Commento teologico alla prima lettura – Febbraio 2018

1 FEBBRAIO

OSSERVA LA LEGGE DEL SIGNORE, TUO DIO

1 Re 2,1-4.10-12; C 1 Cr 29,10-12; Mc 6,7-13

Nel suo testamento l’uomo consegna ai suoi eredi tutti i suoi beni. Il testamento degli uomini di Dio è diverso da ogni altro testamento. Essi consegnano ai loro “figli” il solo bene, che è Dio, e che si gode tutto nell’obbedienza alla sua Parola. Anche Gesù scrive il suo testamento per i suoi discepoli. È la sua preghiera elevata al Padre.

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,1-26).

Questo testamento va sempre letto, meditato, custodito gelosamente nel cuore. È il cuore di Cristo manifestato al Padre e ai suoi discepoli. Anche Davide scrive il testamento per Salomone. In esso gli viene consegnato Dio. Non però un Dio astratto, evanescente, senza alcuna forma. Gli consegna il Dio della Parola, gli affida la Parola di Dio, nella quale dovrà camminare per tutti i giorni della sua vita. Dio è la sua eredità. È Dio nella sua Parola. È Dio nella Parola ascoltata e vissuto senza interruzione.

I giorni di Davide si erano avvicinati alla morte, ed egli ordinò a Salomone, suo figlio: «Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra. Tu sii forte e móstrati uomo. Osserva la legge del Signore, tuo Dio, procedendo nelle sue vie ed eseguendo le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e le sue istruzioni, come sta scritto nella legge di Mosè, perché tu riesca in tutto quello che farai e dovunque ti volgerai, perché il Signore compia la promessa che mi ha fatto dicendo: “Se i tuoi figli nella loro condotta si cureranno di camminare davanti a me con fedeltà, con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima, non ti sarà tolto un discendente dal trono d’Israele”. Davide si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella Città di Davide. La durata del regno di Davide su Israele fu di quarant’anni: a Ebron regnò sette anni e a Gerusalemme regnò trentatré anni. Salomone sedette sul trono di Davide, suo padre, e il suo regno si consolidò molto.

Il vero testamento di un uomo è la consegna del proprio cuore. Davide ha il cuore pieno di Dio e lo consegna a Salomone perché a sua volta lo consegni ai suoi eredi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, colmateci di Cristo Gesù.

2 FEBBRAIO

E SUBITO ENTRERÀ NEL SUO TEMPIO IL SIGNORE

MI 3,1-4 opp. Eb 2,14-18; Sal 23; Lc 2,22-40

La profezia di Malachia si compone di tre verità. Il messaggero che prepara la via dinanzi al Signore è Giovanni il Battista. Chi entra nel suo tempio è Cristo Gesù. Il giorno rovente si compirà quando Gesù svelerà i pensieri dei cuori e ognuno saprà se sta percorrendo vie di verità oppure di menzogna e falsità. Giovanni il Battista è annunziato nei Vangeli ancor prima del suo concepimento come l’uomo mandato da Dio, pieno di Spirito Santo, per preparare i cuori ad accogliere il Messia.

Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1,13-17).

Sempre nel Vangelo secondo Luca, Gesù entra nel tempio il giorno della sua offerta al Signore in quanto primogenito. Nel tempio avviene l’incontro con Simeone. Nel Vangelo secondo Giovanni invece Gesù agli inizi della vita pubblica entra nel tempio e lo purifica, cacciando via da esso i profanatori, quanti cioè avevano fatto di quel luogo santissimo un mercato e una spelonca di ladri. Lui restituisce al tempio la sua santità.

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2,13-22).

Nel nuovo tempio di Dio che è Cristo Gesù ogni altro uomo deve entrare per divenire anche lui tempio santo del Signore. Per entrare ci si deve lasciare santificare da Gesù. Anzi Lui ci deve lavare con il suo sangue e nutrirci con la sua santità, nella verità e nella giustizia che vengono da Dio. Se non si diviene tempio di Dio in Cristo, la nostra casa non è casa di preghiera e nessuno attraverso noi si incontrerà con il vero Dio. Ogni uomo deve entrare nel tempo di Dio entrando nel nostro tempio, che è tempio di Gesù Signore. Per noi in Cristo, per Cristo in Dio, nella sua luce e verità eterna.

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.

Gesù viene per purificare con la luce dello Spirito Santo e la sua forza ogni cuore da tutte le immondizie di idolatria i immoralità che sono in esso. Può offrire se stesso a Dio, come sacrificio puro e santo, solo chi si lascia purificare da Cristo, immergendosi nel suo sangue e lasciandosi sanare dalla sua grazia. Solo Cristo è l’offerta gradita al Padre. Solo chi diventa con Cristo una sola vita, un solo corpo, una sola santità, diventerà offerta gradita al Padre. Chi è senza Cristo è senza il vero Dio. È ancora immerso nella sua sporcizia e mai potrà divenire offerta monda per il suo Signore. Cristo è tutto per noi e solo chi è in Lui, apparterrà al vero Dio e Signore dell’uomo.

Vergine Maria, Madre, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero tempio santo.

3 FEBBRAIO

CONCEDI AL TUO SERVO UN CUORE DOCILE

1 Re 3,4-13; Sal 118; Mc 6,30-34

Quando avviene nel sogno, il Libro della Sapienza lo trasforma in una preghiera accorata di Salomone, innalzata a Dio, chiedendo il dono di sapere sempre le cose che sono a Lui gradite. Poiché ogni uomo deve sapere ciò che è perfettamente giusto e ingiusto dinanzi al Signore, tutti possono chiede a Lui questo dono divino.

«Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, e con la tua sapienza hai formato l’uomo perché dominasse sulle creature che tu hai fatto, e governasse il mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto, dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava, uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla. Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie; mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte, un altare nella città della tua dimora, immagine della tenda santa che ti eri preparata fin da principio. Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con giustizia il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre. Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza» (Sap 9,1-18).

La sapienza non va chiesta una volta sola in vita. Ogni giorno ci si deve mettere in preghiera e con grande umiltà invocare il dono del discernimento e la forza per agire in conformità ad esso. In fondo il dono della sapienza sono le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza temperanza. Queste virtù, essendo dono sempre attuale dello Spirito Santo, vanno chieste a Dio attimo per attimo, azione per azione, decisione per decisione, discernimento per discernimento. È grave errore spirituale pensare di possedere in modo stabile e duratura ogni capacità soprannaturale e ogni grazia. Tutto va chiesto al Signore con preghiera ininterrotta. Siamo dalla luce di Dio sempre.

Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita.

Salomone chiede a Dio la sapienza per poter governare il suo popolo secondo diritto e giustizia. Poi si dimentica e non la chiede più. Essa va chiesta senza interruzione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a chiedere sempre.

4 FEBBRAIO – V DOMENICA T.O. – B

RICÒRDATI CHE UN SOFFIO È LA MIA VITA

Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39

La vera speranza nasce dalla Parola del Signore. Né filosofia, né antropologia, né altra scienza sono capaci di creare la vera speranza nei cuori. Senza la vera speranza neanche si comprende il significato del dolore e della sofferenza. Non si conosce la sua origine. Non la si vive come redenzione ed espiazione. Non vi è alcuna prospettiva di eternità. Che oggi l’uomo sia senza alcuna vera speranza, lo attesta il suo modo di concludere la vita. Non appena la sofferenza aumenta di grado o provoca un qualche disturbo o si pensa che da essa non ci si possa liberare, subito si sceglie per la morte. In molti paesi si sono create le cline della morte. Prima di esce dalla sofferenza e meglio è. Molti hanno anche combattuto durissime battaglie legali per ottenere il diritto ad uccidere persone nella sofferenza irreversibile. Si è senza la Parola del Signore.

La Parola prima di ogni cosa ci rivela che Signore della vita è solo uno: il suo Autore. Essa una volta concepita, appartiene a Lui per diritto eterno. Non la sia può togliere né con l’aborto e né con l’eutanasia. Neanche la si può ridurre a non vita vera con i molteplici vizi e trasgressione dei comandamenti. La legge del Signore e ogni altra sua Parola è solo in funzione della vita da viversi al meglio delle sue possibilità. La vita va protetta, custodita, santificata in modo che nella sua trasmissione per generazione nessun danno sia dato a chi la riceve. Questo mai potrà avvenire per quegli uomini e quelle donne che si consegnano al vizio del fumo, dell’alcool, della droga, di ogni altra intemperanza. Oggi tutte le intemperanze stanno rendendo le donne anche sterili. Molta sterilità è anche il frutto di uno stile errato di vivere. La vita è il dono più prezioso del Signore, ma noi facciamo di tutto per rovinarla con i nostri peccati, i nostri vizi, le nostre infinite intemperanze, il nostro stile quotidiano di comportarci.

L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.

Giobbe non ha fatto mai nulla di male. Si trova nella sofferenza per una sfida che Satana fece al Signore. Se tu mi permetti di affliggerlo con ogni sofferenza, lui si maledirà, non ti amerà, ti rinnegherà. Giobbe è rimasto intatto nel suo amore e nella sua fedeltà. Vede però la sua vita consumarsi sotto il peso della indicibile sofferenza e manifesta il suo indicibile dolore al suo Creatore. Nel suo dolore non c’è alcuna tregua, né di giorno né di notte. È un dolore continuo, ininterrotto, sempre presenza, mai assente, mai rallenta, anzi cresce. Non c’è più per lui neanche un filo di speranza che tutto questo possa finire un giorno. Cosa fare quando si è in uno stato in cui anche la speranza sembra venire meno? Cosa resta all’uomo che può ancora fare? Mettersi in preghiera e chiedere al Signore della vita che abbia pietà, misericordia, compassione. Lui tutto può. Può donare più grande forza per vivere il dolore, ma anche può liberarci dallo stesso dolore, ridonandoci salute piena. Può portare la pace nel cuore e farci vivere la sofferenza, senza neanche chiedere di essere sanati da essa. Le vie di Dio sono molteplici. All’uomo è chiesto solo di pregare con grandissima fede.

Ecco il vero segreto degli uomini di Dio, dei veri uomini di Dio: la preghiera. Giobbe chiede di essere liberato dalla sofferenza. Cristo Signore nell’Arto degli Ulivi chiede al Padre che si faccia solo la sua volontà. Se Lui deve passare dalla croce, che croce sia. Lui è pronto ad ogni sofferenza, ogni dolore, ma solo per essere e rimanere nella volontà del Padre. Neanche dalla croce, benché tentato, chiede al Padre di liberarlo, facendolo scendere. Lui sa che scenderà da essa, solo dopo aver offerto la sua sofferenza per la redenzione del mondo. Lui sa che deve farsi olocausto di espiazione e per amore verso il Padre si lascia consumare in sacrificio di soave odore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sacrificio di salvezza.

5 FEBBRAIO

LA NUBE RIEMPÌ IL TEMPIO DEL SIGNORE

1 Re 8,1-7.9-13; Sal 131; Mc 6,53-56

Vi è un parallelismo perfetto tra quanto avviene con Mosè nel deserto e quanto si compie nel tempo di Gerusalemme il giorno della sua consacrazione.

Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Nella tenda del convegno collocò la tavola, sul lato settentrionale della Dimora, al di fuori del velo. Dispose su di essa il pane, in focacce sovrapposte, alla presenza del Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò inoltre il candelabro nella tenda del convegno, di fronte alla tavola, sul lato meridionale della Dimora, e vi preparò sopra le lampade davanti al Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò poi l’altare d’oro nella tenda del convegno, davanti al velo, e bruciò su di esso l’incenso aromatico, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Mise infine la cortina all’ingresso della Dimora. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso della Dimora, della tenda del convegno, e offrì su di esso l’olocausto e l’offerta, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Collocò il bacino fra la tenda del convegno e l’altare e vi mise dentro l’acqua per le abluzioni. Mosè, Aronne e i suoi figli si lavavano con essa le mani e i piedi: quando entravano nella tenda del convegno e quando si accostavano all’altare, essi si lavavano, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Infine eresse il recinto intorno alla Dimora e all’altare e mise la cortina alla porta del recinto. Così Mosè terminò l’opera. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio (Es 40,17-38).

Come il Signore sceglie come sua casa in cui abitare la tenda del convegno innalzata nel deserto, così sceglie come sua casa sulla terra il tempio costruito nel cuore di Gerusalemme. Da casa che cammina con i figli di Israele e da casa che si sposta da un luogo ad un altro, diviene casa stabile. Ora tutti sanno che il tempio è la casa di Dio.

Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno».

Un solo Dio, un solo tempio sulla terra, una sola casa nei cieli, una sola casa sulla terra. Con Gesù, nuovo tempio di Dio tutto cambia. Gesù è la sola vera casa di Dio, in Lui, per Lui, con Lui ogni battezzato diviene suo corpo e di conseguenza è costituito vera casa di Dio sulla nostra terra. Dovunque c’è un cristiano, lì ogni uomo deve trovare la vera del Signore. Ma il cristiano è vera casa di Dio? L’uomo vede Dio in Lui?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera casa di Dio.

6 FEBBRAIO

QUANDO PREGHERANNO IN QUESTO LUOGO

1 Re 8,22-23.27-30; Sal 83; Mc 7,1-13

Salomone sa che Dio abita nel tempio di Gerusalemme. Sa che quella era la sua vera casa sulla terra, l’unica sua vera casa. Chiede al Signore una grande grazia: che ascolto ogni preghiera a Lui elevata da chi si trova nel tempio e anche da chi non è nel tempio, ma guarda verso di esso. Ma quale è il significato recondito di questa richiesta? Lui vuole che ogni uomo sulla terra confessi e riconosca che solo il Dio che abita in Gerusalemme, nel suo tempio santo, è il vero Dio. Come Dio attesterà la sua verità di essere il solo vero Dio di tutta la terra? Ascoltando ogni preghiera a Lui elevata sul fondamento di questa fede. A Dio è chiesto di aiutare la fede in Lui, generarla e anche crearla, manifestandosi nella sua verità. Qual è la verità prima che attesta che Lui è il solo Dio vivo e vero, l’Onnipotente? L’esaudimento della preghiera. La preghiera ascoltata diviene così la prima via per creare la vera fede nei cuori.

Poi Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso il cielo, disse: «Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”. Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona!

Cristo Gesù è il nuovo tempio di Dio. San Paolo ci dice che in Lui abita corporalmente la divinità. Lui è tempio di Dio sostanzialmente e divinamente di più che nell’altro tempio. Questa verità è essenza della nostra fede. Cristo è Dio e tempio di Dio.

È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti (Col 2,9-12).

Come noi creiamo la fede in questo tempo santo, diverso dal primo tempio. Chiedendo al Padre nel nome di Cristo Gesù e insegnando ad ogni altro uomo a chiedere.

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò (Gv 14,12-14). Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,12-17). In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre» (Gv 16,23-28).

Il fine della preghiera non è l’esaudimento di essa. Vero unico fine è far nascere la fede in Cristo, solo vero ed unico tempio del Dio vivente sulla nostra terra. Si chiede al Padre per Lui, il Padre esaudisce, la vera fede in Lui deve inondare ogni cuore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

7 FEBBRAIO

TI HA STABILITO RE PER ESERCITARE IL DIRITTO

1 Re 10,1-10; Sal 36; Mc 7,14-23

Dio stabilisce re sulla terra, sacerdoti, giudici, eleva una persona sopra un’altra persona solo per un motivo: perché eserciti il diritto e la giustizia. Diritto e giustizia sono manifestati da Dio e contenuti nella sua Parola. Re, giudici, sacerdoti sono per governare, ognuno secondo la sua personale responsabilità e ministero affidato, il popolo nella giustizia e nel diritto che vengono da Dio. O diritto e giustizia vengono dal Signore, o sono sempre grande ingiustizia. Oggi per l’uomo giustizia è la negazione di ogni comandamento e Parola del Signore. Diritto è la violazione della sua Legge.

Amate la giustizia, voi giudici della terra, pensate al Signore con bontà d’animo e cercatelo con cuore semplice. Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova, e si manifesta a quelli che non diffidano di lui. I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti. La sapienza non entra in un’anima che compie il male né abita in un corpo oppresso dal peccato. Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia (Cfr. Sap 1,1-10). Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere; imparate, o governanti di tutta la terra. Porgete l’orecchio, voi dominatori di popoli, che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni. Dal Signore vi fu dato il potere e l’autorità dall’Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi: pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio. Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore. Il Signore dell’universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo. Ma sui dominatori incombe un’indagine inflessibile. Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate in errore (Cfr. Sap 6,1-11). “Chi governa gli uomini con giustizia, chi governa con timore di Dio, è come luce di un mattino quando sorge il sole, mattino senza nubi, che fa scintillare dopo la pioggia i germogli della terra”. Non è forse così la mia casa davanti a Dio, poiché ha stabilito con me un’alleanza eterna, in tutto regolata e osservata? Non farà dunque germogliare quanto mi salva e quanto mi diletta? Ma gli scellerati sono come spine, che si buttano via tutte e non si prendono in mano; chi le tocca si arma di un ferro e di un’asta di lancia e si bruciano sul posto col fuoco» (Cfr. 2Sam 23,1-7).

La regina di Saba viene a far visita a Salomone. Qual è il grande messaggio che gli lascia dopo aver ascoltato la sua sapienza? Dio non ti ha dato tanta sapienza per la tua gloria personale. L’hai ricevuta perché tu la metti tutta a servizio per il più grande bene del tuo popolo. Il Signore ti ha stabilito perché tu eserciti il diritto e la giustizia.

La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, dovuta al nome del Signore, venne per metterlo alla prova con enigmi. Arrivò a Gerusalemme con un corteo molto numeroso, con cammelli carichi di aromi, d’oro in grande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore. Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle. La regina di Saba, quando vide tutta la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, il modo ordinato di sedere dei suoi servi, il servizio dei suoi domestici e le loro vesti, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza respiro. Quindi disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua sapienza! Io non credevo a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n’era stata riferita neppure una metà! Quanto alla sapienza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita. Beati i tuoi uomini e beati questi tuoi servi, che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d’Israele, perché il Signore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia». Ella diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono più tanti aromi quanti ne aveva dati la regina di Saba al re Salomone.

Con la sapienza Salomone – e ogni altro uomo – deve cercare sempre il bene più grande per il popolo a lui affidato e per ogni altro uomo. I doni di Dio sono per gli altri.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi per gli altri.

8 FEBBRAIO

PER AMORE DI DAVIDE, MIO SERVO

1 Re 11,4-13; Sal 105; Mc 7,24-30

Quando un uomo si rende in tutto gradito al suo Signore, questo opera il bene in tutta la sua discendenza, senza mai stancarsi. L’amore di colui che lo ha veramente adorato, rispettato, obbedito è capace di nascondere le conseguenze del peccato di molti. Questa verità deve convincerci che il nostro Dio da noi deve essere amato con tutto il cuore, le forze, l’anima, lo spirito, la volontà, l‘intelligenza. I frutti di questo amore saranno veramente eterni. Davide ha amato il Signore con fedeltà e purezza di coscienza. Il Signore gli promette un regno eterno. Lungo tutta la storia di Israele, sempre il Signore si è ricordato di questa Parola. Vorrebbe agire differentemente, ma non può. L’amore di davide per Lui richiede purissima fedeltà alla Parola della promessa. Davide è stato fede e anche Dio vuole essere fedele. Fedeltà per fedeltà.

Tuttavia non farò ciò durante la tua vita per amore di Davide tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio (1Re 11, 12). Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio per amore di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme, città da me eletta” (1Re 11, 13). Ma, per amore di Davide, il Signore suo Dio gli concesse una lampada in Gerusalemme, innalzandone il figlio dopo di lui e rendendo stabile Gerusalemme (1Re 15, 4). Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo” (2Re 19, 34). Aggiungerò alla durata della tua vita quindici anni. Libererò te e questa città dalla mano del re d’Assiria; proteggerò questa città per amore di me e di Davide mio servo” (2Re 20, 6). Per amore di Davide tuo servo non respingere il volto del tuo consacrato (Sal 131, 10).

Salomone inizia bene con il Signore. Gli costruisce un tempio che è lo splendore di tutta la terra. Poi lui stesso si dimentica della verità del suo Dio, il solo vero Dio su tutta la terra e nei cieli, è adora gli dèi dei popoli. Diviene idolatra, offendendo in modo grave e irreparabile il suo Dio. Dono gloria ad esseri vani, inesistenti. Toglie la gloria al solo vero Dio di tutta la terra. Perché Salomone giunge a tanta perversione? Perché si è dimenticato di una regola fondamentale che governa la sapienza: l’obbedienza ad ogni Parola del Signore. Salomone è uscito dalla Parola di Dio, sposando donne straniere, ha perso la sua sapienza, è divenuto un grande idolatra. Dio avrebbe dovuto, così come ha fatto con Saul, rigettare lui e privarlo del trono. Invece per amore di Davide e per la Parola della promessa, gli lascia solo una tribù. Le altre dieci gli vengono tolte.

Quando Salomone fu vecchio, le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio, come il cuore di Davide, suo padre. Salomone seguì Astarte, dea di quelli di Sidone, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. Salomone commise il male agli occhi del Signore e non seguì pienamente il Signore come Davide, suo padre. Salomone costruì un’altura per Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche per Moloc, obbrobrio degli Ammoniti. Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dèi. Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva deviato il suo cuore dal Signore, Dio d’Israele, che gli era apparso due volte e gli aveva comandato di non seguire altri dèi, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore. Allora disse a Salomone: «Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né le leggi che ti avevo dato, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo. Tuttavia non lo farò durante la tua vita, per amore di Davide, tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide, mio servo, e per amore di Gerusalemme, che ho scelto».

Qual è l’insegnamento che deve venire a noi da un evento così sconcertante e cioè dal passaggio dell’uomo più sapiente di tutta la terra a divenire l’uomo più stolto e insipiente di questo mondo? Chi vuole rimanere sapiente, acquisire la sapienza, crescere in essa, deve abitare nella casa dei Comandamenti di Dio. Quando si esce dai Comandamenti, che sono la prima regola della sapienza per un uomo, si precipita nella stoltezza. Quando si cade nella falsità non si sa in quale abisso di male saremo condotti. Salomone è stato trascinato dalla stoltezza nell’idolatria, cioè nel peccato più grave contro il Signore e per questo peccato perse dieci parti del suo regno. Fuori dai Comandamenti si è divorati dal male. Nella Legge si è invece sempre protetti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, custoditeci nella Legge santa.

9 FEBBRAIO

NE DARÒ A TE DIECI TRIBÙ

1 Re 11,29-32; Sal 80; Mc 7,31-37

Vi è la profezia e vi è la storia. Le vie della storia sono degli uomini e ogni via conduce al compimento della parola del Signore. Questo significa che l’opera dell’uomo si riveste di grande responsabilità sia nel bene che nel male. Se una profezia si compie perché l’uomo ha operato il male, del male è responsabile l’uomo, non certo il Signore. Il Signore ha pronunciato la sua profezia anche in previsione di quel male. Storicamente il regno si divise per la stoltezza di Geroboamo. La sua sordità verso il popolo che chiedeva un alleggerimento delle tasse fu la causa immediata della divisione. Il peccato di Salomone è la causa remota che ha prodotto la stoltezza del figlio. Ognuno dinanzi ad una profezia deve agire sempre con ogni verità e giustizia.

Roboamo andò a Sichem, perché tutto Israele era convenuto a Sichem per proclamarlo re. Quando lo seppe, Geroboamo, figlio di Nebat, che era ancora in Egitto, dove era fuggito per paura del re Salomone, tornò dall’Egitto. Lo mandarono a chiamare e Geroboamo venne con tutta l’assemblea d’Israele e parlarono a Roboamo dicendo: «Tuo padre ha reso duro il nostro giogo; ora tu alleggerisci la dura servitù di tuo padre e il giogo pesante che egli ci ha imposto, e noi ti serviremo». Rispose loro: «Andate, e tornate da me fra tre giorni». Il popolo se ne andò. Il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di Salomone, suo padre, durante la sua vita, domandando: «Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?». Gli dissero: «Se oggi ti farai servo sottomettendoti a questo popolo, se li ascolterai e se dirai loro parole buone, essi ti saranno servi per sempre». Ma egli trascurò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consultò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio. Domandò loro: «Voi che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo, che mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto loro da mio padre?». I giovani che erano cresciuti con lui gli dissero: «Per rispondere al popolo che si è rivolto a te dicendo: “Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo, tu alleggeriscilo!”, di’ loro così: “Il mio mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre. Ora, mio padre vi caricò di un giogo pesante, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli”».

Geroboamo e tutto il popolo si presentarono a Roboamo il terzo giorno, come il re aveva ordinato dicendo: «Tornate da me il terzo giorno». Il re rispose duramente al popolo, respingendo il consiglio che gli anziani gli avevano dato; egli disse loro, secondo il consiglio dei giovani: «Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi castigherò con flagelli». Il re non ascoltò il popolo, poiché era disposizione del Signore che si attuasse la parola che il Signore aveva rivolta a Geroboamo, figlio di Nebat, per mezzo di Achia di Silo. Tutto Israele, visto che il re non li ascoltava, diede al re questa risposta: «Che parte abbiamo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse! Alle tue tende, Israele! Ora pensa alla tua casa, Davide!». Israele se ne andò alle sue tende. Sugli Israeliti che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Roboamo mandò Adoràm, che era sovrintendente al lavoro coatto, ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì. Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire a Gerusalemme. Israele si ribellò alla casa di Davide fino ad oggi. Quando tutto Israele seppe che era tornato Geroboamo, lo mandò a chiamare perché partecipasse all’assemblea; lo proclamarono re di tutto Israele. Nessuno seguì la casa di Davide, se non la tribù di Giuda (1Re 12,1-20).

Sempre dobbiamo tenere presenta la distinzione tra profezia e vie storiche. Queste ultime sono sempre misteriose. Nessuno le conosce. Ognuno deve divenire via perché le profezie di bene si compiano. Tutti devono mettere la più grande attenzione perché per lui nessuna profezia di “male” di compie. È un altissimo dovere di giustizia.

In quel tempo Geroboamo, uscito da Gerusalemme, incontrò per strada il profeta Achia di Silo, che era coperto con un mantello nuovo; erano loro due soli, in campagna. Achia afferrò il mantello nuovo che indossava e lo lacerò in dodici pezzi. Quindi disse a Geroboamo: «Prenditi dieci pezzi, poiché dice il Signore, Dio d’Israele: “Ecco, strapperò il regno dalla mano di Salomone e ne darò a te dieci tribù. A lui rimarrà una tribù a causa di Davide, mio servo, e a causa di Gerusalemme, la città che ho scelto fra tutte le tribù d’Israele.

L’attenzione perché non si diventi vie storiche per l’attuazione della profezia di “male” fa la differenza tra lo stolto e il sapiente. Geroboamo è stolto e per lui il regno si divide.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci oltremodo sapienti.

10 FEBBRAIO

ECCO, ISRAELE, I TUOI DÈI

1 Re 12,26-32; 13,33-34; Sal 105; Mc 8,1-10

Geroboamo non crede nella Parola della profezia. Non crede che rimanendo fedele al suo Dio, il regno si sarebbe consolidato nelle sue mani. Ha paura che le dieci tribù possano ritornare nuovamente nelle mani dei figli di Davide e per questo fa ritornare il popolo di Dio ai tempi dell’esodo, quando venne costruito il vitello d’oro ai piedi del monte Sinai. Geroboamo ne costruisce due. Vengono usate le stesse parole: “Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto”. Due vitelli prendono il posto del Dio vivo e vero. Allo scisma politico si aggiunge quello religioso.

Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione» (Es 32,1-10).

Quando un re perde la fede in Dio trascina nella non fede tutto il suo popolo. È avvenuto ieri, avviene oggi. I governanti di questo mondo senza la vera fede in Cristo Gesù, stanno conducendo l’umanità nella più triste delle idolatrie. Anticamente si adorava del metallo fuso come Dio. Oggi – tristezza immane – si adora il peccato e lo si eleva a nuovo Dio dell’uomo, nuova Legge, nuovo Diritto, nuova Giustizia. Il peccato che è solo fonte di ogni morta viene eletto come Dio della vita, Dio del progresso, Dio della vera civiltà, Dio del benessere dell’umanità. Vi è forse aberrazione più grande?

Geroboamo pensò: «In questa situazione il regno potrà tornare alla casa di Davide. Se questo popolo continuerà a salire a Gerusalemme per compiervi sacrifici nel tempio del Signore, il cuore di questo popolo si rivolgerà verso il suo signore, verso Roboamo, re di Giuda; mi uccideranno e ritorneranno da Roboamo, re di Giuda». Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: «Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto». Ne collocò uno a Betel e l’altro lo mise a Dan. Questo fatto portò al peccato; il popolo, infatti, andava sino a Dan per prostrarsi davanti a uno di quelli. Egli edificò templi sulle alture e costituì sacerdoti, presi da tutto il popolo, i quali non erano discendenti di Levi. Geroboamo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture. Dopo questo fatto, Geroboamo non abbandonò la sua via cattiva. Egli continuò a prendere da tutto il popolo i sacerdoti delle alture e a chiunque lo desiderava conferiva l’incarico e quegli diveniva sacerdote delle alture. Tale condotta costituì, per la casa di Geroboamo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra.

La Parola del Signore lo dichiara con divina verità: “Il peccato dell’idolatria di Geroboamo provocò la distruzione e lo sterminio dalla faccia della terra della casa di Geroboamo”. La stessa cosa, se non ancora più grande, sarà per la nostra casa nella quale il peccato è stato consacrato nuovo Dio dell’uomo. O distruggiamo il peccato come nostro unico Dio, ci convertiamo al Dio vivo e vero, oppure non ci sarà alcun futuro per la nostra casa. Come la casa di Geroboamo anche la nostra sarà distrutta e lo sterminio sarà universale. Non c’è futuro per quanti adorano il peccato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci dall’idolo del peccato.

11 FEBBRAIO – VI DOMENICA T.O. – B

ABITERÀ FUORI DELL’ACCAMPAMENTO

Lv 13,1-2.44-46; Sal 31; 1 Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45

La lebbra è malattia contagiosa. Il Libro del Levitico nei cc. 13 e 14 detta le norme perché una persona sia dichiarata affetta dalla malattie e anche quelle per la sua purificazione, nel caso sia trovata guarita. Una volta che la persona veniva dichiarata lebbrosa, essa doveva abbandonare la comunità e vivere in luoghi desideri, nei quali ogni contagio sarebbe stato impossibile. Nel caso qualcuno inavvertitamente si fosse avvinato, il lebbroso avrebbe dovuto subito gridare: “Impuro! Impuro!”, impedendo così ogni possibile contatto fortuito e occasionale. L’allontanamento è un sacrificio di carità, vero amore verso tutta la comunità. Uno si sacrifica per la salvezza di tutto il popolo.

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Quel tale è un lebbroso; è impuro e lo dovrà dichiarare impuro: il male lo ha colpito al capo. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento.

Queste antiche norme non vanno considerate come assenza di misericordia o di compassione, ma di altissima considerazione per tutto il popolo. Esporre la comunità alla lebbra sarebbe stata decisione priva di ogni rispetto. Uno si consegna alla solitudine perché la moltitudine resti sana e possa vivere la sua quotidianità. Questa stessa norma la troviamo nel Vangelo. Qui si tratta però della lebbra del peccato. Se il peccatore non vuole entrare nell’obbedienza alla Parola del Vangelo, dopo la terza correzione fraterna Gesù chiede che lo si dichiari escluso dalla comunità .

Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo (Mt 18,15-18).

La stessa regola la dona San Paolo. Non si tratta però di una norma di esclusione definitiva. L’esclusione ha solo un fine terapeutico. L’altro vede che non è più parte della comunità e se è di buona volontà può pentirsi ed essere nuovamente accolto.

Si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell’immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi! (1Cor 5,1-13).

Il principio che regge questa norma è più che santo. Si deve lasciare che il lievito di peccato inquini tutta la comunità o ci si può proteggere perché questo non avvenga? L’esclusione serve perché il peccatore prenda coscienza del suo male e si converta,

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni peccato.

12 FEBBRAIO

LA DOMANDI PERÒ CON FEDE, SENZA ESITARE

Gc 1,1-11; Sal 118; Mc 8,11-13

La sapienza è tutto per un cristiano. Essa ci fa vedere ogni cosa con gli occhi di Dio, di Cristo Gesù, secondo lo Spirito di verità. Ci dona anche ogni prudenza e fortezza, perché tutto si faccia come se fosse Dio e Cristo Gesù a farlo o a dirlo, nella luce dello Spirito Santo che governa ogni pensiero e opera del Padre e del Figlio. Quanto nell’Antico Testamento è detto della sapienza è solo una scintilla se ogni cosa si vede alla luce del grande dono che Cristo ci ha fatto: lo Spirito del Padre, il suo Spirito come nostro Spirito. La luce del Padre, la sua Luce come nostra luce. Eppure la Scrittura ha parole sublimi sulla sapienza. Essa guida Dio in ogni sua decisione ed opera.

«A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra. Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l’eguaglia. Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartengono consiglio e successo, mia è l’intelligenza, mia è la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia. Il mio frutto è migliore dell’oro più fino, il mio prodotto è migliore dell’argento pregiato. Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori. Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo » (Pr 8,1-36).

Gesù dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo, che è la Sapienza divina ed eterna. Esso però va chiesto con fermezza, senza alcuna esitazione. Si vuole lo Spirito Santo, lo si deve chiedere con risolutezza, fortezza, grande decisionalità. Senza dubitare.

Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute. Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla. Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare, mossa e agitata dal vento. Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore: è un indeciso, instabile in tutte le sue azioni. Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato, il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d’erba passerà. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà.

Perché lo Spirito Santo va chiesto impegnando in questa preghiera tutta la forza del nostro cuore e della nostra anima? Perché questa condizione così impegnativa? Il dono è altissimo, preziosissimo, divino. Dio dona tutto se stesso nel suo Santo Spirito e l’uomo deve dare tutto se stesso a Dio, altrimenti lo Spirito è dato vanamente. Dio è geloso del suo Santo Spirito e mai lo darà a persone che non ne apprezzano il suo valore eterno. Oggi si chiedono, si danno, si ricevono i doni eterni senza alcun impegno da parte dell’offerente e del ricevente. È un grandissimo danno spirituale.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, chiedete per noi la sapienza.

13 FEBBRAIO

PER ESSERE UNA PRIMIZIA DELLE SUE CREATURE

Gc 1,12-18; Sal 93; Mc 8,14-21

Nell’Antico Testamento, la primizia, cioè i primi frutti della terra, degli animali, degli uomini appartenevano al Signore. Erano cosa sacra. Non erano dell’uomo. Andavano presentati al Signore. Se ne doveva fare a Lui un’offerta. Anche i redenti in Cristo sono una primizia per il Signore. Sono il frutto della redenzione del Figlio suo e per questa ragione essi sono sacri al Signore, appartengono a Lui, non sono più per alcun uso profano. Devono essere una cosa santa, anzi santissima per il loro Dio. Nel Nuovo Testamento primizia è categoria altamente teologica e rivela l’altissima dignità e verità di quanti sono stati salvati da Gesù Signore. I redenti sono la sua primizia da offrire e presentare al Padre come purissima offerta a Lui gradita.

Essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm 8, 23). Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami (Rm 11,16). Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa. Salutate il mio caro Epèneto, primizia dell’Asia per Cristo (Rm 16,5). Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti (1Cor 15,20). Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo (1Cor 15, 23). Una raccomandazione ancora, o fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che è primizia dell’Acaia; hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli (1Cor 16,15). Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità (2Ts 2,13). Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature (Gc 1,18). Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l’Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello (Ap 14,4).

Se i redenti sono la primizia tra le creature di Dio, se essi sono i primi frutti che sono maturati sull’albero di Cristo Gesù, non solo devono sempre presentarsi al mondo come santi, immacolati, senza macchia di peccato, devono anche lavorare senza darsi alcun riposo affinché molti altri uomini e donne si lascino innestare in Cristo Signore e diventino anche loro primizie per il loro Dio. Per creazione siamo già di Dio. Per il peccato siamo divenuti frutti acerbi, duri, senza alcun gusto. Anzi si è divenuti frutti velenosi, frutti che danno la morte a chi li mangia. Invece per redenzione, per accoglienza della Parola di vita, dobbiamo tutti lasciarci fare in Cristo gustosi frutti di vita. La vita del mondo è dalla verità della primizia e dalla sua bontà. Se la primizia è vera e buona, santa, pura, senza macchia, essa darà vita a chi la mangia, altrimenti darà morte. O si dona vita o si dona morte. Non c’è neutralità. Non c’è indifferenza. L’indifferenza è già morte, perché la primizia fa la differenza con ogni altro frutto.

Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano. Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte. Non ingannatevi, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.

Si comprenderà che la responsabilità del cristiano è grande, immensa. Prima di tutto lui è obbligato a non fare sfigurare Cristo Gesù. Questi non può offrire al Padre frutti marci, guasti, nocivi, avvelenati, putridi. La sua sarebbe l’offerta di Caino e non quella di Abele. In secondo luogo è chiamato a farsi cibo di vita per il mondo intero. Anche in questo caso non deve far sfigurare Cristo. Gesù non può aver prodotto un frutto che dona morte al mondo, anziché vita. Se questo avvenisse lui si dispiacerebbe. Rimarrebbe seriamente deluso, come deluso è rimasto Dio dinanzi alla sua vigna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vere primizie di salvezza.

14 FEBBRAIO

AL LUDIBRIO E ALLA DERISIONE DELLE GENTI

Gl 2,12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

Quando gli uomini di Dio chiede al Signore il perdono per una città o per un popolo, le ragioni sono trovate sempre nel Signore, mai nell’uomo. Abramo chiede perdono per Sòdoma perché Dio deve rivelarsi agli occhi dei popoli giudice giusto, perfetto. Nessuno crederà mai in un Dio in giusto. La giustizia è essenza della verità di Dio.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,22-32).

Mosè suggerisce trova nell’onnipotenza di Dio la ragione per la quale Lui deve perdonare il suo popolo. Se Israele muore nel deserto, gli Egiziani si prenderanno gioco di Lui. Lo penseranno non più onnipotente. Muore la fede nella sua verità.

Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”» (Es 32,7-13).

Anche Gioele trova la ragione del perdono in Dio e non nel pentimento del popolo. Se i popoli vengono e distruggono Israele, essi penseranno che il Dio di Abramo è incapace di salvare. Il Signore vuole questo? Se il popolo si pente, Lui lo deve perdonare.

«Or dunque – oracolo del Signore –, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Le condizioni del perdono sono dell’uomo, le ragioni invece vanno trovate solo in Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di preghiera saggia.

15 FEBBRAIO

SCEGLI DUNQUE LA VITA

Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25

Da quando l’uomo è stato creato sulla terra, fin dal primo istante, Dio ha posto dinanzi a lui la via della vita e quella della morte. Alla volontà dell’uomo la scelta. È verità immodificabile e immortale. L’uomo può scegliere sia la vita che la morte, non solo per il tempo, ma anche per l’eternità. Tutto dipende da lui. Dio rispetta la scelta.

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,15-17).

Quando il Signore strinse l’alleanza con il suo popolo, ancora una volta diede loro la legge della vita e la legge della morte. La legge della vita sono i suoi Comandamenti, quelli scritte sulle due tavole di pietra. Chi osserva i Comandamenti cammina nella vita e nella benedizione del Signore. Cammina di vita in vita. Chi invece sceglie il pensiero dell’uomo, camminerà di morte in morte e di maledizione in maledizione. Prima che il popolo entri nella Terra Promessa, luogo di grande tentazione, Mosè ancora una volta mette in guardia i figli d’Israele. Dio pone dinanzi ad essi la via della vita e la via della morte. La vita è nell’obbedienza alla Legge. La morte è nella sua trasgressione. Se essi vogliono la vita, devono scegliere la via che conduce alla vita. Altrimenti sarà per essi maledizione, distruzione, morte. Il Signore mette in guardia, avvisa, ammonisce. Ma non può decidere per l’uomo, né può privarlo della sua volontà.

Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe».

Anche Gesù avvisa ogni uomo e in modo particolare ogni suo discepolo. La via della vita è nell’obbedienza alla sua Parola. Si ascolta la Parola, la si vive in piena obbedienza, la si mette in pratica si giunge alla vita eterna. Non si ascolta la Parola, non la si vive, si potrà qualsiasi altra cosa, non ci sarà vita eterna per noi.

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete. Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7,13-27).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci scegliere la via della vita.

16 FEBBRAIO

NEL DIVIDERE IL PANE CON L’AFFAMATO?

Is 58,1-9a; Sal 50; Mt 9,14-15

Oggi il Signore ricorda al suo popolo che la sua Legge è insostituibile. Non ci sono pratiche religiose e neanche il culto santo che viene celebrato nel tempio di Gerusalemme che possano sostituirsi ai suoi Comandamenti e neanche alla Legge della sua santità, manifestata con grande luce nel Libro del Levitico. Il digiuno nella Legge, nei Comandamenti, nella santità di Dio, per manifestare tutta la santità di Dio ha un suo significato. Il digiuno che dovesse sostituire l’obbedienza ai Comandamenti per il Signore è senza alcun valore. Anzi è opera idolatrica e immorale. Tutto nella Legge, nulla fuori della Legge. Tutto nei Comandamenti, nulla fuori di essi. Quanto vale per il culto, vale anche per il digiuno. Tutti i profeti annunziano questa verità.

«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,11-17).

Qual è il digiuno gradito al Signore? La perfetta osservanza dei Comandamenti e della Legge della sua santità o carità universale. Non però praticata una o due volte nel corso dell’anno, ma per tutti i giorni dell’anno e per tutti gli anni della propria vita. Di chi si compiace il Signore? Di chi vede nella sua Legge, nella sua Alleanza, della sua santità. Può Dio compiacersi di chi è incatenato alla sua iniquità e per essa rende schiavi fisicamente i suoi fratelli? Con chi non ha alcuna pietà verso i miseri e i bisognosi, anzi li sfrutta e tira loro il sangue? Con chi ignora che il prossimo è stato affidato alle sue cure amorevoli? A che serve un digiuno che è vissuto in un legge di morte, egoismo, concupiscenza, iniquità, assenza piena della santità di Dio?

Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: «Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».

La religione del Dio di Abramo è solo obbedienza alla sua Parola. Si esce dalla sua Parola, nulla ha più valore presso di Lui. La sua Legge è insostituibile. La vera vita è solo nei Comandamenti. Essi non sono vita solo per noi, ma pienezza di vita per ogni uomo. Il vero adoratore del vero Dio è in tutto simile al suo Dio. Poiché il suo Dio è il Dio che dona vita ad ogni essere esistenze nella sua creazione, così dovrà essere il suo vero adoratore: un datore di vita ad ogni uomo e ad ogni essere esistente. Questo può avvenire solo nella Parola, dalla Parola. Si è nella Parola, si vive, si dona vita. Si esce dalla Parola, si muore, si dona morte. Un digiuno vissuto senza la Parola è opera di morte che conserva nella morte se stessi e il mondo intero. La vita è dalla Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datore di vera vita.

17 FEBBRAIO

SE CHIAMERAI IL SABATO DELIZIA

Is 58,9b-14; Sal 85; Lc 5,27-32

La piena osservanza del Terzo Comandamento attesta e rivela se vi è anche piena e perfetta osservanza verso gli altri Nove. Se il Terzo non è osservato con purezza di mente e di cuore, in perfetta fede, con coscienza retta, neanche gli altri verranno osservati con purezza di mente e di cuore, con coscienza retta, in perfetta fede. Se si aggiunge e si toglie alla Legge del Sabato, anche agli altri Comandamenti si aggiungerà o si toglierà a piacimento. Se questo accade, si è fuori della Legge di Dio.

Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato (Es 20,8-11).

Signore del tempo è Dio. Dio è anche il Signore di ogni cosa e tutto va usato secondo la sua volontà. Anche il corpo dell’uomo va usato secondo la sua volontà. Oggi viviamo in una idolatria devastante. Nulla è più dalla volontà di Dio, tutto è dalla volontà dell’uomo. Anche il tempo è dalla volontà dell’uomo e l’uso di ogni altra cosa. Non sono più i Comandamenti che regolano l’uso di tutto ciò che esiste nella creazione di Dio, persone, animali, alberi, oggetti inanimati. Oggi signore di ogni cosa è solo la volontà dell’uomo. L’uomo decide morte e vita, innalzamento e abbassamento di ogni realtà esistente. L’uomo dice che la femmina è maschio e che il maschio è femmina e così deve accadere. L’uomo dice che l’animale è uomo e l’uomo è animale e così deve avvenire. L’uomo dice che dare la morte è dare dignità ad una persona e così succede. L’uomo dice che i Comandamenti impediscono la crescita in civiltà ed essi vengono abrogati come non facenti parte della vita. Nessun Comandamento e nessun Dio. Solo l’uomo è Dio di se stesso e degli altri. È però un Dio di morte e non di vita.

Dio ha stabilito che l’uomo usi per sé ben sei giorni. Il Signore ha chiesto che gli fosse dato a Lui un solo giorno, il settimo. L’uomo deve sacrificare al Signore questo giorno come vero olocausto di vita. È questo il vero digiuno: privarsi di questo giorno non suo per farne un sacrificio al suo Dio. Anche il tempo va sacrificato al Signore. Di questo sacrificio Lui si compiace. Oggi l’uomo ha tolto questo giorno a Dio, lo ha sottratto al suo Signore, per viverlo esclusivamente per sé. È questa vera idolatria. Digiunare o pregare Dio dall’idolatria a che serve? Privare Dio del suo servizio per usare questo giorno per noi, a che giova? Dio vuole ciò che è suo. Il Sabato non è nostro. È suo.

Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate. Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato.

La tentazione all’uomo chiede oggi e sempre una cosa sola: crearsi una religione secondo il suo cuore, senza alcuna obbedienza alla Legge, ai Comandamenti, alla Santità del suo Dio. Dio invece sempre viene e ricorda la verità che è a fondamento di ogni relazione con Lui: l’obbedienza alla sua Legge. Oggi dice al suo popolo che a nulla serve digiunare se poi il Terzo Comandamento è disatteso. A nulla serve dare all’uomo, se non si dona a Dio ciò che è di Dio. Da dove inizia la vera religione? Dall’usare ogni cosa secondo la più pura e santa obbedienza alla divina volontà.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il vero uso di ogni cosa.

18 FEBBRAIO – I DOMENICA DI QUARESIMA – B

PONGO IL MIO ARCO SULLE NUBI

Gn 9,8-15; Sal 24; 1 Pt 3,18-22; Mc 1,12-15

L’Alleanza è unilaterale e bilaterale. Tutte le buone promesse di Dio, che sono di salvezza e di redenzione, dono unilaterali. Tutte le parole della sua profezia sono unilaterali. Escono dal cuore di Dio e mai verranno meno. Se l’uomo vuole entrare in possesso dei beni promessi, deve stringere con il Signore un’alleanza bilaterale, cioè si deve impegnare a camminare nella sua Parola. Ma tutte le promesse sono unilaterali, cioè incondizionate. Lui i suoi beni li darà sempre e comunque. All’uomo la decisione di accoglierli o di rifiutarli, obbedendo o meno alla sua Parola. L’alleanza così è bilaterale.

Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». (Gen 3,14-15). Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).

Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Cfr. Gen 15,1-18). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,,31-34).

Dopo il diluvio il Signore unilateralmente decide di non distruggere più la terra con le acque a causa del peccato dell’uomo. Lo ha deciso e manterrà in eterno la sua Parola.

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne.

La non distruzione della terra non è ancora salvezza per l’uomo. Questo significa che il Signore ha deciso di trovare un’altra via per la redenzione della sua creatura fatta da Lui a sua immagine e somiglianza. Noi non la conosciamo, Lui già la conosce e sta accingendosi a realizzarla. Noi la conosceremo man mano che la storia, sotto il suo governo, avanza verso il compimento di ogni buona parola fatta risuonare da Lui al nostro orecchio. Poiché tutte le sue parole sono alleanza unilaterale, esse tutte si compiranno. La salvezza è insieme dono di Dio e accoglienza del dono. Si accoglie il dono, accogliendo la sua Parola e facendola divenire Legge della nostra vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la Parola della vita.

 

19 FEBBRAIO

IO SONO IL SIGNORE

Lv 19,1-2.11-18; Sal 18; Mt 25,31-46

“Io sono il Signore” è la firma di Dio. Lui è il garante della verità di ogni sua Parola. È l’Onnipotente che veglia perché ogni sua Parola produca secondo la sua verità eterna. È il Giudice che sempre interviene nella vita dell’uomo, perché ricordargli che se si pone fuori della Parola, per Lui non c’è vita, bensì solo morte. Dio dice all’uomo la sua Parola ed capace anche di portarla a compimento, lasciando che essa produca ciò che dice: morte se dice morte, vita se dice vita. Uno dei nomi di Dio è il Vigilante, o colui che vigila perché nessuna sua parola casa a vuoto né nella storia e né nell’eternità.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla». Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». Il Signore mi disse: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitanti della terra. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i regni del settentrione. Oracolo del Signore. (Cfr. Ger 1,11-19).

Oggi il Signore si rivela al suo popolo come il Santo. La santità del nostro Dio non è un concetto filosofico né altamente teologico. Essa attesta una verità facile da comprendere, leggera da assimilare. Dio è il Santo d’Israele perché è Colui che sa amare, che ama sempre, tutti. È Colui che sempre trova una ragione per amare la sua creatura. Per amare di vero amore di salvezza, Lui sa trovare sempre vie nuove. Nell’amore non si arrende mai. Mai si lascia vincere dal peccato dell’uomo. L’amore di Dio, cioè la sua santità, trova il sommo della sua manifestazione nel dono del Figlio.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,16-21).

Se Dio è così alto nella santità, anche l’uomo deve essere altrettanto alto. Dio ha dato se stesso nel Figlio suo alla morte per la salvezza dell’uomo. Anche i suoi figli, i figli della sua santità, devono dare se stessi per la salvezza dei loro fratelli.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.

Dinanzi alla sublime santità di Dio, i figli della sua santità, potranno privare i loro fratelli del loro amore concreto, pratico, che inizia prima di ogni cosa dal rispetto fino a giungere al dono della propria vita per la loro salvezza e redenzione? Se Dio dona tutto se stesso, può l’uomo trattenere qualcosa per sé e privare i fratelli dell’aiuto, della consolazione, del sostegno, della loro misericordia e compassione? Anche il solo rifiuto di un bicchiere d’acqua lo rendere non più figlio della santità di Dio. Dio ha dato il suo sangue per la salvezza dell’uomo e anche l’uomo deve dare il suo sangue per i fratelli.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci figli della santità di Dio.

 

20 FEBBRAIO

NON RITORNERÀ A ME SENZA EFFETTO

Is 55,10-11; Sal 33; Mt 6,7-15

San Paolo sa che la Parola del Signore ha bisogno anche dell’uomo che la gridi ad ogni cuore e soprattutto che la renda credibile con il suo fermo convincimento, anzi che ne manifesti tutta la sua potenza con segni e prodigi nello Spirito Santo. la sua rivelazione sulla Parola va attentamente meditata, anzi studiata con ogni sapienza.

Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo (Rm 15,18-19). Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita. E chi è mai all’altezza di questi compiti? Noi non siamo infatti come quei molti che fanno mercato della parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo (2Cor 2,14-17).

Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. A Dio invece siamo ben noti; e spero di esserlo anche per le vostre coscienze. Non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo occasione di vantarvi a nostro riguardo, affinché possiate rispondere a coloro il cui vanto è esteriore, e non nel cuore. Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi. L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,11-21).

La Parola di Dio ha bisogno del cuore, della mente, della volontà, del corpo, dello spirito, dell’anima dell’uomo, se vogliamo che essa produca secondo la verità posta in essa dallo Spirito Santo. L’uomo deve essere come il seno purissimo della Vergine Maria. La Parola eterna scende in noi, si fa carne in noi, come nostra carne e nostro spirito, nostra vita la diamo al mondo. Così ha fatto Cristo Signore, così dobbiamo fare anche noi. Dare un Parola senza essere divenuta carne e spirito in noi, non produce alcun frutto, perché non è data nella sua forma vera. Parola e forma sono una cosa sola. La forma vera della verità della Parola è la nostra vita trasformata in Parola.

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.

Profeta, missionario, evangelizzatore, dottore, maestro, ministro della Parola non possono essere due cose, separate e distinte. Come Dio e Parola sono una cosa sola, come Cristo e Parola sono una cosa sola, così chi porta la Parola e la Parola devono essere una cosa sola, sempre. La Parola deve divenire il proprio cuore, la propria anima, mente, spirito, corpo, carne, sangue, respiro, alito. Se questo non avviene, si è solo lettori della Parola, ma non padri e madri di essa. Padre e madre generano la Parola, nella Parola. I lettori della Parola mai potranno generare e la Parola da essi letta o proferita cade a vuoto. Non essendo la Parola loro vita, mai potrà generare vita. Oggi la Parola neanche più è annunziata, predicata, insegnata. Non dare la Parola è consegnare l’uomo alla morte. Grande è la responsabilità del profeta della Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vita della Parola.

21 FEBBRAIO

ÀLZATI, VA’ A NINIVE, LA GRANDE CITTÀ

Gio 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32

Per pensare come Dio si deve avere lo stesso cuore di Dio. Cristo Gesù ha il cuore del Padre e sempre pensa come il Padre e come il Padre agisce, anche quando è sulla croce. Lui non solo predica la conversione e il perdono dei peccati, non solo perdona coloro che lo hanno crocifisso, offre tutta la sua vita al Padre, facendosi vero olocausto e sacrificio per espiare il peccato dell’umanità. Cuore del Padre, perdono del Padre, espiazione di tutti i peccati per volontà del Padre, per amore del Padre. Giona non ha il cuore di Dio, neanche vuole in qualcosa essere ad immagine del suo Dio che perdona il peccato quando ci si pente, si abbandona il male, si inizia a fare il bene. Conoscendo però le intenzioni del suo Dio e sapendo che se Ninive si fosse convertita, Lui non l’avrebbe distrutta, fugge lontano dal Signore imbarcandosi su una nave diretta a Tarsis. Con questa decisione Giona pensa doppiamente male. Lui non è il solo uomo che possa recarsi a Ninive. Dio avrebbe potuto chiamare qualsiasi altro uomo. Il Signore non è schiavo delle nostre decisioni di stoltezza e di peccato. Inoltre mai si potrà fuggire lontano dal Signore. Il Signore lo portiamo con noi, è in noi e nessuno può fuggire da Lui. Lui è sempre dove noi siamo. Anche lungo il viaggio Dio è con Giona.

Perché il Signore obbliga attraverso gli eventi Giona a tornare indietro, ordinandogli nuovamente di recarsi a Ninive per dire alla grande città ciò che Lui gli avrebbe suggerito? Lo costringe a tornare perché lui impari che l’amore verso ogni uomo è essenza del suo cuore. Dio vuole la salvezza di tutti e non solo di un piccolo popolo che vive in una piccola regione della terra. Lui è il Dio di tutti e tutti vuole che si salvino. Questa verità prima di ogni altro la deve mettere nel cuore ogni suo profeta. Se oggi un ministro della Parola non ha nel cuore questa verità della volontà di salvezza universale, per ogni uomo, anche del più grande peccatore, sarà sempre un cattivo ministro della Parola e anche un cattivo profeta o missionario di Cristo Gesù. Il primo che deve vivere con il cuore del Padre, il cuore di Cristo, è l’apostolo del Signore. A lui Gesù ha consegnato ogni uomo perché lo salvi, anche con il dono del suo sangue, se il sangue è richiesto dal Padre. Un profeta, un araldo, un ambasciatore di Gesù Signore senza questa verità ben radicata nel cuore, espone la sua missione al grande fallimento. Lavorerà solo e sempre per delle pecore da lui scelte che mai produrranno un solo frutto di Vangelo. O si è missionari di tutti, sempre, o si sarà di nessuno, sempre. È questa legge eterna del nostro Dio. È questo il suo cuore.

Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!». Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Giona si reca a Ninive. Dice solo pochissime parole: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. Non parla di Dio, non spiega alcunché, non dice nessun’altra verità. Tutta Ninive si converte e Dio decide di non più distruggerla. Questo racconto è per noi ricco di insegnamenti. La Parola del Signore è potenza di conversione e di salvezza, purché la si dica nella sua purezza, così come essa esce dalla bocca del nostro Dio, senza nulla aggiungere e nulla togliere. I missionari non sono mandati per convincere, ma per annunziare, predicare, gridare la divina Parola. I frutti sono della Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci missionari della Parola.

22 FEBBRAIO

TESTIMONE DELLE SOFFERENZE DI CRISTO

1 Pt 5,1-4; Sal 22; Mt 16,13-19

Pietro è testimone sia delle sofferenze che della gloria di Gesù Signore. È su questa duplice testimonianza che si fonda tutto il suo insegnamento che rivolge a tutti coloro che già si sono convertiti a Cristo Signore e formano con Lui un solo corpo.

Domestici, state sottomessi con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli prepotenti. Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime (1Pt 2,18-25).

Penso perciò di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e siate stabili nella verità che possedete. Io credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo. E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose. Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio (2Pt 1,12-21).

Può un presbitero, che è corpo di Cristo, corpo del suo corpo crocifisso e risorto, servire il gregge perché costretto dal suo ministero? Può servirlo per vergognoso lucro? Può essere padrone delle gregge a lui affidato? Se facesse queste cose attesterebbe che lui non solo non è corpo del corpo crocifisso e risorto di Gesù Signore, manifesterebbe anche la sua totale estraneità al suo Signore. Vi sarebbe una fortissima e insanabile contraddizione di essenza. Cristo è il Crocifisso e lui crocifigge. Cristo dona la vita e lui la prende. Cristo si offre volontariamente al supplizio per lavare il gregge nel suo sangue e lui invece si lava con il sangue del gregge. Per un presbitero è essenziale che non regni alcuna contraddizione o contrapposizione di essenza tra lui e Gesù Signore. Essi sono una sola croce e una sola risurrezione a servizio di tutto il gregge. Non sono per se stessi, ma solo per il gregge.

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

La piena conformità di essenza sulla terra è necessaria per avere la piena conformità nel cielo. Cristo mai potrà riconoscere suoi pastori davanti al Padre suo quanti non si sono conformati alla sua essenza di Crocifisso e di Risorto per amore del gregge. Un pastore che non muore per il gregge non è vera essenza di Cristo sulla terra, mai lo potrà essere nell’eternità. Il pastore non ha scelta: o essenzialmente conforme a Cristo nel servizio del gregge, o neanche nell’eternità potrà essere conforme al suo Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera essenza di Gesù.

23 FEBBRAIO

EGLI CERTO VIVRÀ E NON MORIRÀ

Ez 18,21-28; Sal 129; Mt 5,20-26

Il profeta Ezechiele capovolge tutta l’antica legge del Signore sulla maledizione e sui peccati che venivano sanzionato con la morte. Il Signore non gioisce della morte di chi muore. Lui chiede a tutti il pentimento, la conversione, offrendo a tutti la possibilità di ritornare sulla retta via. Con Ezechiele finisce per sempre la legge della maledizione. Inizia invece la legge della conversione. La morte è solo per chi si ostina nei suoi peccati e nelle sue trasgressioni. Nessuno dovrà più maledire, tutti invece dovranno invitare, esortare, chiamare alla conversione. Tutta l’opera dei profeti è stato un incessante invito al popolo perché ritornasse al suo Dio che largamente perdona.

“Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di metallo fuso, abominio per il Signore, lavoro di mano d’artefice, e la pone in luogo occulto!”. Tutto il popolo risponderà e dirà: “Amen”. “Maledetto chi maltratta il padre e la madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi sposta i confini del suo prossimo!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi fa smarrire il cammino al cieco!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi lede il diritto del forestiero, dell’orfano e della vedova!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi si unisce con la moglie del padre, perché solleva il lembo del mantello del padre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con qualsiasi bestia!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con la suocera!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi colpisce il suo prossimo in segreto!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi accetta un regalo per condannare a morte un innocente!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi non mantiene in vigore le parole di questa legge, per metterle in pratica!”. Tutto il popolo dirà: “Amen” (Dt 27,15-26).

Convincimento errato che Ezechiele corregge è la presunzione del giusto di essere sempre giusto anche se oggi è nei peccati. Sono stato giusto ieri, sarà sempre giusto. Corregge anche il pensiero opposto: sei stato ingiusto ieri, sarai sempre ingiusto. Come si può abbandonare la via del male e si diviene giusti, così si può abbandonare la via del bene e si è ingiusti. Dio vede il nostro oggi: siamo nella Legge o non siamo.

Ma se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato. Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l’empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà. Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.

Già i profeti avevano avvisato i figli di Israele a stare attenti a non oltrepassare i limiti del male perché oltrepassandoli non vi è ritorno indietro. Gesù dona chiarezza su questi limiti e dice che solo il peccato contro lo Spirito Santo non più perdonabile.

Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro (Mt 12,31-32).

Perché il peccato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né sulla terra e né nell’eternità? Perché esso è distruzione di Dio e della sua verità di salvezza e di redenzione. È il peccato con il quale si avvelena l’acqua della vita. Chi avvelena l’acqua della vita mai potrà dissetarsi con essa. Pecca contro lo Spirito Santo chi combatte per distruggere Cristo, la sola acqua del perdono e della misericordia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, salvateci da questo peccato.

24 FEBBRAIO

EGLI SARÀ DIO PER TE

Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48

Dio, l’unico Dio vivo e vero, sarà Dio per Israele, cioè sarà Dio di benedizione e di vita, solo se il suo popolo osserverà la sua Parola, camminerà nella sua Legge, manterrà fede all’alleanza giurata. Il Signore ha anche rivelato in che modo Lui sarà Dio per il suo popolo: concedendoli ogni benedizione e riversando su di esso abbondanza di vita. Tutto ciò che è necessario e anche più del necessario scorrerà come fiume.

Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore, tuo Dio, ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Poiché tu avrai ascoltato la voce del Signore, tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni. Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame, sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Benedette saranno la tua cesta e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. Il Signore farà soccombere davanti a te i tuoi nemici, che insorgeranno contro di te: per una sola via verranno contro di te e per sette vie fuggiranno davanti a te. Il Signore ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano. Ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti. Il Signore ti renderà popolo a lui consacrato, come ti ha giurato, se osserverai i comandi del Signore, tuo Dio, e camminerai nelle sue vie. Tutti i popoli della terra vedranno che il nome del Signore è stato invocato su di te e ti temeranno. Il Signore, tuo Dio, ti concederà abbondanza di beni, quanto al frutto del tuo grembo, al frutto del tuo bestiame e al frutto del tuo suolo, nel paese che il Signore ha giurato ai tuoi padri di darti. Il Signore aprirà per te il suo benefico tesoro, il cielo, per dare alla tua terra la pioggia a suo tempo e per benedire tutto il lavoro delle tue mani: presterai a molte nazioni, mentre tu non domanderai prestiti. Il Signore ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in basso, se obbedirai ai comandi del Signore, tuo Dio, che oggi io ti prescrivo, perché tu li osservi e li metta in pratica, e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi comando, per seguire altri dèi e servirli (Dt 28,1-14).

Israele di una cosa sola deve occuparsi e seriamente preoccuparsi. Rimanere nella Parola dell’Alleanza per tutti i giorni della sua vita. Poi ogni altra cosa la farà per lui il suo Dio. Nulla gli è impossibile. Tutto gli è possibile. Non ci sono momenti di siccità per la terra, né malattie inguaribili, né nemici così potente da sconfiggere il Signore. Alla fedeltà del popolo Dio risponderà con altrettanta fedeltà e la benedizione scorrerà sulla terra come fosse latte e miele. L’obbedienza produce un miracolo senza interruzione, simile a quello della manna. Nel deserto il pane non si coltivava sulla sabbia cocente, ogni notte scendeva dal cielo. Così sarà nella terra. La benedizione e la vita non sorgeranno dalla terra per il popolo del Signore, esse pioveranno perennemente dal cielo, dal trono dell’altissimo. Solo però se Israele rimane fedele alla Legge.

Oggi il Signore, tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste norme. Osservale e mettile in pratica con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce. Il Signore ti ha fatto dichiarare oggi che tu sarai il suo popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi. Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso».

Se la Chiesa vuole fare opera di vera socialità, deve insegnare ai suoi figli come si vive ogni Parola del Vangelo. Ma il Vangelo si vive se si crede in Cristo Gesù. Dare la vera fede in Cristo Gesù e la vera obbedienza alla Parola è la missione delle missioni della Chiesa. Ogni altra cosa la farà il Signore, perché solo Lui la potrà fare. La vita e la benedizione non nascono dalla terra. Scendono dal cielo, solo dal trono dell’Altissimo. Scendono nell’obbedienza alla Parola. Se la Parola non è vissuta, si possono costruire fabbriche e aziende, ma questa non producono né benedizione e né vita. Queste cose scendono solo da cielo per l’obbedienza alla Parola del Vangelo. Chi crede in questa verità, annunzia il Vangelo e insegna come si vive. Chi non crede, costruisce aziende.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura nel Vangelo.

25 FEBBRAIO – II DOMENICA DI QUARESIMA – B

PERCHÉ TU HAI OBBEDITO ALLA MIA VOCE

Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8,31b-34; Mc 9,2-10

In Dio, nella Scrittura Santa, vi è una promessa di salvezza proveniente direttamente dal suo cuore, indipendentemente dai meriti dell’uomo, frutto della sua obbedienza a Lui, sommamente gradita. Al dono diretto di Dio deve però sempre corrisponde il dono dell’obbedienza dell’uomo, chiesto dal Signore. Solo allora la salvezza promessa diviene salvezza acquisita. Senza l’obbedienza dell’uomo la salvezza rimane solo una promessa, mai diverrà salvezza acquisita, mai vera redenzione dell’uomo. San Paolo annunzia questa verità nella Lettera ai Romani: per l’obbedienza di Cristo la salvezza di Dio non è solo realtà promessa, è realtà trasformatrice di tutto il genere umano. Quando questa salvezza diviene della singola persona? Quando ogni uomo l’attinge in Cristo per mezzo della fede in Lui, nell’obbedienza alla Parola. Per la fede in Cristo e per l’obbedienza alla Parola la redenzione oggettiva diviene redenzione soggettiva.

Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 5,12-21).

Dio chiama Abramo. Quando la promessa di benedizione diviene frutto anche di Abramo? Quando per la sua obbedienza, Abramo offre a Dio in sacrificio il suo figlio unigenito. Dio gradisce l’olocausto e lo trasforma in benedizione universale.

Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

La nostra visione teologica oggi è assai povera. Abbiamo privato Dio della nostra purissima obbedienza e Lui non può trasformare la sua promessa di salvezza in benedizione reale, efficace, redentrice, salvatrice. All’obbedienza di Cristo urge la nostra obbedienza, che deve essere piena come la sua. È per la nostra obbedienza che l’obbedienza di Gesù diviene efficace in molti cuori. Se essa non è data, la salvezza rimane un dono già prodotto da Cristo Gesù, ma che non è dato agli uomini.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti a Cristo Gesù.

26 FEBBRAIO

PERCHÉ ABBIAMO PECCATO CONTRO DI TE

Dn 9,4b-10; Sal 78; Lc 6,36-38

I figli di Gerusalemme sono dispersi tra le genti. Perché sono stati travolti da quest’ombra di morte? È stato forse perché gli dèi dei pagani sono più forti del Dio di Abramo, Mosè, Giosuè, Davide? Solo la giusta risposta alla domanda conduce i cuori alla verità e può spingerli al pentimento, alla conversione nell’accoglienza e nell’obbedienza alla verità. Gli esuli che vivono in Babilonia conoscono la verità e l’annunzia con grande chiarezza di luce. Loro sono in esilio non per la potenza militare dei popoli pagani o per la supremazia dei loro idoli, che sono nullità, ma perché hanno disobbedito alla Parola del Signore con continua ribellione e Dio nulla ha potuto operare per essi. La corazza di protezione del Signore è l’obbedienza alla sua Parola. Senza obbedienza Dio e il popolo sono senza corazza e sempre il nemico prevale. Questa verità era stata annunziata al popolo diverse volte in diversi modi.

Se non cercherai di eseguire tutte le parole di questa legge, scritte in questo libro, avendo timore di questo nome glorioso e terribile del Signore, tuo Dio, allora il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli prodigiosi: flagelli grandi e duraturi, malattie maligne e ostinate. Farà tornare su di te le infermità dell’Egitto, delle quali tu avevi paura, e si attaccheranno a te. Anche ogni altra malattia e ogni altro flagello, che non sta scritto nel libro di questa legge, il Signore manderà contro di te, finché tu non sia distrutto. Voi rimarrete in pochi uomini, dopo essere stati numerosi come le stelle del cielo, perché non avrai obbedito alla voce del Signore, tuo Dio. Come il Signore gioiva a vostro riguardo nel beneficarvi e moltiplicarvi, così il Signore gioirà a vostro riguardo nel farvi perire e distruggervi. Sarete strappati dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti disperderà fra tutti i popoli, da un’estremità all’altra della terra. Là servirai altri dèi, che né tu né i tuoi padri avete conosciuto, dèi di legno e di pietra. Fra quelle nazioni non troverai sollievo e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi. Là il Signore ti darà un cuore trepidante, languore di occhi e animo sgomento. La tua vita ti starà dinanzi come sospesa a un filo. Proverai spavento notte e giorno e non sarai sicuro della tua vita. Alla mattina dirai: “Se fosse sera!” e alla sera dirai: “Se fosse mattina!”, a causa dello spavento che ti agiterà il cuore e delle cose che i tuoi occhi vedranno. Il Signore ti farà tornare in Egitto su navi, per una via della quale ti ho detto: “Non dovrete più rivederla!”. E là vi metterete in vendita ai vostri nemici come schiavi e schiave, ma nessuno vi acquisterà» (Dt 28,58-68).

O ci poniamo mentre siamo in esilio su questa terra la giusta domanda per avere la giusta risposta e ritornare a Dio, oppure la risposta la daremo quando saremo nella perdizione ed esilio eterno in terra di inferno. Ma lì la risposta sarà solo per la nostra dannazione. Tutti questi mali sono caduti sopra di noi, perché siamo stati disobbedienti, abbiamo smarrito la via della verità, ci siamo lasciati conquistare dal male. Abbiamo abbandonato il Signore della vita. È la dannazione eterna.

«Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all’alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali nel tuo nome hanno parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancora oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i delitti che hanno commesso contro di te. Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te; al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti.

Chi deve aiutare il popolo a darsi la giusta risposta, formulando la giusta domanda, sono i profeti del Dio vivente, oggi tutti i ministri della Parola. Possono porre la giusta domanda se essi sono collegati con Dio. Se si sconnettono da Dio, nessuna giusta domanda sarà data e nessuna giusta risposta sarà offerta. Si rimane nella falsità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, illuminati di purissima verità.

27 FEBBRAIO

SE VI OSTINATE E VI RIBELLATE

Is 1,10.16-20; Sal 49; Mt 23,1-12

Il culto fatto di salmi e ogni altro canto, olocausti, sacrifici, interminabili preghiere, lunghissime e “noiose” liturgie non è questo ciò che il Signore ha chiesto al suo popolo. Questa verità è rivelata in modo diretto dal Signore per mezzo del profeta Geremia. In Malachia Dio manifesta il desiderio che venissero chiuse le porte del suo tempio. Non può un vano culto essere posto a fondamento esclusivo della vera religione, che è solo piena obbedienza ad ogni Parola che è uscita, esce, uscirà dalla bocca del Signore.

Dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dalla terra d’Egitto, ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca (Ger 7,21-28).

Il figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov’è l’onore che mi spetta? Se sono il padrone, dov’è il timore di me? Dice il Signore degli eserciti a voi, sacerdoti che disprezzate il mio nome. Voi domandate: «Come lo abbiamo disprezzato il tuo nome?». Offrite sul mio altare un cibo impuro e dite: «In che modo te lo abbiamo reso impuro?». Quando voi dite: «La tavola del Signore è spregevole» e offrite un animale cieco in sacrificio, non è forse un male? Quando voi offrite un animale zoppo o malato, non è forse un male? Offritelo pure al vostro governatore: pensate che sarà soddisfatto di voi o che vi accoglierà con benevolenza? Dice il Signore degli eserciti. Ora supplicate pure Dio perché abbia pietà di voi! Se fate tali cose, dovrebbe accogliervi con benevolenza? Dice il Signore degli eserciti. Oh, ci fosse fra voi chi chiude le porte, perché non arda più invano il mio altare! Non mi compiaccio di voi – dice il Signore degli eserciti – e non accetto l’offerta delle vostre mani! Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fanno offerte pure, perché grande è il mio nome fra le nazioni. Dice il Signore degli eserciti (Mal 1,6-11).

Il Signore per mezzo del profeta Isaia paragona i capi del suo popolo ai signori di Sòdoma e i figli di Israele al popolo di Gomorra. Cosa è che accomuna Gerusalemme e Giuda a Sòdoma e Gomorra, città distrutte da Dio con fuoco e zolfo caduti dal cielo? La loro idolatria e immoralità, la violazione di ogni comandamento della Legge. Il culto è in funzione dell’obbedienza a Dio, non in sostituzione di essa. Mai lo diverrà.

Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato».

Questa verità vale anche per i discepoli di Gesù. Non dice forse Paolo che chi mangia il corpo di Cristo e beve il suo sangue, senza obbedienza alla legge della comunione reale con i suoi fratelli, mangia e beve la sua condanna? Le nostre liturgie mai potranno sostituire la più pura obbedienza ad ogni Parola del Vangelo. I sacramenti sono per l’obbedienza perfetta alla Parola, mai in sostituzione. Eppure la tentazione di ieri e tentazione di oggi. Si crede che la celebrazione dei sacramenti basta ad ogni cosa. Anzi oggi neanche questo più avviene. Anche il culto è inutile come la Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Parola.

28 FEBBRAIO

VENITE, OSTACOLIAMOLO QUANDO PARLA

Ger 18,18-20; Sal 30; Mt 20,17-28

Le insidie ai profeti del Signore iniziano da ben lontano nel popolo del Signore. Il primo è Giuseppe. A causa dei suoi sogni profeti, lo si voleva uccidere. Poi invece fu venduto a dei carovanieri Ismaeliti e questi lo vendettero come schiavo in Egitto a Potifar.

Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua (Cfr. Gen 37,1-36).

Anche Mosè fu combattuto persino da Aronne e Maria. Il suo popolo sempre lo aggrediva contrastandolo in ogni cosa. Era come se fosse sempre su una graticola.

Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra. Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse: «Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?» (Cfr. Num 12,1-16).

Il Libro della Sapienza ci rivela la malvagità degli empi. Per costoro la sola vista del giusto creda fastidio, disturbo. Per essi va eliminato, tolto di mezzo, ucciso. Cosi non solo non parla con le parole, neanche con la vita potrà esprimere una verità diversa.

Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà» (Sap 2,12-20).

Geremia è il profeta contro il quale si è schiarato un esercito di falsi profeti. Costoro gli miseri contro tutti i notabili del regno e la sua vita fu un quotidiano martirio. Fu anche calato in una cisterna che contenga solo fango e lasciato a marcire in essa, Il Signore ebbe pietà di lui e lo fece tirare fuori, altrimenti sarebbe morto.

Dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremia, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole». Prestami ascolto, Signore, e odi la voce di chi è in lite con me. Si rende forse male per bene? Hanno scavato per me una fossa. Ricòrdati quando mi presentavo a te, per parlare in loro favore, per stornare da loro la tua ira.

Geremia è uomo dell’Antico Testamento e le sue preghiera subiscono l’influsso di quella fede non ancora giunta alla sua perfezione. Differente è la preghiera di Gesù sulla croce. Lui inchiodato sul legno, chiede perdono per i suoi carnefici.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci puri nella preghiera.