Commento teologico alla prima lettura – settembre 2018

 

 PER NOI È DIVENTATO SAPIENZA PER OPERA DI DIO

1 Cor 1,26-31; Sal 32; Mt 25,14-30

1 SETTEMBRE

La sapienza rende sapienti. Ma la sapienza è un dono sempre da chiedere, sempre da dare, sempre da cercare. Solo Dio è il Sapiente e solo da Lui ogni sapienza discende. Questa verità è annunziata da Baruc. Israele si deve convincere che la sapienza per esso è la Legge del Signore. Fuori della Legge non c’ sapienza per l’uomo.

Ascolta, Israele, i comandamenti della vita, porgi l’orecchio per conoscere la prudenza. Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. Impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace. Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Dove sono i capi delle nazioni, quelli che dominano le belve che sono sulla terra? Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo, quelli che ammassano argento e oro, in cui hanno posto fiducia gli uomini, e non c’è un limite ai loro possessi? Coloro che lavorano l’argento e lo cesellano senza rivelare il segreto dei loro lavori? Sono scomparsi, sono scesi negli inferi e altri hanno preso il loro posto.

Generazioni più giovani hanno visto la luce e hanno abitato sopra la terra, ma non hanno conosciuto la via della sapienza, non hanno compreso i suoi sentieri e non si sono occupate di essa; i loro figli si sono allontanati dalla loro via. Non se n’è sentito parlare in Canaan, non si è vista in Teman. I figli di Agar, che cercano la sapienza sulla terra, i mercanti di Merra e di Teman, i narratori di favole, i ricercatori dell’intelligenza non hanno conosciuto la via della sapienza, non si sono ricordati dei suoi sentieri. O Israele, quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! È grande e non ha fine, è alto e non ha misura! Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi, alti di statura, esperti nella guerra; ma Dio non scelse costoro e non diede loro la via della sapienza: perirono perché non ebbero saggezza, perirono per la loro indolenza. Chi è salito al cielo e l’ha presa e l’ha fatta scendere dalle nubi? Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata e l’ha comprata a prezzo d’oro puro? Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero (Bar 3,9-31).

Cristo Gesù è stato costituito dal Padre Mediatore Eterno di ogni sapienza e intelligenza. Lui però non è solo il Mediatore Eterno, nel senso che attinge dal Padre e dona agli uomini, è Mediatore Eterno perché la sapienza si attinge in Lui e si vive in Lui. Meglio: la sapienza è Lui e il Padre lo ha dato a noi perché sia Lui a vivere in noi.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30).

Cristo non vive in noi, noi non viviamo in Cristo, siamo senza sapienza. Consumiamo la nostra vita in una stoltezza senza luce, fatta solo di menzogna e inganno.

Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.

Cristo è dono del Padre. La vocazione ad essere vita in Cristo è grazia del Padre. Vive di Cristo e per Cristo è anche dono del Padre, opera sua. Se tutto è dal Padre, può l’uomo gloriarsi come se qualcosa fosse da Lui? Dalla retta fede necessariamente deve nascere una relazione di versa. Dalla fede contorta nascono relazioni contorte.

Madre di Cristo, Angeli, Santi, fateci di fede purissima nella sapienza di Gesù Signore.

QUELLA SARÀ LA VOSTRA SAGGEZZA

Dt 4,1-2.6-8; Sal 14; Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23

2 SETTEMBRE – XXII DOMENICA T.O.

Questa pagina del Deuteronomio dovrebbe oggi leggerla, meditarla, farla divenire suo pensiero ogni discepolo di Gesù. Un esempio ci aiuterà a comprendere. Al tempo di Mosè e anche dopo, compresi i nostri giorni, venivano e sono “adorati” una miriade di “Dèi”. Quando Mosè e Aronne si recano dal Faraone portando il suo messaggio con il quale il loro Dio gli si chiedeva di liberare il suo popolo, la risposta del re fu immediata: “Il vostro Dio è un Dio di schiavi. Un Dio di schiavi non mi crea alcun pensiero, né mi impedisce  di dormire. Ditegli che lui non mi preoccupa più di tanto. Se invece si trattasse dei miei Dèi, allora mi preoccuperei. Questi sì che sono grandi e potenti”.

In seguito, Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dice il Signore, il Dio d’Israele: “Lascia partire il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto!”». Il faraone rispose: «Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Israele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!». Ripresero: «Il Dio degli Ebrei ci è venuto incontro. Ci sia dunque concesso di partire per un cammino di tre giorni nel deserto e offrire un sacrificio al Signore, nostro Dio, perché non ci colpisca di peste o di spada!». Il re d’Egitto disse loro: «Mosè e Aronne, perché distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori forzati!». Il faraone disse: «Ecco, ora che il popolo è numeroso nel paese, voi vorreste far loro interrompere i lavori forzati?» (Es 5,1-5).

Il Signore attraverso Mosè manifestò tutta la sua potenza. Tutta la natura si piegò ai suoi ordini. Il mondo intero vide la differenza tra il Dio di Mosè e tutti gli altri Dèi. È questa differenza che spinge Raab a scegliere di salvare gli esploratori, divenendo a sua volta essa stessa adoratrice del vero Dio e anche antenata di Cristo Gesù.

Quegli uomini non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza, e disse loro: «So che il Signore vi ha consegnato la terra. Ci è piombato addosso il terrore di voi e davanti a voi tremano tutti gli abitanti della regione, poiché udimmo che il Signore ha prosciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall’Egitto, e quanto avete fatto ai due re amorrei oltre il Giordano, Sicon e Og, da voi votati allo sterminio. Quando l’udimmo, il nostro cuore venne meno e nessuno ha più coraggio dinanzi a voi, perché il Signore, vostro Dio, è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza con voi, così anche voi userete benevolenza con la casa di mio padre; datemi dunque un segno sicuro che lascerete in vita mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte». Quegli uomini le dissero: «Siamo disposti a morire al vostro posto, purché voi non riveliate questo nostro accordo; quando poi il Signore ci consegnerà la terra, ti tratteremo con benevolenza e lealtà» (Gs 2,8-14).

Se il cristiano non mostra una altissima differenza di vita, come potranno i popolo conoscere la differenza di luce, verità, grazia, santità, sapienza di Gesù Signore? è la differenza operativa che attesta la differenza di essere. L’essere del cristiano è diverso da ogni uomo, perché le sue opere sono diverse. Se le opere sono di immoralità, cattiveria, malvagità, non vi sarà nessuna differenza visibile tra Cristo e gli altri.

Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?

È obbligo di ogni cristiano mostrare la differenza di verità, grazia, redenzione, salvezza, vita che vi è con ogni altro uomo che vive sulla terra. Gesù questa differenza la vive sulla Croce, da Crocifisso Santo. Il Centurione vede e dichiara la differenza.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano mai dimentichi la sua responsabilità.

MA SULLA POTENZA DI DIO.

1 Cor 2,1-5; Sal 118; Lc 4,16-30

3 SETTEMBRE

È impossibile parlare del mistero di Cristo Crocifisso, partendo solamente dalla sapienza o dalla scienza dell’uomo. Sapienza e scienza dell’uomo possono giungere fino all’esistenza di Dio e alla sua bellezza partendo dalla sua creazione. Oltre si può andare solo per rivelazione. Il mistero nella sua perfezione va manifestato. Resta perennemente valido quanto ci insegna il Libro della Sapienza.

Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano? (Sap 13,1-9).

Intatta rimane anche la Parola di Paolo in ordine alla conoscenza del bene e del male. L’uomo sa nell’intimo del suo essere ciò che è bene e ciò che è male.  Ma poi a causa dell’indurimento del suo cuore, soffoca la verità nell’ingiustizia. La verità e della natura.

Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,16-32).

Cristo Gesù va necessariamente annunziato, rivelato, dato, manifestato, reso vivo nel nostro corpo. La nostra predicazione non è annunziare una morale o un codice di vita. Essa è offrire Cristo ad ogni uomo come sua unica vita possibile. È Cristo la vita, la verità, la giustizia, la sapienza, la santità dell’uomo. È Cristo e tutto si vive in Lui.

Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che ci smarriamo in predicazioni vane.

ORA, NOI ABBIAMO IL PENSIERO DI CRISTO

1 Cor 2,10b-16; Sal 144; Lc 4,31-37

4 SETTEMBRE

Cristo Gesù deve essere predicato come unico e solo pensiero, dono, offerta di salvezza, redenzione, giustificazione da parte del Padre. Se Cristo Crocifisso è il solo pensiero del Padre, può un qualsiasi mortale possedere questo suo pensiero unico e offrirlo al mondo secondo purezza sempre aggiornata di luce, verità, vita? Questa possibilità per via naturale non è di nessun uomo. Chi conosce il pensiero di Dio è uno solo: lo Spirito Santo. Chi vuole parlare bene di Cristo, deve abitare nello Spirito Santo e a Lui chiedere di volta in volta la grazia di parlare di Cristo Crocifisso secondo sapienza sempre aggiornata. Se leggiamo cosa lo Spirito di Dio rivela delle qualità della sapienza, dobbiamo confessare che urge fare dello Spirito del Signore la nostra tenda e rimanere in essa così come l’arca rimaneva nella sala più remota del tempio.

In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza (Sap 7,12-30).

Quanto rivelato della Sapienza nell’Antico Testamento è solamente una pallida figura, è come la luna dinanzi al sole. Lo Spirito Santo, Sapienza Eterna di Verità, è oltre ogni parola, ogni idea, ogni immagine o figura. Solo Lui può darci la verità di Cristo Crocifisso sempre più vera. Se cisi distacca o ci si separa da Lui, sempre si riduce Cristo Crocifisso ad un concetto senza luce di salvezza, ma anche senza alcuna forza di redenzione. Questo distacco dalla Sorgente Eterna della nostra conoscenza mai si dovrà verificare, anzi in questa Sorgente Eterna si deve rimanere sempre immersi, se vogliamo annunziare Cristo Crocifisso nel suo mistero di vita e di salvezza. Dire di avere lo Spirito Santo, ma non essere immersi in Lui, non è la stessa cosa. Solo se ci si immerge in Lui, si può parlare di Cristo Crocifisso dalla sua luce, con luce sempre nuova e aggiornata. Ma per essere nello Spirito, si deve rimanere senza peccato.

Lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.

Altra verità da mettere bene in luce dice che Cristo Crocifisso può essere compreso da chi è nello Spirito Santo. Chi parla di Lui deve essere nello Spirito. Chi vuole comprendere Lui deve essere dello Spirito. Possiamo dire che lo Spirito del Signore è la sola casa nella quale chi parla sa cosa dice di Cristo Crocifisso e chi ascolta sa di che cosa si sta parlando. Nello Spirito si parla, nello Spirito si comprende. Se uno è nella casa dello Spirito e l’altro nella casa del peccato o della carne, mai vi potrà essere comprensione. Urge il passaggio nella casa dello Spirito. Per questo l’inizio di tutto è la conversione il passaggio dalla casa della carne alla casa dello Spirito. .

Casa di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepolo di Gesù sia nella casa dello Spirito.

COME A ESSERI SPIRITUALI, MA CARNALI

1 Cor 3,1-9; Sal 32; Lc 4,38-44

5 SETTEMBRE

Quando si è essere spirituali e quando carnali? La risposta Paolo ce la dona nella sua Lettera ai Galati. È essere spirituale chi produce frutti secondo lo Spirito. è invece essere carnale chi copie le opere della carne. La carne produce secondo la carne, lo Spirito secondo lo Spirito. Anche l’Apostolo Giacomo ci aiuta ben comprendere.

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,16-26).

Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia (Gc 3,12-18).

Divisioni, contrapposizione, contrasti, invidie, gelosie, volontà di essere sopra gli altri, sono tutte cose che vengono dalla carne. Mai verranno dallo Spirito del Signore. San Paolo dona una seconda verità perché ognuno sappia che è dalla carne o dallo Spirito. Si è sempre dalla carne quando non si edifica il corpo di Cristo, ma se stessi. Ogni discepolo di Gesù deve avere un solo desiderio: edificare Cristo nella sua più alta bellezza in ogni altro cuore. Lui esiste per fare bello solo questo corpo. Ognuno però secondo la missione e il dono di grazia ricevuti. Non si edifica il corpo, si è dalla carne. Come fa Paolo a parlare secondo la ricchezza dello Spirito Santo, nel quale lui abita, se i Corinzi sono ancora carnali? Deve parlare loro come a neonati.

Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.

L’immagine che Paolo offre ai Corinzi è quella di un campo. In esso ogni operaio svolge una sua particolare mansione. C’è chi pianta, chi irriga, chi pota, chi conduce l’aratro, chi governa gli animali, ma tutte queste opere sono vane se il Signore non fa crescere e maturare i frutti. I discepolo di Gesù tutti insieme sono il campo di Dio, in questo campo ognuno è chiamato a coltivare ogni altro e da ogni altro lasciarsi coltivare. Solo così Dio potrà far fruttificare di opere buone ogni singolo seguace di Cristo Crocifisso. Se invece ognuno pensa a pavoneggiarsi, facendosi bello o importante dinanzi agli altri, il campo non viene coltivato e tutta la comunità smette di produrre frutti. Dio non può mettere la sua grazia e per il campo è la fine.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutate i cristiani a coltivarsi vicendevolmente, sempre.

LA SAPIENZA DI QUESTO MONDO

1 Cor 3,18-23; Sal 23; Lc 5,1-11

6 SETTEMBRE

È giusto chiedersi: perché la sapienza di questo mondo è stoltezza dinanzi a Dio? La risposta viene dai frutti che essa produce: idolatria e ogni sorta di immoralità. Il mondo oggi crede di aver raggiunto il sommo della sapienza e dell’intelligenza. Ma chiediamoci: quali sono i frutti di questa sua osannata scienza, intelligenza, sapienza? Essa è solo a servizio dei vizi, dell’immoralità, della trasformazione del male in diritto della persona umana. Essa consiste nell’elevare gli animali alla stessa dignità dell’uomo, sempre per soddisfare vizi e capricci, e togliere agli uomini ogni dignità, sempre per allevare vizi, capricci, immoralità. Ecco la vera sapienza dell’uomo di oggi: al posto dei figli si allevano in casa animali. Ogni fine primario è stato declassato a fine secondario e ogni fine secondario è stato elevato a fine primario. Il vizio è dichiarato virtù, la virtù è classificata come vizio. Il vizio è libertà, la virtù è vergogna. Ecco come Paolo mette in guardia Timoteo contro questa sapienza del mondo.

Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi, senza amore, sleali, calunniatori, intemperanti, intrattabili, disumani, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, amanti del piacere più che di Dio, gente che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza interiore (2Tm 3,1-5).  Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero (2Tm 4,1-5).

Il banco di prova che un uomo è di vera sapienza o invece vive di ingannevole e stolta scienza è Cristo Crocifisso. Se Cristo Crocifisso viene accolto, si vive di Lui, in Lui, per Lui, l’uomo è nella vera sapienza. Se invece rimane fuori di Cristo, non diviene con Cristo una cosa sola, è di sapienza insensata, sciocca, frutto della sua carne, mai dello Spirito del Signore. Con Cristo Crocifisso tutto il mondo si dovrà confrontare. Cristo stesso ci rivela che la vita eterna non è nella conoscenza di Dio, ma in quella di Dio e di Colui che egli .ha mandato. Credere in Dio è anche facile per la sapienza carnale. Si crede in Cristo Crocifisso solo per sapienza spirituale, santa, divina.

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17m1.8).

Oggi la sapienza carnale ha deciso di eliminare Cristo Crocifisso dalla città degli uomini. Il cristiano deve però sapere che Lui è di Cristo, lui da Cristo è stato comprato a caro prezzo. Se non è da Cristo, ritorna ad essere del suo antico proprietario, schiavo del peccato, del vizio, della morte. La vita eterna è Cristo crocifisso e in Lui.

Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia. E ancora: Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani. Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fateci essere di Cristo Crocifisso per il tempo e l’eternità.

AMMINISTRATORI DEI MISTERI DI DIO

1 Cor 4,1-5; Sal 36; Lc 5,33-39

7 SETTEMBRE

Paolo si presenta alla comunità di Corinto come servo di Cristo. È servo di Cristo allo stesso modo che Cristo è servo del Padre. Come Cristo vive per fare solo la volontà del Padre, così Paolo vive solo per fare la volontà di Cristo. Nella Lettera ai Galati Lui dichiara che è Cristo che vive in Lui. Mentre nella Lettera ai Filippesi Lui presenta Cristo Crocifisso come suo unico e solo modello cui sempre si ispira, proponendo anche ad ogni o discepolo di Gesù perché mai distolga gli occhi da Cristo Crocifisso.

In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano (Gal 2,19-21).

Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me (Fil 2,1-18).

Se Lui è servo di Cristo, mai potrà essere dalla volontà degli uomini, mai dai loro pensieri, vizi, capricci, sapienza carnale. Sempre Lui dovrà essere dalla volontà di Colui del quale è servo. Oltre che servo di Cristo Gesù è anche amministratore dei misteri di Dio. Egli è nelle comunità per amministrare la Parola di Cristo, secondo la verità di Cristo, nella sapienza dello Spirito Santo. Essendo amministratore della Parola, Lui è obbligato ad esaminare al “microscopio” tutta la loro vita, non per giudicarla, ma per poterla illuminare con la potente luce della verità di Cristo Signore. Se lui dovesse omettere questo esame, diviene responsabile dinanzi a Dio si ogni peccato commesso da ogni discepolo di Gesù affidato alla sua amministrazione.

Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.

All’amministratore compete vegliare perché tutto sia o ritorni nella verità di Cristo. Chi poi giudicherà i cuori è il Signore. Sarà Lui che darà a ciascuno la lode o l’infamia eterna. L’opera dell’amministratore è indispensabile perché il cristiano possa ricevere la gloria eterna. Per quest’opera egli potrà abbandonare le tenebre e ritornare nella luce. Senza l’amministratore della verità, potrebbe rimanere per sempre nelle tenebre.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, aiutate gli amministratori di Dio nella loro fedeltà.

EGLI STESSO SARÀ LA PACE!

Mic 5,1-4a opp. Rm 8,28-30; Sal 12; Mt 1,1-16.18-23

8 SETTEMBRE

La nostra pace non solo è Cristo Gesù, perché da Lui instaurata sulla terra con il suo regno, ma è anche in Lui, poiché il suo regno si costruisce divenendo con Lui un solo corpo. La pace è il dono che Cristo fa di se stesso ad ogni uomo. Si dona il vero Cristo, si diviene una cosa sola con il vero Cristo, si è nella pace, si diviene operatori di pace. Si dona un falso Cristo, si è nella falsa pace, si è operatori di pace falsa. La pace e Cristo una cosa sola. Ma anche il cristiano e la pace una cosa ma in Cristo, per Cristo, con Cristo. Si esce da Cristo, si esce dalla pace. Si vive con un falso Cristo, si è in una falsa pace. Chi deve dare il vero Cristo sono gli apostoli e i loro successori. In comunione gerarchica con essi, ogni altro discepolo di Gesù.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

L’antichità del Messia non è temporale. Essa è eterna. I Salmi parlano di generazione da Dio. Il Nuovo Testamento ci rivela che la generazione non è di adozione e neanche di elezione. Essa è vera generazione eterna. Dio da Dio. Luce da Dio. Dio vero da Dio vero. Generato non creato. Della stessa sostanza del Padre. Il Messia è Dio e Figlio eterno di Dio. Nel tempo ha assunto la carne nasce dalla Vergine Maria.

Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano? Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: «Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna». Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai». E ora siate saggi, o sovrani;  lasciatevi correggere, o giudici della terra; servite il Signore con timore e rallegratevi con tremore. Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia (Sal 2,1-12).  Oracolo del Signore al mio signore:  «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te il principato nel giorno della tua potenza  tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». Il Signore è alla tua destra! Egli abbatterà i re nel giorno della sua ira, sarà giudice fra le genti, ammucchierà cadaveri, abbatterà teste su vasta terra; lungo il cammino si disseta al torrente, perciò solleva alta la testa (Sal 110 (109) 1-7).

La verità divina e umana del Messia va predicata in tutta la sua pienezza, sempre.

E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!

Vera Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che Cristo sia annunziato in pienezza di verità.

ALLORA SI APRIRANNO GLI OCCHI DEI CIECHI

Is 35,4-7a; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

9 SETTEMBRE – XXIII DOMENICA T.O.

Possiamo comprende questa profezia, se leggeremo quella che la precede che segna l’inizio della missione di Isaia e l’altra che la segue, che attesta la fine del suo mandato.

«Va’ e riferisci a questo popolo: “Ascoltate pure, ma non comprenderete, osservate pure, ma non conoscerete”. Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendilo duro d’orecchio e acceca i suoi occhi, e non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore né si converta in modo da essere guarito». Io dissi: «Fino a quando, Signore?». Egli rispose: «Fino a quando le città non siano devastate, senza abitanti, le case senza uomini e la campagna resti deserta e desolata». Il Signore scaccerà la gente e grande sarà l’abbandono nella terra. Ne rimarrà una decima parte, ma sarà ancora preda della distruzione come una quercia e come un terebinto, di cui alla caduta resta il ceppo: seme santo il suo ceppo (Is 6,9-13).

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria. Riedificheranno le rovine antiche, ricostruiranno i vecchi ruderi, restaureranno le città desolate, i luoghi devastati dalle generazioni passate. Ci saranno estranei a pascere le vostre greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli. Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Vi nutrirete delle ricchezze delle nazioni, vi vanterete dei loro beni. Invece della loro vergogna riceveranno il doppio, invece dell’insulto avranno in sorte grida di gioia; per questo erediteranno il doppio nella loro terra, avranno una gioia eterna. Perché io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l’ingiustizia: io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un’alleanza eterna. Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti (Is 61,1-11).

Con il peccato l’uomo ha perso l’uso degli occhi, degli orecchi, della gambe spirituali e anche del suo cuore. Il Messia viene per risanare lo spirito dell’uomo, risuscitandolo, rigenerandolo, donandogli una natura nuova, perché rende i redenti partecipi della divina natura. I miracoli del corpo sono solo segno dei miracoli che Lui farà nello spirito e nell’anima dell’uomo. Guarito lo spirito e l’anima, tutto l’uomo sarà guarito.

Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua.

Oggi noi stiamo commettendo un grande peccato contro la redenzione di Cristo. Stiamo rendendo vana la sua missione. Lasciamo spirito e anima nella morte, per dedicarci quasi esclusivamente alla cura del corpo. Il Signore non ha mandato nel mondo i suoi apostoli per dare vita ai corpi, né per elevare il tono del loro benessere materiale. Gesù ha detto ai poveri di rimanere poveri, ai sofferenti di stare nella loro sofferenza, agli affamati di coltivare la loro fame. Lui è venuto per dare la loro allo spirito e la grazia all’anima, perché veda Dio secondo pienezza di verità e l’uomo sempre dalla verità di Dio, nello Spirito Santo. Tutti i mali dell’umanità sono il frutto della cecità, della sordità, del mutismo spirituale dell’uomo. Se la Chiesa nei suoi ministri e figli, coltiva questo mutismo, la sua missione è inutile. Essa non è mandata per coltivare il mutismo spirituale, ma per guarire l’uomo nello spirito e nell’anima.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano sia fedele sempre alla sua missione.

TOGLIETE VIA IL LIEVITO VECCHIO

1 Cor 5,1-8; Sal 5; Lc 6,6-11

10 SETTEMBRE

Per Paolo il discepolo di Gesù ogni giorno è chiamato a celebrare la Pasqua del suo Signore. Sappiamo che questa festa comportava dei riti particolari, speciali, ma anche immutabili nei secoli. Le prescrizioni di Mosè dovevano essere osservate alla lettera.

“Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta.

Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. Per sette giorni voi mangerete azzimi. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato dal giorno primo al giorno settimo, quella persona sarà eliminata da Israele. Nel primo giorno avrete una riunione sacra e nel settimo giorno una riunione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; si potrà preparare da mangiare per ogni persona: questo solo si farà presso di voi. Osservate la festa degli Azzimi, perché proprio in questo giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dalla terra d’Egitto; osserverete tale giorno di generazione in generazione come rito perenne. Nel primo mese, dal giorno quattordici del mese, alla sera, voi mangerete azzimi fino al giorno ventuno del mese, alla sera. Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato, quella persona, sia forestiera sia nativa della terra, sarà eliminata dalla comunità d’Israele. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre abitazioni mangerete azzimi”» (Es 12,3-20).

Il lievito era segno del passato di schiavitù, sofferenza, dolore. Il popolo del Signore, uscendo dall’Egitto iniziava una nuova vita. Inoltre il lievito era anche segno di un tempo del quale l’uomo poteva disporre a suo piacimento. Ora invece con il battesimo il vecchio uomo, il vecchio lievito e morto. Anche il tempo ormai si è fatto breve e urge portare a compimento l’opera della propria santificazione. Se l’uomo vecchio è morto, anche le opere dell’uomo vecchio devono morire. Altrimenti significa che si è ucciso l’uomo nuovo e al suo posto si è fatto ritornare in vita il vecchio uomo. Se si vive con il lievito della malvagità, della malizia, della superbia o di ogni altro vizio, è segno che non si ha alcuna volontà di portare a compimento l’opera della nostra santificazione.

Si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

Quando una comunità permette che in essa regni il lievito vecchio, la possibilità che tutta la pasta di fermenti è più che reale. O si toglie da essa il vecchio lievito finché non ritorni ad essere nuovo, o è la fine. Rischia di corrompersi in ogni suo membro.

Madre Purissima, Angeli, Santi, convincete i cristiani che sono stati fatti nuovi in Cristo.

È GIÀ PER VOI UNA SCONFITTA AVERE LITI TRA VOI!

1 Cor 6,1-11; Sal 149; Lc 6,12-19

11 SETTEMBRE

Quanto Gesù dice per nemici, persecutori, avversari dei suoi discepoli, vale anche per il cristiano verso un altro cristiano. Il cristiano deve essere sempre arrendevole.

Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,21-36.36-48).

San Giacomo insegna questa regola alle comunità cristiane, chiede loro di fare sempre grande differenza tra la sapienza che viene da Dio e quella carnale e diabolica.

Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia (Gc 3,13-18)

Per Paolo ogni lite tra i discepoli di Gesù non solo è una sconfitta della loro vera fede in Cristo, ma è anche uno scandalo dinanzi al mondo. Esso non è più in grado di fare la differenza tra un non credente e un credente. Si getta discredito sulla Chiesa di Dio.

Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi? Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! È già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? Siete voi invece che commettete ingiustizie e rubate, e questo con i fratelli! Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.

San Paolo ammonisce severamente i Corinzi. Se essi continuano con il vecchio lievito, non entreranno nel regno eterno di Dio. Mai lo potranno ereditare. Il regno di Dio è per quanti sono divenuti nuovo lievito e da nuovo lievito vivono tutta la loro vita. Le relazioni da vecchio lievito escludono dalla salvezza eterna.  È verità immortale.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fateci lievito nuovo in Cristo Signore, sempre.

IL TEMPO SI È FATTO BREVE

1 Cor 7,25-31; Sal 44; Lc 6,20-26

12 SETTEMBRE

La brevità del tempo è altissima verità insegnata dal Signore all’uomo. Se il tempo è breve, esso va vissuto per raccogliere il più grande bene possibile. Mai esso va usato per il male. Il tempo deve produrre per l’uomo solo gioia eterna, ma perdizione.

Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Prima che nascessero i monti e la terra e il mondo fossero generati, da sempre e per sempre tu sei, o Dio. Tu fai ritornare l’uomo in polvere, quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo». Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca. Sì, siamo distrutti dalla tua ira, atterriti dal tuo furore! Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto. Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera, consumiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via. Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera? Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi! Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male. Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda. (Sal 90 (89) 1-17). Quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza – lo dica Israele –, quanto mi hanno perseguitato fin dalla giovinezza, ma su di me non hanno prevalso! Sul mio dorso hanno arato gli aratori, hanno scavato lunghi solchi. Il Signore è giusto: ha spezzato le funi dei malvagi. Si vergognino e volgano le spalle tutti quelli che odiano Sion. Siano come l’erba dei tetti: prima che sia strappata, è già secca; non riempie la mano al mietitore né il grembo a chi raccoglie covoni. I passanti non possono dire: «La benedizione del Signore sia su di voi, vi benediciamo nel nome del Signore» (Sal 129 (129) 1-9).

Che il tempo sia veramente breve lo gridano i dannati dell’inferno. Per un nulla loro hanno peso l’eternità beata. Dobbiamo finire nella perdizione per comprenderlo?

Quale profitto ci ha dato la superbia? Quale vantaggio ci ha portato la ricchezza con la spavalderia? Tutto questo è passato come ombra e come notizia fugace, come una nave che solca un mare agitato, e, una volta passata, di essa non si trova più traccia né scia della sua carena sulle onde; oppure come quando un uccello attraversa l’aria e non si trova alcun segno del suo volo: l’aria leggera, percossa dal battito delle ali e divisa dalla forza dello slancio, è attraversata dalle ali in movimento, ma dopo non si trova segno del suo passaggio; o come quando, scoccata una freccia verso il bersaglio, l’aria si divide e ritorna subito su se stessa e della freccia non si riconosce tragitto. Così anche noi, appena nati, siamo già come scomparsi, non avendo da mostrare alcun segno di virtù; ci siamo consumati nella nostra malvagità (Sap 5,8-13).

San Paolo vede il tempo solo nella prospettiva dell’eternità. Se uno si sposa, deve sposarsi nella prospettiva dell’eternità. Se non si sposa, deve farlo solo per l’eternità.

Riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa delle presenti difficoltà, rimanere così com’è. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella loro vita, e io vorrei risparmiarvele. Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

È l’eternità che dona il giusto valore e la vera finalità alla vita dell’uomo. Poiché oggi l’eternità è assicurata a tutti, a tutti anche è dato l’uso peccaminoso, frivolo del tempo. I dannati non sono d’accordo con questa nostra stoltezza. È stoltezza di dannazione.

Madre di Dio, Angeli, Santi, liberateci da questa stoltezza che ci condurrà alla morte.

COME BISOGNA CONOSCERE

1 Cor 8,1b-7.11-13; Sal 138; Lc 6,27-38

13 SETTEMBRE

La Scrittura Santa aveva già rivelato che ogni conoscenza del pensiero di Dio è per rivelazione dall’alto. Dio è la scienza e ogni scienza si attinge in Lui. Così dicasi anche per ogni verità, sapienza, intelligenza, conoscenza. Niente è dall’uomo. Tutto è da Dio. La preghiera perché il Signore mandi la sua sapienza deve essere ininterrotta.

Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con giustizia il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre. Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza (Sap 9,9-18).

Cosa aggiunge Paolo che non fosse già stato rivelato da Dio nell’Antico Testamento? L’Apostolo ricorda semplicemente l’antica verità o dona qualcosa di totalmente nuovo da dare all’antica verità nuova essenza e nuova sostanza? Per rivelazione sappiamo che ogni verità viene da Dio. Ma basta la verità per essere nella verità? Ecco la novità di Paolo che dona alla verità una nuova essenza, una nuova natura. La verità deve essere perennemente finalizzata alla carità. Essa è verità se produce solo carità. Se non produce carità non è verità secondo Dio, ma verità secondo Satana. Il cristiano sempre deve porre ogni attenzione a non trasformare la verità di Dio in verità di Satana e questo avviene sempre quando essa non produce un frutto di amore, nella santità. Verità e carità divengono così una cosa sola: l’una è l’albero e l’altra è il frutto. Se dall’albero della verità non vengono prodotti frutti di carità, essa mai potrà dirsi verità secondo Dio. Anche Satana dice la verità, ma per la disperazione dei credenti o per la distruzione della loro missione. Molti cadono in questa tentazione e seduzione. Sono molti coloro che vivono la verità alla maniera di Satana e non secondo Dio.

La conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica. Se qualcuno crede di conoscere qualcosa, non ha ancora imparato come bisogna conoscere. Chi invece ama Dio, è da lui conosciuto. Riguardo dunque al mangiare le carni sacrificate agli idoli, noi sappiamo che non esiste al mondo alcun idolo e che non c’è alcun dio, se non uno solo. In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori –, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui. Ma non tutti hanno la conoscenza; alcuni, fino ad ora abituati agli idoli, mangiano le carni come se fossero sacrificate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com’è, resta contaminata. Ed ecco, per la tua conoscenza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.

Sapere per se stessi è non sapere come sapere. Non si può sapere per se stessi, se non si sa anche per gli altri. Una scienza di egoismo, una verità finalizzate solo a se stessi, sono scienza e verità secondo Satana. Ogni vera scienza e vera conoscenza sempre devono contenere in sé il bene più grande verso i fratelli. Inoltre ciò che è vero per noi ancora non è divenuto vero per gli altri. Finché non sarà anche vero per gli altri, urge porre ogni attenzione affinché l’altro vedendoci operare, non si scandalizzi. È facile perdere un fratello a causa di un nostro scandalo, frutto di errata conoscenza. Se invece poniamo come unico fine di ogni nostra azione, allora diviene difficile scandalizzare. La carità ci rende liberi da ogni cosa di questo mondo. Ci fa solo amare.

Madre Nostra, Angeli, Sati, aiutateci a trasformare sempre la verità in carità e amore.

CHE ALLONTANI DA NOI QUESTI SERPENTI

Nm 21,4b-9 opp. Fil 2,6-11; Sal 77; Gv 3,13-17

14 SETTEMBRE

Mosè è perfetto mediatore tra Dio e il suo popolo. A Dio presenta le necessità del popolo. Al popolo annunzia la Parola del loro Dio. In lui Dio e il popolo si incontrano.

Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada (Es 17,8-13).

Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo (Es 32,11-14).

Il popolo ha peccato, mormorando contro Dio e contro Mosè. Il Signore manda nell’accampamento serpenti brucianti, dal morso letale. Il popolo sa che mediatore è solo Mosè tra loro e Dio. A lui chiedono di pregare il Signore perché faccia finire il flagello. Mosè prega e il Signore dona loro il rimedio. Non toglie i serpenti dall’accampamento. Dice loro come rendere innocuo il loro morso. Mosè dovrà farsi un serpente di bronzo e issarlo su un’asta al centro dell’accampamento. Quando il serpente mordeva, si guardava il serpente di bronzo e si restava in vita. La salvezza non viene dal serpente issato sull’alta, ma dalla fede nella Parola del Signore. I figli d’Israele dovranno capire che tutta la loro vita è dalla Parola del Signore. Si esce dalla Parola, si è nella morte. Si mormora contro la Parola, si creano solo processi di morte. È verità che valeva per ieri, ma vale anche per oggi, specialmente per tutti quei cristiani che oggi si vergognano di dire che è Gesù il solo “vero Serpente” di vita per il mondo.

Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Dobbiamo tuttavia gridare che vi è una abissale differenza tra il serpente issato da Mosè nell’accampamento e il Crocifisso innalzato sul Golgota. Ai tempi di Mosè non era il serpente la salvezza, ma la fede nella Parola del Signore. Oggi invece la salvezza è in Cristo ed è data per Cristo, vivendo in Lui e divenendo con Lui un solo corpo, una sola vita, una sola croce. Non è più semplicemente guardando che si guarisce dai morsi letali del serpente antico, ma divenendo in Lui una sola vita. Questa verità va annunziata, sostenuta, difesa, ma anche mostrata, affinché ogni altro creda in Cristo e diventi con Lui un solo corpo. Se il cristiano si vergogna di testimoniare questa verità con la parola e con la vita, anche Cristo si vergognerà di lui dinanzi al Padre suo e lui finirà nella perdizione eterna. Questa verità va gridata a tutti con fermezza di fede, attestando con la vita che noi siamo divenuti in Cristo una cosa sola e siamo guariti.

Madre senza peccato, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù Crocifisso.

IMPARÒ L’OBBEDIENZA DA CIÒ CHE PATÌ

Eb 5,7-9; Sal 30; Gv 19,25-27 opp. Lc 2,33-35

15 SETTEMBRE

La sofferenza è il frutto di ogni Comandamento trasgredito. Quando la Legge del Signore viene ignorata, tralasciata, disattesa, violata, ogni omissione o manomissione produce un frutto di sofferenza non solo per chi la viola, ma anche per ogni altro uomo che vive sulla nostra terra. Noi siamo un corpo solo. Il peccato dell’uno sempre crea dolore e sofferenza nell’altro. La storia ogni giorno testimonia questa verità.

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.

Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,1-117).

Siamo in questa Legge? Subiamo dolori e sofferenze, ma non ne creiamo. Ma il cristiano non solo deve stare nei Comandamenti, deve anche abitare nelle Beatitudini. Nelle Beatitudini toglie dolore dalla terra. Nella Legge Antica non ne crea e non ne dona. Nella Legge Nuovo lo toglie dal cuore e dal corpo di ogni uomo.

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,3-12).

Gesù non solo non ha creato dolore sulla nostra terra con la perfetta obbedienza ala Legge, non solo ha dato sollievo, soccorso, consolazione speranza vivendo tutte le Beatitudini, per amore dell’uomo si è anche addossato tutte le pene a noi dovute e per noi, al posto nostro, ha opera l’espiazione sul legno della croce. Lui soffre per noi, al posto nostro. Lui imparò l’obbedienza attraverso le cose che patì. La sua obbedienza è all’amore perfettissimo. Dio lo fece olocausto di redenzione per noi. Noi gustiamo la sua redenzione, la sua salvezza, solo però attraverso l’obbedienza alla sua Parola.

Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Perfetta discepola e imitatrice di Gesù Signore, è la Vergine Maria. Anche Lei ha imparato l’obbedienza al perfetto amore. Anche Lei ha voluto prendere su di sé le pene dell’umanità e cooperare in Cristo e con Lui alla loro espiazione. Carità perfetta!

Vergine Addolorata, Angeli, Santi, fate che anche il nostro dolore sia redenzione.

PER QUESTO NON RESTO SVERGOGNATO

Is 50,5-9a; Sal 114; Gc 2,14-18; Mc 8,27,35

16 SETTEMBRE – XXIV DOMENICA T.O.

Il Messia del Signore è l’uomo della sofferenza, del dolore, del corpo consegnato alla morte come olocausto, offerto a Dio in espiazione del peccato del mondo. Nei Salmi Messia, sofferenza, dolore sono una cosa sola. Il Messia è il Sofferente. È il Sofferente nella giustizia perfetta, nell’amore perfetto, nella carità perfetta.

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d’Israele. In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti; a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente. Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan. Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce. Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte. Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l’unico mio bene. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto! (Sal 22 (21) 1-22).

Isaia ci rivela una verità che anche noi dobbiamo porre nel cuore, se vogliamo offrire il nostro corpo come sacrificio gradito a Dio. Il Messia si offre ad ogni sofferenza perché sa di non restare deluso. Cosa è questa sua scienza e conoscenza? In cosa essa consiste? La scienza del Messia è la sua gloriosa risurrezione. Lui sa che dal Padre sarà risuscitato, richiamato in vita. Sa che gli sarà dato un corpo glorioso e immortale, spirituale e incorruttibile. Sa anche che sarà innalzato fino ad essere Signore del cielo e della terra, Giudice dei vivi e dei morti. Dio non lo abbandonerà alla corruzione.

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia:

La Lettera Agli Ebrei pone dinanzi al discepolo la stessa verità di Cristo. Lui scelse l’ignominia in vista della gloriosa risurrezione. Anche il cristiano deve scegliere l’ignominia in vista della beatitudine eterna. È una scelta obbligata dall’amore.

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimentica (Eb 12,1-5).

Dinanzi alla scelta di Cristo Signore e ad ogni ignominia che nascerà a causa del peccato del mondo, che odia queste scelte e fa di tutto per ostacolarle, giungendo fino alla crocifissione di quanti adorano Cristo Gesù, il cristiano deve sempre rimanere nella sua fede, sapendo che mai rimarrà deluso. Il Signore risusciterà anche lui per il suo regno eterno. Se questa speranza, o certezza nell’assistenza di Dio, viene meno, ben presto si retrocede dalla retta fede e ci si consegna nuovamente al mondo. Non solo è la nostra morte, ma è anche la consegna del mondo alla sua perdizione.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, permettete che cadiamo dalla fede. È la nostra morte.

E COSÌ UNO HA FAME, L’ALTRO È UBRIACO

1 Cor 11,17-26.33; Sal 39; Lc 7,1-10

17 SETTEMBRE

Chi riceve Cristo Gesù nel Sacramento dell’Eucaristia, lo riceve nella volontà di fare sua la vita del suo Redentore e Salvatore. La vita di Gesù è vita domata in riscatto, offerta in olocausto per la remissione dei peccati. Ma anche la vita di Gesù è vita donata per dare vera vita ad ogni uomo. Queste due finalità vanno sempre rispettate. Vi è anche una terza finalità che va vissuta da chi riceve Gesù nel suo vero corpo. Chi mangia il suo corpo, mangia tutta la Chiesa. Lui diviene corpo della Chiesa, la Chiesa diviene suo corpo. Deve impegnarsi a fare bello il corpo della Chiesa, offrendo per essa la sua vita, così come Cristo ha offerto la vita per farla belle, santa, immacolata. Quanto Paolo dice agli Efesini ai mariti, vale anche per ogni altro discepolo di  Gesù.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito (Ef 5,25-33).

La Chiesa ha bisogno che ogni suo figlio offra al Padre la sua vita perché lei sia resa bella al suo cospetto. Questo obbligo non è il solo che nasce dall’Eucaristia. Ne esiste un altro, che è verso l’intera umanità. Divenendo corpo di Cristo, il cristiano, in Cristo, dal Padre deve essere dato per la salvezza del mondo. Ecco quanto dice Gesù.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio (Gv 3,16-18).

Vivere l’Eucaristia nel più assoluto egoismo, è gravissimo peccato contro la sua verità.

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri.

Ricevere l’Eucaristia è desiderio, volontà, scelta, di farsi Eucaristia in Cristo, cioè olocausto redenzione per il mondo, sacrificio di amore per fare bella la Chiesa, dono di vita perché ogni altro membro del corpo di Cristo possa attingere vita dalla mia vita, spirituale e fisica insieme. La vita è nel dono dei carismi, portati al sommo della loro fruttificazione e anche nel dono delle sostanze che si possiedono. Comunione spirituale e reale devono essere una sola comunione. Se ricevendo l’Eucaristia, non diveniamo Eucaristia, la riceviamo vanamente e spesso anche sacrilegamente.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che l’Eucaristia ricevuta ci faccia Eucaristia in Cristo.

OGNUNO SECONDO LA PROPRIA PARTE

1 Cor 12,12-14.27-31a; Sal 99; Lc 7,11-17

18 SETTEMBRE

San Paolo non solo rivela che siamo corpo di Cristo. Non solo manifesta che ognuno secondo la sua parte deve edificare il corpo di Cristo. Espone anche le modalità perché si viva da vero corpo di Cristo e lo si edifichi nella storia. Così nella Lettera ai Romani.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione.

Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1-21).

Se anche una sola di queste modalità è assente nel discepolo di Gesù, non solo non si vive da vero corpo di Cristo, neanche lo si può edificare nella sua più pura verità. Il peccato e i vizi come distruggono il corpo fisico, così distruggono e lacerano anche il corpo spirituale. Le virtù, possedute al sommo della loro perfezione e bellezza danno ogni vita al corpo fisico e al corpo spirituale. Chi ama il corpo di Cristo, chi vuole costruirlo nella storia, deve mettere ogni impegno a crescere in ogni virtù. Doni, carismi, ministeri, vocazioni, missioni, senza le virtù, non sono per l’edificazione, ma per la distruzione del corpo del Signore. Questa via di Paolo è la sola percorribile.

Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi.

Solo nelle virtù si può vivere da vero corpo di Cristo, si può edificare il corpo di Cristo. Nelle virtù ogni membro si dona secondo verità, ma anche accoglie l’altro che si dona nella verità. A che serve un carisma offerto all’altro dall’ignoranza, insipienza, stoltezza, orgoglio, superbia, invidia? È un’offerta che distrugge, non edifica il corpo di Cristo. Chi induce il corpo di Cristo al peccato, mai potrà edificare il corpo di Cristo. Lo distrugge.

Madre Immacolata, Angeli, Santi, fateci ricchi d’ogni virtù per edificare il corpo di Cristo.

MA NON AVESSI LA CARITÀ

1 Cor 12,31-13,13; Sal 32; Lc 7,31-35

19 SETTEMBRE

Le tre virtù teologali sono intimamente connesse e mai l’una è vera senza le altre. Tutto però inizia dalla fede che è ascolto della Parola del Signore. Si ascolta la Parola, si obbedisce ad essa. Si vive di fede. Come però si deve obbedire? Con tutto l’amore che Dio, in Cristo Gesù. versa nei nostri cuori. Se non si obbedisce per amore, con amore, la fede non ha vita lunga. L’alimento della fede è l’amore di Dio. Muore l’amore nel cuore, muore la fede. Morta la fede, necessariamente muore la carità che è la trasformazione del nostro amore, dell’amore di Dio in noi, in amore per il prossimo. Dio ci dona tutto il suo amore. Noi attraverso l’obbedienza lo trasformiamo in amore da offrire, lo diamo ai nostri fratelli, amiamo. È la speranza cos’è? È il nostro cammino verso l’amore eterno, che è anche il frutto dell’amore di Dio versato nei nostri cuori e trasformato in amore da offrire ai nostri fratelli per mezzo della nostra obbedienza. Questa intima connessione è rivelata da San Paolo nella Lettera ai Romani.

Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione (Rm 5,1-11).

Nella Prima Lettera ai Corinzi, San Paolo esorta i discepoli di Gesù a porre al centro di tutto la carità, dicendo anche cosa è la carità e cosa opera. Vi è forse separazione dalle altre due virtù teologali? Nient’affatto. Al cristiano la fede serve per trasformare l’amore di Dio in dono di redenzione, salvezza, vita per io fratelli. L’amore di Dio trasformato in carità per i fratelli, produce il diritto ad accedere noi all’amore eterno del Padre. Se però l’amore del Padre non è trasformato in carità, la fede a nulla serve. Così anche se la carità non trasforma la carità in diritto per raggiungere l’amore eterno del Padre a nulla serve. La fede, prodotto il suo frutto, finisce. La carità rimane in eterno. La carità produce i suoi frutti nel tempo e nell’eternità, se vissuta secondo modalità anch’esse suggerite dallo Spirito Santo. San Paolo sono ben 15 modalità.

Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

Madre ricca di amore, Angeli, Santi, fate i cristiani perseveranti nella carità.

COSÌ PREDICHIAMO E COSÌ AVETE CREDUTO

1 Cor 15,1-11; Sal 117; Lc 7,36-50

20 SETTEMBRE

La fede non è una relazione personalissima tra Dio e ogni singolo uomo. Essa è prima di ogni altra cosa relazione di mediazione. Il Padre, nello Spirito Santo, ha comunicato la Parola in tutto il suo splendore a Gesù Signore. Cristo Gesù diede tutta la sua Parola ai suoi Apostoli, nello Spirito Santo, mostrando ad essi come si ascolta e si obbedisce alla Parola del Padre fino alla morte di Croce. Terminata la sua missione nella visibilità del suo corpo sulla terra, diede ai suoi apostoli lo Spirito Santo, costituendoli “mediatori”, sempre nello Spirito Santo, tra Lui e ogni uomo. La Parola, nello Spirito Santo, dal Padre è data al Figlio. Il Figlio, nello Spirito Santo, dona la Parola ai suoi Apostoli. Gli Aposto.li nello Spirito Santo sono mandati a dare la Parola ad ogni uomo. Se manca la Parola degli Apostoli o essa viene modificata, viene meno la fede. Venendo meno la fede muore la carità. Morendo la carità, non si raggiungerà mai la vita eterna. Questa stessa verità San Paolo l’annunzia nella sua Lettera ai Romani.

Mosè descrive così la giustizia che viene dalla Legge: L’uomo che la mette in pratica, per mezzo di essa vivrà. Invece, la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? – per farne cioè discendere Cristo –; oppure: Chi scenderà nell’abisso? – per fare cioè risalire Cristo dai morti. Che cosa dice dunque? Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro: Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole (Rm 10,5-18).

Nel momento in cui ci si separa dalla Parola degli Apostoli, muore la fede. La parola dell’uomo mai potrà divenire Parola di Dio, di Cristo, se non è in tutto conforme alla Parola degli Apostoli. Cosa sta succedendo nella comunità di Corinto? La Parola degli Apostoli è stata cancellata. Al suo posto è stata intronizzata la parola degli uomini.

Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

La stessa cosa sta accadendo oggi. Sarebbe sufficiente chiedersi: la Parola di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Giacomo, Pietro, Giuda sono la mia parola? O al contrario: la mia parola è in tutto uguale alla Parola di Dio e di Cristo Gesù consegnata agli Apostoli? La risposta oggi è un no assoluto. Tra le due parole, quella degli Apostoli e la nostra non vi è più neanche una molecola in comune. Gli Apostoli dicono una cosa e noi l’esatto contrario. La nostra non è vera fede perché non fondata sulla loro Parola.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fate che la Parola degli Apostoli sia la nostra parola.

ALLO SCOPO DI EDIFICARE IL CORPO DI CRISTO

Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13

21 SETTEMBRE

San Paolo vive con una verità altissima nel suo cuore. Lui è tutto intento a formare Cristo nella sua vita, fino a raggiungere anche nel suo corpo la forma perfetta di Lui, che è il Crocifisso per amore. Questa opera di formazione mai potrà dirsi completa in Lui, ma verso di essa sempre lui tende, al suo compimento lui aspira per tutti i giorni della nostra vita. San Paolo vive solo per questo fine. Non ne conosce altri. Mentre lavora per formare Cristo nel suo corpo, lavora anche per formare il corpo di Cristo che è la sua Chiesa. Come si forma il vero corpo di Cristo? Formando Cristo in ogni discepolo. è questo il vero fine di ogni apostolato, missione, opera che il missionario di Gesù è chiamato a realizzare: Cristo in ogni cuore, ogni spirito, ogni anima, ogni corpo. Se Cristo non viene realizzato, la missione evangelizzatrice potrà dichiararsi fallita.

Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,19-20). Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo (Gal 6,14.17). Siate come me – ve ne prego, fratelli –, poiché anch’io sono stato come voi. Non mi avete offeso in nulla. Sapete che durante una malattia del corpo vi annunciai il Vangelo la prima volta; quella che, nella mia carne, era per voi una prova, non l’avete disprezzata né respinta, ma mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. Dove sono dunque le vostre manifestazioni di gioia? Vi do testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darli a me. Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? Costoro sono premurosi verso di voi, ma non onestamente; vogliono invece tagliarvi fuori, perché vi interessiate di loro. È bello invece essere circondati di premure nel bene sempre, e non solo quando io mi trovo presso di voi, figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi! Vorrei essere vicino a voi in questo momento e cambiare il tono della mia voce, perché sono perplesso a vostro riguardo (Gal 4,12-20).

Alla luce di questa verità che è la stessa vita di Paolo, quale è il fine di ogni carisma, ministero, vocazione, missione in seno al corpo di Cristo? Esso è duplice: lasciarsi aiutare perché Cristo sia formato in noi perfettamente, come perfettamente si è formato in Paolo. Aiutare ogni altro a formare Cristo in lui, come perfettamente si sta formando in noi. È evidente che nessuno può dare agli altri ciò che lui non è. Se un cristiano non è formato in Cristo e Cristo non è formato in lui, mai potrà aiutare un solo uomo affinché possa formare Cristo nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito. Chi vuole aiutare gli altri a formare Cristo in essi, deve porre ogni impegno a formare Cristo in lui.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.  A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

La formazione o edificazione del corpo di Cristo è opera essenziale, primaria del discepolo di Gesù. Se questa opera non viene compiuta, nessuna missione potrà dirsi cristiana. Sarà missione di uomini verso altri uomini, mai missione del corpo di Cristo per formare il corpo di Cristo. Ma se non formiamo il corpo di Cristo è segno che Cristo non è stato formato in noi. Se Cristo non è formato in noi, non siam suoi veri discepoli, perché il vero discepolo ha un solo fine da raggiungere: essere in tutto come il suo Maestro. Niente potrà sostituire questo fine. La nostra missione è formare Cristo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci per formarci in Cristo per formare Cristo sempre.

COME RISORGONO I MORTI?

1 Cor 15,35-37.42-49 ; Sal 55; Lc 8,4-15

22 SETTEMBRE

Il Siracide rivela che le opere di Dio si possono sono contemplare, ammirare. Lo svelamento del loro mistero avverrà a suo tempo e solo per dono del Signore. L’intelligenza, la sapienza, la saggezza dell’uomo, che è sempre partecipazione dell’intelligenza, della sapienza, della saggezza di Dio è troppo corta per penetrare il mistero del cose. Esse sono infinitamente oltre la nostra mente. Il mistero è di Dio.

Quanto sono belle tutte le opere del Signore! Ogni suo ordine si compirà a suo tempo! Non bisogna dire: «Che cos’è questo? Perché quello?». Tutto infatti sarà esaminato a suo tempo. Alla sua parola l’acqua si arresta come una massa, a un detto della sua bocca si aprono i serbatoi delle acque. A un suo comando si realizza quanto egli vuole, e nessuno potrà sminuire la sua opera di salvezza. Le opere di ogni uomo sono davanti a lui, non è possibile nascondersi ai suoi occhi; egli guarda da un’eternità all’altra, nulla è straordinario davanti a lui. Non bisogna dire: «Che cos’è questo? Perché quello?». Tutto infatti è stato creato con uno scopo preciso (Sir 39,16-21).

Se è impossibile penetrare il mistero di una cosa visibile, possiamo noi pretendere di penetrare il mistero di una realtà invisibile? Sulla terra si è compiuto mistero più grande dell’incarnazione del Figlio Eterno del Padre? Possiamo noi negarlo perché la nostra mente non lo comprende? Altro mistero è la morte in croce di Dio. Possiamo noi cancellarlo solo perché il nostro spirito è così povero da non potersi neanche avvicinarsi ad esso? Che dire poi della risurrezione gloriosa del Cristo Crocifisso? Dobbiamo dichiararla non avvenuta perché va infinitamente oltre i pensieri della carne? Sull’argomento già San Paolo è intervenuto agli inizi della sua Lettera. Le cose di Dio si possono conoscere solo nello Spirito di Dio. Non sono queste cose della carne.

Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,11-16).

Paolo dona alcune spiegazioni di fede sulle modalità della risurrezione di Cristo Gesù e anche della nostra nell’ultimo giorno. Ma sono rimangono sempre nell’ordine della fede, non della visione e neanche della pura razionalità umana. Noi sappiamo che dal primo istante, la risurrezione di Gesù Signore è stata oggetto di fede, non di visione.

Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.

Nessuna argomentazione, né di sapienza naturale, né di intelligenza soprannaturale, potrà mai sostituire l’atto di fede. Ogni mistero è oltre ogni mente creata, compresa la mente degli Angeli. Sappiamo che anche Lucifero dalla sua mente è stato tratto in errore e si è perduto. Ma ogni Parola di Cristo va accolta per purissimo atto di fede.

Vergine Maria, Angeli, Santi, non permettete che ci smarriamo con la nostra mente.

IL SOCCORSO GLI VERRÀ

Sap 2,12.17-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37

23 SETTEMBRE – XXV DOMENICA T.O.

Gli empi si accaniscono contro il giusto, fino ad ucciderlo. Fanno questo con volontà determinata, sfidando il Signore, nel quale il giusto confida. Nella loro stoltezza essi ignorano che una volta che il Signore è venuto in soccorso del giusto, essi sono obbligati dalle loro parole a credere nel Signore e ad abbandonare la loro empietà. Se non lo fanno sono rei di morte eterna. Hanno sfidato il Signore, il Signore ha accolto la loro sfida, ha manifestato il suo soccorso, essi non possono più dubitare di Dio.

Applichiamo questa verità a Cristo Signore. In Lui Dio è stato sfidato. Anzi più che sfidato. È stato chiamato in causa per uccidere Gesù, appellandosi alla sua Legge.  Per Legge di Dio si uccide Dio. Dio è accusato di bestemmia contro Dio. Loro lo crocifiggono per mano dei pagani. Dio viene in soccorso e lo risuscita. Ora sono senza più giustificazione. Devono necessariamente dichiararsi sconfitti da Dio e credere in Lui. Ecco la loro reazione alla notizia che Gesù è risorto. Non è più nella tomba. Preziosi particolare storico. Sono stati proprio quanti hanno voluto la sua morte a mettere le guardie dinanzi al sepolcro al fine di evitare che il corpo fosse trafugato.

Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo:  risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie (Mt 27,62-66).

Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi (Mt 28,11-15).

Nonostante questa decisione di chiusura, Gesù offre loro la salvezza. Ora se vogliono, possono convertirsi. La sfida da essi è stata persa. Non hanno alcun motivo per dubitare della giustizia e della verità di Cristo Signore. Dio è venuto in suo soccorso: “E nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,47-48). È grande la misericordia del Signore. Anche a quanti lo sfidano, offre la grazia della salvezza.

Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».

L’uomo sfida Dio. Inchioda sulla croce il Figlio Unigenito. Dio accoglie la sfida. Risuscita il Figlio, donandogli un corpo glorioso, spirituale, incorruttibile, immortale. Chiediamoci: perché il Signore accoglie la sfida? Per dare loro la grazia della salvezza. Hanno potuto sbagliare per errore prima. Dopo la prova donata, non hanno più alcuna scusante. Sono stati loro a chiedere il segno e Dio glielo ha donato. Dinanzi ad un segno così potente, grande, infinitamente oltre l’umanamente possibile, se si rimane nell’incredulità e nel rifiuto della verità, il Signore è innocente riguardo alla loro perdizione. Ha dato loro una prova oltre ogni prova. Ha lasciato che suo Figlio fosse crocifisso per dare loro la grazia della redenzione eterna. Oltre Dio non può andare.

Madre del Dio Crocifisso, Angeli, Santi, otteneteci la grazia della conversione.

VA’, RIPASSA, TE LO DARÒ DOMANI

Pr 3,27-34, Sal 14; Lc 8,16-18

24 SETTEMBRE

Chi vuole scoprire la delicatezza della carità dell’uomo verso l’uomo, è giusto che legga qualche brano del Libro di Rut e qualche altro del Libro di Tobia. Il primo mostra la carità vissuta. Il secondo rivela la carità insegnata dal padre Tobi al figlio Tobia.

Allora Booz disse a Rut: «Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo. Non allontanarti di qui e sta’ insieme alle mie serve. Tieni d’occhio il campo dove mietono e cammina dietro a loro. Ho lasciato detto ai servi di non molestarti. Quando avrai sete, va’ a bere dagli orci ciò che i servi hanno attinto».  Poi, al momento del pasto, Booz le disse: «Avvicìnati, mangia un po’ di pane e intingi il boccone nell’aceto». Ella si mise a sedere accanto ai mietitori. Booz le offrì del grano abbrustolito; lei ne mangiò a sazietà e ne avanzò. Poi si alzò per tornare a spigolare e Booz diede quest’ordine ai suoi servi: «Lasciatela spigolare anche fra i covoni e non fatele del male. Anzi fate cadere apposta per lei spighe dai mannelli; lasciatele lì, perché le raccolga, e non sgridatela» (Rut 2,9-9.14-16). Le disse: «Apri il mantello che hai addosso e tienilo forte». Lei lo tenne ed egli vi versò dentro sei misure d’orzo. Glielo pose sulle spalle e Rut rientrò in città (Rut 3,15).

Ogni giorno, o figlio, ricòrdati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandamenti. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia. Perché se agirai con rettitudine, avrai fortuna nelle tue azioni. A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina con i tuoi beni e, nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo. In proporzione a quanto possiedi fa’ elemosina, secondo le tue disponibilità; se hai poco, non esitare a fare elemosina secondo quel poco. Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l’elemosina libera dalla morte e impedisce di entrare nelle tenebre. Infatti per tutti quelli che la compiono, l’elemosina è un dono prezioso davanti all’Altissimo. (Tb 4,53-11).

Il Signore vuole che il bene sia fatto sempre bene. Ritardare il bene da fare non è mai fare il bene. Il salario all’operaio va dato al termine del lavoro del giorno. Rinviare a domani, non è fare bene il bene. Dare subito ciò che spetta all’operaio è legge per il compimento del vero bene. Rinviare, pur potendo, è fare male il bene. Non è secondo Dio. Altra regola per chi vuole fare bene il bene è non operare mai il male. Non vi sono motivi per fare il male. Neanche si può litigare senza motivi. Sappiamo che questa norma è stata portata da Gesù al sommo della perfezione con il suo comando di non resistere al malvagio, ma di dargli sia la tunica che il mantello. Altro bene da fare è stare lontano da ogni invidia. Il successo del prossimo non deve essere oggetto di nostre considerazioni. L’uomo di fede sa che per i malvagi non vi sono successi. Essi fanno solo fatiche inutili. Ammassano paglia per il fuoco. Spendono una intera giornata a raccogliere paglia, ma appena arrivano a casa, si brucia tra le loro stesse mani.

Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede. Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te. Non litigare senza motivo con nessuno, se non ti ha fatto nulla di male. Non invidiare l’uomo violento  e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia è per i giusti. La maledizione del Signore è sulla casa del malvagio, mentre egli benedice la dimora dei giusti. Dei beffardi egli si fa beffe e agli umili concede la sua benevolenza.

Il bene fatto bene attira la benedizione del Signore sulla casa del giusto. Ma per fare bene il bene occorre un cuore sensibile, attento, saggio, aperto, pieno di timore del Signore. Occorre un cuore come quello di Rut, di Booz, di Tobia. Il Signore ci ha mostrato come si fa il bene attraverso il cuore del Figlio suo. Dal suo cuore è scaturita per noi la sorgente dello Spirito Santo e della grazia. Il cuore pronto ad ogni vero bene è dono di Dio, a Lui va chiesto con preghiera ininterrotta. Un cuore sensibile e pronto ad ogni bene vale più che un’oasi in un deserto cocente. Non vi è grazia più grande per i miseri che trovare sempre sulla loro strada di questi cuori. Questi cuori sono dei creatori di vera speranza. Il loro amore libera da solitudine, angoscia, amarezza.

Madre del Signore, Angeli, Santi, otteneteci un cuore sensibile per operare ogni bene.

NON OTTERRÀ RISPOSTA

Pr 21,1-6.10-13; Sal 118; Lc 8,19-21

25 SETTEMBRE

Oggi la Parola di Dio ci rivela un altissimo mistero. “Il cuore del re è come un corso d’acqua n in mano al Signore, lo dirige dovunque egli vuole”.  Tradotta questa verità ha un solo significato:  Dio apre e chiude gli occhi del re secondo il suo consiglio eterno. Lui sa a chi il bene dovrà essere fatto. Orienta gli occhi del re verso la persona alla quale lui vuole che il bene venga fatto. Questa regola divina vale per ogni altro uomo, che si pone nelle mani di Dio. Non è l’uomo che deve decidere a chi fare il bene, deve essere sempre il Signore. Da Lui dovranno essere mossi i suoi occhi e le sue mani. Anche sul piano spirituale vale la stessa regola. È il Signore che decide chi deve essere salvato attraverso uno e chi attraverso un altro. Questa regola deve insegnarci che tutto nella relazione uomo-uomo deve essere purissima obbedienza al Signore. è questo l’altissimo mistero del consiglio eterno e della divina sapienza di Dio che tutto decide e tutto comanda. Lui vuole che tutti gli uomini giunga alla conoscenza della verità. Ma è Lui che decide attraverso quale mediazione umana ogni persona deve giungere. Il mistero di Dio diviene allora mistero del mediatore. Egli deve essere sempre corso d’acqua in mano al Signore per essere diretto dove Lui vuole. Il mediatore è vero, se è sempre dalla volontà del suo Signore. Lui esiste solo per essere sempre nelle mani del suo Dio. Se non è nelle mani di Dio, non è mediatore.

Non solo il mediatore deve mettersi nelle mani del Signore, ma anche ogni altro uomo. La saggezza dell’uomo può scrutare il peccato senza però riuscire a comprendere la verità di esso. Mai potrà leggere il futuro. Ma potrà sapere se una decisione o una scelta dia un bene o un male per lui. Per questo tutto va affidato al Signore. A Lui va chiesta ogni assistenza di sapienza, intelligenza, saggezza perché quanto si sceglie sia secondo la divina volontà. La risposta del Signore va attesa nella preghiera e senza alcuna impazienza o fretta. A Dio ci si consegna in modo pieno, mai parziale, mai a tempo, mai a giorni. Si è sempre, in ogni cosa dal Signore. Ci si consegna al Signore perché lui possa fare sempre il bene attraverso noi alle sue creature. Il primo bene che ognuno deve fare è la corretta pratica della giustizia. Se la giustizia è praticata in modo scorretto, nulla ha più valore presso il Signore, né l’elemosina, né il digiuno e neanche i sacrifici che a Lui vengono offerti. Lui gradisce una cosa sola: l’obbedienza alla sua legge, ai suoi Comandamenti. Questa è la prima giustizia perfetta. La secondo giustizia anch’essa perfetta è fare tutto il bene che è nelle nostre possibilità spirituali e materiali.

Il cuore del re è un corso d’acqua in mano al Signore: lo dirige dovunque egli vuole. Agli occhi dell’uomo ogni sua via sembra diritta, ma chi scruta i cuori è il Signore. Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio. Occhi alteri e cuore superbo, lucerna dei malvagi è il peccato. I progetti di chi è diligente si risolvono in profitto, ma chi ha troppa fretta va verso l’indigenza. Accumulare tesori a forza di menzogne è futilità effimera di chi cerca la morte. L’anima del malvagio desidera fare il male, ai suoi occhi il prossimo non trova pietà. Quando lo spavaldo viene punito, l’inesperto diventa saggio; egli acquista scienza quando il saggio viene istruito. Il giusto osserva la casa del malvagio e precipita i malvagi nella sventura. Chi chiude l’orecchio al grido del povero invocherà a sua volta e non otterrà risposta.

Ogni uomo deve sapere o conoscere una sola verità: ogni sua attività è benedetta da Dio se è vissuta nella pratica delle due giustizie: perfetta osservanza della Legge e cuore grande nella misericordia e in ogni altra opere di bene. Quando l’uomo esce da queste due giustizie, lui altro non fa che lavorare per la morte. Non solo consuma invano sulla terra ogni sua energia, non solo erediterà miseria solo miseria in ogni settore della vita, in più si incamminerà verso la morte eterna. Questa verità deve dare consolazione al giusto e creare nel suo cuore più forte volontà di perseverare sino alla fine nelle due giustizie, anche crescendo in esse di perfezione in perfezione. La giustizia del giusto dovrà essere perfetta anche nei pensieri. Spesso un solo pensiero non buono potrebbe rovinare una grande opera presso Dio. Per questo la giustizia del giusto deve iniziare dal governo di ogni suo pensiero, sentimento, parola.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci mente, cuore, mani, piedi, di giustizia perfetta.

NON DARMI NÉ POVERTÀ NÉ RICCHEZZA

Pr 30, 5-9; Sal 118; Lc 9,1- 6

26 SETTEMBRE

Molte sono le regole fondamentali che devono sempre governare la vita dell’uomo in ogni sua relazione: con Dio, con il prossimo, con le cose. Naturalmente la prima relazione  è con Dio. Non c’è relazione con Dio se non nella sua Parola, dalla sua Parola, per la perfetta obbedienza alla sua Parola. È verità eterna: ogni Parola di Dio è provata nel fuoco. Significa che una volta data all’uomo, essa è purissima verità. Non ci sono in essa scorie di falsità, inganno, menzogna. Essa gli manifesta con luce intensissima tutto ciò che è bene per l’uomo e tutto ciò che è male. Se l’uomo vuole vivere deve evitare ciò che la Parola dice che è male e fare ciò che la Parola dice che è bene. Il bene e il male non sono lasciati alla coscienza dell’uomo e neanche alla sua intelligenza. Essi da sempre, anche prima del peccato, sono stati dati da Dio, attraverso la sua Parola. Questa verità oggi urge che venga proclamata con fermezza.

Se la Parola del Signore è perfetta, provata con il fuoco, da esso purificata e data nella sua assoluta perfezione, ad essa nulla va aggiunto e nulla va tolto. Tutti sanno che togliere alla Parola è privarla della sua eterna verità. Pochi invece sanno che anche aggiungendo ad essa, la si priva della sua eterna verità. Gesù rimprovera scribi e farisei perché essi impongono tanti pesi sulle spalle degli uomini ed essi neanche li toccano con un dito. Chi aggiunge anche una sola sillaba alla Parola del Signore, non solo pecca contro il secondo Comandamento, perché dice nel nome del Signore cose che Dio non ha detto. Rende anche odioso Dio presso gli uomini. L’odio allontana dal Signore, mai avvicina. Avvicinano verità, giustizia, carità, misericordia, fedeltà. A Dio sempre avvicina il cuore che ama secondo la Parola di Dio. Non vi sono altre vie.

L’uomo può rimanere nella verità e nella luce della Parola solo per grazia del Signore. A Lui sempre il giusto chiede che tenga lontano da lui falsità e menzogna. Il giusto dovrà sempre brillare per la sua luce, la sua verità, la sua obbedienza alla Parola. Se entra nella falsità e nella menzogna esce dalla Parola, non è più giusto. Sempre quando la falsità entra nel cuore e nella mente dalla occa esce la menzogna. Un cuore impuro dirà parole impure. Una bocca menzognera attesta e rivela un cuore pieno di falsità e di inganni. Una bocca senza Dio è sempre rivelatrice di un cuore senza Dio. è sufficiente esaminare le parole di un uomo per conoscere il suo cuore. L’uomo che vuole essere di cuore puro, sempre deve chiedere questa grazia al suo Signore.

Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo. Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio.

Altra essenziale verità deve essere nell’uomo giusto il desiderio di stare sempre con il suo Dio. Questo desiderio deve essere essenza, forma, modalità della sua vita. Lui deve vivere in questo desiderio, rendendolo sempre più forte. Perché mai si distacchi dal suo Dio, l’uomo giusto gli chiede una grazia particolare. Vuole che Do non gli dia né povertà e né ricchezza. Gli dia solo quanto è necessario per vivere. Non deve dargli povertà, perché potrebbe cadere nella tentazione di lamentarsi o di mormorare contro Dio, peccando di sfiducia o di speranza nel suo costante aiuto. Non deve dargli neanche ricchezza, perché potrebbe scivolare nella tentazione di dimenticare il Signore. Si ha tutto, a che serve il Signore? La ricchezza è vera via che conduce alla perdizione eterna. Avendo quanto serve per vivere e anche molto di più, si dimentica il Signore. Ma dimenticando il Signore, anche la Parola si dimentica assieme alla verità, alla giustizia, alla misericordia, alla carità. Quando si esce dalla Parola, la via della morte eterna scorre sempre sotto i nostri piedi.  La preghiera del giusto vede questi due pericoli e chiede al Signore la grazia di non porlo mai in queste due tentazioni.

Madre Umile e Povera, Angeli, Santi, fate che la Parola di Dio sia la nostra luce.

VANITÀ DELLE VANITÀ: TUTTO È VANITÀ

Qo 1,2-11; Sal 89; Lc 9,7-9

27 SETTEMBRE

Il Libro del Qoelet in apparenza sembrerebbe assai particolare. In verità trovata la chiave di lettura, tutto diviene chiaro più che la luce del sole. È sufficiente per questo conoscere l’ultimo capitolo. È in esso il suo principio ermeneutico.

Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto»; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada; prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infranga  e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato. Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.

Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò al popolo la scienza; ascoltò, meditò e compose un gran numero di massime. Qoèlet cercò di trovare parole piacevoli e scrisse con onestà parole veritiere. Le parole dei saggi sono come pungoli, e come chiodi piantati sono i detti delle collezioni: sono dati da un solo pastore. Ancora un avvertimento, figlio mio: non si finisce mai di scrivere libri e il molto studio affatica il corpo. Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male (Qo 12,1-14).

Il Qoelet vuole avvisare l’uomo che dinanzi a lui vi è una fortissima tentazione: la vanità. È vanità tutto ciò che l’uomo fa senza però riempirlo di eternità. È questo il fine del tempo: produrre con esso la propria eternità beata. Come si produce eternità beata? Custodendo la vita e ogni sua attività nei Comandamenti di Dio. Si esce dai Comandamenti, non si lavora più per l’eternità, si è nella vanità dell’esistenza. La vanità sempre produce un frutto di morte eterna.  Non c’è vita nella vanità, da essa.

Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa. Il sole sorge, il sole tramonta e si affretta a tornare là dove rinasce. Il vento va verso sud e piega verso nord. Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento. Tutti i fiumi scorrono verso il mare, eppure il mare non è mai pieno: al luogo dove i fiumi scorrono, continuano a scorrere. Tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo. Non si sazia l’occhio di guardare né l’orecchio è mai sazio di udire. Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Ecco, questa è una novità»? Proprio questa è già avvenuta  nei secoli che ci hanno preceduto. Nessun ricordo resta degli antichi, ma neppure di coloro che saranno si conserverà memoria presso quelli che verranno in seguito.

Oggi la vanità sta conquistando ogni cuore, ogni mente, ogni anima. Oggi essa consiste nell’aver dato all’effimero valore essenziale, vita. Questo porta a ridurre i fini essenziali, primari, costitutivi della natura umana, sia in ordine al tempo che all’eternità, neanche a fini secondari, ma a non fini. Sono stati oggi cancellati come fini primari tutti quei fini che vengono dalla natura, fini naturali e anche tutti quelli che vengono dalla Parola, quelli che sono dati dalla legge naturale che quelli rivelati dalla legge positiva. Per vanità si è distrutta la famiglia, il dono della vita, il rispetto di essa in ogni sua fase. Per vanità anche la natura umana nella sua differenza costitutiva tra il genere maschile e il genere femminile si vuole cancellare. Per vanità l’uomo vuole essere in tutto simile alla donna e la donna simile all’uomo. Per vanità la carriera, il posto, la bellezza fisica hanno preso il posto dei veri valori dell’anima e dello spirito. Per vanità tutto si sta capovolgendo. Per vanità l’uomo è giunto alla frammentazione della sua umanità senza possibilità di ritorno indietro. La vanità oggi è la vera peste dell’umanità.

Madre scelta da Dio per Donna vera, Angeli, Santi, salvateci da ogni vanità.

OGNI EVENTO HA IL SUO TEMPO SOTTO IL CIELO

Qo 3,1-11; Sal 143; Lc 9,18-2 2

28 SETTEMBRE

Nella creazione di Dio, vi è una realtà invisibile nella quale scorre la vita dell’uomo. Questa realtà ha un nome: tempo. Ma cosa è in verità il tempo? È quello spazio che dal nulla dell’esistenza conduce ogni esistente creato all’eternità. Sappiamo che anche i cieli e la terra sono racchiusi in questo spazio che va dal nulla all’eternità. Infatti la Scrittura rivela che il Signore creerà cieli nuovo e terra nuova. San Paolo ci annunzia che la creazione attende anch’essa di essere liberata dalla corruzione alla quale sempre la costringe il peccato dell’uomo. Con la Parusia finisce il tempo del peccato, si entra nell’eternità. I due regni saranno eternamente divisi. Questo però non significa che finisca la corruzione della creazione. Per quanti fecero il male, essa sarà corruzione eterna. Essendo il tempo lo spazio che dal nulla della non esistenza conduce all’eternità, si comprende che esso è diverso per ogni cosa creata.

Sappiamo che per ogni uomo il tempo è personale. C’è chi vive pochi giorni, pochi mesi, pochi anni e chi ive sazio di giorni e di anni. C’è chi non vede la luce e c’è chi vive in una luce lunga, molto lunga. Per ogni uomo il suo tempo. Come l’esistenza dell’uomo viene da Dio, anche il tempo è un dono di Dio. L’uomo però nella sua stoltezza può accorciare, peccando, sia il suo tempo che il tempo di molti suoi fratelli. Perché questo non avvenisse per volontà dell’uomo, gli ha dato Dieci Comandamenti con i quali si rispetta il tempo di da dare a Dio e il tempo dato agli uomini e anche Otto Beatitudini, vivendo le quali si aiuta l’uomo a non accorciare il suo tempo, ma a viverlo tutto secondo verità e giustizia. Il tempo all’uomo è dato per portare la sua vita dalla terra nel Paradiso. Il tempo non ha altre finalità. Il tempo è salvezza per la salvezza.

Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato. Un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via. Un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Che guadagno ha chi si dà da fare con fatica? Ho considerato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini perché vi si affatichino. Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine.

Oggi l’uomo ha sovvertito l’uso del tempo. Anziché servirsene per il raggiungimento dei fini primai, essenziali, data a lui dal suo Creatore e Signore, se ne serve per perseguire fini inutili, di pura vanità. L’adolescenza ha un suo tempo, la gioventù un altro, un altro appartiene anche alla maturità. Oggi tutto è sfasato. Si rimane adolescenti o giovani fino ai quarant’anni. Per volontà corrotta questo può avvenire. Per natura non può mai accadere. Per molti fini da raggiungere a quarant’anni si è fuori storia, fuori corso. Poiché responsabilità di questo disordine è tutta la società che ha costruito una esistenza artificiale, senza rispetto alcuna dell’esistenza naturale, spetta ad essa provvedere. Oggi l’uomo è inserito in una struttura diabolica voluta dalla società nella quale nessun tempo viene più rispettato. Poiché il tempo è essenza dell’uomo, non rispettando il tempo, non si rispetta l’uomo. Urge ridare al tempo la sua verità.

Il disordine circa il rispetto ognuno del proprio tempo attesta che l’uomo non vive secondo sapienza divina. Si lascia condurre dalla stoltezza. La sapienza dona all’uomo la sua verità. La stoltezza lo conduce da una vanità ad un’altra. Vedere gli uomini che lavorano per solo per la vanità e che sono cercatori di vanità, intristisce il cuore. Ma questi sono i frutti di un uomo che ha scelto di essere senza Cristo, il Crocifisso, il solo che libera l’uomo da ogni vanità e lo immerge nella più pura verità della sua natura.

Madre Purissima, Angeli, Santi, aiutateci a liberarci dalla vanità che soffoca e uccide.

DIECIMILA MIRIADI LO ASSISTEVANO

Dn 7,9-10.13-14 opp. Ap 12,7-12a; Sal 137; Gv 1,47-51

29 SETTEMBRE

Una delle “firme” del Signore, nella Scrittura Antica è: “Dice il Signore, il Dio degli eserciti”. Questa firma ricorre ben 271 volte. Sappiamo che al Signore basta un solo Angelo per ridurre in polvere cielo, terra e quanto vi è in essi. Tutte le potenze di questo mondo verrebbero annientate se il Signore mandasse un solo suo Angelo con questo ordine. La visione di Daniele rivela tutta la potenza del nostro Dio. Dinanzi alle “bestie del male”, ciascuna con uno o più corna, che si sentono padroni del mondo, questa visione ci dice quanto stolto sia l’uomo che si crede forte mentre è nulla. Non ha neanche la possibilità o la forza di rendere bianco o nero un capello della sua testa.

Se l’uomo accogliesse la rivelazione, potrebbe vivere di grande saggezza e la sua prima saggezza è quella di sapere che lui nulla può né dinanzi a Dio né dinanzi alla storia. Tutto è nelle mani del Signore e uno solo dei suoi Angeli può governare l’universo. Questa verità mai dovrà essere dimenticata. Ciò che vale per il Signore, il Dio degli eserciti, vale anche per Gesù Signore. Il Padre ha messo nelle sue mani tutto il suo esercito celeste. Esso è sempre a servizio di Cristo Signore, sempre ai suoi ordini, sempre pronto ad obbedire ad ogni suo comando. Quanto l’Angeli Raffaele dice di sé e degli altri Angeli, va riferito anche a Cristo Signore. Essi sono sempre pronti ad entrare alla presenza di Cristo per obbedire ad ogni suo ordine desiderio, manifestazione di volontà. Nessuna differenza tra il Padre e il Figlio.

Ebbene, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l’attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu seppellivi i morti. Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a seppellire quel morto, allora io sono stato inviato per metterti alla prova. Ma, al tempo stesso, Dio mi ha inviato per guarire te e Sara, tua nuora. Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore» (Tb 12,12-15).

È verità alla quale necessariamente va dato il suo giusto valore. Il Padre ha messo tutto se stesso nelle mani del Figlio. Mettendo se stesso, ha messo nelle sue mani anche il suo esercito celeste. Gli Angeli non sono più sotto il diretto governo del Padre. Sono invece tutti sotto il governo diretto del Figlio. Questo significa che nessuno potrà mai dire di avere una relazione diretta con Dio, per mezzo dei suoi Angeli Santi. Ogni relazione con Dio è vera se avviene in Cristo, con  Cristo, Cristo. È falsa se avviene senza di Lui. Questa verità va gridati con modalità forti specialmente oggi, tempo in cui in nome di Dio, degli Angeli, di qualche altra creatura, si vuole saltare Cristo per dichiarare di essere in contatto direttamente con Dio. Va detto con fermezza di cuore e di mente: senza Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini, nessuna relazione si può stabilire con il Padre. Per Cristo Dio parla all’uomo e per Cristo gli uomini parlano a Dio. Per Cristo gli Angeli servono gli uomini e per Cristo gli uomini raggiungono gli Angeli. Senza la mediazione di Cristo non vi è comunicazione alcuna con Dio.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Purtroppo oggi è il tempo in cui l’uomo si è dichiarato nemico della verità di Cristo. Poiché ogni verità dell’uomo è in Cristo che diviene vera, se la verità di Cristo viene abolita, per l’uomo non vi è più alcuno possibilità di pervenire alla verità, che non è solo Cristo, ma è Lui, che non solo viene a noi per Lui. La verità si attinge in Lui, divenendo con Lui un solo corpo, una sola vita. Senza la sua mediazione non c’è verità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a credere che tutto è dalla mediazione di Gesù.

FOSSERO TUTTI PROFETI NEL POPOLO

Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48

30 SETTEMBRE – XXVI DOMENICA T.O.

Mosè deve governare un popolo numeroso e dalla dura cervice. Già Ietro, suo suocero gli aveva suggerito come agire. Nessuno potrà mai pensare di poter governare senza partecipare ad altri la sua autorità. L’autorità, partecipata con saggezza, è la regola del buon governo. Ogni autorità partecipata deve però sempre rendere contro all’autorità dalla quale l’autorità ci è stata partecipata. Mosè deve rendere conto Dio, gli uomini ai quali lui ha partecipato l’autorità dovranno rendere conto a lui. Anche Cristo Gesù che ha ricevuto ogni potere dal Padre suo, al Padre dovrà rendere conto di ogni cosa.

Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. Allora il suocero di Mosè, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; non puoi attendervi tu da solo. Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini validi che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità, per costituirli sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. Se tu fai questa cosa e Dio te lo ordina, potrai resistere e anche tutto questo popolo arriverà in pace alla meta» (Es 18,13-23).

Si può anche partecipare l’autorità, mai però lo Spirito Santo che è stato versato su di noi, perché ogni autorità venga partecipata secondo la divina volontà. Il popolo è nella grande confusione, diviene ingovernabile. Mosè si sente solo. Il Signore gli viene in aiuto. Questa volta in modo differente, diverso. Prende parte del suo Spirito e lo versa su settanta anziani. Lo Spirito si posa anche su due uomini che stavano a lavorare nei campi. Giosuè vede e subito chiede a Mosè che impedisca loro di profetizzare, cioè di parlare in nome del Signore. La risposta di Mosè è immediata: “Fosse profeta tutto il popolo” Fosse tutto il popolo ascoltatore della Parola e datore di essa!”.

Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Perché ogni autorità partecipata produca frutto deve essere esercitata secondo la divina volontà e per questo non basta partecipare il potere, si deve anche partecipare lo Spirito del Signore. Cristo Gesù ha ricevuto ogni potere dal Padre. Lo partecipa ai suoi Apostoli. Ad essi partecipa anche il suo Spirito. Lo soffia su di essi e li costituisce suoi Apostoli, suoi strumenti di salvezza. Quanto gli Apostoli hanno ricevuto, potere e Spirito Santo, lo trasmettono per via sacramentale ai loro successori che sono i Vescovi. I Vescovi a loro volta trasmettono potere e Spirito Santo  ai loro collaboratori, i presbiteri, non nella pienezza, ma per l’esercizio della salvezza delle anime, sempre però in comunione con la loro pienezza necessaria al completamento di ogni loro opera. L’esercizio del potere senza lo Spirito Santo è esposto non solo all’inefficienza, quanto anche al cattivo uso e anche all’uso peccaminoso e nefasto.

Madre sempre Vergine, Angeli, Santi, colmateci sempre di Spirito Santo.