DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE

Ci sono due modi di guardare la vita: dal Paradiso o dall’inferno. Proviamo per un attimo a guardarla dal Paradiso. Diremmo che tutte le croci di questo mondo, tutte le sofferenza della terra, tutte le umiliazioni, sono un nulla in rapporto alla gioia eterna da esse prodotta. Proviamo per un attimo a vedere la nostra storia dall’inferno. Diremmo la nostra infinita stoltezza, insipienza, stupidità. Se potessimo tornare nuovamente nel tempo ci vestiremmo di stracci, mangeremmo erba come il bue, abiteremmo nelle caverne, vivremmo una vita lontano da ogni tentazione. Ci addosseremmo ogni croce. Noi tutti oggi guardiamo la vita dalla nostra falsità e negazione della Parola. È questo il solo vero peccato dell’uomo: la sua non fede nella Parola del suo Signore.

L’antifona di ingresso ci presenta la lettura che Cristo fa della sua passione e morte dalla sua risurrezione, dalla sua gloria nei cieli eterni: “Sono risorto, e sono sempre con te; tu hai posto su di me la tua mano, è stupenda per me la tua saggezza”. Qual è la stupenda saggezza di Dio? La via della croce. L’accoglienza da parte di Gesù di questa stupenda saggezza ha trasformato il suo corpo in Luce, lo ha costituito Signore del cielo e della terra, Giudice dell’universo, Mediatore universale non solo nella creazione, ma anche nella redenzione e santificazione dell’uomo. Così è vista la croce dalla gloria: stupenda saggezza del Padre. L’uomo la vede come stoltezza.

La preghiera di colletta chiede al Signore che il mistero che si compiuto in Cristo sia mistero che si compia in ogni uomo: “O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto”. È questa la verità cristiana: il mistero di Cristo che diviene mistero del cristiano per continuare l’opera della salvezza di Dio. Il cristiano non fa cose. Lascia che tutto Cristo viva in Lui, con Lui, per Lui per dare perenne vita al suo mistero di salvezza. Senza il corpo del cristiano il mistero di Cristo è sterile.

La prima lettura annunzia la storia terrena di Cristo Gesù e quali sono i frutti della sua risurrezione: “Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. I Giudei lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. Questa la storia di Gesù: morte per crocifissione, risurrezione gloriosa.

Questi sono invece i frutti della sua morte e della sua risurrezione: “E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”. È in questo comando di Cristo la verità dell’apostolo. Se Lui annunzia quanto gli è stato comandato, il Signore può operare la sua salvezza nel dono dello Spirito Santo. Se l’apostolo non annunzia, il mondo rimane nel suo peccato. Tutto è dall’obbedienza dell’apostolo.

Il Salmo responsoriale è forte invito a ringraziare il Signore. Cristo Gesù, nel suo mistero di morte, risurrezione. Gesù è dono del Padre: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: “Il suo amore è per sempre”. La destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi”. Quando la fede non diviene ringraziamento, di sicuro essa è falsa, sfasata, ricca di molti errori e incongruenze. La fede vera si fa amore, si fa ringraziamento, lode.

La Seconda Lettura ci esorta a cercare le cose di lassù. È questa vera conseguenza della risurrezione. Siamo risorti con Cristo. Dobbiamo cercare le cose di Cristo. Cristo è nel cielo, anche noi dobbiamo cercare le cose del cielo: “se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”. La fede vera è conseguenza operativa. Una fede senza conseguenze operative attesta la sua inutilità, vanità, sterilità.

La sequenza narra chi è Cristo e quanto è avvenuto il mattino della sua risurrezione: “Alla vittima pasquale, s’innalzi oggi il sacrificio di lode. L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre. Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa. “Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?”. “La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, mia speranza, è risorto: precede i suoi in Galilea”. Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. La fede va cantata in ogni modo, sotto ogni forma.

L’acclamazione al Vangelo ci invita alla grande festa nel Signore. Oggi è giorno di gioia somma: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato: facciamo festa nel Signore”.

Il Vangelo opera una grande distinzione tra il segno e la Parola. In questa prima parte della narrazione non ci sono Angeli. C’è una donna che cerca il suo Signore. Gesù non è nel sepolcro. Pietro e Giovanni accorrono. Giovanni vede e crede. Vede il segno, crede nella Parola. Così il giorno della risurrezione viene intronizzata sul candelabro della Chiesa e del mondo la Parola, non di Gesù, ma del Padre. Quanto il Padre ha promesso nelle Scritture Antiche si è puntualmente compiuto. Se la Parola del padre si è tutta compiuta, Cristo è veramente il suo Messia, il suo Salvatore, il suo Redentore.

“Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.

O la Chiesa pone tutta la Parola della Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, come unica e sola luce per illuminare la sua fede, orientare il suo amore, fondare la sua speranza, o essa potrà essere sulla terra solo raccoglitrice di sicomori, così come era Amos prima della sua chiamata a diffondere e annunziare la Parola di Dio. Oggi spesso appariamo più raccoglitori di sicomori che profeti della Parola del Dio vivente.

La preghiera sulle offerte è potentissima confessione di fede sulla verità dell’Eucaristia: “Ti offriamo, Signore, questo sacrificio, nel quale mirabilmente nasce e si edifica sempre la tua Chiesa”. Confessiamo noi questa fede quando celebriamo l’Eucaristia? Lo celebriamo questo mistero secondo questa potentissima fede?

L’Antifona alla comunione è invito pressante a celebrare la Pasqua con cuore nuovo: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato: celebriamo dunque la festa con purezza e verità”. Celebrare la Pasqua nel peccato è contraddizione della sua verità.

La preghiera dopo la comunione è invocazione a Dio per la sua Chiesa: “Proteggi sempre la tua Chiesa, Dio onnipotente, con l’inesauribile forza del tuo amore, perché, rinnovata dai sacramenti pasquali, giunga alla gloria della risurrezione”. Pregare per la Chiesa è pregare per tutto il corpo di Cristo, per ogni discepolo di Gesù, per noi stessi. Si chiede a Dio che la sua Chiesa rimanga sempre sua Chiesa, in pienezza di verità.