo trasgrediscono il comando del Signore. Si nascondono nei cespugli del giardino dell’Eden. Il Signore scende e promette la salvezza. L’umanità si consuma nel peccato. Il Signore viene e per il giusto Noè dona un nuovo principio alla sua creazione. Il nostro Dio, che è il solo Signore del cielo e della terra, vuole benedire tutte le genti. Chiama Abramo e lo costituisce padre nella fede per tutti i popoli. Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella sua discendenza. I figli d’Israele sono nella grande sofferenza. Dio chiama Mosè e lo manda a liberare il suo popolo. Anche quando il popolo, ormai introdotto nella terra di Canaan, si abbandona al peccato e alla trasgressione, è sempre il Signore che viene e lo chiama a conversione, invitandolo a lasciare ogni idolatria e immoralità e consegnarsi all’obbedienza alla sua Legge. Davide pecca. Nasconde le sue trasgressioni nel profondo del suo cuore. Il Signore invia il profeta Natan perché lui confessi le sue colpe ed espii i suoi orrendi misfatti. Il Signore vede che l’Antica Alleanza non riporta l’uomo nella purezza dell’obbedienza e ne promette una nuova. Tutta la storia della salvezza può essere racchiusa in una sola frase. Dice Gesù, nel Vangelo secondo Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita nel suo nome”. La salvezza, la redenzione, la vita eterna sono purissimi doni del nostro Dio.
I figli d’Israele si sono consegnati all’idolatria, all’immoralità, ad ogni ingiustizia. Il Signore non può benedire la terra perché essa produca ogni bene per il suo popolo. Vi è anche una invasione di cavallette, locuste, bruchi e ogni altro animale. Questi passano e dietro di essi lasciano il deserto. Anche i rami sono divorati e non solo le foglie. Il Signore ha pietà del suo popolo e della sua terra. Ma non può intervenire. Manda però il suo profeta perché gridi ad ogni figlio d’Israele che si converta, abbandoni le sue opere malvage, ritorni al suo Dio che largamente perdona. A Dio si ritorna in un solo modo: osservando la Legge, camminando nella Parola del Signore, ascoltando la sua voce. Chi si deve convertire? Tutti. Si entra nella Legge, l’Alleanza è osservata e Dio è obbligato ad osservarla anche Lui. Deve mandare, secondo la promessa, ogni benedizione sul popolo e sulla terra. Chi è che manda il profeta per invitare alla conversione? Il Signore. Perché lo manda? Perché lui ama il suo popolo e la sua terra. Pur amando, nulla può fare, se il popolo non si converte e non rientra nella Legge. Il peccato allontana dall’uomo ogni benedizione e ogni vita. Quando l’uomo è nel peccato, Dio lo può amare in un solo modo: mandando i suoi profeti perché lo chiamino alla conversione. Il profeta è il segno visibile dell’amore del nostro Dio.
«Or dunque – oracolo del Signore –, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.
La compassione di Dio, la sua misericordia, la sua grazia sono sempre in vista del pentimento, della conversione, del ritorno dell’uomo nell’obbedienza alla sua volontà. Se non ci si converte, se si rimane nel peccato, non vi è né benedizione e pietà, né misericordia, né compassione da parte del Signore. Dio è obbligato ad essere fedele a se stesso. Questa verità oggi è stata annullata. Si vuole Dio infedele a se stesso perché sia grazia e misericordia per l’uomo infedele, perché questi rimanga nella sua infedeltà. È questo il pensiero che oggi sta riducendo a menzogna tutta la Scrittura.
Madre di Dio, Angeli, Santi, otteneteci la grazia di una grande conversione del cuore.

La vita e il bene, la morte e il male
Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25
7 MARZO
Dalla prima pagina della Scrittura all’ultima, l’agire di Dio verso l’uomo è immutabile. L’uomo cambia. Dio rimane stabile nella sua eternità di verità e parola. Nella Genesi, subito dopo la creazione dell’uomo, ha messo dinanzi a lui la vita e il bene, la morte e il male. Nell’Apocalisse, prima della creazione dei cieli nuovi e della terra nuova, Dio ancora una volta mette dinanzi all’uomo la vita e il bene, la morte e il male. Se poi andiamo nel cuore della Sapienza d’Israele, troveremo la stessa verità.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17).
E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Ap 22,10-16).
Non dire: «A causa del Signore sono venuto meno», perché egli non fa quello che detesta. Non dire: «Egli mi ha tratto in errore», perché non ha bisogno di un peccatore. Il Signore odia ogni abominio: esso non è amato da quelli che lo temono. Da principio Dio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; l’essere fedele dipende dalla tua buona volontà. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare (Sir 15,11-20).
Il Signore oggi avverte, attraverso la voce di Mosè, non solo i figli d’Israele, ma anche ogni altro uomo. Dinanzi a lui vi sono due strade, una verso la vita e l’altra verso la morte, una verso il fuoco e una verso l’acqua, una verso la benedizione e l’altra verso la maledizione, una che conduce alla vita eterna e l’altra che porta alla morte eterna. Il Signore muore anche in croce per aiutare la sua creatura. Non può però sopprimere la sua volontà. Se l’uomo vuole, camminerà verso la vita. Se non vuole, camminerà verso la morte. Dio però gli comanda di scegliere la vita, il bene, la Legge, la benedizione.
Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe».
Ognuno è obbligato a scegliere la vita, il bene, la Legge, la benedizione, non solo per sé ma anche per tutti i suoi fratelli. Ogni uomo è costituito da Dio fiume di vita per l’intera umanità. Se lui sceglie il bene, le sue acque risaneranno la terra. Se lui invece sceglie il male, porta nel mondo acqua avvelenata e molte anime per lui si perderanno. Saranno avvelenate con il suo male. Questa verità è più luminosa della luce del sole eppure nessuno crede in essa. Un solo scandalo non manda in rovina il mondo?
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci fiume di vita eterna per l’intera umanità.

Dividere il pane con l’affamato
Is 58,1-9a; Sal 50; Mt 9,14-15
8 MARZO
Ogni uomo è stato creato ad immagine e a somiglianza di Dio. La prima pagina della Genesi rivela che il nostro Dio è il Datore della vita per ogni essere che è fuori di Lui. Tutto l’universo ha ricevuto esistenza e vita dal suo Signore, Creatore, Dio Onnipotente. Ma anche tutto l’universo è conservato in vita dal Dio Provvidenza Eterna e Infinita. Se l’uomo è ad immagine e a somiglianza di Dio deve anche lui essere ogni giorno un creatore di vita e anche provvidenza per ogni suo fratello. A questa verità si deve necessariamente aggiungerne una seconda. Il cristiano è fatto corpo di Cristo. La sua vocazione è di portare vita a tutto il corpo di Cristo. Non solo. È anche costituito in Cristo, con Cristo, per Cristo, datore, portatore, creatore di vera salvezza per tutto il genere umano. Come Cristo deve farsi olocausto e sacrificio di vita eterna. Questa è la struttura fisica, metafisica, spirituale, naturale, cristiana del fedele in Gesù Signore. La sua vocazione è altissima. Lui deve vivere come Dio e come Cristo Signore. Lui è obbligato ad essere creatore e salvatore. Ad immagine di Dio crea vita. Ad immagine di Cristo la salva e la redime. Questa vocazione è per natura creata e per natura rigenerata, ricreata, santificata nello Spirito Santo. Vocazione altissima.
Leggendo con divina sapienza e intelligenza, nello Spirito Santo, la profezia di Isaia, il Signore non ama un digiuno fatto dall’uomo dalla falsità della sua struttura fisica, metafisica, spirituale, naturale. Questo digiuno non merita di essere celebrato neanche dai pagani. È fuori della verità dell’uomo. Qual è allora il digiuno gradito al Signore? È quel digiuno che è vera vita dell’uomo ad immagine e a somiglianza del suo Dio. L’uomo è a vera immagine del suo Dio se diviene creatore di vera vita e vera provvidenza per ogni altro uomo. Crea la vita attraverso la sua vita fatta dono a Dio nell’obbedienza alla sua Legge. Diviene provvidenza, mettendo se stesso e quanto possiede a servizio del più grande bene spirituale e materiale di ogni altro uomo. Se lui rimane nella Legge, sempre crea vita ed è fonte di benedizione per tutti. Se lui esce dalla Legge, diviene creatore di morte e sorgente di maledizione per quanti dipenderanno da lui e ogni uomo sempre dipende dall’altro uomo. Fare un digiuno quando si è fuori della Legge, quando si è nella morte, a nulla serve. Si può fare solo nel pentimento, nella conversione, al fine di impetrare il perdono da Dio e ritornare nella sua amicizia e nella sua benedizione. Ritornato nella vita diviene creatore di vita.
Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: «Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».
Divide il pane con l’affamato solo chi è nella Legge del Signore, chi è nella sua vita. Dalla vita di Dio, in Dio, si vede l’affamato, si divide con lui il pane. È questo vero digiuno santo. Ci priviamo noi di qualcosa per aiutare chi non ha. Se però non siamo in Dio, nella Legge, siamo ciechi, dal cuore indurito. Non solo non vediamo il povero, neanche siamo capaci di fargli un qualche bene. Siamo datori di vita se siamo nella vita. Se dimoriamo nella morte, nessun bene da noi sarà fatto. Siamo morti al bene.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri creatori di vita, vera provvidenza per ogni uomo.

Se tratterrai il piede dal violare il sabato
Is 58,9b-14; Sal 85; Lc 5,27-32
9 MARZO
Perché l’osservanza del sabato è così essenziale, importante, necessaria ad ogni figlio d’Israele? Perché esso mostra in modo visibile la verità della fede nel vero Dio e Signore. Il mondo ha bisogno di vedere la nostra fede. La vede in un solo modo: nella piena osservanza dei Comandamenti. Molti Comandamenti sono però vissuti nell’invisibilità. Il terzo comandamento deve essere vissuto visibilmente e nell’universalità. Tutto un popolo, nello stesso giorno, mostra la bellezza della sua fede. Non c’è vera riforma religiosa, se il giorno del Signore viene trasgredito.
In quei giorni osservai in Giuda alcuni che pigiavano nei tini durante il sabato, altri che trasportavano i covoni e li caricavano sugli asini, e anche vino, uva, fichi e ogni sorta di carichi, e li portavano a Gerusalemme in giorno di sabato; io protestai a motivo del giorno in cui vendevano le derrate. C’erano anche alcuni di Tiro stabiliti in città che portavano pesce e ogni sorta di merci e le vendevano durante il sabato ai figli di Giuda e a Gerusalemme. Allora io rimproverai i notabili di Giuda e dissi loro: «Che cosa è mai questo male che fate, profanando il giorno del sabato? I nostri padri non hanno fatto così? Il nostro Dio per questo ha fatto cadere su noi e su questa città tutti questi mali. Voi accrescete l’ira contro Israele, profanando il sabato!». Non appena le porte di Gerusalemme cominciavano a essere nell’ombra, prima del sabato, io ordinai che le porte fossero chiuse e che non si riaprissero fin dopo il sabato; collocai alcuni miei uomini alle porte: non doveva entrare nessun carico durante il sabato. Così i mercanti e i venditori di ogni merce una o due volte passarono la notte fuori di Gerusalemme. Allora io protestai contro di loro e dissi: «Perché passate la notte davanti alle mura? Se lo farete un’altra volta, stenderò la mano contro di voi». Da quel momento non vennero più durante il sabato. Ordinai ai leviti di purificarsi e di venire a custodire le porte per santificare il giorno del sabato (Ne 13,15-22).
Oggi la profanazione del giorno del Signore ha superato ogni limite. Esso è divenuto un giorno come tutti gli altri giorni. Anche se per qualcuno ancora vige l’obbligo di partecipare alla Santa Messa. Non si vive la Messa come la parte più bella della giornata. Ma si vive in funzione dei nostri affanni, delle nostre necessità, delle nostre convenienze. Prima veniamo noi. Poi viene la Santa Messa. Prima ci prendiamo la parte più bella per noi. Poi lo scarto della giornata lo diamo al Signore. Il Signore mai potrà benedirci, darci le cose più belle. Noi lo disprezziamo con la nostra condotta. Lui non è al primo posto nel nostro cuore, ma gli viene dato l’ultimo. Prima si vive una giornata per noi, poi alla sera, quando nulla più resta per noi, diamo qualcosa a lui.
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate. Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato.
La verità del popolo di Dio, dei cristiani è tutta nella santificazione della domenica, o giorno consacrato a Lui. La partecipazione alla Santa Messa è precetto della Chiesa. Il terzo comandamento è legge del Signore e obbliga a consacrare a Dio il suo giorno. Se va consacrato a Dio, non può essere consacrato a noi. Se è tutto del Signore, non può essere nostro. Il digiuno non ci fa riconoscere come cristiani, l’osservanza della domenica sì che attesta il nostro appartenere a Cristo Gesù. Noi diamo a Lui il giorno consacrato in suo onore e Lui ci darà i sei giorni consacrati a noi. Noi non gli diamo il suo, perdiamo i nostri sei giorni. Lavoriamo, ma invano, perché siamo senza la benedizione del nostro Dio è Signore. La verità del cristiano si rivela in questo giorno.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani consacrino a Dio tutto il suo giorno.

Il Signore ascoltò la nostra voce
Dt 26,4-10; Sal 90; Rm 10,8-13; Lc 4,1-13
10 MARZO – I DOMENICA DI QUARESIMA
Il nostro credo non si compone né di verità astratte né di precetti. Esso è annunzio di quattro “Persone” e della loro opera: Padre, Figlio, Spirito Santo, Chiesa. La Chiesa è parte essenziale del credo, l’opera di ogni credente in Cristo Gesù. Noi confessiamo e crediamo nell’opera del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, nell’opera del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, e, come Corpo di Cristo, nell’opera del cristiano in Cristo.
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Il nostro credo è la confessione del mistero della Beata Trinità nelle sue opere. È anche la confessione del mistero della Chiesa e della sua missione. È la confessione del mistero del tempo e dell’eternità, del peccato e della grazia, di quanto il Signore ha fatto e fa per la nostra salvezza. Anche i figli d’Israele hanno il loro credo e fanno la professione della loro fede. Il loro credo è la storia che inizia alla vocazione di Abramo, quando ancora era nella terra di Ur dei Caldei. Questa storia passa per la schiavitù d’Egitto. Allora essi gridarono al Signore. Il Signore ascoltò, scese, liberò il suo popolo, conducendolo nella terra di Canaan. Lo stesso credo confessa che la terra non è stata un dono di Dio, è oggi e sempre un dono di Dio. Quanto essa produce è un dono di Dio. Per manifestare riconoscenza che tutto è dono del Signore, si portano le primizie del grano e di altri frutti e si offrono al Signore. La nostra storia non comincia con l’offerta al Signore dei frutti degli animali come vera professione di fede che la vita è dono di Dio e che ogni frutto della vita è solo un dono di Dio?
Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio. Gioirai, con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore, tuo Dio, avrà dato a te e alla tua famiglia.
Abele confessa che la vita è dono di Dio. Offre al Signore gli agnelli più belli del suo gregge. I figli d’Israele confessano che ogni frutto della terra è dono di Dio, credono, gli offrono le primizie del grano e di molti altri frutti. Noi non crediamo che la vita è dono di Dio e cosa offriamo al Signore? Cinquantasei milioni di aborti l’anno. Il nostro suicidio attraverso l’eutanasia e molte altre forme. La distruzione della sorgente della vita umana che è la famiglia. Ma anche la violazione di ogni legge della natura dalla quale viene a noi la vita. In verità noi abbiamo un credo misero, povero, privo di ogni verità trascendente, divina, eterna. Crediamo solo nella nostra superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia. Crediamo nel nostro ateismo, che produce un evoluzionismo cieco, insipiente, stolto. Crediamo nella nostra scienza confessata onnipotente.
Madre di Dio, Angeli, Santi, riportateci alle sorgenti sante della nostra purissima fede.

Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo
Lev 19,1.2.11-16; Sal 18; Mt 25,31-46
11 MARZO
Nel Libro del Levitico Dio dichiara al suo popolo che lui è santo e tutti i suoi adoratori devono essere santi. Non rivela la verità metafisica, eterna, divina, della sua santità. Manifesta però quali sono i frutti di essa: un amore universale, sempre offerto e dato ad ogni uomo. L’amore di Dio è di salvezza, redenzione, abbondanza di ogni vita. È la stessa verità che ci manifesta la Sapienza. Dio non è Santo quando manifesta la sua onnipotenza, ma quando si manifesta in tutta la sua compassione e misericordia.
Non era certo in difficoltà la tua mano onnipotente, che aveva creato il mondo da una materia senza forma, a mandare loro una moltitudine di orsi o leoni feroci o bestie molto feroci, prima sconosciute e create da poco, che esalano un alito infuocato o emettono un crepitìo di vapore o sprizzano terribili scintille dagli occhi, delle quali non solo l’assalto poteva sterminarli, ma lo stesso aspetto terrificante poteva annientarli. Anche senza queste potevano cadere con un soffio, perseguitati dalla giustizia e dispersi dal tuo soffio potente, ma tu hai disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso. Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,17-26).
Dio si annunzia al suo popolo come albero di bene, vita, amore, compassione, misericordia, perdono, sostegno, verità, luce. Non solo verso i figli d’Israele, ma anche verso ogni altro uomo. Ogni uomo è sua creatura e per ogni uomo il Signore è albero di somma carità. Se Dio è questo albero, anche i figli d’Israele dovranno essere questo albero. Dovremmo essere albero di purissimo bene sempre, da offrire a tutti, senza alcuna distinzione. Ma il bene non è solamente verso l’uomo, è anche verso Dio. Il suo popolo dovrà vivere di purissima obbedienza sia nei comandi verso il Signore che in quelli verso l’uomo. Oggi vi è una pericolosa deriva. Si stanno cancellando, annullando, dichiarando inutili i comandi che riguardano Dio e che sono contenuti nei Comandamenti, e l’uomo pensa di fare bene all’uomo partendo dalla sua mente e dal suo cuore. Dio solo è amore e solo Lui è la Legge dell’amore. Chi vuole amare, deve farlo dalla sua Legge, dai suoi Comandamenti, dai suoi Statuti. Il Levitico nei Capitoli XVIII, XIX, XX, rivela che Dio è Santo, ma dice anche qual è la Legge della sua santità.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore.
Oggi l’uomo ha deciso di vivere una legge strana di santità. La santità, la verità, la giustizia dell’amore non è più da Dio, dal cuore, ma dall’uomo, dal suo cuore. L’uomo si è oggi proclamato santo e sorgente di santità, buono e fonte del vero bene, misericordioso e albero di vera misericordia. Avendo tolto Dio e la sua Legge Santa dai suoi occhi, l’uomo è divenuto adoratore di se stesso, dei suoi pensieri, dei suoi desideri, della sua volontà, dei suoi sentimenti. Non vi è idolatria più pericolosa. In questa santità da vero idolatra è amore la trasgressione dei Comandamenti, la negazione di tutta la Legge del Signore. L’uomo non sa, non vuole sapere che ogni Comandamento di Dio non osservato non è legge di amore, ma solo di morte.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci santi dalla santità del nostro Dio, mai dalla nostra.

Senza aver operato ciò che desidero
Is 55,10-11; Sal 33; Mt 6,7-15
12 MARZO
Il dono della sua Parola che il Signore fa all’uomo è la più grande opera del suo amore e della sua misericordia. Ogni Parola di Dio che risuona all’orecchio dell’uomo è una offerta di conversione, grazia, misericordia, pietà verso l’uomo. Lo si invita al rientro nella Legge del Signore perché ogni divina benedizione possa piovere sulla sua casa. Il popolo è nell’idolatria, si consuma nella sua immoralità. Il Signore manda Ezechiele perché faccia risuonare forte e chiara la sua Parola di conversione e di luce. Ascolterà il popolo? L’amore del Signore non è condizionato dall’ascolto. La Parola si dona per amore a tutti. Nessuno domani dovrà accusare il Signore di poco o di scarso amore.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, àlzati, ti voglio parlare». A queste parole, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. Ma tu, figlio dell’uomo, non li temere, non avere paura delle loro parole. Essi saranno per te come cardi e spine e tra loro ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce: sono una genìa di ribelli. Ascoltino o no – dal momento che sono una genìa di ribelli –, tu riferirai loro le mie parole. Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai (Ez 2,1-10).
Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole, poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua oscura, ma alla casa d’Israele: non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua oscura, dei quali tu non comprendi le parole; se ti avessi inviato a popoli simili, ti avrebbero ascoltato, ma la casa d’Israele non vuole ascoltare te, perché non vuole ascoltare me: tutta la casa d’Israele è di fronte dura e di cuore ostinato. Ecco, io ti do una faccia indurita quanto la loro faccia e una fronte dura quanto la loro fronte. Ho reso la tua fronte come diamante, più dura della selce. Non li temere, non impressionarti davanti a loro; sono una genìa di ribelli». Mi disse ancora: «Figlio dell’uomo, tutte le parole che ti dico ascoltale con gli orecchi e accoglile nel cuore: poi va’, rècati dai deportati, dai figli del tuo popolo, e parla loro. Ascoltino o non ascoltino, dirai: “Così dice il Signore”» (Ez 3,1-11).
La Parola risuona in mezzo al popolo. Essa è annunzio di conversione, invito a ritornare nella Legge, nei Comandamenti, negli Statuti del Signore al fine di avere la vita. I frutti che produce sono sempre due: il primo di conversione per coloro che l’accolgono e fanno ritorno al Signore. Il secondo frutto è di giustificazione eterna del nostro Dio. Nessuno domani nel giudizio finale lo potrà accusare di essere stato dimenticato. Il Signore la sua Parola l’aveva fatta risuonare. Nessuno ha però risposto.
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.
Oggi sono molti che non annunziano più la Parola del Signore. Un primo frutto è l’abbandono alla perdizione dei loro fratelli. Il Signore ci dice che la sua Parola non va data perché ascoltata, ma va data invece per invitare l’uomo a ritornare nella Legge del suo Dio, Signore, Salvatore. Ci rivela inoltre che essa sempre produce un frutto, se non è di salvezza, è di perdizione. Nessuno domani potrà accusare Dio di non essere stato amato da Lui. Dopo che la Parola è risuonata, la responsabilità è tutta dell’uomo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il popolo di Dio diventi annunciatore della Parola.

Ognuno si converta dalla sua condotta malvagia
Gio 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32
13 MARZO
Giona è un profeta unico nella storia della salvezza. Non vuole ciò che Dio vuole. Mentre vuole ciò che Dio non vuole. La sua disobbedienza è assai strana. Mentre tutti obbediscono per fede nella Parola del loro Dio, lui disobbedisce per fede nella Parola del suo Signore. Lui sa quanto è grande la potenza di conversione che è posta nella Parola di Dio. Lui sa che se si reca a Ninive e predica, la città si convertirà. Sa che nella conversione Dio sempre perdona. Questa la sua scienza di fede. A questa scienza di fede si vuole opporre per delle ragioni che sono solo nel cuore. Lui vuole la distruzione della città peccatrice e per questa volontà disobbedisce al comando del suo Dio. Si imbarca per fuggire lontano, così da non essere raggiunto dal Signore e costretto a recarsi a Ninive per predicare nella grande città la Parola della salvezza. Di sicuro Giona volutamente si è dimenticato che Dio è in Lui, vive con Lui. Dovunque Lui è o sarà, là vi è anche il suo Dio. Il Signore è onnipotente, onnisciente, onnipresente.
Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta. Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano. Meravigliosa per me la tua conoscenza, troppo alta, per me inaccessibile. Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte», nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce. Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno. Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio! Se volessi contarli, sono più della sabbia. Mi risveglio e sono ancora con te. Se tu, Dio, uccidessi i malvagi! Allontanatevi da me, uomini sanguinari! Essi parlano contro di te con inganno, contro di te si alzano invano. Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano! Quanto detesto quelli che si oppongono a te! Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici. Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri; vedi se percorro una via di dolore e guidami per una via di eternità (Sal 139 (138) 1-24).
Oggi alla Chiesa manca la fede di Giona nella Parola. È da molto tempo che si ammaina il Vangelo dinanzi al mondo. Non crediamo più che esso è potenza di Dio per chiunque crede. Persa la fede nella Parola, siamo divenuti esseri inutili in ordine alla salvezza del mondo. Giona ha rinunciato per fede, non per non fede.
Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!». Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
Urge riprendere la fede nella potenza di conversione e di salvezza nella Parola di Gesù. O il ministro della Parola si riveste di questa fede o la sua inutilità è grande.
Madre di Dio, Angeli, Santi, rivestite di vera fede nella Parola ogni ministro di Cristo.

Metti nella mia bocca una parola ben misurata
Est 4,17k-u; Sal 137; Mt 7,7-12
14 MARZO
Mardocheo ha fede nella parola di Ester. Se lei si reca dal re e chiede la grazia per il suo popolo, di certo il re ascolterà la sua regina e le darà la grazia necessaria per la salvezza del popolo del Signore, sul quale incombeva un decreto di sterminio. Chiede alla regina che si muova, faccia presto, non tardi. Ester sa che dinanzi al re ci si può presentare solo su sua richiesta. Andare da lui senza essere stata richiesta avrebbe potuto esporre la sua vita alla morte. Mardocheo insiste, perché sa nel suo cuore che non vi sono altre vie di salvezza. Può salvare il popolo solo la sua parola.
Dal canto suo Ester sa che ha bisogno di un potente aiuto di Dio per poter fare quanto le è stato chiesto. Si sveste dei suoi abiti di lusso. Si veste di tutta la sua umiltà, si mette in preghiera, chiede a Dio ogni forza per andare a sfidare il leone nella sua stessa tana. Le grazie che chiede a Dio possiamo dire che sono tre: la forza di sfidare il re, una parola ben misurata sulla sua bocca, piegare il cuore del re perché ascolti la sua richiesta. Con queste tre grazie, lei potrà compiere la missione che le è stata affidata in favore della salvezza dei figli d’Israele. La salvezza è opera di comunione.
Mardocheo sa cosa di deve fare, ma non può presentarsi dinanzi al re. Ester può presentarsi ma da sola nulla potrà fare. Mardocheo chiede alla regina, la regina chiede a Dio. Tutto alla fine è nelle mani di Dio, ma a Dio si deve chiedere ogni cosa. C’è la persona che vede, ma non può. C’è la persona che può, ma è senza forza. C’è Dio che vede e può, ma vuole essere invocato sia dalla persona che vede e sia dalla persona che è senza forza. Mardocheo prega e fa pregare tutto il suo popolo. Anche Ester prega con una lunga, intensa preghiera. Alla fine la forza è venuta.
Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò duramente il suo corpo e, con i capelli sconvolti, coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse: «Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta. Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore! Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale. Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori. Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero.
Questa comunione tra le persone e con Dio va sempre cercata e trovata. Nell’opera della salvezza ognuno deve mettere a disposizione il suo particolare talento, la sua speciale grazia, la sua personale misura della fede. Urge sempre lavorare come vero corpo di Cristo. Non tutti possono fare tutto. Ognuno deve rispettare il ruolo, il ministero, il carisma dell’altro. Ognuno ha un posto nel quale muoversi ed operare. Mentre però si chiede l’aiuto dell’altro, sempre ci si deve mettere in comunione con il Signore. È Lui la sorgente di ogni luce, ogni verità, ogni grazia. È Lui il solo che sa cosa c’è nei cuori. La preghiera è perfetta quando si chiede a Dio e agli uomini.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il corpo di Cristo viva di vera, piena comunione.

Se il giusto si allontana dalla giustizia
Ez 18,21-28; Sal 129; Mt 5,20-26
15 MARZO
Quando si è nel peccato, anche i nostri pensieri sono di peccato, assieme ai nostri desideri. Non può essere l’uomo nel peccato e i suoi pensieri e desideri nella luce. Il peccato è tenebra. Neanche la fede è nella luce quando si disobbedisce ai Comandamenti. Adamo dopo il peccato non riconobbe più Eva come osso dalle sue ossa e carne dalla sua carne. Il peccato oscura e annebbia tutte le nostre facoltà spirituali. Questo significa che il cuore è di pietra. I figli d’Israele erano nell’idolatria, immersi nelle tenebre dell’immoralità. Andavano dicendo che essi erano puniti dal Signore a causa delle colpe dei loro padri. Non riuscivano a vedere i loro peccati che li avevano condotti oltre il limite del male. Giustificano se stessi, accusano i loro padri. Ma anche accusano il Signore che perdona il peccato a chi si converte, mentre non tiene conto della giustizia precedente se uno esce dall’obbedienza e diviene disobbediente alla Legge. Il profeta Ezechiele rimette la verità sul candelabro.
Una persona è giusta. Si allontana dalla giustizia. La giustizia precedente non lo salva dalla morte. La salvezza è nella giustizia. Una persona è ingiusta, si converte, non è condannata per la sua ingiustizia. Il suo peccato viene perdonato. Il Signore vede il momento presente nel quale si è ingiusti o si è giusti, si è nella Legge, non si è nella Legge. Chi è nella Legge si salva. Per chi non è nella Legge non c’è salvezza. Come un uomo può passare dalla giustizia all’ingiustizia, dalla verità alla falsità, dall’obbedienza alla disobbedienza, così anche può passare dalla disobbedienza all’obbedienza, dalla falsità alla verità, dall’ingiustizia alla giustizia. Il passaggio dalla disobbedienza all’obbedienza era ammesso al tempo di Ezechiele. Quello che non era ammesso era invece il passaggio dalla giustizia all’ingiustizia. Questa falsità nella fede la troviamo al tempo di Gesù. Per i farisei nessun passaggio era possibile. Il giusto era sempre giusto, anche se uccideva Dio nella sua rivelazione, l’ingiusto era sempre ingiusto anche se si lasciava crocifiggere per amore della verità e della fede. Solo Dio rimane giusto in eterno. Anche gli Angeli, messi alla prova, caddero nel peccato. L’uomo finché è sulla terra può sempre passare dall’ingiustizia alla giustizia e dalla giustizia all’ingiustizia. Siamo tutti invitati a vigilare affinché questo non accada.
Ma se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato. Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l’empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà. Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.
Il pentimento, la conversione, il perdono delle colpe, il rientro nell’obbedienza sono essenza della fede nell’unico vero Dio, nell’unico Creatore e Signore del cielo, della terra, di ogni uomo. Ma anche è purissima verità che fino all’ultimo ci si può perdere, se si tralasciano le vie perché si rimanga sempre nella giustizia e si cresca in essa. Iniziare non è finire, cominciare non è concludere, partire non è arrivare. Molti uscirono dall’Egitto. Solo due entrarono nella Terra Promessa di quanti erano adulti al momento della liberazione. Chi è nella giustizia stia attento a non cadere. Chi è nell’ingiustizia si affretti a rientrare nella verità, nella luce, nella Parola, nella Legge. In ogni istante il Signore deve trovarci nella sua Parola. Se viene la morte e siamo fuori della sua Parola, non c’è salvezza per noi. Non siamo stati trovati nella giustizia del Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i nostri pensieri siano sempre quelli di Dio.

Ma solo se tu camminerai per le sue vie
Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48
16 MARZO
L’Alleanza viene stipulata sul fondamento della Legge del Signore e sulle sue norme. Non solo. Ma anche sull’ascolto quotidiano della Parola del Signore. Oggi per oggi. Domani per domani. L’ascolto deve essere di ogni Parola che esce dalla sua bocca. Dio è stato divinamente chiaro e le sue parole lo attestano con somma verità.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te» (Es 19,3-9).
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!» (Es 24,3
Il Signore per mezzo di Mosè rivela al suo popolo che esso nulla può aggiungere e nulla può togliere alle sue Leggi. La sua dovrà essere obbedienza con il dono di sé.
Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo (Dt 4,1-2). Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,1-9).
Mosè ormai è pronto per lasciare il suo popolo. La sua ora sta per venire. Cosa raccomanda ancora una volta il Signore per suo tramite? L’assoluta fedeltà alla Legge.
Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce. Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso».
Dalla fedeltà alla Legge, verranno sul popolo tutte le benedizioni. Dio darà tutto se stesso al suo popolo. Manterrà ogni promessa, ogni sua Parola. Sarà la sua vita.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci la più grande fedeltà alla Parola del Signore.

Alla tua discendenza io do questa terra
Gen 15,1-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36
17 MARZO – II DOMENICA DI QUARESIMA
Nella Scrittura si conoscono due modalità di alleanza. Vi è quella unilaterale. Essa consiste in una solenne promessa del Signore senza alcun impegno da parte dell’uomo. Possiamo dire che la prima alleanza unilaterale fu quella con il serpente nel giardino dopo il peccato. A lui promise che la sua testa sarebbe stata schiacciata. La seconda fu quella stipulata con Noè. Allora promise che mai più avrebbe distrutto la terra. La terza è quella che stringe con Abramo. Gli promette di dare alla sua discendenza la terra di Canaan. Quando la promessa è unilaterale, colui che promette si impegna ad una fedeltà eterna. La storia può conoscere ogni sconvolgimento. La Parola del Signore rimane stabile nei cieli. Alleanza unilaterale è anche la promessa a Davide di un regno eterno. Dopo la promessa Dio prende in mano la storia e la conduce per l’adempimento di ogni sua Parola. Quando invece l’alleanza è bilaterale, allora l’uomo è obbligato ad osservare la Parola data al Signore se vuole raccogliere i frutti dell’alleanza. Se l’uomo è infedele, mai potrà gustare un solo frutto. Tutti i sacramenti della Chiesa, tutto il Vangelo di Gesù Signore è Alleanza bilaterale. Il Nuovo Testamento o Nuova Alleanza è un patto in Cristo tra Dio e l’uomo.
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 5Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,24-15). Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra» (Gen 9,11-16).
Quando il Signore promette all’uomo in modo unilaterale – il dono di Cristo Salvatore e Redentore è promessa unilaterale di Dio così come la benedizione di tutte le genti in Lui, che è la discendenza di Abramo – la sua Parola infallibilmente si compie. Passano gli anni, i secoli, Lui però non passa e veglia su ciò ha detto per portarlo a compimento.
Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande”. Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate;
A noi una cosa è chiesta sempre: avere fede nella sua Parola. Se noi manteniamo il nostro cuore nella Parola ascoltata e cresciamo di fede in fede, mai vacilleremo e mai saremo confusi e smarriti. Abbiamo una certezza nel cuore e nella mente. Il Signore porterà a compimento quanto ha promesso. Lo ha detto. Di certo lo farà.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci una fede invincibile in ogni Parola del nostro Dio.

Siete stati ribelli al Signore
Dn 9,4-10; Sal 78; Lc 6,36-38
18 MARZO
Il Signore mette in guardia il suo popolo, perché non cada in superbia. A questo serve ricordare i peccati passati, perché nel presente e nel futuro mai cadiamo nel peccato della superbia. San Paolo sempre ricorda chi lui è stato: un persecutore della Chiesa di Dio. Ricordando il suo peccato, sa che tutto in lui è opera della misericordia di Dio. Ma anche confessando la misericordia di Dio potrebbe cadere nel peccato della vanagloria. Ero peccatore, ma ora sono più grande di ogni apostolo. Anche questo peccato di superbia va evitato e per questo il Signore gli mette una spina nella carne.
Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen (1Tm 1,12-17).
Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte (2Cor 12,1-10).
I figli d’Israele domani conquisteranno la terra. Hanno un qualche merito? Nessuno. La terra è un dono del Signore. Oggi sono quasi giunti al Giordano. Hanno qualche merito? Nessuno. Sono solo per misericordia e grazia del loro Dio. Loro hanno solo saputo disobbedire, ribellarsi, divenendo idolatri e immorali, ribelli e refrattari all’ascolto della sua voce. Ricordare ciò che si è stati e ciò che si è ci aiuta a rimanere umili.
Quando il Signore, tuo Dio, li avrà scacciati davanti a te, non pensare: “A causa della mia giustizia, il Signore mi ha fatto entrare in possesso di questa terra”. È invece per la malvagità di queste nazioni che il Signore le scaccia davanti a te. No, tu non entri in possesso della loro terra a causa della tua giustizia, né a causa della rettitudine del tuo cuore; ma il Signore, tuo Dio, scaccia quelle nazioni davanti a te per la loro malvagità e per mantenere la parola che il Signore ha giurato ai tuoi padri, ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Signore, tuo Dio, ti dà il possesso di questa buona terra; anzi, tu sei un popolo di dura cervice. Ricòrdati, non dimenticare, come hai provocato all’ira il Signore, tuo Dio, nel deserto. Da quando usciste dalla terra d’Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo, siete stati ribelli al Signore. All’Oreb provocaste l’ira del Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione. Quando io salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell’alleanza che il Signore aveva stabilito con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua. Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell’assemblea.
Israele dovrà ricordarsi che la terra è dono. Rimanere in essa è frutto della sua fedeltà.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai cadiamo nel peccato di superbia e vanagloria.

Il tuo trono sarà reso stabile per sempre
2 Sam 7,4-5a.12-14.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24a
19 MARZO
È giusto ricordare ancora una volta la differenza sostanziale che esiste tra l’alleanza bilaterale e quella unilaterale. Nella prima si impegnano Dio e l’uomo. Nella seconda si impegna solo il Signore. Oggi il Signore promette solennemente a Davide di rendere stabile in eterno il suo trono. Se esaminiamo la storia, è questa una promessa che annulla tutte le leggi della storia. La storia dal primo giorno della nascita della monarchia ha sempre conosciuto la morte di infiniti regni. Per legge storica non esiste la stabilità. I regni nascono e muoiono a motivo del peccato e delle ingiustizie.
Un governatore saggio educa il suo popolo, il governo dell’uomo di senno è ordinato. Quale il governatore del popolo, tali i suoi ministri; quale il capo di una città, tali tutti i suoi abitanti. Un re che non ha istruzione rovina il suo popolo, una città prospera per il senno dei capi. Il governo del mondo è nelle mani del Signore; egli vi suscita l’uomo adatto al momento giusto. Il successo dell’uomo è nelle mani del Signore, ma sulla persona dello scriba egli pone la sua gloria. Non irritarti con il tuo prossimo per un torto qualsiasi e non fare nulla in preda all’ira. Odiosa al Signore e agli uomini è la superbia, l’uno e gli altri hanno in odio l’ingiustizia. Il regno passa da un popolo a un altro a causa delle ingiustizie, delle violenze e delle ricchezze. Niente è più empio dell’uomo che ama il denaro, poiché egli si vende anche l’anima. Perché mai si insuperbisce chi è terra e cenere? Anche da vivo le sue viscere sono ripugnanti. Una lunga malattia si prende gioco del medico; chi oggi è re, domani morirà. Quando l’uomo muore, eredita rettili, belve e vermi (Sir 10,1-11).
In questa promessa fatta a Davide il Signore si manifesta divinamente Signore Onnipotente con in mano le redini della storia. Noi sappiamo che il regno in Giuda è esistito fino al 586 a C. Con la caduta di Gerusalemme e la sua distruzione esso non si rialzò più. È finito il regno, ma non la discendenza di Davide. Essa era mantenuta misteriosamente in vita dal Signore. Per questo solo Lui è il Signore. Gli uomini passano. Muoiono, scompaiono dal tempo. Entrano nell’eternità. Non appartengono al tempo. Il Signore invece rimane in eterno. Non solo. Governa e guida la storia secondo il suo volere. Nulla potrà mai sottrarsi al suo volere. Lui ha promesso, ha giurato. Mai è venuto meno ad una sua promessa e mai ad un suo giuramento. Lui è il Fedele eterno. Quando la storia nella sua caducità e apparenza sembrava contraddire o annullare questa promessa del Signore, sempre Lui interveniva con tempestiva e ravvivava la lampada della sua Parola. I profeti sono coloro che tutto rivelano del futuro re dal regno eterno. Per rivelazione ogni giorno si scriveva una pagina del re promesso.
Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
Cosa noi dobbiamo imparare come discepoli di Gesù da questa promessa portata a compimento dal Signore nostro Dio? La verità è una. Ogni promessa del Signore si realizza contro la stessa storia. Se c’è una storia che dovrebbe dichiarare nulla la promessa di Dio è Gesù Crocifisso. Può un Gesù Crocifisso essere il Cristo di Dio, il Re dal regno eterno? Le leggi della storia dicono di no. Le leggi di Dio attestano di sì. Se la crocifissione del Figlio suo non ha ostacolato il Signore nel dare compimento alla sua Parola, vi potrà essere impedimento più grande da non permettere il compimento di ogni altra sua Parola? A chi non vuole dubitare, a chi vuole mantenersi nella Parola basta guardare il Crocifisso. Saprà che nessuna storia crea ostacoli al Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che guardiamo con purissima fede Gesù Crocifisso.

Venite e tramiamo insidie contro Geremia
Ger 18,18-20; Sal 30; Mt 20,17-28
20 MARZO
Quando il Signore ha chiamato Geremia gli aveva anche rivelato che la sua missione non si sarebbe compiuta nella serenità, pace, grande gioia ed esultanza, ma nella dura lotta e guerra che gli avrebbero mosso quelli del suo popolo, in mezzo ai quali il Signore lo stava mandando per invitare tutti alla conversione alla sua Legge.
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Cfr. Ger 1,1-19).
Il Libro della Sapienza rivela che la guerra contro i profeti di Dio e i suoi giusti nasce dal cuore malvagio degli empi, uomini senza Dio e senza coscienza, perché tutta la loro vita è stata consegnata al male. Il giusto per loro è una spina nel fianco. La sua presenza, anche silenziosa, è una condanna della loro vita votata tutta alla violenza.
Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà (Sap 2,12-20).
Dalla storia sappiamo che la vita di Geremia è stata fortemente travagliata. Lo si voleva anche uccidere e per questo fu calato in una cisterna piena di fango. Se non fosse intervenuta una persona pietosa, sarebbe soffocato nel fango. Lui è vera figura di Gesù, anche se il Cristo di Dio quanto a sofferenza è infinitamente oltre. Mentre su Geremia si abbatté la cattiveria e malvagità del suo popolo, su Cristo Signore si abbatté il peccato del mondo intero. Per questo la sua sofferenza è oltre, infinitamente oltre ogni altra sofferenza subita per la giustizia. In più Cristo non è solo vero uomo, è anche vero Dio e sulla Croce è Dio che è stato crocifisso. Violenza inimmaginabile.
Dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira.
Geremia rimane sempre uomo dell’Antico Testamento. Le sue preghiere sono da uomo dell’Antica Alleanza. Gesù invece uomo del Nuovo Testamento e della Nuova Alleanza ha solo una preghiera di richiesta al Padre di perdono, misericordia, pietà. Man mano che si cresce in grazia, anche la nostra preghiera cresce. Che Gesù sia santissimo, lo attesta la preghiera di richiesta di perdono per quanti lo avevano inchiodato sulla croce. Anche noi possiamo conoscere il grado di santità dalle preghiere elevate a Dio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, date ai cristiani ogni forza nella sofferenza per il regno.

Per dare a ciascuno secondo la sua condotta
Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31
21 MARZO
Sarebbe sufficiente rimettere nel cuore dei cristiani una sola verità e il mondo verrebbe illuminato da una grande luce. Invece i cristiani bruciano le verità rivelate come si bruciano stoppie o pula e al loro posto collocano menzogne così mostruose che anche un bambino nel grembo della madre, sentendole, si tura gli orecchi per non ascoltarle, tanto alta è la loro falsità. Invece sembra un vero gioco al massacro. Uno cancella una verità rivelata, al suo posto colloca la sua menzognera diceria e tutti fanno a gara per adorare la persona che tale falsità ha messo in circolo. Sembra di vedere in questo gioco d’inferno il compimento della profezia dell’Apocalisse.
E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e il suo grande potere. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera, presa d’ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia, e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?». Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d’orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. Le fu concesso di fare guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. La adoreranno tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita dell’Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo. E vidi salire dalla terra un’altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago. Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. Opera grandi prodigi, fino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi, che le fu concesso di compiere in presenza della bestia, seduce gli abitanti della terra, dicendo loro di erigere una statua alla bestia, che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. E le fu anche concesso di animare la statua della bestia, in modo che quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non avessero adorato la statua della bestia. Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei (Ap 13,1-18).
Oggi la bestia grida ai discepoli di Gesù che essa non esiste, che neanche la perdizione esiste. Che nessuno deve pensare a quello che fa. Che non c’è timore di Dio. Che tutti andranno in paradiso. Che neanche più il male oggettivo esiste. La Parola del Signore ci avverte. Chi segue queste menzogne sarà maledetto. Non entrerà mai nella luce eterna del cielo. Sarà gettato nel fuoco per sempre.
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni.
È benedetto invece chi confida nel Signore. Ma chi confida nel Signore? Chi crede in ogni sua Parola, la medita notte e giorno, vive sempre nel suo santo timore, è alieno dal male e compie ogni bene. Chi agisce così sarà benedetto sulla terra e nei cieli, nel tempo e nell’eternità. È verità eterna. Dio darà a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. Solo questa verità è capace di cambiare la Chiesa.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che i cristiani adorino la bestia.

Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna!
Gen 37,3-4.12-13a.17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46
22 MARZO
Giuseppe viene scelto da Dio come salvatore del suo popolo. Il Signore glielo rivela attraverso due sogni carichi di mistero. Dalla storia in cui il sogno viene fatto alla storia che il sogno avrebbe creato vi è un abisso così alto, largo e profondo da poter essere realizzato solo da Dio, anche se Dio si serve dell’uomo così come esso è.
Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?». I suoi fratelli perciò divennero invidiosi di lui, mentre il padre tenne per sé la cosa (Gen 37, 5-11).
Il tempo di dare inizio alla realizzazione dei due sogni giunge ben presto. Qual è la via usata dal Signore per condurre Giuseppe ad essere innalzato sul mondo intero allora conosciuto? Dell’invidia e dell’odio dei suoi fratelli. Qual è la via del nostro Dio per innalzare Gesù sulla croce? Ancora una volta l’invidia del suo popolo. Il mistero dell’iniquità è via di Dio per sconfiggere lo stesso mistero dell’iniquità. Dio permette che sia il serpente ad aprire la strada a Cristo per schiacciare la testa al serpente. L’iniquità non è immune dal peccato. L’uomo iniquo è responsabile di ogni suo gesto, parola, opera, omissione. Ma la sua iniquità sappia che è la via attraverso la quale il mistero della salvezza si compie. È forse questo il mistero più alto che esiste nel mondo.
Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente. I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”». Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di resina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto. Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.
Se i fratelli non fossero stati invidiosi di Giuseppe, questi mai sarebbe divenuto viceré d’Egitto. Se i Giudei non fossero stati invidiosi di Gesù, Lui mai sarebbe salito sulla croce. Il Signore vince il mistero dell’iniquità lasciando che esso manifesti tutta la sua malvagità e perfidia. Quando allora l’uomo di Dio, il giusto, vede che il mistero dell’iniquità si abbatte contro di Lui, deve subito credere che è questa la via perché ogni Parola del Signore si realizzi, si compia. Ripeto. Se non si comprende bene questo mistero, il rischio di precipitare nell’eresia e nei falsi pensieri è più reale. La sofferenza non è voluta da Dio, ma dal mistero dell’iniquità. Verità eterna e immutabile.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci ad acquisire una visione chiara di questo mistero.

Si compiace di manifestare il suo amore
Mic 7,14-15.18-20; Sal 102; Lc 15,1-3.11-32
23 MARZO
Dio agisce con l’uomo come un padre saggio con il proprio figlio. Padre e figlio si conoscono fin dalla nascita del figlio. Il figlio vede il padre, a poco a poco impara da lui, ma non conosce le profondità del cuore del padre. Man mano che il figlio cresce il padre gli svela il suo cuore, gli racconta la sua vita, gli svela i segreti della sua storia. Per educare il suo popolo prima il Signore si mostra onnipotente, santo, giusto, ma sempre ricco di misericordia e di pietà. Passano gli anni e Lui mostra ai figli d’Israele tutta la sua pazienza e la sua compassione, attendendo la loro conversione e il loro ritorno nell’obbedienza alla Legge dell’Alleanza. Ma pazienza e compassione non sono sufficienti. Allora il Signore manifesta ad essi il suo desiderio di una Nuova Alleanza e di una nuova creazione. Lui vuole creare un uomo nuovo, che abita nei cieli nuovi e sulla terra nuova, nella quale vi è posto solo per la giustizia. Sappia che questa nuova creazione dell’uomo inizia con l’Incarnazione del Figlio suo, del suo Verbo eterno. È dal suo cuore che deve perennemente sgorgare lo Spirito Santo per la rigenerazione dell’uomo e per farlo divenire partecipe della natura divina ed è Lui la verità, la vita, la grazia, la salvezza, la redenzione dell’umanità. Senza Cristo tutto è vecchio di peccato e morte, di idolatria e immoralità, di ingiustizia e disobbedienza. Senza Cristo Dio nulla potrà mai operare perché l’uomo ritorni nella vita che è insieme spirituale, morale, fisica. Tutto è in Cristo, con Cristo, per Cristo. Nulla è senza di Lui. Verità eterna.
I profeti a volte vorrebbero che il Signore agisse con il suo popolo come aveva fatto con Mosè, mostrandosi onnipotente, ma anche severo, con il bastone del governo in mano. Se andiamo a vedere i frutti, essi erano sempre miseri. Lo attesta la differenza tra il numero di quanti sono usciti dall’Egitto e di quanti sono entrati nella terra promessa. Dall’Egitto uscirono, persone adulte, dai venti anni in su, circa seicentomila. Nella terra di Canaan entrarono solo due persone. Tutti gli altri morirono nel deserto, compresi Aronne, Maria e Mosè. Il Signore sempre ha rivelato che il suo popolo era di dura cervice. Il bastone incute paura, ma non cambia la natura della pecora. Perché l’uomo viva di obbedienza, amore, giustizia, dovrà essere rigenerato, rinnovato, trasformato nella natura, da natura secondo la carne dovrà essere natura secondo lo Spirito. Dovrà ricevere un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Tutto dovrà essere nuovo in lui. Ma ancora il cammino è lungo, molto lungo. Ancora e sempre il Signore dovrà rivestirsi di tutta la sua pazienza e aiutare il popolo a camminare verso questi giorni nei quali Lui avrebbe messo mano alla creazione della nuova umanità.
Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta tra fertili campagne; pascolino in Basan e in Gàlaad come nei tempi antichi. Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto, mostraci cose prodigiose. Quale dio è come te, che toglie l’iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità? Egli non serba per sempre la sua ira, ma si compiace di manifestare il suo amore. Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo il tuo amore, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.
Mentre l’uomo cammina nella speranza di essere rigenerato e ricreato, deve avere una certezza nel cuore. Il Signore non cova odio nel cuore, non coltiva l’ira. Non attende per punire. Lui si compiace di manifestare il suo amore, di attestare la sua pietà, di calpestare le colpe dei suoi figli. Lui vuole gettare in fondo al mare tutti i peccati degli uomini, togliendoli per sempre dalla loro vista. Il mare nel quale i peccati vanno gettati è il mare del sangue di Cristo. In esso i peccati annegheranno come annegarono nel Mar Rosso i carri, i cavalli e i soldati del faraone. Il Signore è il Fedele Eterno ad ogni sua Parola data ai suoi servi. Perché questo avvenga è necessario che i figli del suo popolo si rivestano di umiltà, chiedano perdono, si dispongano nel cuore e nella mente a ritornare nella sua Legge e in essa dimorare per sempre. Dio è fedele, paziente, misericordioso. Deve necessariamente incontrarsi con l’umiltà dell’uomo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni giorno impariamo a conoscere il Signore.

Ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti
Es 3,1-8a.13-15; Sal 102; 1 Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
24 MARZO – III DOMENICA DI QUARESIMA
Chi vuole essere aiutato dal Signore nella sua miseria spirituale, fisica, materiale, sociale, deve avere la grande umiltà di gridare al Signore, al suo Creatore e Dio, perché venga in suo aiuto e sostegno. Il Salmo ci mostra come l’umiltà si trasforma in preghiera accorata, frutto però di una retta confessione di fede. Dio, il vero Dio, è l’Eterno Onnipotente. L’uomo, chiunque esso sia, è un transeunte. Oggi è sulla terra. Domani è nell’eternità. Oggi ostenta la sua falsa potenza. Domani è tra i flutti del mare.
Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto. Non nascondermi il tuo volto nel giorno in cui sono nell’angoscia. Tendi verso di me l’orecchio, quando t’invoco, presto, rispondimi! Svaniscono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa. Falciato come erba, inaridisce il mio cuore; dimentico di mangiare il mio pane. A forza di gridare il mio lamento mi si attacca la pelle alle ossa. Sono come la civetta del deserto, sono come il gufo delle rovine. Resto a vegliare: sono come un passero solitario sopra il tetto. Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro di me. Cenere mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto; per il tuo sdegno e la tua collera mi hai sollevato e scagliato lontano. I miei giorni declinano come ombra e io come erba inaridisco. Ma tu, Signore, rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione. Ti alzerai e avrai compassione di Sion: è tempo di averne pietà, l’ora è venuta! Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre e li muove a pietà la sua polvere. Le genti temeranno il nome del Signore e tutti i re della terra la tua gloria, quando il Signore avrà ricostruito Sion e sarà apparso in tutto il suo splendore.
Egli si volge alla preghiera dei derelitti, non disprezza la loro preghiera. Questo si scriva per la generazione futura e un popolo, da lui creato, darà lode al Signore: «Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il sospiro del prigioniero, per liberare i condannati a morte, perché si proclami in Sion il nome del Signore e la sua lode in Gerusalemme, quando si raduneranno insieme i popoli e i regni per servire il Signore». Lungo il cammino mi ha tolto le forze, ha abbreviato i miei giorni. Io dico: mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni; i tuoi anni durano di generazione in generazione. In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno, tu rimani; si logorano tutti come un vestito, come un abito tu li muterai ed essi svaniranno. Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non hanno fine. I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza (Sal 102 (101) 1-29).
Il popolo, schiavo del faraone e condannato ai lavori forzati, grida a Dio. Dio ascolta la sua voce. Chiama Mosè perché vada in Egitto a liberare il suo popolo. Dio salva tutti attraverso uno. Prima ha salvato Israele per mezzo di Giuseppe, ora per mezzo di Mosè. Domani per mezzo di Cristo Gesù. Uno sacrifica se stesso e tutti sono salvati.
Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa. Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.
Mosè può salvare il popolo di Dio, perché Dio, l’Onnipotente, l’Eterno, è con lui.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia via di salvezza e redenzione.

Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore
Is 7,10-14; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38
25 MARZO
Il Signore, nella sua grande misericordia, sempre dona segni perché si creda nella sua verità eterna. Lui è l’Onnipotente. Manifesta all’uomo che tutta la creazione è sottoposta al suo volere. Lui è l’Onnisciente. Rivela all’uomo che i suoi pensieri non sono stati ancora concepiti e Lui li conosce tutti. Lui è il Signore. Dice all’uomo che tutti i regni, tutti i popoli, tutte le nazioni, tribù e lingue sono sotto il suo potere- Onnipotenza. Onniscienza, Signoria sono universali e non particolari, sono eterne e non solo limitate al tempo o allo spazio. Lui è l’Onnipresente. È in ogni luogo e in ogni tempo. Non è né il Dio dei monti, né della valli, né delle colline. È il Dio dell’universo. Tutta la terra è piena della sua gloria. Dio non è solo Dio del presente, nel presente, Lui è anche il Dio del futuro. Del futuro Lui è il Creatore, come il Creatore è stato anche del passato. È il Dio del visibile e dell’invisibile. Tutto ciò che esiste fuori di Lui, esiste perché da Lui creato con la sua Parola onnipotente. La storia della salvezza è il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, presenza di salvezza, redenzione, vita.
Acaz, re empio, non crede più che il suo Dio è Onnipotente, Onnisciente, Onnipresente, Signore del cielo e della terra. Non crede che nulla è impossibile al suo Signore. Non lo vede più capace di salvare il suo popolo e per questo cerca alleanze straniere. Così facendo il Signore è rinnegato, tradito nella sua verità eterna. Lui sempre si è dichiarato, rivelato, manifestato come il Salvatore e il Redentore del suo popolo, la sua custodia e protezione, la sua potente difesa. Per Acaz Dio è un Dio inutile. Non lo ritiene più né Salvatore e né Liberatore, né Custode né Difensore dei suoi figli. Il Signore vuole aiutare il re perché torni a credere in Lui e per questo gli manda il profeta Isaia che gli reca un messaggio ben preciso. Tu, Acaz, vuoi essere sicuro che il Signore ti può salvare? Chiedigli un segno, qualsiasi segno, dal profondo degli inferi oppure dall’alto. Il Signore ti attesterà che per Lui non vi sono limiti, ostacoli, impedimenti. Lui ti si rivelerà come Signore, Creatore, Onnipotente, Onnisciente, Onnipresente. La risposta del re è di totale rifiuto: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. Vuole però rimanere nella sua empietà. Le sue ragioni sono di volontà, di peccato, di consegna della sua mente alla falsità, non sono di verità. Nessuno tenta il Signore se è il Signore che ti chiede, ti si offre, ti indica la via per il ritorno nella fede. Il Signore è tentato quando viene sfidato. Non è Acaz che chiede un segno per credere. È il Signore che glielo vuole offrire perché il re creda in Lui, si fidi di Lui, accolga la sua Parola e su di essa costruisca il presente e il futuro del suo regno. Quando è Dio che si offre, mai vi potrà essere tentazione. È tentazione quando non si vuole credere.
Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.
Il segno che Dio dona al re, valica il tempo e la storia, giunge fino a Nazaret, dove si compie un segno unico e irripetibile. Mai è avvenuto prima. Mai avverrà dopo. La Vergine è Maria. Lei non concepisce da Vergine e poi non è più Vergine. Lei concepisce Vergine e Vergine rimarrà in eterno. Concepisce per opera dello Spirito Santo. Questo la copre con la sua ombra. Lei però non concepisce un uomo. Concepisce il Figlio Unigenito di Dio, il suo Verbo Eterno. Questo segno rimarrà nel tempo e nell’eternità il segno che dona verità e luce ad ogni altro. Ogni altro segno è solo un mezzo per giungere a questo. Il Figlio della Vergine non è solo il Dio con noi. È il Dio che si è fatto carne. Non vi è altro segno più grande che Dio possa offrire perché si creda in Lui. Alla fede vera si giunge per studio, riflessione, meditazione su Gesù di Nazaret. Lui è il Dio vero che si fa uomo vero. Dinanzi al vero Dio vero uomo, la mente si deve arrendere e confessare che grande è la misericordia di Dio per noi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate il mondo a credere nel Verbo che si è fatto carne.

Non ci abbandonare fino in fondo
Dn 3,25.34-43; Sal 24; Mt 18,21-35
26 MARZO
Il popolo di Dio è in esilio. Vive in una terra di idolatri. Molti dei suoi figli sono obbligati ad abbandonare il Dio dei padri e a consegnarsi agli idoli. Non solo pubblicamente devono attestare che sono divenuti adoratori di falsi dèi, ma anche privatamente, nel segreto delle loro case. Del Dio di Abramo non deve rimanere alcuna traccia nel loro cuore. Poiché allora la religione si decideva per decreto, era sufficiente una legge regale perché si dichiarasse un Dio utile o inutile, necessario o vano, buono o cattivo, vero o falso, giusto o ingiusto. Ma oggi la nostra società super evoluta non si comporta allo stesso modo? Oggi per legge non si è decretato che il Crocifisso va tenuto nascosto? Non si è stabilito che Lui, il Crocifisso, non ha alcun diritto di cittadinanza sulla nostra terra? Non si è scritta l’abolizione, la cancellazione, la radiazione dei Comandamenti dell’unico vero Dio e Signore? Non si è promulgato, in modo subdolo, malizioso, diabolico, che la natura dell’uomo, creata da Dio nella differenza di genere, deve essere modificata, trasformata, orientata? Questo avviene perché l’uomo ha deciso di prendere il posto di Dio. Ma lui non è Dio e fa la fine di lucifero. Dall’alto della sua falsa divinità sarà precipitato negli abissi infernali che sanno la sua realtà eterna.
Negli inferi è precipitato il tuo fasto e la musica delle tue arpe. Sotto di te v’è uno strato di marciume, e tua coltre sono i vermi. Come mai sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora? Come mai sei stato gettato a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi nel tuo cuore: “Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio innalzerò il mio trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nella vera dimora divina. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo”. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso! Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente: “È questo l’individuo che sconvolgeva la terra, che faceva tremare i regni, che riduceva il mondo a un deserto, che ne distruggeva le città, che non apriva la porta del carcere ai suoi prigionieri?” (Is 14,4-17).
Per non aver voluto adorare gli idoli, alcuni figli di Abramo sono gettati in una fornace ardente. Le fiamme per loro diventano come alito di fresco vento. In mezzo al fuoco chiedono al Signore di non abbandonarli fino in fondo. Essi sanno che il cuore del loro Dio è sempre pronto al perdono, quando un uomo è pentito e fa ritorno nella Legge.
Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore. Siano invece confusi quanti mostrano il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna, privati della loro potenza e del loro dominio, e sia infranta la loro forza! Sappiano che tu sei il Signore, il Dio unico e glorioso su tutta la terra».
L’uomo di Dio sa vedere la storia di oggi come un frutto della storia di ieri. I tre giovani sanno che il loro esilio è il frutto dell’abbandono della Legge del Signore operato dal popolo. Se sono nella schiavitù è per loro colpa, non perché il Signore si sia dimenticato di essi. L’offerta del loro sacrificio, frutto della loro fedeltà, deve valere agli occhi del Signore. Essi possono invocarlo perché perdoni il loro peccato e li riconduca nella loro terra. Liberandoli, riconducendoli, il Signore manifesterà tutta la sua gloria e i popoli crederanno e adoreranno il suo grande nome. Tutto va fatto per la gloria di Dio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano sia strumento della gloria del Signore.

Quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza
Dt 4,1.5-9; Sal 147; Mt 5,17-19
27 MARZO
Qual è la via indicata dal Signore perché le genti facciano la differenza tra Lui, il solo Dio vivo e vero di tutta la terra, e gli altri dèi che sono vanità, insipienza, stoltezza pensata dal cuore dell’uomo e formata dalle sue mani? Essa è una sola: l’osservanza delle Legge che il Signore ha dato al suo popolo. Per leggi prima di ogni cosa devono essere intesi i Comandamenti, poi, sul fondamento di essi, ogni altra legge. A nulla serve praticare le norme liturgiche se poi la Legge dell’Alleanza sulla quale il popolo vivrà in eterno viene trasgredita. Sappiamo che Geremia dichiara solennemente al popolo che il Signore solo i Comandamenti ha dato. Le altre prescrizioni non vengono dal suo cuore. Sono prescrizioni utili, ma non di essenza. I Comandamenti invece sono di essenza, perché in essi è racchiusa ogni benedizione per l’uomo.
Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca (Ger 7,21-28).
I popoli vedendo Israele camminare nella Legge del Signore saranno presi da stupore, ammirazione e faranno la differenza tra il Dio che regna in Israele e i loro dèi. È la vita che fa la differenza, non la teologia, non la liturgia, non le altre norme o precetti che di solito vengono aggiunti ai Comandamenti come mezzi, mai come fine. Il fine è uno: la fedeltà all’alleanza per essere benedetti da Dio. I mezzi sono tutti orientati al perseguimento del fine. Si tolgono i Comandamenti, i mezzi sono senza scopo.
Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do? Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.
La stessa cosa va detta per i cristiani, che sono corpo di Cristo, Nuova Alleanza nel suo sangue. La differenza con le altre religioni non si fa con le biblioteche di libri di teologia, morale, ascetica, mistica, spiritualità e cose similari. Neanche la sia può fare con le solenni e meravigliose liturgie. Neppure la si può costruire su altri apparati speciali. Essa è data solo dal Discorso della Montagna vissuto nella sua interezza, secondo la verità posta in esso dallo Spirito Santo. Gesù dona come segno di credibilità presso il mondo intero l’amore vero dei discepoli, degli uni verso gli altri. Questo amore deve giungere fino al dono della vita. Nessuna predica è più efficace dell’amore vicendevole. Le genti vedranno, si stupiranno, faranno la differenza tra Cristo Gesù e i loro dèi. Il Cristo differente è colto da un discepolo differente.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che per il cristiano Cristo sia creduto nella sua verità.

Procedettero ostinatamente secondo il loro cuore
Ger 7,23-28; Sal 94; Lc 11,14-23
28 MARZO
Mosè ricorda al suo popolo non ancora entrato nella terra promessa che la Legge del Signore va osservata non solo non togliendo e non aggiungendo nulla ad essa, ma anche amandola con tutto il cuore, tutta la mente, tutte le forze, ognuno con tutto se stesso. Ogni fibra del corpo, dell’anima, dello spirito deve essere intessuta di essa. Amare Dio è amare la sua Legge. Amare la Legge è amare Dio. Chi non ama Dio mai amerà la sua Legge. Chi non ama la Legge di Dio mai amerà il suo Dio e Signore.
Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo (Dt 4,1-2). Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,1-9).
Questa è la volontà del Signore sul suo popolo. L’obbedienza obbliga Dio a custodire il popolo nella sua terra, colmandolo di ogni benedizione. La disobbedienza obbliga il Signore al non intervento in quanto a custodia e benedizione. Essendo Lui però lento all’ira, ma ricco di misericordia e di pietà, sempre mandava i suoi profeti perché ricordassero al popolo quali sono i suoi impegni di alleanza e facesse immediato ritorno nella più pura obbedienza alla Legge. Geremia è l’ultimo profeta mandato dal Signore per annunziare al popolo la Legge e per chiamare tutti alla conversione. Se questo non fosse avvenuto, la distruzione di Gerusalemme si sarebbe compiuta ben presto. Geremia predica, ma nessuno lo ascolta. Lui ricorda la Legge, ma nessuno si vuole convertire ad essa. Oggi lui è mandato dal Signore a predicare nel tempio del Signore, dov’è radunato il popolo, venuto per celebrare il culto. A nulla serve un culto non fondato sull’obbedienza alla Legge o non finalizzato alla sua osservanza. Ma come sempre il popolo non ascolta il profeta. Esso segue ostinatamente il suo cuore malvagio. Un popolo che non ascolta il Signore non ha futuro né di benedizione, né di vita. O il popolo si converte, o non c’è speranza né per esso né per Gerusalemme.
Ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
Oggi il Signore dovrebbe mandare presso ogni luogo di culto un suo vero profeta per avvertire i suoi fedeli che l’Eucaristia non salva, le altre cose non salvano, non danno vita, se non si osserva il Vangelo, la Parola di Gesù. Questo vero profeta dovrebbe gridare che tutto è mezzo per aiutare l’obbedienza alla Nuova Legge. Se non si vive per Cristo, che valore ha mangiare Cristo? San Paolo dice che ognuno mangia la sua condanna. Questa verità mai va dimenticata: l’obbedienza è alla Legge.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai veniamo meno ad una obbedienza perfetta.

Io li guarirò dalla loro infedeltà
Os 14, 2-10; Sal 80; Mc 12,28-34
29 MARZO
Immaginiamo che dopo il peccato Dio avesse abbandonato l’uomo a se stesso, noi non sapremmo oggi cosa è l’uomo nella sua essenza più pura. Applichiamo ora questa conclusione all’uomo di oggi. Sa lui chi è l’uomo nella sua più pura essenza? Non lo sa. Avendo rinnegato Dio, è come una lampadina spenta, non sa cosa è la luce, non può fare luce, non può illuminare la casa. È lampadina che ha smarrito il significato e il fine del suo essere. Così è dell’uomo contemporaneo. Essendosi dichiarato autonomo, libero da ogni legame dal suo Creatore, ha persona la verità del suo essere e del suo operare. Avendo lui perso la sua verità, neanche la verità degli altri esseri conosce. Tutto è senza verità. Il cane è uomo e l’uomo è cane. La donna è uomo e l’uomo è donna. Il peccato è giustizia e la giustizia è peccato. Il bene è male e il male è bene. La luce è tenebra e la tenebra è luce. Nel campo della nostra religione, il presbitero è laico e il laico è un presbitero, lo sposato è libero e il libero è sposato. Anche la trasgressione dei comandamenti è un bene. Essendo tutto senza verità oggettiva, perché Dio non è più verità oggettiva, nulle è con verità oggettiva. È il soggetto che dona verità e falsità ad ogni cosa a seconda della convenienza. Possiamo affermare oggi che le verità e le falsità sono quanti sono gli uomini sulla terra. Ognuno ha il suo personale criterio per affermare ciò che è verità e ciò che è falsità.
Da questo baratro chi potrà salvarci? Chi potrà guarirci da una corruzione così grande della natura? Possiamo applicare a noi la profezia di Osea. Solo il Signore ci potrà guarire. Le sue vie però sono dolorosissime, pesanti. È sempre meglio che andiamo noi a chiedere che ci guarisca, anziché camminare noi sulla via del male. Quando lui verrà a sradicarci da essa, se potrà venire prima che per noi sarà troppo tardi, il dolore sarà grande, immenso. Gerusalemme è stata sempre richiamata con premura e sempre perché si convertisse al suo Dio ritornando nella Legge, abbandonando ogni idolatria e immoralità. Si è ostinato nei suoi peccati, abbondò nelle sue trasgressioni. Poi fu troppo tardi. Il Signore per sanare il suo popolo, per guarire la sua piaga ormai divenuta incurabile lo sradicò dalla sua terra e lo piantò in terra di Babilonia, terra di idoli e di dura schiavitù. Il Signore può guarirci finché non viene il momento della nostra morte. Quando l’anima si separa dal corpo, allora il tempo della guarigione è finito per sempre. Si entra nell’eternità, ci si presenta dinanzi al Signore, si riceve il premio o il castigo eterno a seconda delle nostre opere buone o cattive, di verità o di falsità.
Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.
La Parola del Signore di bene e di salvezza, di redenzione e di pace, di guarigione e di rinnovamento si può compiere solo nel ritorno del popolo nella Legge, nei Comandamenti. I Comandamenti sono la clinica, l’ospedale del Signore, la sua casa di cura. Si entra in questa casa, troviamo il Signore con il suo camice divino pronto a curare tutte le ferite del peccato. Usciamo dai Comandamenti, entriamo nella casa di Satana e lì troviamo Satana pronto a infilzarci con il suo forcone per portarci nel suo fuoco eterno. A noi la scelta. Lasciarci curare dal Medico divino o farci inforcare dal diavolo per essere infornati nel fuoco inestinguibile. Tremenda responsabilità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a rimanere sempre nella clinica del nostro Dio.

La sua venuta è sicura come l’aurora
Os 6,1-6; Sal 50; Lc 18,9-14
30 MARZO
Tutte le profezie del Signore si compongono di due parti. Una parte riguarda il Signore ed essa si compirà infallibilmente, sempre, sulla terra e nei cieli, nel tempo e nell’eternità. Se Dio dice una Parola, la sua fedeltà ad essa è eterna. Mai Lui retrocede da quanto giurato, promesso, profetizzato. Se Lui ha detto che porrà inimicizia tra la donna e il serpente, inimicizia sarà. Se lui ha detto che nella discendenza di Abramo saranno benedette tutte le nazioni della terra, benedette saranno. Se Lui ha promesso il suo regno eterno, il regno eterno sarà dato. Ma c’è anche la parte che riguarda l’uomo. All’uomo spetta la parte della fede nella Parola e dell’obbedienza ad essa. Spetta anche la conversione, il pentimento, la richiesta di perdono, la volontà di ritornare nella Legge per dare ad essa piena obbedienza del cuore e della mente. Se l’uomo manca nella sua parte, Dio rimane fedele alla Parola data, ma nel bene essa non si compirà per lui. Non ha osservato le condizioni poste dal Signore. Si realizzerà per lui l’altra parola, quella che annunzia la morte e la perdizione eterna. Il Vangelo secondo Marco lo rivela: “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo. Chi crederà, sarà battezzato, sarà salvato. Chi non crederà sarà condannato”.
Questa profezia trova una stupenda applicazione cristologica. Gesù è stato fedelissimo al Padre suo. Gli ha dato la vita fino alla morte di croce. Lo ha testimoniato fino ad essere crocifisso per lui. Il Padre lo abbandonerà alla corruzione del sepolcro? Mai. La sua venuta è sicura come l’aurora. Lui scenderà nel sepolcro e secondo la sua promessa gli darà nuovamente la vita. Risusciterà il suo corpo e glielo ridarà pieno di gloria, immortale, spirituale, incorruttibile. Quando un uomo è fedele al suo Dio, sempre deve attendere che il suo Signore gli attesti la sua fedeltà. Tutte le Beatitudini sono costruite sulla duplice fedeltà: quella di Dio e quella dell’uomo. Quando l’uomo è fedele a Cristo Gesù, perché povero in spirito, mite, afflitto, puro di cuore, affamato e assetato di giustizia, perseguitato per la giustizia, operatore di pace, sempre il Signore verrà per dare quanto ha promesso. La venuta del Signore è sicura come l’aurora. La speranza cristiana è solo questa e si fonda sulla nostra fedeltà alla Parola. Chi può sperare nel Signore? Chi ascolta la sua voce e vi rimane fedele? Chi ascolta il Signore? Colui che vive di ascolto del suo Signore. Ascolto per ascolto. Fedeltà per fedeltà. Parola data per Parola data. Impegno per impegno. Giustizia per giustizia. Questa regola mai dovrà essere dimenticata. Chi non ha ascoltato il suo Dio può dal suo Dio essere ascoltato? Sì. Può essere ascoltato. Ma il primo ascolto è quello del dono della grazia per rientrare nella Parola. Ci si pente, si chiede perdono, si viene ascoltati sempre per promessa del Signore, si ritorna nella fede, si vive la legge della fedeltà.
“Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Quanto è fedele l’uomo all’amore giurato al suo Dio e Signore? Esso è come una nube del mattino. La terra è arida. La nube del mattino sembra voler mandare già la sua acqua capace di risvegliare ogni vita sulla terra. Invece appena appare il sole, si dilegua, si dissolve. Non c’è più. La terra inutilmente attende di essere fecondata. Così il Signore. Ascolta le promesse dell’uomo che dicono la loro fedeltà al Signore. Detta la parola, subito ritornano a compiere il male. È come se mai avessero promesso, mai giurato la loro fedeltà alla Parola, mai stretto con Lui un patto di alleanza. L’amore dell’uomo per il Signore dura quanto il tempo di proferire la parola della promessa, poi tutto si dimentica e tutto si dissolve nel nulla. Ognuno ritorna al proprio peccato.
Madre di Dio, Angeli, Santi, otteneteci stabilità e fedeltà grande verso il nostro Dio.

Gli Israeliti non ebbero più manna
Gs 5,9a.10-12; Sal 33; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32
31 MARZO – IV DOMENICA DI QUARESIMA
Appena il popolo mette piede nella terra di Canaan, per prima cosa vengono circoncisi tutti i maschi. Con questo rito si diveniva discendenza di Abramo, figli della promessa, eredi della benedizione. La circoncisione è un rito essenziale per la vita del popolo di Dio. Divenuti tutti figli della promessa, si celebra la Pasqua. Siamo nella piena osservanza della Legge del Signore. L’infamia d’Egitto era la non circoncisione.
Quando tutti i re degli Amorrei, a occidente del Giordano, e tutti i re dei Cananei, lungo il mare, vennero a sapere che il Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davanti agli Israeliti, al loro passaggio, si sentirono venir meno il cuore e rimasero senza coraggio davanti agli Israeliti. In quel tempo il Signore disse a Giosuè: «Fatti coltelli di selce e fa’ una nuova circoncisione agli Israeliti». Giosuè si fece coltelli di selce e circoncise gli Israeliti al colle dei Prepuzi. La ragione di questa circoncisione praticata da Giosuè è la seguente: tutto il popolo uscito dall’Egitto, i maschi, tutti gli uomini atti alla guerra, erano morti nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto. Tutti coloro che erano usciti erano circoncisi, mentre tutti coloro che erano nati nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto, non erano circoncisi. Quarant’anni infatti avevano camminato gli Israeliti nel deserto, finché non fu estinta tutta la generazione degli uomini idonei alla guerra, usciti dall’Egitto; essi non avevano ascoltato la voce del Signore e il Signore aveva giurato di non far loro vedere quella terra che il Signore aveva giurato ai loro padri di darci, terra dove scorrono latte e miele. Al loro posto suscitò i loro figli e Giosuè circoncise costoro; non erano infatti circoncisi, perché non era stata fatta la circoncisione durante il viaggio. Quando si terminò di circoncidere tutti, rimasero a riposo nell’accampamento fino al loro ristabilimento. Allora il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Quel luogo si chiama Gàlgala fino ad oggi (Gs 5,1-9).
Si è vero popolo di Dio, se tutta la Legge e le prescrizioni, le norme e gli statuti vengono osservati. Ora il popolo è tutto popolo di Dio. Può ricevere in eredità la terra. Questa regola vale anche per i discepoli di Gesù. Loro potranno ricevere in eredità la vita eterna nel Paradiso, se sono osservanti di tutte le norme evangeliche con obbedienza purissima. Oggi questa regola è disattesa. Tutto ciò che è frutto, eredità del Vangelo, è quasi in odio ai cristiani. Quasi tutti oggi camminano su altri versanti e altre strade. Questo significa che difficilmente entreremo nel regno eterno del Padre. Gesù lo dice con divina chiarezza. Entrerà nel regno dei cieli chi fa la volontà del Padre suo. Fa la volontà del Padre suo chi osserva la sua Parola. Se ci separiamo da ciò che viene dal Vangelo, se siamo disobbedienti alla sua Legge, se seguiamo altre norme e altre regole, per legge evangelica non entreremo nel Paradiso, non gusteremo la gioia del Signore nostro Gesù Cristo. La Parola di Gesù vissuta è la sola chiave che apre le porte del cielo. Cristo Signore non ha lasciato altre chiavi. Il Vangelo è la sola, l’unica.
Allora il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.
Dio non fa mai miracoli inutili. L’uomo deve abituarsi a vedere anche i più piccoli quotidiani miracoli invisibili. Un filo d’erba che cresce è un vero miracolo del Signore e così ogni altra legge osservata dalla natura. La luce che ruota attorno alla terra con regolarità così alta è un miracolo del Signore. Oggi all’uomo manca questa visione di fede. Pensa che ogni cosa sia frutto di un caos primordiale. Non vuole riconoscere che tutta la creazione narra nella sua vita la gloria del Signore. Nel deserto c’era bisogno che il pane scendesse dal cielo. Nella terra di Canaan il pane deve provenire dalle spighe. Ma le spighe hanno bisogno di un grande miracolo invisibile. Necessitano della pioggia per poter maturare. Quando l’uomo confesserà che nella creazione tutto è per opera quotidiana del Signore e benedirà il suo Creatore, allora inizia la vera fede.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri cristiani per poter così ereditare il regno dei cieli.