Commento teologico alla prima lettura – Settembre 2017

1 SETTEMBRE

Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione

1 Ts 4,1-8; Sal 96,1-2b.5-6.10-12; Mt 25,1-13.

Chi è mosso dallo Spirito Santo possiede il perfetto governo del proprio corpo, sa dominare le passioni, sa vincere i vizi, sa estirpare ogni più piccolo peccato veniale. Lo Spirito del Signore conduce il credente in Cristo di verità in verità e di santità in santità. Quando un corpo è preda dell’impurità, è segno che non cammina nello Spirito Santo. L’impurità è infatti opera della carne, mai potrà essere un frutto dello Spirito del Signore. Ora il cristiano è nello Spirito di Dio. È obbligato a camminare nella luce. Il pensiero di Paolo sull’impurità è manifestato in modo luminoso nella Prima Lettera ai Corinzi. È in questa Lettera che afferma con grande chiarezza che il corpo del cristiano è corpo di Cristo e non si può prendere il corpo santo di Cristo per consegnarlo ad una prostituta. Figuriamo poi a fare di esso uno strumento di adulterio. Il pensiero che un cristiano possa dare il corpo di Cristo ad un altro uomo neanche gli passa per la mente.

Si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell’immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi! (1Cor 5,1-13).

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Non sapete che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due – è detto – diventeranno una sola carne. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (1Cor 6,15-20).

Oggi purtroppo nella Chiesa queste problematiche vengono risolte al contrario. Anziché “togliere” il malvagio di mezzo a voi perché si converta e viva, si vuole abolire lo stesso peccato di impurità. Resa legale l’impurità o semplicemente affidato il suo giudizio alla coscienza, l’immorale si può accostare anche all’Eucaristia. È così si consegna il corpo di Cristo all’immoralità e il corpo immorale poi lo si nutre di Cristo.

Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito.

La Scrittura Santa, letta e compresa nello Spirito di Dio, ci dona una soluzione. La vita dell’uomo letta e interpretata partendo dalla carne, apre su altri risultati.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

2 SETTEMBRE

Avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri

1 Ts 4,9-11; Sal 97,1.7-9; Mt 25,14-30.

San Paolo è il Maestro che insegna ad ogni discepolo di Cristo Gesù come si ama secondo verità. Secondo la sua dottrina l’amore verso il prossimo non comincia dal prossimo, dall’uomo. Inizia dall’amare Dio e se stessi secondo la volontà di Dio. Nessuno può amare il prossimo, se non ama Dio e se stesso secondo purissima obbedienza al Signore. Chi non si ama in Dio non ama Dio e neanche amerà i suoi fratelli. Gli manca lo strumento dell’amore che è il suo corpo santo, la sua mente pura, la sua anima ricolma di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1-21).

Amarsi secondo Dio, in Dio, per poter amare il prossimo in Dio, secondo Dio, richiede che ognuno si metta di impegno a lavorare con le sue mani. Il lavoro è vera opera di redenzione della propria vita. Chi lavora redime se stesso, se offre a Dio il sudore della sua fronte. Aiuta il mondo a redimersi, perché ogni sofferenza vissuta e offerta nella santità, secondo verità, produce un frutto di salvezza per l’intera umanità. In fatto di lavoro Paolo è un esempio verso tutte le comunità. Sempre lui si è procurato il pane con il lavoro delle sue mani, rinunciando al diritto di vivere di Vangelo.

Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato.

Quando un cristiano mostra se stesso come vero discepolo di Gesù? Quando ama i suoi fratelli, cerca sempre la pace, si occupa delle proprie cose con grande diligenza, lavora con le sue mani con onestà, dignità, spirito di sacrificio, perfetta obbedienza a Dio. Se questi segni esteriori mancano, nessuno si può dire discepolo di Gesù. Gli manca la visibilità che attesta la profondità del suo cuore cristiano. L’invisibile rende possibile il visibile. Il visibile certifica l’esistenza dell’invisibile. Sulla croce, Gesù non è stato riconosciuto Figlio di Dio dal centurione per il suo amore visibile e pubblico?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli di Gesù.

3 SETTEMBRE – XXII DOMENICA T.O. A

Mi hai fatto violenza e hai prevalso

Ger 20,7-9; Sal 62,26.8-9; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27.

Leggendo per intero il capitolo Ventesimo del Libro di Geremia, notiamo che il profeta è avvolto da una grande sofferenza. Sono molti coloro che vogliono la sua morte, che lo perseguitano, che lo insultano, che parlano male di lui, che lo dichiarano falso profeta. Il Signore lo manda e lui deve andare. Il Signore gli parla e lui deve profetizzare. È come se missione profetica fosse per lui una pesante croce quotidiana da portare.

Pascur, figlio di Immer, sacerdote e sovrintendente-capo del tempio del Signore, udì Geremia profetizzare queste cose. Pascur ordinò di fustigare il profeta Geremia e quindi lo fece mettere ai ceppi nella prigione che si trovava presso la porta superiore di Beniamino, nel tempio del Signore. Il giorno dopo, quando Pascur lo fece liberare dai ceppi, Geremia gli disse: «Il Signore non ti chiama più Pascur, ma Terrore all’intorno. Perché così dice il Signore: Ecco, io darò in preda al terrore te e tutti i tuoi cari; essi cadranno per la spada dei loro nemici davanti ai tuoi occhi. Consegnerò tutti gli abitanti di Giuda in mano al re di Babilonia, il quale li deporterà e li ucciderà di spada. Consegnerò tutte le ricchezze di questa città e i suoi prodotti, tutti gli oggetti preziosi e i tesori dei re di Giuda in mano ai loro nemici, i quali li saccheggeranno e li prenderanno e li porteranno a Babilonia. Tu, Pascur, e tutti quelli della tua casa andrete in schiavitù; andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi cari, ai quali hai profetizzato tante menzogne».

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.

Maledetto il giorno in cui nacqui; il giorno in cui mia madre mi diede alla luce non sia mai benedetto. Maledetto l’uomo che portò a mio padre il lieto annuncio: «Ti è nato un figlio maschio», e lo colmò di gioia. Quell’uomo sia come le città che il Signore ha distrutto senza compassione. Ascolti grida al mattino e urla a mezzogiorno, perché non mi fece morire nel grembo; mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre. Perché sono uscito dal seno materno per vedere tormento e dolore e per finire i miei giorni nella vergogna? (Ger 20,1-18).

Geremia è uomo mite, che vive in mezzo ad un popolo ostile al Signore, ribelle alla sua volontà, ostinato nel perseguire il male, tenace nella sua idolatria. È come se lui fosse chiamato a vivere in un covo di serpenti velenosi, che mordono da ogni dove. Vorrebbe ritirarsi, abbandonare, fuggire, ma non può. Il Signore ha messo dentro di lui un fuoco che lo divora, lo consuma e che necessariamente dovrà venire fuori.

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

Questo fuoco divino è lo Spirito Santo che governa per intero il suo cuore. Il peso della carne vorrebbe trascinare giù Geremia, ma poi vi è il vento dello Spirito che lo afferra e nuovamente lo rimette in missione per annunziare al suo popolo la via della salvezza. Senza la potenza, la forza, il fuoco dello Spirito, la carne vince sempre i missionari.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

4 SETTEMBRE

Confortatevi dunque a vicenda con queste parole

1 Ts 4,13-18; Sal 95,1.3-5.11-13; Lc 4,16-30.

La verità della risurrezione San Paolo la tratta in lungo e in largo nella Prima Lettera ai Corinzi. Essa è presentata come il principio, il fondamento di tutta la vita di fede del cristiano. Senza la fede nella risurrezione nulla ha valore. Neanche l’essere discepoli di Gesù ha un qualche valore. Sarebbero i cristiani persone imprigionate nella stoltezza di una moralità senza rilevanza per il futuro eterno. Si muore. Si rimane nella morte.

Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.

Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti, che cosa faranno quelli che si fanno battezzare per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Tornate in voi stessi, come è giusto, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna (1Cor 15,12-34).

Vi è una verità nella Prima Lettera ai Tessalonicesi che dona luce ad un loro pensiero di turbamento. Cristo verrà. Quanti sono ancora viventi andranno con Lui. Quale sarà la fine di coloro che sono già morti? Rimarranno nella morte per sempre? Nessun vantaggio di chi vive per rapporto a chi è già morto. Sia chi vive sia chi è morto saranno gli uni e gli altri trasformati, riceveranno il loro corpo glorioso e insieme andranno incontro a Gesù. Chi muore abbia cura di morire nel Signore e chi vive metta attenzione a vivere per il Signore. Si è del Signore in vita e lo si sarà anche in morte.

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

È questa la grande saggezza di Paolo, vera intelligenza nello Spirito Santo. Vede i turbamenti e le perplessità e le incertezze in ordine alla fede in Cristo Gesù e con pazienza, sapienza, vera dottrina illumina le menti partendo sempre dal mistero di Cristo e dalla verità che è nel cuore di Dio. In verità oggi questa intelligenza manca ai cristiani. Si pensa di dare soluzioni ai problemi di fede partendo dalla carne dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

5 SETTEMBRE

Siete tutti figli della luce e figli del giorno

1 Ts 5,1-6.9-11; Sal 26,1.4.13-14; Lc 4,31-37.

Dell’immagine o della similitudine del ladro parla Gesù nel Vangelo secondo Matteo. Il ladro è imprevedibilità, repentinità, immediatezza. Viene, quando nessuno immagina, prende subito quanto vi è da prendere e fugge via senza lasciare tracce. Così è la morte. Viene quando nessuno l’attende, prende la nostra vita e in un istante siamo nell’eternità, dove finisce il tempo della conversione. Si entra nella stabilità eterna di giusti o di ingiusti, di salvati o di perduti per sempre. Non c’è ritorno indietro.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti (Mt 24,42-51).

Dell’altra immagine, quella della luce, San Paolo se ne serve nella Lettera ai Romani. Attraverso questa immagine distingue le opere delle tenebre che sono ogni forma e modalità di idolatria e di immoralità e le opere della luce che sono fedeltà e obbedienza al comandamento di Dio che chiede ascolto perenne ad ogni sua Parola. Chi ha vestito Cristo deve vivere di Cristo e per Cristo. Cristo è la luce e chi si riveste della sua luce non può più appartenere alle tenebre. Le tenebre sono del mondo, la luce è di Cristo e di ogni suo discepolo. Se siamo di Cristo, siamo obbligati a vivere di Lui e per Lui.

Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità. E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne (Rm 13,8-14).

Quando verrà il Signore nella sua manifestazione ultima? Nessuno lo sa. Quando verrà il ladro che è la morte per privarci della vita? Nessuno lo sa. Ignorando questi due momenti, è giusto che il discepolo di Gesù viva come se esso dovesse venire ora, in questo istante. Quando il Signore o la morte verranno, lui dovrà essere trovato nella luce, nella verità, nella giustizia, nel Vangelo. Non può essere trovato nelle tenebre, perché se fosse tenebra, finirebbe nelle tenebre eterne. Tenebre con le tenebre.

Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.

I discepoli di Gesù devono esortarsi, confortarsi, sostenersi l’un l’altro nella verità e nell’amore. L’uno deve essere forza dell’altro, insieme verso la vita eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre figli della luce.

6 SETTEMBRE

Esso porta frutto e si sviluppa

Col 1,1-8; Sal 51,10.11; Lc 4,38-44.

Il Vangelo, essendo la Parola di Dio seminata nei cuori, vive, muore, inizia finisce, è soffocato, cresce, si sviluppa, porta frutto conformemente a quanto Gesù ci ha rivelato nella parabola del seminatore. Non tutto il seme cade su terra buona e non tutta la Parola porta frutti di vita eterna. In alcuni terreni essa neanche aderisce.

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno» (Mt 13,18-23).

Se il Vangelo non produce in noi frutti di Vangelo, è segno che noi o siamo strada, o siamo terreno pieno di sassi o terreno infestato da spine. Se uno semina del buon grano, il terreno dovrà produrre buon grano. Non potrà produrre altro. E così dicasi per ogni piantagione che si fa. Avendo noi ricevuto il buon seme della Parola di Cristo Gesù, i frutti necessariamente dovranno essere frutti di Parola. Non possono essere altri frutti. Se Gesù è Parola di pace, la nostra non potrà essere parola di guerra e se la sua è Parola di mitezza la nostra non potrà essere parola di ribellione. Se la sua è parola di purezza del cuore, la nostra non potrà essere parola di impurità e ogni sorta di immoralità. Il Vangelo ci obbliga a produrre frutti di Vangelo.

Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio (Mt 5,27-32).

Se questa è Parola del Vangelo di Gesù Signore, se noi produciamo un frutto difforme, contrario, è segno che la Parola non produce. Se non produce o siamo strada, o siamo coperti di sassi o di spine. San Paolo ci insegna che è proprio del Vangelo portare frutti e svilupparsi. Ognuno di noi può in ogni momento sapere che terreno è. È sufficiente che osservi la fruttificazione della Parola che è stata seminata in lui.

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro. Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per voi, avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a causa della speranza che vi attende nei cieli. Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.

È questa la missione del discepolo di Gesù: far fruttificare la Parola. Come la missione del chicco di grano è produrre altri chicchi di grano, così è del cristiano. Lui è mandato nel mondo, è seminato nel mondo, per produrre altri discepoli di Gesù, vivendo tutta la Parola e seminandola tutta nel cuore dei fratelli. Quando il Vangelo cresce e fruttifica in noi, sempre cresce e fruttifica attorno a noi. Se invece esso è morto in noi, mai potrà produrre un frutto di vita eterna negli altri. Vita da vita, Parola da Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere di Parola.

7 SETTEMBRE

È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre

Col 1,9-14; Sal 97,2-6; Lc 5,1-11.

Il Vangelo di Paolo è di una limpidezza divina. La salvezza dell’uomo non è solo per Cristo, ma è anche in Cristo, con Cristo, nel suo corpo. Si deve prestare molta attenzione a non leggere in modo ereticale quanto da lui è scritto nella Lettera ai Romani. La salvezza è dall’obbedienza di Cristo, ma solo come origine. Essa però si compie divenendo con Cristo un solo corpo e vivendo di Lui e per Lui.

Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 5,1-21).

La fede in Cristo oggi è in grande sofferenza. Cristo Gesù da molti non è più visto neanche come l’unico Salvatore, il solo Redentore. Le vie della salvezza sono molteplici. Tanti che ancora credono in Lui, non credono più che la salvezza è in Lui e con Lui. Anche se è per Lui. Non si ha più bisogno di essere in Lui e con Lui.

Perciò anche noi, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio. Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.

Urge che Cristo Gesù venga annunziato secondo pienissima verità. Oggi il solo problema della Chiesa è Cristo, solo Lui. Posto Cristo nella luce, tutto ritorna nella luce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera luce di Cristo.

8 SETTEMBRE

Egli stesso sarà la pace!

Mi 5,1-4a; oppure: Rm 8,28-30; Sal 12,4.6; Mt 1,1-16.18-23.

Il Messia di Dio non viene a portare la pace sulla terra. Ma è Lui la pace. Si nutre di pace chi si nutre di Lui. Ci si nutre di Lui allo stesso modo che una cellula si nutre di vita che è nel corpo. Si diviene corpo di Cristo, si è con Lui una sola vita, ci si nutre di Lui vita eterna, ci si alimenta di pace, si diviene operatori di pace. La profezia di Isaia ci rivela che la pace avviene per cambiamento di natura.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

San Paolo ci dice che in Cristo, per opera dello Spirito Santo, da uomini “carnali, naturali, animali” diveniamo esseri spirituali. In Cristo, resi esseri spirituali dallo Spirito di Dio, diveniamo uomini di pace, operatori di pace, costruttori di comunione.

Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,1-16).

Nessuno si illuda. Fuori di Cristo non c’è pace, perché fuori di Lui lo Spirito Santo non opera. Come l’anima dell’uomo non agisce fuori dell’uomo, così lo Spirito di Cristo non agisce fuori di Cristo. Se opera fuori di Cristo è solo per portare in Cristo. Prende fuori per portare dentro, per innestare in Cristo, così che Lui possa creare l’uomo nuovo.

E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!

Siamo chiamati ad avere una visione sempre vera del “pensiero di Cristo”, che è lo Spirito Santo. Oggi si vuole lo Spirito di Cristo agente fuori di Cristo, senza di Lui. Si vuole la pace senza conversione a Cristo, solo per preghiera elevata a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza.

9 SETTEMBRE

Egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne

Col 1,21-23; Sal 53,3-4.6.8; Lc 6,1-5.

La salvezza non è solo per il corpo di Cristo, per il suo sacrificio sulla croce. Essa è per Lui, in Lui, con Lui, da Lui. Questa verità mai va dimenticata. Le Lettere di Paolo vanno lette come se fosse una sola Lettera, non più Lettere. Ogni Lettera è una frase della verità di Cristo Signore, nella quale è la verità di ogni suo discepolo e di ogni altro uomo. Mai si deve parlare di Lui, senza da Lui, senza con Lui, senza per Lui, senza in Lui. La salvezza è da Lui, ma in Lui. È per Lui, ma con Lui. La salvezza è Cristo.

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, 5predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito ((Ef 1,3-14. 20-23; 2,14-18).

Il corpo di Cristo, che è la Chiesa, è oggi il “sacramento” della vera salvezza. È nel corpo di Cristo che non si è più stranieri gli uni verso gli altri. È nel corpo di Cristo che si costruisce la vera speranza. È nel corpo di Cristo che si attinge ogni vita. È Cristo la nostra fede ed essa si può vivere solo in Lui, per Lui, con Lui. Fuori di Cristo non solo non c’è vera salvezza, ma neanche vera speranza si può costruire. Senza di me, dice Gesù non potete fare nulla. Si è fondati nella fede se si è fondati in Cristo.

Un tempo anche voi eravate stranieri e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro.

Cristo è il cuore del Padre, il cuore dell’universo, il cuore della Chiesa, il cuore del cristiano, il cuore dell’umanità. Come Dio non può vivere senza il suo cuore che è Cristo, così mai potrà vivere l’universo, la Chiesa, il cristiano, l’umanità. È questa la missione cristiana: far crescere Cristo come suo cuore. Dare Cristo, come suo vero cuore, ad ogni altro uomo. Purtroppo oggi si sta operano al contrario. Ci si sta distaccando da Cristo in favore di un Dio senza cuore, che lascia la Chiesa e il cristiano senza il suo cuore e anche l’umanità è condannata a vivere senza cuore. Se Dio senza Cristo è un Dio senza cuore, può il cristiano essere senza Cristo?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci Cristo nostro cuore.

10 SETTEMBRE – XXIII DOMENICA T.O. A

Si recava chiunque volesse consultare il Signore

Ez 33,1.7-9; Sal 94,1-2.6-9; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20.

Il primo mediatore in assoluto tra Dio e l’umanità è Noè. Per la sua giustizia il Signore salvò l’umanità dalla sua completa distruzione. Per lui la vita rimase sulla terra.

Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore (Gen 6,5-8).

Abramo è mediatore nella speranza, non avendo ricevuto una missione da vivere in relazione ai popoli o alle famiglie dei popoli tra i quali lui viveva. Il primo mediatore tra Dio e il suo popolo è Giuseppe. Lui vede se stesso come strumento di Dio per la sopravvivenza del suo popolo. Dio lo innalzò in Egitto per la salvezza dei suoi fratelli.

Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: “Così dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù presso di me senza tardare. Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io provvederò al tuo sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell’indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi” (Gen 45,4-11).

La grande mediazione profetica nasce con Mosè. Dio parla a Mosè, Mosè parla al popolo. Questa mediazione accompagnerà il popolo di Dio per tutto l’arco della sua storia fino a Cristo Gesù, colui che unifica nella sua persona le tre grandi mediazioni: regale, profetica, sacerdotale. Infatti Cristo è vero re, vero sacerdote, vero profeta. Con Mosè avviene qualcosa di sorprendentemente nuovo. Ogni figlio di Israele può consultare il Signore, può ascoltare cosa il Signore vuole da lui, può conoscere il pensiero dell’Onnipotente sulla sua vita. La consultazione non è un evento occasionale, ma abituale. Che sia Dio a parlare con Mosè lo attesta la luce divina che illumina il suo volto. Questa luce è accecante e Mosè deve porre un velo sul suo volto.

Il Signore parlò a Mosè: «Su, sali di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: “La darò alla tua discendenza”. Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè.

Con Cristo Gesù avviene la perfezione e la completezza della mediazione. Prima di ogni cosa ogni suo discepolo è costituito vero profeta, re, sacerdote dinanzi al mondo. Per lui il Vangelo deve risuonare presso ogni orecchio, ogni cuore. Tra Dio e il mondo è posto il discepolo di Gesù. Se il discepolo è omissivo nella sua mediazione, il mondo rimane nelle tenebre. Mai potrà vedere la luce. Gli manca il portatore. Ma anche il discepolo di Gesù ha bisogno della mediazione degli altri discepoli di Gesù. Il battezzato del cresimato, il cresimato del presbitero, il presbitero del vescovo, il vescovo di Pietro. Senza una vera vita di ascolto della mediazione il corpo di Cristo vive male. Gesù Signore parla nella mediazione e ognuno deve essere vero mediatore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri mediatori di Gesù.

11 SETTEMBRE

Per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo

Col 1,24-2,3; Sal 61,6-9; Lc 6,6-11.

Paolo vive di una sola certezza: Dio, il vero Dio, si può conoscere solo in Cristo, con Cristo, per Cristo, divenendo un solo corpo con Cristo. Chi si pone fuori di Cristo, rimane senza di Lui, mai potrà conoscere il vero Dio. Gli manca la scienza, la sapienza, gli manca lo Spirito Santo che è lo Spirito di Gesù Signore. Senza Cristo, fuori di Lui, si è alberi secchi, privi di ogni vita. Il Dio che si conosce è solo un frutto della mente dell’uomo, nulla di più. Le cose false su di Lui sono infinitamente di più delle cose vere. Se Dio è nella sua essenza eterna mistero di unità e trinità, la proclamazione che Dio è uno nella natura e uno nella persona, non è forse già annientamento del suo mistero eterno, della sua comunione, della sua stessa vita?

Come Paolo, ogni discepolo di Gesù deve annunziare Cristo, parlare di Lui, manifestare Lui rivelare Lui secondo purezza di verità e di dottrina. Nella conoscenza di Cristo è la conoscenza di Dio, ma anche quella dell’uomo e dell’intera creazione. Se Cristo non è più conosciuto, neanche Dio è conosciuto e neanche l’uomo. Ognuno vive in una grande guerra di ignoranza. Consegna la sua vita alla grande falsità e dalla falsità subito si passa ad ogni immoralità. Il Dio non pienamente vero dona un uomo non pienamente vero, un Dio falso produce un uomo falso. Un Dio incompleto genera un uomo incompleto. Solo Cristo è la purissima verità di Dio e solo in Cristo e per Cristo Dio potrà essere conosciuto, adorato, servito, ascoltato, obbedito.

Oggi le cose non vanno per nulla bene. Si parla all’uomo senza Cristo, senza lo Spirito Santo, senza la Chiesa, senza il Vangelo. Oppure se si parla di Cristo, si dice di Lui ciò che è stato, non ciò che Lui è oggi. Cristo non è stato il Salvatore e il Redentore ieri. Cristo è oggi il Redentore e il Salvatore, perché è in Lui, oggi, che si compie la salvezza. È in Lui oggi che si può avere accesso presso il Padre. È in Lui oggi che si diviene nuove creature. È in Lui oggi che possiamo vivere in comunione con lo Spirito Santo. Tutto avviene in Cristo oggi. Se priviamo Cristo Gesù del suo oggi, lo priviamo anche del suo ieri e del suo domani, del suo sempre. Cristo è il solo Sacramento, il solo Punto d’incontro tra Dio e ogni cuore, non solo ieri, non solo oggi, non solo nel tempo, anche per l’eternità beata. Anche nel Cielo si conosce il Padre solo in Cristo.

Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza. Voglio infatti che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell’amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.

Paolo vive immerso nel cuore di Cristo. Dal cuore di Cristo vede ogni verità di Dio e dell’uomo, del cielo e della terra, del tempo e dell’eternità. Nel cuore di Cristo vuole portare ogni uomo, lo porta manifestandogli tutta la ricchezza della verità, della sapienza, della conoscenza, della luce che dimorano e si attingono in quel cuore. Quando noi non manifestiamo il cuore di Cristo, di Cristo non parliamo, Cristo non riveliamo, su Cristo non ammaestriamo, è il segno che siamo proprio noi fuori di quel cuore. Ma se siamo fuori del cuore di Cristo, tutta la nostra scienza su Dio, anche se filosoficamente altissima, è nullità, spazzatura, cosa riprovevole. Manca il principio della verità di ogni scienza e questo principio è solo il cuore di Cristo. Paolo annunzia Cristo perché vuole rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Tutto è Cristo. Tutto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la conoscenza di Gesù.

12 SETTEMBRE

Abita corporalmente tutta la pienezza della divinità

Col 2,6-15; Sal 144,1-2.8-11; Lc 6,12-19.

Si può essere idolatri in molti modi. Anche adorando il vero Dio si può incorrere in questo vizio di fede e di scienza della vera fede. San Paolo sa che ogni giorno i cristiani senza che essi neanche se ne accorgano, possono facilmente passare o trascinarsi dalla vera fede nel vero Dio in un paganesimo o in una idolatria peggiore di quelli da essi abbandonati. Qual è la via perché questo slittamento nella falsità e nella menzogna non avvenga? La via è una sola: divenire ogni giorno di più una cosa sola con Cristo Gesù, radicarsi in Lui, fondarsi in Lui, stabilizzarsi in Lui, divenendo immagine visibile di Lui anche nel proprio corpo. Più ci si conforma a Cristo nella vita e nella morte e più si sta lontano dal pericolo di finire nell’idolatria e nel paganesimo.

Cerchi la verità di Dio? Non la cercare nella vana filosofia, nella stolta antropologia, nell’inutile scienza della terra. Dio è il Creatore delle cose. Non è le cose. Lui è fuori delle cose, anche se è nelle cose. Chi vuole conoscere il vero Dio deve cercarlo in Cristo Gesù, perché è in Lui che abita la pienezza della divinità. Tutto il Padre è tutto in Cristo e tutto Cristo è tutto nel Padre, nella comunione dello Spirito Santo. Il corpo di Cristo è il corpo del Figlio eterno del Padre. In quel corpo, pur essendo il corpo della Persona del Figlio, in ragione dell’unione ipostatica, abita, pur non essendo il loro corpo, in tutta la sua pienezza di amore il Padre e nella perfezione della sua comunione lo Spirito Santo. La beata Trinità dimora in quel corpo, che fa da purissimo tempio. Cercare il vero Dio altrove, è opera vana, inutile, perché altrove Lui non abita.

Divenendo corpo di Cristo, anche nel cristiano, abita corporalmente la pienezza della divinità. È in questa abitazione che lui conosce Dio. Lo conosce per “partecipazione”, per “assunzione”, per “assimilazione”. Quando il ferro viene immerso nel fuoco, conosce il fuoco per trasformazione in fuoco, assimilazione del fuoco, abitazione nel fuoco. Se esce dal fuoco, si ricorderà forse del fuoco, ma non conoscerà più il fuoco. Non è più immerso in esso. È questo il motivo per cui Paolo vuole che ogni cristiano non solo rimanga in Cristo, ma anche “assimili” Cristo, si renda “partecipe” di Cristo, Cristo in Lui e di Lui, si “conformi e si trasformi” in Lui, così come il ferro si trasforma in fuoco, assimilando il fuoco, divenendo fuoco, ma sempre rimanendo in esso. Quando si esce dal fuoco, si ritorna ferro come prima. Si perde la conoscenza del fuoco.

Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

In Cristo il cristiano gode e vive la stessa vittoria di Cristo sulle potenze del male. Come il ferro mentre è nel fuoco non sente il freddo, anche se devesse trovarsi in un ambiente gelido, così dicasi del discepolo di Gesù. Finché lui dimora, rimane, diviene Cristo con Cristo, nessuna potenza ostile lo potrà sopraffare. Lui partecipa della vittoria di Cristo sulle forze del male. Il principe del mondo avrà potere sopra di lui non appena si separa da Cristo, esce da Lui, non dimora più nel suo fuoco di verità e di carità. Uscendo da Cristo, esce anche dalla sapienza e dalla fortezza dello Spirito Santo, è privo di ogni forza contro i nemici della sua anima. Si vince rimanendo in Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

13 SETTEMBRE

Impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi

Col 3,1-11; Sal 144,2-3.10-13ab; Lc 6,20-26.

Noi conosciamo bene l’insegnamento di Paolo, nello Spirito Santo, sulla distinzione tra ciò che appartiene a Dio e ciò che invece appartiene alla carne e al mondo. A Dio appartiene la verità, la giustizia. Del mondo è la falsità e l’ingiustizia. Da Dio nasce la purezza del cuore. Dal mondo invece spuntano impurità, immoralità passioni, desideri cattivi, orge, dissolutezze e ogni altro disordine nella vera moralità.

Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,18-32).

Chi è in Cristo, chi fa parte di Lui, vive della sua verità e della sua purezza. Un corpo santo vive di membra sante. Se le membra non sono sante, non sono di Cristo, si sono separate da Lui, da Lui sono state recise. Urge che vengano nuovamente innestate in Lui attraverso una vera conversione, un vero pentimento, un vivo desiderio di conservarsi puri come Cristo è puro e santi come Cristo è il Santo. “Siate puri, perché io, Cristo, vostro corpo sono puro e sono santo”. Tra l’antico comando di Dio – l’uomo era fuori di Dio – e il nuovo comando di Cristo – l’uomo è in Cristo – vi è un abisso di verità. Realmente, sostanzialmente, veramente il cristiano è corpo di Cristo.

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

È in Cristo che si crea l’unità del genere umano. Non è la fede in Dio che crea la nostra unità. Essa è creata da Cristo, divenendo noi corpo di Cristo e facendosi Cristo tutto in tutti. Un solo Cristo, un solo corpo, tutti nel corpo di Cristo e tutto Cristo in ogni cristiano. La sola fede mai potrà creare l’unità e neanche la confessione di un solo Dio. La salvezza dell’uomo è Cristo. L’unità dell’uomo è in Cristo. Cristo è tutto e in tutti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola in Cristo.

14 SETTEMBRE

Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta

Nm 21,4b-9; Sal 77,1-2.34-38; Fil 2,6-11; Gv 3,13-17.

Per mancanza di fede si muore. Si ritorna a vivere riprendendo il cammino della fede. Fede non è però la confessione di una verità anche purissima su Dio. Questa è scienza, non fede. Sapere che Dio è uno e trino, non è fede, è conoscenza, verità, dottrina. Vi è differenza tra sana dottrina e fede. La fede si fonda sulla sana dottrina, ma la sana dottrina non è la fede. La fede può esistere anche senza una dottrina piena su Dio. Abramo ancora non ha la piena, perfetta dottrina sul mistero di Dio, possiede però una fede purissima nel suo Signore. Questa fede è attestata dalla Lettera agli Ebrei. La storia testimonia che Abramo obbediva – ed è questa la vera fede- ad ogni Parola che usciva dalla bocca del suo Signore e Dio.

Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.

Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo (Eb 11,8-19).

Fede è consegna all’ultima Parola di Dio, indipendentemente dalle altre Parole di Dio già ascoltate. Il popolo del Signore cammina con Dio nel deserto, ma non ascoltava l’ultima Parola di Dio. Cammina, ma senza alcuna fede. Il Signore gli dice che può occupare la terra, ma esso non crede. Non ascolta la sua Parola. Per questo non ascolto, rimase nel deserto per ben quaranta anni. Il Signore gli indica la via attraverso la quale avanzare verso la Terra Promessa, il popolo si stanca e comincia a mormorare contro il Signore. Non crede che la via indicata da Dio era la sola possibile, la sola sicura. La mormorazione uccide la fede nel cuore, fa morire la fiducia in Dio.

Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Tra il serpente di rame e la guarigione non vi è alcuna relazione intrinseca. La relazione è solo di fede nella Parola di Dio. Il Signore promette la guarigione per quanti lo avessero guardato. Si ascolta questa parola, si ha fede in essa, si ottiene la guarigione. Non si ascolta, non si crede, si rimane nella morte. È questa la vera fede: ascolto dell’ultima Parola proferita, pronunciata dal Signore. La fede è la via della vita. Ora l’ultima Parola di Dio è Cristo Gesù. Si ascolta Cristo, si entra nel cammino della vita. Non si ascolta Cristo, si rimane nella morte, nella quale già ci si trova. Abramo viveva ascoltando l’ultima Parola di Dio. Noi viviamo solo ascoltando Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori di Cristo.

15 SETTEMBRE

Mi è stata usata misericordia

1 Tm 1,1-2.12-14; Sal 15,1-2a.5.7-8.11; Lc 6,39-42.

San Paolo sempre vede la sua vita prima dell’incontro con Cristo e dopo la folgorazione sulla via di Damasco. Il prima è frutto della sua insipienza, stoltezza, non retta conoscenza delle Scritture, come Lui stesso confessa nella Lettera ai Romani.

Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen (Rm 9,1-5). Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera salgono a Dio per la loro salvezza. Infatti rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede (Rm 10,1-4).

Paolo in questo mondo viveva, di questo mondo era parte. Anche se lui in qualche modo si giustifica nella Lettera ai Filippesi dicendo che era persecutore per zelo.

Per il resto, fratelli miei, siate lieti nel Signore. Scrivere a voi le stesse cose, a me non pesa e a voi dà sicurezza. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare! I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti (Fil 3,1.11).

È stato il Signore che ha tratto fuori con potenza di luce e di fuoco divino Paolo da quel mondo, dal quale era impossibile venirne fuori con le sole sue forze. Lui in quel mondo era saldamente ancorato, piantato, ben radicato. È questa la misericordia che lui canterà in eterno. “Tu, Signore, sei venuto, mi hai tratto al largo, hai avuto pietà di me, mi hai inondato con la tua eterna misericordia. Non solo hai fatto questo. Mi hai anche giudicato degno di lavorare per te, per portare te e il tuo Vangelo ad ogni creatura”. Sapendo quanto grande è stata la misericordia di Dio verso di lui, vuole gridare al mondo che non vi è nessuno che non possa essere perdonato dal Signore, attratto da Lui, da Lui inondato e sommerso nel suo grande amore. La sua verità storica può essere verità storica di ogni altro. Nessuno deve pensare come Caino.

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, a Timòteo, vero figlio mio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.

La fede nasce dalla fede. Paolo vive di purissima fede nella misericordia di Cristo Gesù. Questa sua fede vuole che sia fede di ogni altro uomo. Se la nostra fede è debole, debolezza di fede comunichiamo. Ma la nostra fede è debole finché non ci consegneremo totalmente a Cristo come si è consegnato Paolo. Dono per dono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede forte, vera.

16 SETTEMBRE

Dimostrare tutta quanta la sua magnanimità

1 Tm 1,15-17; Sal 112,1-7; Lc 6,43-49.

Che Cristo Gesù sia venuto nel mondo per salvare i peccatori è verità. La verità piena annunzia che ogni uomo è peccatore e anche rivela le modalità della sua salvezza. Lui ci ha salvato, ci salva per espiazione vicaria, prendendo su di sé tutte le nostre colpe, espiando la nostra pena. Lui ci salva andando in Croce al posto nostro. La profezia antica sul Messia raggiunge il sommo della rivelazione di Isaia sul Servo del Signore.

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.

Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.

Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 52,13-53,12).

A questa profezia Paolo aggiunge una verità: la sua storia. Dio, a lui grande peccatore, il più grande di tutti, il primo, ha applicato l’espiazione vicaria di Cristo. Se a lui è stata applicata nessun peccatore – e tutti siamo peccatori – anche grandissimo, potrà dubitare della misericordia di Dio. Anzi Paolo completa questo annunzio di misericordia aggiungendovi altro: Dio ha permesso che Paolo passasse attraverso la persecuzione della Chiesa, perché nessun persecutore della Chiesa o di Cristo, potesse avere un dubbio sul perdono di Gesù Signore. Lui, Paolo, è esempio universale, storico, visibile della potenza della misericordia del Signore. Tutti possono essere perdonati da Dio.

Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

L’Apostolo così vuole invitare ogni uomo a credere nel perdono del Signore. Senza questa fede non si fa ritorno alla casa del Padre. Manca la fede iniziale. Di questa fede iniziale Paolo è un vero Maestro. Pone se stesso come esempio di misericordia perché tutti credano nel perdono di Cristo Gesù. Non è perdonato solo chi manca di fede e non crede nella misericordia del Signore. Questa verità vale anche per tutti i ministri della misericordia e del perdono. Essi sono obbligati a creare questa fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci maestri nella vera fede.

17 SETTEMBRE – XXIV DOMENICA T.O. A

Perdona l’offesa al tuo prossimo

Sir 27,30-28,9; Sal 102,1-4.9-12; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35.

Nel Discorso della Montagna Gesù dona ai suoi discepoli la regola d’oro, come legge universale di azione, relazione, comportamento, pensiero. Ognuno sa ciò che è bene per sé, se lo sa per sé, deve saperlo anche per gli altri. Ma anche ognuno desidera che gli venga fatto del bene. Se lo desidera e lo vuole per sé anche lui è obbligato a farlo, desiderarlo, pensarlo, volerlo per gli altri. Gesù pone il cuore come misura di amore universale. Questa regola è infallibile e va sempre applicata, osservata, vissuta.

Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti (Mt 7,7-12).

Questa regola vale per ogni cosa. Essa è universale. Il Libro del Siracide vede l’uomo bisognoso di perdono, misericordia, pietà, compassione da parte del Signore. Se lui non perdona, non smette di fare il male, continua nell’offendere i fratelli, attizza liti, crea discordie, fomenta guerre, potrà mai chiedere perdono al Signore? Di certo morirà nei suoi peccati. Il Signore mai perdonerà chi non perdona e mai sarà misericordioso con chi non vuole essere misericordioso con i suoi fratelli. Potrà dare il Signore un tozzo di pane a chi mai dona neanche una sola briciola, una piccola mollica ad un suo simile? Gesù non applica questa regola d’oro della misericordia per il suo giudizio finale?

L’uomo ha bisogno che Dio gli doni tutto, ogni cosa. Se però lui è avaro, senza pietà, non conosce la compassione, non ama la misericordia, odia ogni giustizia, fa il male, priva i suoi fratelli del necessario pur potendo, di certo il Signore non potrà avere pietà di lui. Manca il soggetto sul quale riversare tutta la sua misericordia. Oggi in modo particolare questa verità va annunziata. Chi vuole la misericordia da Dio – e tutti abbiamo bisogno della sua misericordia – deve necessariamente essere misericordioso. La pietà, l’amore è esigenza della natura umana. La misericordia vissuta è l’ossigeno del nostro spirito, se vogliamo essere ossigenati da Dio. Poiché tutto il bene in noi viene da Dio, chi vuole ricolmarsi di ogni bene, deve ricolmare di beni. È legge eterna. Dobbiamo essere pietosi perché noi abbiamo bisogno di pietà.

Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro. Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, chi espierà per i suoi peccati? Ricòrdati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui. Astieniti dalle risse e diminuirai i peccati, perché l’uomo passionale attizza la lite. Un uomo peccatore semina discordia tra gli amici e tra persone pacifiche diffonde la calunnia.

La prima pietà verso il prossimo è astenersi dal fargli del male. Chi ama il prossimo deve stare lontano dalla trasgressione dei Comandamenti e dagli Statuti della divina Legge. Non si può adulterare ed essere pietosi, né rubare ed essere misericordiosi, né dire falsa testimonianza ed essere compassionevoli. Astenendosi da ogni male – ed è questa la pietà per giustizia – si può esercitare la pietà per amore o di misericordia. Poiché il Signore ci ha arricchiti di beni, con i beni del Signore facciamo il bene. Poiché il Signore ci ha inondati del suo perdono, con il perdono del Signore perdoniamo sempre chi ci ha fatto del male. Gesù ci chiede di essere noi coloro che offrono il perdono all’offensore senza umiliarlo nel pretendere da lui le scuse e la richiesta di essere perdonato. Chi vuole essere amato da Dio deve obbligarsi ad ogni amore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di volontà di amore.

18 SETTEMBRE

Uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini

1 Tm 2,1-8; Sal 27,2.7-9; Lc 7,1-10.

Oggi più che mai la verità sulla Mediazione unica e universale di Cristo Gesù tra Dio e l’umanità va affermata con determinazione, purezza di dottrina, forte convincimento di fede, rettitudine di coscienza, franchezza di spirito, libertà di martirio. Gesù è il Mediatore unico tra Dio e l’umanità nella profezia, nella regalità nel sacerdozio. Qualche brano della Lettera agli Ebrei illuminerà la nostra mente.

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1,1-4).

Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre (Eb 7,126-28).

Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa. Ora, dove c’è un testamento, è necessario che la morte del testatore sia dichiarata, perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive. Per questo neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue. Infatti, dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la Legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue dell’alleanza che Dio ha stabilito per voi. Alla stessa maniera con il sangue asperse anche la tenda e tutti gli arredi del culto. Secondo la Legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue, e senza spargimento di sangue non esiste perdono (Eb 9,11-22).

Attenzione! La mediazione non è nel dono della benedizione, della salvezza, della redenzione, nella giustificazione, nell’eredità eterna, nella pace. È Lui la benedizione, la salvezza, la redenzione, la giustificazione, l’eredità eterna, la pace. È Lui il dono del Padre. Questo dono, questi doni non sono fuori di Lui. Si attingono in Lui, si vivono in Lui, per Lui, con Lui. Senza Cristo si è senza doni. Fuori di Cristo si è fuori dei doni.

Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità. Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche.

Cristo Gesù è tutto, perché Dio è tutto in Cristo Gesù. Fuori di Cristo Dio non esiste.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

19 SETTEMBRE

Capace di insegnare

1 Tm 3,1-13; Sal 100,13ab.5.6; Lc 7,11-17.

San Paolo pone come condizione perché un discepolo di Gesù possa essere consacrato Vescovo la capacità di insegnare. Lui conosce il mondo dei pagani e dei Giudei, conosce anche il mondo dei cristiani, e sa con quale agilità e scaltrezza Satana entra nei cuori e sovverte i pensieri. Immaginiamo per un istante che al posto di Gesù vi fosse stato un vescovo non capace di insegnare, perché non capace di discernere volontà di Dio e volontà della creatura o che non avesse chiara quale fosse la sua missione, avrebbe superato con successo le tentazioni? In quale lui sarebbe caduto? Chi vuole sapere in quali tentazioni un vescovo può cadere, è sufficiente che legga quanto a lui scrive lo Spirito Santo per mezzo dell’Apostolo Giovanni nell’Apocalisse.

All’angelo della Chiesa che è a Tiàtira scrivi: “Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Gezabele, la donna che si dichiara profetessa e seduce i miei servi, insegnando a darsi alla prostituzione e a mangiare carni immolate agli idoli. Io le ho dato tempo per convertirsi, ma lei non vuole convertirsi dalla sua prostituzione. Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si convertiranno dalle opere che ha loro insegnato. Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere. A quegli altri poi di Tiàtira che non seguono questa dottrina e che non hanno conosciuto le profondità di Satana – come le chiamano –, a voi io dico: non vi imporrò un altro peso, ma quello che possedete tenetelo saldo fino a quando verrò. Al vincitore che custodisce sino alla fine le mie opere darò autorità sopra le nazioni: le governerà con scettro di ferro, come vasi di argilla si frantumeranno, con la stessa autorità che ho ricevuto dal Padre mio; e a lui darò la stella del mattino. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2,18-29).

Questo Vescovo manca di sano discernimento nella verità di Cristo Gesù. Confonde verità e falsità, non sa distinguere il buon grano dalla zizzania, l’erba buona dalla gramigna. Che l’erba cattiva entri nel campo di Dio, nella Chiesa di Dio, è condizione del regno. Lo afferma Gesù nella parabola della zizania. Ma ogni vescovo deve separare buon grano ed erba cattiva. Non può lui sradicare il buon grano per dare spazio all’erba cattiva. Per questo è necessario che sia capace di insegnare. Se Paolo non avesse avuto questa capacità, le sue comunità sarebbero state inghiottite dai rovi della falsità e della menzogna in pochissimo tempo. Gesù i suoi discepoli li formò con ben tre anni di ininterrotta sequela, mostrando loro tutta la verità su di sé. Un vescovo deve essere un profondissimo conoscitore di Cristo Gesù.

Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio. Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù.

Per Paolo un vescovo deve essere irreprensibile in ogni cosa e per questo si deve adornare di ogni virtù. Nessuno deve parlare male di lui. Il suo nome è nome di Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri maestri del Vangelo.

20 SETTEMBRE

Grande è il mistero della vera religiosità

1 Tm 3,14-16; Sal 110,1-6; Lc 7,31-35.

Un Vescovo della Chiesa di Dio deve conoscere Cristo Gesù allo stesso modo che Cristo Gesù conosce se stesso. Senza la conoscenza di Cristo non vi è salvezza per alcuno. Si perde il vescovo perché si smarrisce nei pensieri vani della terra. Ma si smarrisce anche il popolo a lui affidato. Il vescovo è “fonte sacramentale” del dono di Cristo, della conoscenza di Cristo, dell’annunzio di Cristo, della predicazione di Cristo. L’Apostolo Giovanni conosce Cristo. Lo attesta nella sua Prima Lettera.

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1-4).

Questa conoscenza non è sufficiente ad infondere speranza ad una Chiesa condannata al martirio in ogni suo figlio. Viene Cristo, arricchisce la sua conoscenza mostrando al suo apostolo tutta la gloria nel Cielo, rivelandogli per visioni cosa il Padre aveva fatto di Lui, e per tutta la Chiesa nasce una speranza nuova. Visione nuova di Cristo, annunzio nuovo di Lui. Nascita della nuova fede, della nuova speranza.

Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza (Ap 1,12-16).

«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,9-14).

Timoteo deve sapere parlare bene di Cristo Gesù. Tutto deve conoscere di Lui. Ciò che è prima del tempo, ciò che è stato di Lui profetizzato. Deve conoscere la sua vita, la sua morte, la sua risurrezione, la sua gloriosa ascensione al Cielo. Ciò che il Padre ha fatto di Lui per oggi e per i secoli eterni. Timoteo deve essere come lo Spirito Santo: il perenne Cantore di Cristo Gesù, il suo Testimone fedele.

Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli Angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria.

Se Timoteo vuole servire bene l’uomo, una cosa sola deve fare: dargli il vero Cristo, mostrandogli il vero Cristo. Cristo non si mostra soltanto, si dona anche con le parole, perché l’altro lo possa accogliere, divenendo con Cristo un solo corpo. Finché un uomo non approda in Cristo è simile ad un naufrago sballottato dalla tempesta. Oggi urge riprendere Cristo, annunziare Cristo, dire Cristo, spiegare Cristo, parlare di Cristo. Con Cristo si deve iniziare il discorso e con Cristo finire. Cristo è tutto per un apostolo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la scienza di Cristo.

21 SETTEMBRE

Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli

Ef 4,1-7.11-13; Sal 18,2-5; Mt 9,9-13.

La Chiesa è fondata su Pietro. A Lui il Signore ha dato le chiavi della sua verità e carità. La comunione gerarchia con lui è essenziale per essere Chiesa di Cristo Gesù.

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,17-19).

Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore » (Gv 21,15-19).

Anche gli Apostoli con Pietro e sotto Pietro nella fede e nella carità di Cristo sono vero fondamento della Chiesa. Loro sono fondamento sul fondamento con il fondamento.

«Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!» (At 15,22-29).

Ogni altro ministero e carisma nella Chiesa, essenziale alla vita del corpo di Cristo, deve sempre fondarsi su Pietro e sugli Apostoli. Nulla senza questi fondamenti primari, essenziali, sui quali poggia tutta la stabilità dell’edificio della Chiesa, che è una, santa, cattolica, apostolica. La comunione deve essere nella verità e nella carità.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? (1Cor 12,27-3o).

Ogni ministero, ogni carisma, ogni fondamento deve vivere di un unico fine: edifica il corpo di Cristo. Ma oggi è come se la Chiesa si vergognasse di edificare il corpo di Cristo. Vive di sudditanza psicologica nei confronti del mondo e delle sue filosofie. È come se avesse paura anche ad accennare a Cristo, il solo che fa la differenza.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Cristo.

 

22 SETTEMBRE

L’avidità del denaro è la radice di tutti i mali

1 Tm 6,2c-12; Sal 48,6-10.17-20; Lc 8,1-3.

Vi sono differenti modalità, a seconda dei tempi e delle circostanze storiche, di parlare delle ingiustizie sociali e dell’uso concupiscente e peccaminoso dei beni della terra. San Giacomo si serve di un linguaggio forte, fondato sulla minaccia della morte eterna. Su quanti si servono iniquamente dei beni di quaggiù incombe il giudizio di Dio.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni. Gente infedele! Non sapete che l’amore per il mondo è nemico di Dio? (Gc 4.1-4). E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza (Gc 5,1-6).

Gesù invece usa un tono pacato, ma non meno vero e meno carico di conseguenze. Chi usa i beni di questo mondo senza misericordia, in modo puramente egoistico, senza alcuna comunione e condivisione, passerà la sua eternità lontano dalla luce e dalla beatitudine eterna. Anche sulla terra l’unica effimera consolazione la potrà avere solo dai suoi beni. Dio chiude le porte della sua consolazione per chi non consola i suoi fratelli. Chi vuole essere consolato da Dio, deve consolare il suo prossimo.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro (Lc 6,20-30).

San Paolo avvisa Timoteo che si tenga lontano da ogni desiderio di guadagno o di ricchezza. È questa una via che conduce alla morte eterna. Per la sete di denaro si perde la via della fede e della vita eterna e si è inutilmente tormentati in vita.

Questo devi insegnare e raccomandare. Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina conforme alla vera religiosità, è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno. Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti. Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

Un uomo di Dio deve avere un solo desiderio nel cuore: vivere per Cristo e cercare in Cristo la sua unica e sola ricchezza. Le cose della terra deve lasciarle alla terra. Non possono entrare nel suo cuore. Se entrano esse, sparirà ben presto Cristo Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci colmi solo di Cristo.

 

23 SETTEMBRE

Senza macchia e in modo irreprensibile

1 Tm 6,13-16; Sal 99,2-5; Lc 8,4-15.

Paolo ordina a Timoteo di “conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento”. È giusto chiedersi: cosa è questo comandamento che deve essere conservato senza macchia e irreprensibile fino alla venuta di Gesù Signore? Quale verità e grazia Paolo ha consegnato a Timoteo con un fine così alto, preciso? Di certo non è quanto l’apostolo dice del comandamento nelle altre Lettere.

Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la legge infatti il peccato è morto (Rm 7, 8). E io un tempo vivevo senza la legge. Ma, sopraggiunto quel comandamento, il peccato ha preso vita (Rm 7, 9). Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte (Rm 7, 11). Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento (Rm 7, 12). Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! E’ invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento (Rm 7, 13). Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Rm 13, 9). La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l’osservanza dei comandamenti di Dio (1Cor 7, 19). Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa (Ef 6, 2).

È evidente che il comandamento non sono i comandamenti della Legge Antica, anche se necessari e vitali anche per ogni discepolo di Cristo Gesù. Infatti è Gesù stesso che afferma: “Non crediate che io sia venuto per abolire la Legge e i Profeti. Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento”. Vi è qualcosa di molto più grande, più vitale, più necessario, più alto. Il “Comandamento” che Paolo ha consegnato a Timoteo è Cristo. È il Cristo secondo il “Vangelo di Paolo”. È il Cristo che è la stessa vita di Paolo, ora messo interamente nel cuore di Timoteo perché lo doni a tutti coloro che vogliono entrare in possesso della vita eterna che è Cristo e che si ottiene nel suo nome, divenendo con Cristo una cosa sola, vivendo di Lui e per lui.

Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini, secondo il mio Vangelo, per mezzo di Cristo Gesù ( Cfr. Rm 2,12-16).

Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna ( Cfr. 2Tm 2,8-13).

Timoteo se ama il suo ministero, se vuole essere fedele al mandato ricevuto, è obbligato ad annunziare integro e puro, per tutti i giorni della sua vita, Cristo Gesù, secondo quanto Paolo gli ha trasmesso ed insegnato. È Cristo, Comandamento del Padre, la verità del Padre, dell’uomo, dello stesso Vescovo della Chiesa di Dio.

Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo. A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Timoteo dovrà conservare senza macchia e in modo irreprensibile Cristo, nel suo multiforme mistero, non per un giorno e neanche per qualche anno, ma per tutta la sua vita. Integro lo ha ricevuto, integro lo dovrà trasmettere, consegnare. È Cristo, solo Lui, la verità della sua missione. Timoteo dovrà vivere solo per dare Cristo, consegnare Lui.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nel ministero.

 

24 SETTEMBRE – XXV DOMENICA T.O. A

L’empio abbandoni la sua via

Is 55,6-9; Sal 144,2-3.8-9.17-18; Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16.

Nell’Antico Testamento assistiamo ad una grandissima rivoluzione, anzi ad un totale capovolgimento sulla “legge” del perdono. Quando il popolo divenne idolatra presso il Sinai, Mosè ha dovuto “minacciare” il Signore per “piegarlo” a perdonare il suo popolo.

Il giorno dopo Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa». Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato… Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco, il mio angelo ti precederà; nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato» (Es 32,30-34).

Con i profeti viene annunziato che è Dio stesso che prende a cuore la conversione del suo popolo e gli spiana anche la strada. Il cantore di questo amore eterno di Dio è Osea. È Lui che rivela l’amore indistruttibile del Signore per la sua sposa infedele.

Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome. In quel tempo farò per loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli uccelli del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese, e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo e all’olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò: “Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Dio mio”» (Os 2,16-25).

Ma il Signore non vuole che il popolo passi per la triste e dolorosa esperienza di una nuova schiavitù. Per questo con premura manda i suoi profeti perché gridino a Giuda che la smetta di inseguire gli idoli e faccia subito ritorno al suo Dio, ricco di perdono e di misericordia. Il Signore è pronto a concedere il perdono, a dimenticare le offese, purché Giuda realmente si converta, realmente abbandoni gli idoli, realmente torni a Lui con cuore umiliato e pentito. Dio perdona nella conversione e nel pentimento. Se però Giuda non si convertirà, Lui dovrà rimanere fedele alla sua Parola e lasciare che il suo popolo faccia la dolorosissima esperienza di una seconda schiavitù.

Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Geremia manifesta tutta la grandezza della misericordia di Dio. Lui è pronto a perdonare Gerusalemme, solo se in essa avesse trovato un solo uomo giusto.

Percorrete le vie di Gerusalemme, osservate bene e informatevi, cercate nelle sue piazze se c’è un uomo che pratichi il diritto, e cerchi la fedeltà, e io la perdonerò. Invece giurano certamente il falso anche quando dicono: «Per la vita del Signore!». I tuoi occhi, Signore, non cercano forse la fedeltà? Tu li hai percossi, ma non mostrano dolore; li hai fiaccati, ma rifiutano di comprendere la correzione. Hanno indurito la faccia più di una rupe, rifiutano di convertirsi. Io pensavo: «Sono certamente gente di bassa condizione, quelli che agiscono da stolti, non conoscono la via del Signore, la legge del loro Dio. Mi rivolgerò e parlerò ai grandi, che certo conoscono la via del Signore, e il diritto del loro Dio». Purtroppo anche questi hanno rotto il giogo, hanno spezzato i legami! Per questo li azzanna il leone della foresta, il lupo delle steppe ne fa scempio, il leopardo sta in agguato vicino alle loro città: quanti escono saranno sbranati, perché si sono moltiplicati i loro peccati, sono aumentate le loro ribellioni (Ger 5,1-6).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, convertite i nostri cuori.

 

25 SETTEMBRE

Oltre a quello che ciascuno offrì spontaneamente

Esd 1,1-6; Sal 125,1-6; Lc 8,16-18.

Il tempio di Gerusalemme è distrutto. Esso va riedificato. Poiché il tempio è di Dio, tutto il popolo del Signore è invitato a partecipare alla sua costruzione e riedificazione. Si fa come ai tempi di Mosè, con la tenda, e come ai tempi di Davide con la raccolta di fondi.

Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e bronzo, tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, 5pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, olio per l’illuminazione, balsami per l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico, pietre di ònice e pietre da incastonare nell’efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi (Es 25,1-9).

Il re Davide disse a tutta l’assemblea: «Salomone, mio figlio, il solo che Dio ha scelto, è giovane e inesperto, mentre l’impresa è grandiosa, perché l’edificio non è per un uomo ma per il Signore Dio. Con tutta la mia forza ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro, argento su argento, bronzo su bronzo, ferro su ferro, legname su legname, ònici, brillanti, topazi, pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità. Inoltre, per il mio amore per il tempio del mio Dio, quanto possiedo in oro e in argento lo dono per il tempio del mio Dio, oltre a quanto ho preparato per il santuario: tremila talenti d’oro, d’oro di Ofir, e settemila talenti d’argento raffinato per rivestire le pareti interne, l’oro per gli oggetti in oro, l’argento per quelli in argento e per tutti i lavori eseguiti dagli artefici. E chi vuole ancora riempire oggi la sua mano per fare offerte al Signore?». Fecero allora offerte i capi di casato, i capi delle tribù d’Israele, i comandanti di migliaia e di centinaia e i sovrintendenti agli affari del re. Essi diedero per l’opera del tempio di Dio cinquemila talenti d’oro, diecimila dàrici, diecimila talenti d’argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro. Quanti si ritrovarono in possesso di pietre preziose le diedero nelle mani di Iechièl il Ghersonita, perché fossero depositate nel tesoro del tempio del Signore. Il popolo gioì per queste loro offerte, perché erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì vivamente (1Cr 29,1-9).

Il tempio è di Dio, ma è anche la casa comune del popolo di Dio. È giusto allora che tutti vi partecipino. Non con una tassa imposta. Ma con una partecipazione spontanea. Così ha fatto Mosè. Così anche ha agito Davide. Così si agisce oggi per dare nuovamente vita al tempio del Signore. Chi ama Dio deve amare la casa di Dio. Chi ama se stesso, deve amare la sua casa e collaborare perché non solo sia bella, ma “superbamente” bella, perché in bellezza superi tutte le case di Gerusalemme.

Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e costruisca il tempio del Signore, Dio d’Israele: egli è il Dio che è a Gerusalemme. E a ogni superstite da tutti i luoghi dove aveva dimorato come straniero, gli abitanti del luogo forniranno argento e oro, beni e bestiame, con offerte spontanee per il tempio di Dio che è a Gerusalemme”». Allora si levarono i capi di casato di Giuda e di Beniamino e i sacerdoti e i leviti. A tutti Dio aveva destato lo spirito, affinché salissero a costruire il tempio del Signore che è a Gerusalemme. Tutti i loro vicini li sostennero con oggetti d’argento, oro, beni, bestiame e oggetti preziosi, oltre a quello che ciascuno offrì spontaneamente.

Tutto però è per grazia del Signore. È il Signore che muove il cuore di Ciro, re di Persia, perché doni libertà al popolo del Signore e ognuno possa ritornare nella terra dei padri. È anche il Signore che ispira il re a dare ordine al popolo dei Giudei di rimettersi all’opera perché il tempio del Signore venga subito ricostruito. È sempre Dio che muove il cuore del suo popolo perché abbandonino la terra del loro esilio e vadano a Gerusalemme a dare vita al suo tempio santo. Tutto avviene per divina mozione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ispirate i nostri cuori al bene.

 

26 SETTEMBRE

Lasciate che lavorino a quel tempio di Dio

Esd 6,7-8.12b.14-20; Sal 121,1-5; Lc 8,19-21.

Quando Dio suscita dei cuori perché si compia un’opera per la sua gloria e il suo onore, tutti coloro che non amano il Signore pongono ostacoli perché nulla si realizzi. Gli uomini di Dio sanno che questo sempre è avvenuto e sempre avverrà e per questo dovranno essere di cuore forte, animo generoso, vincendo ogni tentazione. Questa verità è mirabilmente rivelata e insegnata nel Libro del Siracide. La tentazione sempre accompagnerà coloro che vogliono servire il Signore. Ma ogni tentazione va vinta.

Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso. Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade! Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione. Guai a voi che avete perduto la perseveranza: che cosa farete quando il Signore verrà a visitarvi? Quelli che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole, quelli che lo amano seguono le sue vie. Quelli che temono il Signore cercano di piacergli, quelli che lo amano si saziano della legge. Quelli che temono il Signore tengono pronti i loro cuori e si umiliano al suo cospetto. «Gettiamoci nelle mani del Signore e non in quelle degli uomini; poiché come è la sua grandezza, così è anche la sua misericordia» (Sir 2.1-18).

Seconda verità che va messa nel cuore. Quando il Signore comanda un’opera, essa si può portare a compimento, altrimenti il Signore non la comanderebbe. Questa verità ci rivela che ogni opera da Dio è anche affidata all’intelligenza e alla sapienza dell’uomo, alla sua fortezza e determinazione, alla sua mente, al suo cuore, al suo spirito. Il tempio va costruito. L’ordine è venuto direttamente dal re. Nessuno può dichiarare nullo un ordine che viene dall’alto. Si ricorre al re e cosa il re comanda? Che il tempio venga ricostruito. La paura dell’uomo mai deve farci desistere dal compiere l’opera di Dio. La fermezza, l’intelligenza, la fortezza, la sapienza sono le armi della vittoria.

Lasciate che lavorino a quel tempio di Dio. Il governatore dei Giudei e i loro anziani costruiscano quel tempio di Dio al suo posto. Ed ecco il mio ordine circa quello che dovrete fare con quegli anziani dei Giudei per la costruzione di quel tempio di Dio: con il denaro del re, quello delle tasse dell’Oltrefiume, siano integralmente sostenute le spese di quegli uomini, perché non vi siano interruzioni. Io, Dario, ho emanato quest’ordine: sia eseguito integralmente». Gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e fecero progressi, grazie alla profezia del profeta Aggeo e di Zaccaria, figlio di Iddo. Portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele e per ordine di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia. Si terminò questo tempio per il giorno tre del mese di Adar, nell’anno sesto del regno del re Dario.

Gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio; offrirono per la dedicazione di questo tempio di Dio cento tori, duecento arieti, quattrocento agnelli e dodici capri come sacrifici espiatori per tutto Israele, secondo il numero delle tribù d’Israele. Stabilirono i sacerdoti secondo le loro classi e i leviti secondo i loro turni per il servizio di Dio a Gerusalemme, come è scritto nel libro di Mosè. I rimpatriati celebrarono la Pasqua il quattordici del primo mese. Infatti i sacerdoti e i leviti si erano purificati tutti insieme, come un sol uomo: tutti erano puri. Così immolarono la Pasqua per tutti i rimpatriati, per i loro fratelli sacerdoti e per se stessi.

Con la celebrazione della Pasqua, il popolo del Signore, ritrova la sua vita. C’è il tempio, si riprende la vita di fede, ogni altra vita potrà ora nascere. Tutto parte da Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci forti e risoluti nel bene.

 

27 SETTEMBRE

Ci ha resi graditi ai re di Persia

Esd 9,5-9; Sal Tb 13,2-5; Lc 9,1-6.

Gli uomini di Dio vivono di grande sapienza e intelligenza, perché guidati e illuminati dal suo Santo Spirito. Il peccato è dell’uomo. Il perdono è del Signore. Il male è dell’uomo. La grazia è del Signore. L’onore e la gloria sono del Signore. Il disonore è dell’uomo. L’uomo è nel disonore perché non ha ascoltato il suo Dio, il suo Signore, non ha obbedito alla sua voce, non ha messo in pratica i suoi Comandamenti, si è ostinato nel percorrere vie di idolatria e ingiustizia. È nel disonore perché non dimora più nella volontà del suo Signore. L’alleanza non è la sua casa. Israele esiliato cosa chiede al Signore? Che lo liberi manifestando tutta la sua grande potenza. Lui deve ricondurre Giuda nella sua terra per rivelare ai popoli la sua grandezza. Questa verità è cantata nel Salmo. Dio è invocato perché è sempre fedele a se stesso, al suo amore, alla sua misericordia, alla sua grazia. Per grazia può liberare il suo popolo.

Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria, per il tuo amore, per la tua fedeltà. Perché le genti dovrebbero dire: «Dov’è il loro Dio?». Il nostro Dio è nei cieli: tutto ciò che vuole, egli lo compie. I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni! Diventi come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida! Israele, confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Casa di Aronne, confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Voi che temete il Signore, confidate nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Il Signore si ricorda di noi, ci benedice: benedice la casa d’Israele, benedice la casa di Aronne. Benedice quelli che temono il Signore, i piccoli e i grandi. Vi renda numerosi il Signore, voi e i vostri figli. Siate benedetti dal Signore, che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l’ha data ai figli dell’uomo. Non i morti lodano il Signore né quelli che scendono nel silenzio, ma noi benediciamo il Signore da ora e per sempre. Alleluia (Sal 115 (113B9 1-18).

Gli uomini di Dio vivono di questo grande discernimento e in esso sono maestri per tutto il popolo del Signore. È verità che sempre dovrà essere confessata. Di nessun male né fisico, né spirituale, né morale, né sociale, né politico, né di altro genere, Dio è responsabile. Lui è il Santo, l’Innocente, la Verità, la Giustizia, la Misericordia, la Pace. Di ogni male è responsabile solo l’uomo. Se Israele è in esilio, è nella schiavitù, è costretto a vivere in mezzo agli idoli dei pagani, è solo per sua colpa. Il Signore con premura e sempre aveva inviato i suoi profeti per chiamarlo a conversione. Ma esso è rimasto sempre sordo, anzi si è ostinato con continua ribellione. Dio nulla ha potuto operare per la sua salvezza. Se ora è tornato nella sua terra non è per suo merito. Tutto è invece per grazia del suo Signore. Per il grande amore ha permesso che facesse l’esperienza della schiavitù. Per eterno amore ora lo ha riportato nella sua terra. Tutto in Dio è sempre frutto dell’amore: amore di conversione, amore di salvezza.

All’offerta della sera mi alzai dal mio stato di prostrazione e, con il vestito e il mantello laceri, caddi in ginocchio e stesi le mani al Signore, mio Dio, e dissi: «Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare la faccia verso di te, mio Dio, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpa è grande fino al cielo. Dai giorni dei nostri padri fino ad oggi noi siamo stati molto colpevoli, e per le nostre colpe noi, i nostri re, i nostri sacerdoti siamo stati messi in potere di re stranieri, in preda alla spada, alla prigionia, alla rapina, al disonore, come avviene oggi. Ma ora, per un po’ di tempo, il Signore, nostro Dio, ci ha fatto una grazia: di lasciarci un resto e darci un asilo nel suo luogo santo, e così il nostro Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù. Infatti noi siamo schiavi; ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati: ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio e restaurare le sue rovine, e darci un riparo in Giuda e a Gerusalemme.

Oggi questa educazione manca. Sovente il nome di Dio è nominato invano. Spesso è anche bestemmiato, perché si attribuisce a Lui ciò che è solo dell’uomo. Occorrono oggi molti maestri saggi che sempre insegnino la verità del nostro Dio che è purissima santità. Il nostro Dio è il Santo perché è alieno dal male. Non lo conosce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci santi per il Signore.

 

28 SETTEMBRE

Ricostruite la mia casa

Ag 1,1-8; Sal 149,1-6a.9b; Lc 9,7-9.

Un solo Dio, una sola casa di Dio, un solo popolo. Sin dai tempi antichi il cuore del popolo sempre è stato la casa del Signore. Dalla sua casa il Signore parlava, da essa guidava, in essa si otteneva il perdono dei peccati, da essa si ripartiva per iniziare una nuova vita. Senza casa di Dio il popolo è senza se stesso, perché senza Dio. Il Dio nel cielo deve essere il Dio sulla terra. Il Dio trascendente deve essere il Dio immanente. Il Dio alto ed elevato deve essere anche il Dio abbassato. Il Dio di lassù deve essere anche il Dio di quaggiù. È di quaggiù quando abita nella sua casa santa. Ora Dio è senza casa ed il suo popolo è senza se stesso. Gli manca il principio divino unificatore della sua vita. Senza Dio si è una moltitudine senza alcuna identità. Noi sappiamo che Geroboamo per dare unità al suo popolo e perché non salisse a Gerusalemme ad adorare il Dio vivo e vero, gli costruì i vitelli di Samaria. Un falso tempio per un falso popolo. Tuttavia resta saldo il principio: un solo popolo, un solo tempio, un solo Dio.

Geroboamo pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboamo, re di Giuda». Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli. Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboamo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. Il giorno quindici del mese ottavo, il mese che aveva scelto di sua iniziativa, salì all’altare che aveva eretto a Betel; istituì una festa per gli Israeliti e salì all’altare per offrire incenso (1Re 12,26-33).

Il Signore chiede che si dia al popolo il suo centro di unità e di stabilità, luogo in cui sempre immergersi nella sorgente del suo rinnovamento non solo spirituale, ma anche sociale e politico. Ma il popolo pensa più alle sue faccende che non alla casa del suo Dio. Con quali risultati? Il popolo trascura Dio e Dio trascura il suo popolo. Il popolo non lavora alacremente per il suo Dio e Dio non lavora con abbondanti benedizioni per il suo popolo. Senza la benedizione di Dio, tutto va in fumo, in malora nel popolo. Il profeta Aggeo ammonisce il popolo. Se non vi dedicate al tempio, Dio non potrà dedicarsi a voi. Lavorate invano. Vi consumate per il niente. Non avrete successo.

L’anno secondo del re Dario, il primo giorno del sesto mese, questa parola del Signore fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote. «Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: “Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!”». Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: «Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! 8Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore.

Tutto è di Dio: il tempo, le energie, la terra, i beni, le cose, la materia, lo spirito. Quando tutto ciò che è di Dio è posto al servizio di Dio, per dare gloria al suo nome, Dio mette tutto se stesso a servizio della gloria dell’uomo. Gloria per gloria, non gloria per non gloria, disinteresse per disinteresse. Se però Dio si disinteressa dell’uomo perché l’uomo trascura il suo Do, non c’è alcun frutto di bene. Lavora solo l’uomo e non Dio. Ora il solo lavoro dell’uomo crea solo miseria, povertà, grande penuria.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri servi del nostro Dio.

 

29 SETTEMBRE

Diecimila miriadi lo assistevano

Dn 7,9-10.13-14; oppure: Ap 12,7-12a; Sal 137,1-5; Gv 1,47-51.

Dal Libro della Genesi al Libro dell’Apocalisse viene chiaramente rivelata l’esistenza degli Angeli. A differenza dell’uomo, che è composto di corpo materiale e di anima spirituale, questi esseri invisibili sono puro spirito, sono esseri senza materia.

Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto» (Gen 28,10-15).

E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (11-14).

Sulla missione degli Angeli ci illumina mirabilmente la Lettera agli Ebrei.

Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio. Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, al Figlio invece dice: Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli; e: Lo scettro del tuo regno è scettro di equità; hai amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di esultanza, a preferenza dei tuoi compagni. E ancora: In principio tu, Signore, hai fondato la terra e i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno, ma tu rimani; tutti si logoreranno come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un vestito anch’essi saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso e i tuoi anni non avranno fine. E a quale degli angeli poi ha mai detto: Siedi alla mia destra, finché io non abbia messo i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? Non sono forse tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati a servire coloro che erediteranno la salvezza? (Eb 1,5-14).

Di alcuni Angeli la Scrittura rivela anche il nome: Michele, Gabriele, Raffaele. Michele è l’Angelo che lottò contro Lucifero e salvò due terzi di Angeli. Il suo nome significa: Chi è come Dio? Lucifero si era autoproclamato Dio. Gabriele è l’Angelo che porta i messaggi del Signore e anche li spiega. Il suo nome significa: Nunzio di Dio, Portatore del Messaggio del Signore. Lui parla a Zaccaria nel tempio. Parla a Maria nella casa di Nazaret. Raffaele invece significa Medicina di Dio, Guarigione di Dio. È l’Angelo mandato da Dio a prendersi cura della famiglia di Tobi.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Gesù, il Figlio Eterno del Padre, fattosi carne, come fu tentato dal diavolo, lo spirito del male, così anche fu servito dagli Angeli. Da un Angelo fu anche confortato nell’Orto degli Ulivi. Agli Angeli Gesù ha affidato l’annunzio della sua gloriosa risurrezione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura e vera.

 

30 SETTEMBRE

Ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te

Zc 2,5-9.14-15a; Sal Ger 31,10-12b.13; Lc 9,43b-45.

Quanto il profeta Zaccaria annunzia – Ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te – attesta una verità che, pur compiendosi nel tempo immediato, essa riceve il suo compimento pieno in Cristo Gesù, nella Chiesa, corpo di Cristo, e nella Gerusalemme del Cielo.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-18).

È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9-15).

In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Ap 21,22-27).

Dal Dio che abita in Gerusalemme, in mezzo al suo popolo si giunge al nuovo popolo di Dio che abita tutto in Dio. L’uomo viene dalla Parola onnipotente e creatrice di Dio. Il Figlio Eterno del Padre si fa uomo e Dio abita nella carne dell’uomo. Per la carne del Figlio di Dio l’uomo nella nuova creazione abiterà tutto in Dio. È in questa abitazione eterna in Dio che l’uomo raggiunge la pienezza della sua verità.

Alzai gli occhi, ed ecco un uomo con una fune in mano per misurare. Gli domandai: «Dove vai?». Ed egli: «Vado a misurare Gerusalemme per vedere qual è la sua larghezza e qual è la sua lunghezza». Allora l’angelo che parlava con me uscì e incontrò un altro angelo, che gli disse: «Corri, va’ a parlare a quel giovane e digli: “Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere. Io stesso – oracolo del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa”». Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te.

Il profeta Zaccaria rassicura i figli di Gerusalemme. Dio non ha abbandonato l’uomo. Ciò che ha fatto di fronte a ciò che farà è da considerarsi una piccola cosa. Lui attirerà tutti i popoli perché aderiscano al suo nome. Saranno così tante le persone che si convertiranno che Gerusalemme sarà troppo ambigua. Dio toglierà da essa ogni muro. Sarà Lui che le farà da muro. È evidente che questa profezia ha un altissimo valore messianico e solo in Cristo e nella Chiesa essa trova la sua piena attuazione storica.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci comprendere la Parola.