I dialoghi di Gesù dal 05-01-2014 al 28-12-2014

 

I DIALOGHI DI GESÙ
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati

Una verità che ci lascia senza respiro quando leggiamo il Vangelo è la leggerezza, la semplicità, la leggiadria che caratterizza la saggezza di Gesù. Gesù è di una saggezza pratica altamente leggera, soave, semplice, facile, comprensibile da tutti. Spesso basta una sola frase per illuminare un cuore e trasferirlo dalla falsità più buia nella luce più splendente. Una semplice parola di Gesù fa più luce che mille biblioteche zeppe di opere teologiche. Noi siamo capaci di rendere le cose facili difficili, quelle leggere pesanti, quelle soavi ostiche, quelle a portata di mano lontano da noi più che le galassie. Quando questo avviene è il segno che non siamo nello Spirito del Signore. Siamo prigionieri, schiavi della nostra mente e del nostro cuore.

Gesù invece è sempre schiavo, prigioniero, servo, suddito dello Spirito Santo. Lui è perennemente alimentato della sua saggezza, dissetato con la sua sapienza, governato con la sua intelligenza. Gesù è nelle mani dello Spirito di Dio, il quale vivifica ogni sua parola, rende creatrice ogni suo comando, dona vita ad ogni suo desiderio, trasforma in miracolo ogni sua azione. E tutto questo lo fa con una leggerezza, leggiadria, semplicità che ci lascia senza respiro. È oltremodo grande la presenza dello Spirito Santo nella vita di Cristo Signore.

Gesù è persona libera, senza schemi, senza preconcetti, senza retro pensieri. Gesù vuole ciò che vuole il Padre suo e segue ogni comando che il Padre gli dona per mezzo del suo Santo Spirito. Oggi passa, vede una persona seduta al banco delle imposte, la chiama perché lo segua, perché diventi un suo discepolo. Il mondo pensa che i peccatori non possono essere discepoli del più santo di tutta la terra. Santità e peccato non possono camminare insieme. Questo pensa il mondo del peccato. Come Gesù risponde con somma leggerezza a questa accusa? Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Questa semplice frase, illumina la realtà storica più che mille libri di teologia speculativa. Questa è la leggerezza di Gesù. Questa la sua semplicità. Questa la sua altissima intelligenza nello Spirito Santo.

Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,13-28).

Ascoltando le risposte di Gesù il cuore gioisce, la mente si illumina, i pensieri si rischiarano di una verità semplice, efficace, vera. Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di Dio che ci insegni questo linguaggio semplice, immediato, leggiadro, convincente, che sa attrarre al pensiero di Dio e lo fa accogliere. Nella nostra fede ogni relazione può essere illuminata di verità o ottenebrata di tanta falsità. I farisei e gli scribi ottenebrano le menti, le rendevano oscure e nebulose. Erano maestri del nero più nero. Gesù è il Maestro della luce più luminosa. Una sua parola fa più luce del sole e della luna, più luce che tutte le stelle del cielo. La parola di farisei e scribi creava un buio veritativo cosmico. Senza lo pienezza dello Spirito Santo anche noi potremmo dire parole semplici, però price della pienezza della verità. Come quando diciamo che Dio è misericordioso. È vero. Ci dimentichiamo di aggiungere che Lui è sempre fedele ad ogni parola uscita dalla sua bocca. Lui è fedele e pertanto giusto in ogni sua parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

05 Gennaio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male

Fede senza l’intelligenza del bene e bene senza l’intelligenza della fede sono i due errori della nostra religione quando essa viene scardinata dalla Sapienza dello Spirito Santo che sempre deve animare la rivelazione, conducendola a tutta la verità. Per comprendere cosa è secondo verità la Sapienza, o Luce dello Spirito Santo, è sufficiente leggere qualche rigo della rivelazione veterotestamentaria.

Egli stesso mi ha concesso la conoscenza autentica delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza dei suoi elementi, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l’alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni, i cicli dell’anno e la posizione degli astri, la natura degli animali e l’istinto delle bestie selvatiche, la forza dei venti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e le proprietà delle radici. Ho conosciuto tutte le cose nascoste e quelle manifeste, perché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose. In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili.

La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo. È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa, mi sono innamorato della sua bellezza. Ella manifesta la sua nobile origine vivendo in comunione con Dio, poiché il Signore dell’universo l’ha amata; infatti è iniziata alla scienza di Dio e discerne le sue opere (Sap 7,17-8,4).

Vivere la rivelazione, la fede, la carità, la speranza, lo stesso Vangelo senza la Sapienza o Luce dello Spirito Santo, è fare della verità rivelata una fitta tenebra. Senza la Sapienza il paradiso della manifestazione divina si trasforma in un abisso di tenebra infernale. Questa tenebre raggiunge il sommo del suo buio quando i farisei escono dalla sinagoga e decidono si fare morire Gesù, perché agiva con la potente Luce o Sapienza dello Spirito Santo.

Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse (Mc 2,1-12).

È questa la potente forza distruttrice della mente dell’uomo: trasformare la luce in tenebre, il bene in male, ma anche le tenebre in luce e il male in bene. Quando questo accade è segno che l’uomo non vive più di Sapienza. È assente in lui la Luce vera dello Spirito del Signore. La sua mente è divenuta il nido di Satana, il covo del diavolo, la spelonca del demonio. Questo nido, questo covo, questa spelonca non è nelle persone semplice, prive di formazione, istruzione, responsabilità nel popolo del Signore. Esso è proprio nelle Persone chiamate ad essere Persone-Sapienza, Persone-Luce, Persone-Interpreti della santa rivelazione, Persone che avrebbero dovuto dare alle Legge la sua più vera e attuale verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone dalla luce purissima.

12 Gennaio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ma vino nuovo in otri nuovi!

Il Vangelo ci rivela la grande libertà di Gesù dinanzi ad ogni uomo. La sua libertà condanna tutte le nostre chiusure, i nostri schieramenti, gli infiniti carceri della nostra mente, tutti gli steccati, tutti i muri che ogni giorno costruiamo per separare l’uomo dall’uomo. Tutto ciò che l’uomo fa serve solo a dividere anziché unificare. Sempre ad imprigionare più che liberare. Serve a creare allontanamento dell’uomo dall’uomo, anziché pacificazione, riconciliazione, verità, libertà, vera comunione, autentica unità.

Osserviamo le infinite modalità per la divisione dell’uomo: ideologie, filosofie, religioni, antropologie, psicologie, scienze, tecnologie, politica, partiti, sette, infinite guerre, odio razziale, genocidi, stermini di massa, infiniti invisibili olocausti quotidiani e mille e mille altre modalità ogni giorno sempre nuove e sempre più agguerrite. Tutte queste divisioni sono il frutto del peccato. Vale proprio la pena allora ricordare quell’adagio latino che dice: “Ubi peccata sunt, ibi est multitudo, ibi schismata, ibi haereses, ibi discussiones. Ubi autem virtus, ibi singularitas, ibi unio, ex quo omnium credentium erat cor unum et anima una – Dove c’è il peccato, lì troviamo la molteplicità, lì gli scismi, lì le eresie, lì le controversie. Dove, invece, regna la virtù, lì c’è unità, lì comunione, grazie alle quali tutti i credenti erano un cuor solo e un’anima sola” (Origene). Poiché anche nella religione si insinua il peccato, anche in essa vi sarà sempre la divisione.

Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,13-28).

Gesù è senza peccato. Lui è perfettamente libero nelle decisioni, nelle risposte, libero da ogni falsità, ogni inganno, ogni menzogna, ogni chiusura. Lui è libero di fare sempre la volontà del Signore. Il Padre suo vuole che nessuna persona si perda. Vuole che ad ogni uomo vengano aperte le porte del suo regno e lui le spalanca. Non le spalanca alla maniera desiderata da molti del nostro tempo, i quali pensano che le porte del regno si spalancano perché entrino in esso i peccatori con tutto il loro carico di peccato, per rimanere in eterno peccatori.

Gesù spalanca le porte perché concede a tutti la possibilità di potersi pentire, ravvedere, cambiare vita, entrare nella verità. Gesù non spalanca le porte alla falsità, all’errore, alla menzogna. Spalanca invece le porte alla verità, alla giustizia, al pentimento, alla conversione, al ritorno nella casa del Padre. La casa del Padre non è una spelonca di peccatori neanche la Chiesa è una spelonca di peccatori. La casa del Padre è casa di verità, giustizia, santità. Anche la Chiesa è la casa di verità, giustizia, santità. È la casa della misericordia. In essa si conferisce il perdono ad ogni uomo, purché pentito entri nella verità della salvezza. La Chiesa mai potrà aprire al peccato, alla falsità, alla menzogna, all’errore. Cristo non è venuto per aprire le porte al peccato, ma per chiuderle in modo definitivo e per sempre. Cristo è colui che toglie il peccato, non colui che lo accredita e gli dona vita. Lui per togliere il peccato è salito in croce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci liberi nella verità di Gesù.

19 Gennaio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Àlzati, vieni qui in mezzo!

Il dialogo è sempre un incontro per dare e per accogliere una verità più grande, più nobile, eccelsa. Esso sempre deve essere fatto perché ci si immerga nella purissima verità, che è a fondamento di ogni parola di Dio: “La verità è fondamento della tua parola, ogni tuo giusto giudizio dura in eterno” (Sal 119 (118). 160). Chi è da Dio, chi cerca Dio, chi ha sete di Dio, ha anche sete di verità. Ha sete di conoscere la verità che si nasconde in ogni sua parola. Chi invece non si interessa di Dio, perché persegue pensieri, interessi, progetti della terra, mai si potrà accostare alla verità, che è sempre da Dio che vien donata, anche se è nascosta nella sua Parola. Questo principio va ben compreso.

Noi tutti possediamo la lettera della Scrittura. Essa va non solo letta, ma anche interpretata, compresa nella sua interiore verità, in ogni suo significato di salvezza, redenzione, vera latria, vera giustizia, vero diritto, vera moralità. Chi deve interpretare la lettera non è l’uomo. Nessun uomo è interprete della lettera della Scrittura, ma solo lo Spirito Santo. È Lui il solo interprete autorizzato da Dio perché ci doni la verità, la vita, la santità, la volontà divina e celeste nascosta nella lettera della Scrittura. Lo Spirito di Dio non dona la verità a chiunque. Non basta prendere la Scrittura, pensando che la sola sua lettura divenga anche immediata comprensione. Urge sapere chi è che legge la lettera: l’uomo o lo Spirito del Signore? Con quale mente la si interpreta: con la nostra o con quella dello Spirito di Dio? Quale principio ermeneutico usiamo: il nostro o quello divino e celeste?

Perché lo Spirito Santo possa leggere, interpretare, darci la verità della lettera della Scrittura è necessaria che Lui viva in noi, abiti in noi. Lui deve essere il nostro ospite perenne. Noi il suo tempio santo perenne. Se noi e lo Spirito siamo una cosa sola, la lettera della Scrittura ci apre le porte e noi possiamo entrare nei segreti nascosti in essa. Possiamo accedere alla sorgente della verità. Ma questo avviene solo se noi e lo Spirito siamo una cosa sola. Avviene se Lui abita in noi e noi abitiamo in Lui. Quando noi abitiamo in Lui? Quando dimoriamo nel comandamento dell’amore di Cristo Gesù. Amiamo con l’amore di Cristo. Dimoriamo nello Spirito Santo. Entriamo nelle profondità della lettera della Scrittura. Conosciamo la verità. Possiamo intraprende un dialogo santo con quanti la verità cercano, desiderano, bramano.

Il dialogo che oggi Gesù conduce è semplice. Vi è un uomo dalla mano inaridita, paralizzata. È però giorno di sabato. Si può salvare una vita nel giorno consacrato al Signore? In questo giorno ci dobbiamo astenere anche dall’amare i nostri fratelli? Oppure in esso non vi è alcun limite per amare e per salvare? Non si può rispondere alla domanda di Gesù se non si parte dal comandamento dell’amore che deve rimanere sempre il principio primo dell’interpretazione di ogni comandamento, legge, statuto dato dal Signore: “Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Si ama un uomo quando lo si abbandona alla sua malattia, al suo dolore, alla sua povertà, alla sua miseria, alla sua solitudine in giorno di sabato? Di certo non si ama. Allora si è fuori del comandamento di Dio. Quanto noi facciamo è male, peccato, grave ingiustizia, vera omissione.

Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse (Mc 3,1-12)

Ma anche il precetto dell’amore chi lo potrà comprendere nella sua piena verità? Solo chi ama il Signore, chi cammina nello Spirito Santo, chi desidera e brama la purissima verità che deve regolare ogni nostra azione. Ogni chiusura a Dio è all’istante chiusura al vero amore e di conseguenza alla verità. All’istante i nostri dialoghi sono falsi, menzogneri, senza verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci l’amore per la verità.

26 Gennaio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno

Il peccato contro lo Spirito Santo è vera distruzione, vero combattimento, vera guerra dichiarata alla verità e alla grazia di Dio e alla fonte storica attraverso cui grazia e verità di Dio giungono a noi. Vi è l’acqua, vi è il pozzo profondo, vi è il secchio. Uno può avvelenare l’acqua, condannandosi ad una sete eterna. Ma può anche distruggere il secchio, condannandosi alla stessa sete eterna. Il secchio è strumento necessario, indispensabile per attingere acqua. Vi è uno sconfinato campo di grano. Lo si può mietere per dare da mangiare ad un intero villaggio o paese, ma lo si può anche incendiare con un piccolo fiammifero. Il peccato contro lo Spirito Santo non priva solo chi lo commette della grazia e della verità, prima l’umanità intera.

È questo l’intento di scribi e farisei: distrugge la fonte, la sorgente, lo strumento umano attraverso cui tutta la grazia e la verità del Padre si riversa nel cuore non di un solo uomo, ma dell’umanità intera. Oggi questo stesso peccato si sta commettendo contro la Chiesa, non solo dagli avversari di essa, ma da molti suoi stessi figli, i quali la stanno distruggendo nella sua missione unica di essere principio, fondamento, sorgente, fonte visibile, storica, attraverso cui la grazia e la verità di Cristo Gesù, che è verità e grazia del Padre scende nei cuori, li inonda di vita nuova, li salva, li redime, li giustifica, li aiuta perché possono portare a compimento l’opera della loro perfetta santificazione. Chi distrugge la Chiesa, pecca contro lo Spirito Santo. Commette un peccato che mai potrà essere perdonato. Ha escluso gli altri dalla vera redenzione, dalla vera salvezza, dalla vera giustizia di Dio sulla nostra terra.

Nella Chiesa, ogni cristiano, a vario titolo e grado, è costituito strumento, fonte, principio, sorgente della verità e della grazia di Gesù Signore. Chi distrugge il cristiano o chi si distrugge nella sua verità e grazia, pecca contro lo Spirito Santo, perché annienta la fonte della vita per l’intera umanità. Nessuno può distruggere la fonte della grazia e della verità. Nessuno si deve distruggere come fonte di grazia e di verità. Chi si distrugge e chi distrugge non priva solo se stesso della preziosa acqua divina che lo disseta e gli conferisce la vera vita, priva il mondo intero ed è questa la gravità di questo peccato. Attribuendo a Cristo un potere diabolico e satanico, farisei e scribi distruggevano Cristo come strumento di Dio e ne facevano uno strumento di satana. Questa era la malizia, la cattiveria e malvagità del loro cuore.

Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».(Mc 3,13-34)

Quando la Chiesa, il cristiano vengono distrutti nella loro verità di fonte e di sorgente dei doni della salvezza di Dio è necessario che si risponda con fermezza, determinatezza, parole forti, sicure, inequivocabili. Ad ogni discepolo di Gesù e all’intera Chiesa è chiesta la stessa risolutezza di Gesù. Tutti devono conoscere la nostra verità. Tacerla è peccato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni della nostra verità.

02 Febbraio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
A voi è stato dato il mistero del regno di Dio

Conoscere il mistero del regno di Dio è un dono purissimo che è dato per mezzo della mediazione di Cristo, che diviene tutta mediazione della Chiesa, sempre in Lui, con Lui, per Lui, come suo vero corpo, sua vita, sua presenza visibile nella storia dell’umanità. Chi può ricevere questo dono divino? A chi sarà versato sempre nel cuore? A chi lo accoglie con umiltà, semplicità, leggerezza di spirito e di mente. A chi apre tutta la sua vita ad esso, perché venga tutta trasformata, cambiata, modificata, rigenerata dentro e fuori.

Il superbo, l’arrogante e prepotente spirituale, colui che si crede già perfetto, completo, sazio, pieno di sé e di Dio, non però del vero Dio, ma di una falso Dio o di una falsa concezione del vero Dio, costui mai potrà ricevere in dono il mistero del regno. Sulla terra umile si può versare l’acqua. Essa l’accoglie e si lascia fecondare per far germogliare piante e frutti. Su un duro granito, un sasso, una pietra, si può anche versare l’acqua, ma essa scivola via. È materia impenetrabile. Mai nessuna acqua potrà penetrare in essa.

Se il cuore dell’uomo è sasso, pietra, granito, il dono sarà sempre esposto a vanità. Potrebbe anche succedere che la pietra si rivolti contro lo stesso datore del dono per fargli del male, molto male. Per questo Gesù chiede ai suoi discepoli molta saggezza, molta prudenza, molta lungimiranza, molta attenzione. Non si può dare il Vangelo a tutti nella profondità della sua verità. Molti lo rigetterebbero e si scaglierebbero anche contro i coloro che lo annunziano. Sapendo questo, Gesù dona il Vangelo in modo velato. Così chi è di cuore semplice potrà ricevere ulteriori spiegazioni. Chi invece è sasso e pietra, rimane alla lettera della parabola, senza poter entrare nelle profondità del mistero in essa contenuto.

Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno» (Mc 3,1-20).

Una verità che urge che venga messa nel cuore ci dice che oggi non si procede affatto con saggezza, con prudenza, con lungimiranza nel dono del mistero del regno. Avendo noi paura che il mistero venga rifiutato, se predicato in pienezza di verità, glielo diamo non secondo la modalità della parabola o della gradualità, bensì travisato, modificato, privato del suo cuore, della sua verità, sapienza, spirito interiore. Diamo all’uomo un involucro vuoto. Con questo nostro agire priviamo del mistero anche quanti sono disponibili ad accoglierlo per dare una vita nuova al loro corpo, al loro spirito, alla loro anima. Oggi dal dono del mistero è quasi assente del tutto Cristo Signore. Ma è Lui il mistero del regno. È Lui la verità, la carità, la speranza del mistero. È Lui la sapienza, l’intelligenza, la luce del mistero. Poiché Cristo è il mistero che fa la differenza, si dona un involucro dove diviene impossibile fare una qualche differenza. A nulla serve dare il mistero senza il Mistero, dare la luce senza la Luce, dare la verità senza la Verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi, intelligenti, prudenti.

09 Febbraio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Fate attenzione a quello che ascoltate

Ci si presenta presso Gesù per chiedergli di parlare al nostro cuore. Questa richiesta deve essere fatta prima di domandare a Lui qualsiasi altra cosa. La sua Parola è luce che illumina la mente, riscalda il cuore, infiamma la volontà, mette in movimento di vera vita il nostro corpo, dona vera agitazione di santità a tutta la nostra giornata. Senza la Luce eterna in noi, siamo condannati ad una tristezza quotidiana, perenne, senza alcuna speranza di salvezza.

Sempre vi è tristezza quando vi è assenza della vera Luce nel nostro cuore. A volte si va da Cristo Signore, ma si va solo perché Lui consoli il nostro cuore con una parola di consolazione umana. Si va da Lui perché cerchiamo l’approvazione della nostra vita di tenebre, di peccato, di non senso spirituale, di accidia mortale, di chiusura nella nostra fragilità e piccolezza morale. Si va da Lui non per ascoltare ciò che Lui deve dirci, ma perché sia Lui ad ascoltare noi.

Se non ci si riveste di umiltà, di grande umiltà, sciupiamo il nostro incontro con Lui. Usciamo dal dialogo con Lui più tristi di prima. Siamo e rimaniamo nelle nostre chiusure mentali, ormai divenute ermetiche. Nessuna luce riesce a penetrare nel cuore al fine di svegliarlo e di dargli una nuova energia di vita. Ogni chiusura della mente va abolita, cancellata. Dinanzi a Cristo Gesù non ci si può presentare con chiavistello e lucchetto. Occorre aprire a Lui ogni porta, anzi spalancarle, in modo che Lui vi possa fare luce. Senza la sua Luce non vi è vita alcuna per noi.

Oggi Gesù ci chiede non solo di spalancare le porte del nostro cuore a Lui, ma anche di fare molta attenzione a ciò che noi ascoltiamo. Non dobbiamo far cadere nessun parola per terra. Tutte dovranno essere raccolte, comprese nel loro più alto significato di verità, su di esse costruire la nostra esistenza. La nostra mente però è sempre distratta dai mille inutili pensieri di tentazione, dai miliardi di vani desideri che la agitano più che un mare in tempesta, da un infinito inseguimento di progetti della terra che nulla hanno a che fare con i desideri di Lui.

Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa (Mc 4,21-34).

Si va da Cristo, ma si rimane soli con noi stessi. Quello che Lui ci dice non ci interessa, perché Lui non corre dietro i nostri pensieri, non li insegue, non li raggiunge, non li comprende. Addirittura lo accusiamo dii insensibilità spirituale. Noi siamo andati da Lui per esporre la nostra vita spirituale in modo che Lui metta il suo sigillo di approvazione e invece ci troviamo dinanzi ad una persona che distrugge tutto di noi, perché vuole costruire se stesso e Dio nei nostri cuori con l’aiuto potente dello Spirito Santo. È una immensa e profonda delusione.

E questo accade non una volta, ma sempre. Noi cerchiamo di trarre Cristo nel nostro peccato, nella nostra miseria spirituale e Lui non ci comprende, non ci ascolta, non ci segue nei nostri ragionamenti. Non è Lui che deve comprendere noi, siamo noi che dobbiamo porre ogni attenzione a ciò che Lui ci dice. La nostra è condizione di morte spirituale. La sua è sempre Parola di vita eterna. È sempre Parola di Luce vera. Se ascoltata, compresa, messa nel cuore, darà una dimensione nuova a tutta la nostra esistenza. È questa una grazia che dobbiamo chiedere senza alcuna interruzione: la saggezza dell’ascolto, l’intelligenza della comprensione, la sapienza della custodia nel cuore di ogni Parola ascoltata. Senza questa grazia, la nostra vita si ricolma di tristezza mortale. Senza la luce di Cristo che illumina e riscalda, il cuore sarà sempre di pietra ed è la pietra del nostro cuore l’unica sorgente di ogni nostra tristezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, otteneteci la grazia del vero ascolto.

16 Febbraio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Perché avete paura? Non avete ancora fede?

Dove noi scriviamo fiumi e fiumi di libri, oceani e oceani di parole, foreste e foreste di frasi, distese pianure di illuminate discussioni, a Gesù è sufficiente una sola frase per immettere i cuori in un mondo nuovo, nel mondo della verità, del mistero, della santità, della giustizia. Spesso con una sola Parola libera i cuori da una situazione religiosa stagnante, da una tradizione armai muta e incapace di parlare, da tutta una mentalità di fede inadatta e inattuale.

Oggi avremmo veramente bisogno che il Signore venisse in mezzo a noi. Abbiamo un teologia che si distaccata dai cuori. Essa parla solo alla mente di qualche dotto che fa del gioco delle parole il suo passatempo preferito. Abbiamo una morale senza più verità, trascendenza, fecondità spirituale. Abbiamo una fede che non riesce a mettere in comunione con Dio la vita delle persone. Abbiamo una pastorale fatta di progetti umani più che divini. Ci troviamo male. È come se fossimo dinanzi ad un edificio senza vita, un orto in cui tutti gli alberi e ogni altro suo prodotto fossero di plastica. Vi è una liturgia incapace di rinnovare i cuori. Troppi elementi umani spesso la caratterizzano. In essa le cose secondarie spesso diventano principali e le realtà principali si trasformano in secondarie. Vi è un Dio troppo cosificato.

Se Cristo venisse, direbbe Lui una sola parola e tutto potrebbe ritornare a riprendere la sua vera vita. Noi siamo incapaci di tanta sapienza e saggezza. Siamo assai carenti di Spirito Santo. Ne è prova che noi subito proclamiamo profeti le persone che sanno dire qualche frase ad effetto, senza verificare i suoi effetti di rinnovamento dei cuori e delle menti. Poiché però la frase suscita qualche scalpore, allora il suo autore deve essere proclamato da noi profeta. Se ci chiediamo poi quale novità di vita essa ha prodotto nei cuori, ci accorgiamo che vuoto esso era prima e vuoto è rimasto dopo. Di queste cose ne facciamo molte. Tutte però attestano che lo Spirito del Signore non è in noi. Se fosse in noi, non chiameremmo profeta chi profeta non è, e neanche rinnegheremmo come profeta chi è vero profeta del Dio vivente.

A pensarci bene, Cristo Gesù sempre si desta dal suo sonno. Prende Lui in mano il timone della sua barca. Vorrebbe condurla nella verità della sua Parola. Molti però di quanti sono ai remi decidono di boicottarlo. Loro lo vogliono che dorme, che sia assente dalle loro decisioni, che non si interessi della rotta della barca, che neanche si occupi se i venti sono contrari. La barca appartiene ad essi e sono essi che devono condurla secondo personali vedute. Lui non può intervenire né personalmente né per mezzo dei suoi veri profeti. A quest’ultimi deve essere tolta la parola. Di quest’ultimi si ha tanta paura. Con una loro parola potrebbero dare alla Chiesa e per la Chiesa all’intera umanità una luce così potente da rinnovare tutta la terra. Accetta un vero profeta chi è disposto lui a svegliarsi dal suo sonno di morte, dalla sua non fede, non carità, non speranza, dalla falsità della sua religione.

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,35-41).

È giusto che ora ci chiediamo: qual è il vero significato della parola che Gesù rivolge ai suoi discepoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. I discepoli hanno fede nel loro Maestro. Per questo lo svegliano, lo invitano ad alzarsi, a guardare, a fare qualcosa. Solo Lui può intervenire, loro non possono nulla. Questa è fede, vera fede. Questa fede è di tutti. Si è nella necessità, si chiede a Dio, si ricorre a Lui, la grazia è fatta. Dai suoi discepoli Gesù non vuole questa fede di tutti. Vuole da loro una fede speciale, particolare. Vuole che essi credano che quando Lui è sulla barca, questa mai affonderà. Che Lui intervenga o non intervenga non ha alcuna importanza. La barca rimarrà sempre sulle acque. Mai affonderà. Mai andrà giù, Mai si sfracellerà. Rimarrà intatta. Non subirà alcun danno. La fede degli Apostoli del Signore non può essere come quella del popolo. Se il popolo sveglia il Signore, è una cosa buona. Se lo sveglia l’Apostolo del Signore di certo non è una cosa bella, dal momento che la sua fede deve essere sopra ogni altra fede. Lui dovrà credere che Gesù è vera ancora di salvezza. Sapendo questo, Lui dovrà fare una cosa sola: prendere sempre con sé, sulla barca, il Signore. Non è Gesù che deve essere svegliato. È lui che deve prestare ogni attenzione a che Gesù sia sempre nella sua barca. In lui la fede deve essere una certezza assoluta: Gesù è con me.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci questa santa fede in Gesù.

23 Febbraio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
E nessuno riusciva a tenerlo legato

Nel Vangelo vi sono delle notizie che spesso vengono ignorate da quanti lo leggono, lo meditano, lo commentano, lo annunziano, lo predicano, lo spiegano. Queste notizie, così alte ed elevate, ci offrono delle indicazioni così puntuali, vere, precise, esatte da essere capaci di dare una svolta all’intera nostra vita sia personale, che familiare, sociale, civile.

Molti sono oggi coloro che pensano di mettere in ceppi il diavolo. I ceppi sono le carceri, i tribunali, le forze dell’ordine, le stesse leggi. I ceppi sono tutti quei ritrovati umani che l’uomo si dona e si inventa convinto che con essi di certo riuscirà a incatenare il diavolo. Il Vangelo invece ci dice che tutti questi ceppi vengono rotti da Satana. Nessun ceppo è talmente forte da poterlo tenere legato. Lui li scardina tutti. Tutti li manda in rovina. Niente tiene dinanzi a lui. Non vi è una legge che possa vincere il male, né un ordinamento giuridico, politico, militare, amministrativo, finanziario che possa fermare il demonio. Questi ha un potere supremo che va ben oltre tutte le invenzioni degli uomini. Niente lo potrà fermare. Nessuno lo potrà arrestare.

Dinanzi a questo strapotere del diavolo l’uomo cosa fa? Pensa che basta mettergli un ceppi di una qualche legislazione umana, perché il diavolo non faccia più male. Subito si scrive la legge, ma non per questo il male finisce. Il ceppo è costruito, solo che il diavolo non lo indossa. Il male è potenza ingovernabile, invincibile, inafferrabile. Il diavolo solo uno lo toglie: Cristo Gesù. Lui lo toglie dalla mente, dai pensieri, dal cuore, dallo spirito, dall’anima, dal corpo. Se Lui non lo toglie, nessuno lo potrà mai farlo. Questo potere è solo suo ed è anche di coloro ai quali Lui ne fa dono. Questa verità ci rivela che è l’uomo che deve essere guarito. Noi invece pensiamo di vincere il male mettendo l’uomo, che oggi è indiavolato nei pensieri più di ogni altro tempo, nei ferrei ceppi della legge, del diritto, del divieto. Satana non conosce nessuna nostra autorità su di lui e delle nostre leggi non sa cosa farsene. Tutto lui scardina e tutto lui sa come aggirarlo.

Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. (Mc 5,1-20).

La nostra storia, la nostra società, oggi è in tutto simile a questo uomo posseduto da un esercito di demòni. Non vi è speranza per nessuno. Il male non può essere incatenato. Ogni giorno facciamo l’esperienza della sua virulenza, astuzia, forza, potere di convincimento, sagacia nella persuasione, astuzia nell’aggirare gli ostacoli, intelligenza per superare ogni sbarramento. Occorre che Gesù venga nel nostro territorio, veda l’indemoniato e comandi allo spirito immondo di lasciarlo. Ma noi diciamo che di Gesù non sappiamo cosa farcene. Anche noi lo abbiamo già sfrattato dal nostro territorio. Lo abbiamo mandato via prima ancora che il miracolo si fosse compiuto. Tolto Cristo, altro non ci resta che assistere alla sconfitta di tutti i nostri metodi di legare il diavolo. È giusto possedere ognuno una certezza assoluta: solo Gesù può scacciare Satana. Solo Lui lo può sconfiggere. Solo Lui lo può mandare nei porci. Non vi sono altre persone con un tale potere, a meno che Gesù non glielo conferisca. È verità divina.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura, santa, retta.

02 Marzo 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Non temere, soltanto abbi fede!

Gesù è Salvatore sempre. Non vi è nella sua vita un solo istante in cui questa sua missione si eclissa, si spegne, viene posta sotto il moggio. Neanche vi è un solo attimo di distrazione, disattenzione, dimenticanza, soprappensiero, perdita di memoria o altro. Lui e la missione sono una cosa sola sempre. Anche sulla croce, mentre i chiodi lacerano mani e piedi, lui vuole rimanere perfettamente cosciente. Lo esige l’opera della salvezza ancora tutta da rivelare, manifestare, comunicare agli uomini nella pienezza della sua verità.

Noi e la missione viviamo in due compartimenti separati e distinti. A volte indossiamo la nostra missione, spesso ci svestiamo di essa. Sovente la lasciamo nel ripostiglio nel quale l’abbiamo rinchiusa, riprendendola quando non ne possiamo fare proprio a meno. Così noi e la missione siamo due realtà non una sola, due cose non una sola, due momenti non un solo momento. La missione non è la nostra vita. Diviene una sovrastruttura del nostro corpo, dei nostri pensieri, dei nostri desideri, della nostra volontà, della nostra anima.

Da Gesù dobbiamo ancora apprendere molte cose. Una verità urge fin da subito che la mettiamo nel cuore. Senza la nostra missione Dio viene privato della sua gloria in mille circostanze in cui opera il bene. Senza la nostra presenza come missionari di Gesù Signore anche l’uomo viene privato di quell’aiuto indispensabile che lo mette in condizione di credere e di sperare. Un attimo di eclissi da parte nostra e Dio e l’uomo vengono privati della loro verità. Questo mai dobbiamo permetterlo. Ogni eclissi di missione sia laicale che presbiterale, sia episcopale che papale, sia per ordine di professione che per obbligo di carità, crea sulla terra e nel cielo un ammanco di verità. Dalla nostra omissione viene generato un caos cosmico. Una sola nostra disattenzione può mutare il corso dell’intera storia.

Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare (Mc 5,21-43).

Gesù esige che la donna renda gloria a Dio. Lei è stata graziata, miracolata, Dio l’ha sanata, l’ha liberata della perdita del suo sangue. È giusto che il mondo intero conosca la potenza guaritrice di Dio che si manifesta con pienezza di onnipotenza in Cristo Gesù. Il suo gesto ora conosciuto condanna tutti noi che ci accostiamo con leggerezza alla Santa Eucaristia. Di certo Giàiro si sarebbe perso nella sua fede senza l’aiuto immediato di Gesù Signore. Una sola parola di Gesù porta pace e sicurezza nel suo cuore. Oggi Gesù compie ben tre risurrezione: la verità del Padre nel cuore della folla, la fede nel cuore di Giàiro, la fanciulla che viene chiamata dalla morte e riportata in vita. Se penso a tutte le risurrezione che avrei potuto operare e che per distrazione, disattenzione non ho fatto, devo confessare che grande è la mia colpa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con la missione.

09 Marzo 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ed era per loro motivo di scandalo

Spesso Gesù si trova in situazioni in cui è davvero difficile, se non impossibile, abbozzare una qualche risposta. In questi casi, Lui si ferma a dare una risposta nella quale la verità viene affermata, senza però fornire alcuna spiegazione. Si ribadisce la pura verità, ma senza aggiungere altro. Quando il cuore non riceve, ogni insegnamento potrebbe risultare pericoloso per chi lo dona. Gesù applica quanto Lui stesso ha voluto per i suoi discepoli nel Discorso della Montagna: “Nolite dare sanctum canibus neque mittatis margaritas vestras ante porcos ne forte conculcent eas pedibus suis et conversi disrumpant vos – Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi – (Mt 7,6).

Vi è un’altra raccomandazione della Scrittura Santa che così suona: “Ubi auditus est non effundas sermonem et inportune noli extolli in sapientia tua” (Sir 32-6). La nuova traduzione è alquanto distante: “Parla, o anziano, poiché ti si addice, ma con saggezza, e non disturbare la musica. Quando c’è un’esecuzione non effonderti in chiacchiere, e non fare il sapiente fuori tempo. Sigillo di rubino su ornamento d’oro è un concerto musicale in un banchetto. Sigillo di smeraldo in una guarnizione d’oro è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino. Parla, o giovane, se c’è bisogno di te, non più di due volte se sei interrogato. Compendia il tuo discorso, molte cose in poche parole; compòrtati come uno che sa e che tace a un tempo” (Sir 32,3-8).

Sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento e soprattutto dai dialoghi di Gesù dobbiamo imparare una grandissima verità. Non sempre si può parlare con chiarezza, pienezza di verità, esposizione dettagliata della dottrina e della rivelazione. Non sempre possiamo manifestare agli altri la profondità del mistero che il Signore ha scritto nella nostra vita. Non dinanzi a tutti è conveniente svelare quanto vi è nel cuore. Vi è un obbligo di santa prudenza che va osservato, pena il fallimento della nostra stessa missione. Non possiamo noi distruggere il disegno di Dio che si compie in noi per una parola di troppo. È necessario allora che ci si rivesta di una altissima sapienza nello Spirito Santo per saper sempre dire senza dire, parlare senza parlare, affermare senza affermare, manifestare senza manifestare, spiegare senza spiegare.

Non sempre si può fare una stupenda lezione di purissima teologia sulla nostra vita. A motivo della situazione storica nella quale si vive, non sempre è conveniente essere loquaci, prolissi, logorroici. Spesso una parola in più rovina i nostri rapporti con le persone. L’uomo di Dio è perennemente saggio, sapiente, accorto, lungimirante. Sa quale parola dire e quale tacere. Non si lascia tentare dalle obiezioni, dai dubbi, dalle perplessità, dagli interrogativi, dalle domande di chi gli sta dinanzi. L’uomo di Dio deve sempre conoscere nello Spirito Santo come governare ogni momento della sua missione. Non si può essere sbadati, distratti, caparbi, desiderosi di imporre ad ogni costo la nostra verità. Si richiede una altissima intelligenza e sapienza per evitare di precipitare in dei tranelli di morte.

Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando (Mc 6,1-6).

La sapienza è dono sempre attuale dello Spirito Santo. È sapiente ed intelligente secondo Dio solo chi vive di abituale frequenza con lo Spirito del Signore. Chi vuole essere sapiente e intelligente deve essere piantato nello Spirito come gli alberi sono piantati lungo i corsi d’acqua. Un albero piantato in un deserto non produce alcun frutto. Gli manca l’acqua della vita. Un discepolo di Gesù che si pone fuori dello Spirito Santo, che non lo frequenta, che sta lontano da Lui, è un albero secco. Mai potrà produrre un qualche frutto di prudenza, saggezza, accortezza, lungimiranza. Avrà sempre una parola stolta, insipiente, superba, arrogante. Vorrà imporre la verità ad ogni costo. Altro non farà se non aumentare l’odio e l’ostinazione contro la sua stessa vita. Invece con una saggia parola di eleganza spirituale, si annunzia una verità accettata da tutti, si lascia l’altro nel tormento spirituale, lo si abbandona al suo dubbio e alla sua non fede, però gli si è data un luce grande perché dubbio e indecisione possano rientrare al più presto. Sempre però che l’uomo sia di buona volontà e con sincerità di cuore cerchi la verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la saggia prudenza.

16 Marzo 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone

Tutta la missione apostolica, in modo particolare di coloro che si dedicano a tempo pieno alla causa del Vangelo per la sua diffusione e piantagione nei cuori, per il dono dello Spirito Santo e della grazia dei sacramenti, per il costante e ininterrotto servizio delle anime, inizia e finisce nella fede dell’inviato di Gesù. Niente avviene senza la sua fede, tutto invece si compie se la sua fede è forte, robusta, solida, invincibile, indistruttibile.

Il segno per lui che è nella vera fede è il suo totale abbandono, la sua piena consegna nelle mani del Padre, è il suo darsi alla provvidenza divina per tutto ciò che vita del suo corpo. Nulla deve portare con sé nei suoi viaggi missionari: né pane, né sacca, né denaro nella cintura. Deve calzare solo i sandali e indossare una sola tunica. La seconda gli è già di intralcio. Lo rallenta nel cammino, perché lo appesantisce.

Questo abbandono deve concretizzarsi nella più alta gratuità nel dono della grazia e della verità di Cristo Signore. Lui non dovrà attendersi nessuna ricompensa, nessun onorario per il servizio evangelico che svolge. Gratuitamente ha ricevuto tutto da Dio, gratuitamente deve darlo. Niente ha pagato. Per niente si dovrà lasciare pagare. Non ci sono onorari e né cartelle per l’apostolo di Gesù Signore. È il suo Datore di lavoro che giorno per giorno gli dona la giusta paga, il giusto salario, provvedendo a tutto ciò che gli è necessario per oggi.

Il suo Datore di lavoro non gli dona per domani. Domani lui darà al Signore il suo quotidiano lavoro e il suo Signore gli darà il suo quotidiano salario. Domani il Signore sarà con me perché io domani sarà con Lui. Oggi è stato con me, perché oggi sono stato con Lui. Questa fede è perenne, quotidiana, giornaliera, anzi di ogni ora e di ogni minuto. Senza questa fede si lascerà tentare dalle cose di questo mondo e potrà anche giungere a vendersi le cose sacre. Potrà anche arrivare a fare della sua missione un affare di grande lucro, approfittando della semplicità dei cuori e delle menti, per estorcere denaro e per vendere e comprare le cose sacre.

Questa fede è propedeutica per ogni altra sua fede: fede nella preghiera, nella conversione dei cuori, nel ritorno dei lontani nella casa del Padre. Fede in ogni impetrazione di grazia e di salvezza, in ogni favore divino necessario ai suoi fratelli, che hanno bisogno di sentire la presenza di Dio nella loro vita. Fede nella celebrazione dei Sacramenti e nella potenza salvatrice e redentrice del Vangelo. Fede nella sua parola, che, predicata con amore, santità, profondo convincimento, potenza di Spirito Santo, è capace di salvare molti cuori. Nessuno potrà avere fede nella sua opera missionaria, se manca di fede nella provvidenza del Padre.

Se oggi ho bisogno di un tozzo di pane e dubito di Dio, penso che lui non possa procurarmelo, posso avere fede nella preghiera verso gli altri? Se dubito di Dio per me, posso essere certo di Dio per gli altri? Mai. Devo prima essere certo di Dio per me, certo della sua provvidenza, certo della mia assoluta libertà dai beni di questo mondo, perché è Lui il mio Datore di lavoro che prontamente interviene e salda oltre misura il suo debito di giustizia, poi potrò essere certo di Dio per i miei fratelli. È dalla mia fede la fede del mondo intero. Se io non ho fede per me, potrò mai avere fede per gli altri? Se dubito per me stesso, necessariamente dubiterò per gli altri.

Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6,7-12).

Urge che noi tutti, missionari a tempo pieno del Dio vivente, siamo onesti verso noi stessi e ricostruiamo la nostra santissima fede nel Padre celeste, che sempre provvederà per qualsiasi cosa. Con Lui i suoi missionari non mancheranno di nulla. Sarà Lui a servirli con tutto il suo eterno e immenso amore. Avendo questa fede, nessuno si lascerà fuorviare dalle preoccupazioni per le cose di questo mondo. Ma se il missionario ha paura del suo futuro, gioca in Borsa, specula con il denaro, si vende le cose sacre, la sua mente è occupata a far fruttificare il soldo, anziché la grazia e la verità di Cristo Signore, è un misero, un povero, uno sventurato. È persona senza fede. Essendo senza il Padre è anche senza un vero futuro, perché il vero futuro del missionario è solo il Padre celeste. Un uomo senza fede nel Padre e anche senza fede nella sua missione. È un dispensatore vuoto delle cose di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Dio nostro Padre.

23 Marzo 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello

Il dialogo cristiano è diverso da ogni altro dialogo che avviene in questo mondo. La nostra è una parola di purissima verità, nella quale è contenuta tutta la verità di Dio da annunziare, proclamare, donare. Perché ogni nostra parola sia vera è necessario che trasformiamo in nostra carne, nostro sangue, nostro spirito, nostro pensiero, nostro desiderio, ogni Parola di Dio. Come Dio è Parola eterna di verità, fedeltà, giustizia, misericordia, pietà, compassione, perdono, luce divina, così deve essere per ogni cristiano. Anche Lui deve divenire, per opera dello Spirito Santo, Parola di Dio in mezzo ai suoi fratelli.

Ogni discepolo di Gesù è obbligato a chiedersi: questa parola che io sto proferendo, annunziando, dicendo, proclamando, è Parola di Dio oppure essa è mia? Viene dal cuore del Padre celeste, nella comunione dello Spirito Santo, attinta nel cuore di Cristo Signore, oppure è suono di voce che sgorga dalle mie labbra? Discende dal Cielo oppure sale dalle profondità dell’inferno? Essa dona vera vita oppure semina strage, morte, distruzione, annientamento dei fratelli perché parola di odio, menzogna, tenebra, invidia, gelosia, superbia, vanità, grande concupiscenza? A queste domande urge sempre darsi una risposta chiara, inequivocabile. Dalla bocca del cristiano deve venire fuori solo la Parola di Dio. Altre parole non hanno alcun diritto di essere proferite. Lui deve sempre dire parole di comunione, di amore, di santità, di grazia, di purissima verità. Parole che creino vita, mai morte. Vale per ogni cristiano quanto Malachia dice del Sacerdote: “Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca insegnamento, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti” (Mal 2,7).

Giovanni il Battista è profeta del Dio vivente. Vede l’immoralità in cui Erode è precipitato, lo scandalo con il quale inquina non solo la sua corte, ma l’intero suo regno, e glielo svela. Gli ricorda che la donna appartiene al suo legittimo marito. Secondo la legge il fratello può prendere in moglie la donna del fratello, ma solo dopo la sua morte e solo per dargli una discendenza, nel caso non ne avesse avuto una. Al di fuori di questa norma divina, è vero adulterio, peccato gravissimo di scandalo, prendere in moglie la donna del fratello. La morte del profeta di Dio è il frutto di questo dialogo di verità, operato secondo la Legge dell’Altissimo. Noi tutti siamo obbligata dalla divina verità, perché nel Battesimo siamo stati costituiti profeti in Cristo Signore, per ricordare, annunziare, proclamare al mondo la sua Parola di vita e salvezza, giustizia e pace, verità e fedeltà, amore e speranza.

Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elia». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!». Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro (Mc 7,14-29).

Noi tutti siamo chiamati a dare ad ogni dialogo contenuti di altissima verità. Se diciamo parole di falsità, convenienza, opportunità, inganno, menzogna, tenebre, il mondo mai si potrà salvare e noi siamo responsabili della sua perdizione. Avevamo una parola di salvezza e l’abbiamo taciuta. Potevano dare luce e invece abbiamo donato tenebre. Siamo responsabili di ogni parola. Abbiamo la possibilità di creare vita o dare morte. A noi la scelta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi fateci dalla parola di vita sempre.

30 Marzo 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Voi stessi date loro da mangiare

Le parole di Gesù, anche se proferite in un contesto immediato, sono purissima profezia, che dovrà illuminare tutta la storia fino al suo naturale compimento. È proprio questa la caratteristica della Parola profetica: anche se sul momento si compie nella sua lettera, nella materialità delle cose, a poco a poco comincia ad acquisire tutta la pienezza della verità, non perché essa in se stessa contenga questa pienezza, ma perché è lo Spirito Santo che ogni giorno dona alla Parola di Gesù la sua verità tutta intera.

Possiamo dire, senza tema di essere smentiti, che la parola di Gesù è ogni giorno generata nella più pura e santa verità dallo Spirito del Signore. Questa generazione alla verità è perenne, ininterrotta, è opera instancabile, che mai dovrà fermarsi, neanche per un solo minuto, altrimenti saremo già in una verità vecchia, di ieri che non dona alcuna luce di verità attuale. È questo il motivo per cui il pensiero, anche quello dotto e scientifico della teologia, è in perenne crescita, in evoluzione, in quotidiana agitazione. Per questa ragione dobbiamo affermare che la teologia nel momento in cui è scritta, appartiene al passato dello Spirito Santo, non al suo presente. Al suo presente appartiene solo la verità da comunicarci. Quando la teologia inizia a razionalizzare sulla verità che lo Spirito ha comunicato, verità attuale, di questo istante, essa appartiene già a ieri, alla storia. L’oggi è della verità. Il passato è della teologia.

Quando un libro viene pubblicato è già storia passata, vecchia, di ieri. Lo Spirito Santo è già all’opera per generare nella storia la divina ed umana verità di Gesù Signore, nella quale è la verità di Dio e dell’intera creazione. Tutte le parole del Vangelo se non vengono generate dallo Spirito Santo alla verità piena e attuale, sono parole di ieri, non di oggi. Saranno parole di oggi se oggi lo Spirito di Dio le feconda della sua eterna e celeste verità. Chi è allora il vero teologo? Non è colui che insegue il passato. È invece chi si pone giorno per giorno in ascolto dello Spirito Santo che vuole generare alla verità ogni parola di Gesù Signore. È vero teologo chi cammina nello Spirito Santo e da Lui si lascia perennemente ammaestrare nella verità tutta intera.

Quando lo Spirito del Signore genera alla verità la Parola di Gesù, questa si carica di significati nuovi, sorprendenti, che vanno ben oltre il loro significato storico, che pure deve contenere ogni parola di Dio consegnata alle Sacre Scritture. Maestro dell’ascolto dello Spirito è San Paolo. Sono gli Evangelisti. Sono i Profeti del Dio vivente. Sono tutti coloro che abbandonano il pensiero di ieri, perché oggi uno nuovo irrompe nella storia. Quando Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi stessi date lodo da mangiare”, di certo non si riferisce alla imminente moltiplicazione di pani. Gesù sta pensando al dono del suo corpo, della sua carne, del suo sangue, con cui nutrire le immense folle che lungo tutto il corso della storia, affamate e assetate, sarebbe venute a bussare al suo cuore per avere un qualche ristoro. Sono oggi e sempre gli Apostoli che preparano questo cibo divino alle folle. Lo preparano e lo distribuiscono.

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini (Mc 6.30-44).

Anche il gesto di Gesù è profetico, va ben oltre questo particolare momento storico. Questo di Gesù, assunto e fatto proprio da ogni suo apostolo, nel sacramento, fa di ogni piccola ostia posta sull’altare il Corpo di Cristo, che dovrà sfamare e dissetare quanti hanno fame e sete di Lui. L’Eucaristia è il miracolo perenne e si compie in ogni Santa Messa celebrata.

06 Aprile 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
E salì sulla barca con loro e il vento cessò

Ci sono momenti in cui i discepoli devono camminare da soli e momenti in cui dovranno rimanere con Gesù. Questi momenti non li determina l’uomo, non li decide neanche Gesù, ma il Padre che è nei cieli. Essi servono a riportare l’uomo nella sua verità storica. A mostrargli qual è la sua vera forza. A rivelargli lo stato reale del suo cuore, della sua mente, della sua volontà. A indicargli il grado della sua fede, della sua carità, della sua speranza. A metterlo dinanzi alla storia da solo e saggiare le risposte del suo spirito.

Quando si cammina sempre con Cristo Gesù tutto appare semplice, facile, spontaneo. Tutto si svolge con naturalezza. Anche il pane si moltiplica nel deserto. Il discepolo potrebbe cadere in un sonno di morte. Potrebbe pensare che la storia sia questa. Non sa che domani il Maestro non ci sarà più e di conseguenza spetta a lui entrare in scena, mettersi all’opera e rendere ogni cosa semplice. È giusto però che inizi a sperimentare le sue attuali forze, la sua odierna crescita, quanto vale da solo. Questa scienza di sé si acquisisce in un solo modo: distaccandosi Gesù da lui. Lasciandolo per un momento solo.

Mosè lasciò per quaranta giorni il suo popolo da solo nel deserto, e quando ridiscese lo ritrovò idolatra. Aveva abbandonato il suo Dio e si era costruito un vitello d’oro. Si era fatto un idolo muto, simile ad un animale che mangia fieno. Senza Mosè questa è la forza del suo popolo. Esso è un popolo di idolatri, di rinnegatori del loro Dio e Signore. Un popolo irriconoscente, senza memoria dei grandi eventi della salvezza. È un popolo che mai potrà stare da solo. Mosè dovrà prenderlo per mano e condurlo con estrema fermezza. Se lui è debole con esso, insieme periranno, insieme abbandoneranno il loro Dio e Signore.

Quale esperienza fanno i discepoli mandati da soli nel mare? Da soli la loro barca non avanza, non cammina, non si muove. Il vento è troppo forte per loro. Il mare assai agitato. Le loro forze sono inefficaci. Essi sperimentano la nullità delle loro opera. Sono in preda del mare. Possono anche remare, ma la barca non avanza. Consumano invano le loro energie, si affaticano, si stancano, ma senza alcun risultato. Questi sono i discepoli. Questi saranno, sempre senza Cristo Gesù. Il loro niente è cosmico. La loro nullità è universale. Si consumano ma senza alcun frutto. Tutti dobbiamo entrare in questa verità. Senza di Lui non siamo, mai potremo essere.

E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito. Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati (Mc 6,45-56).

Per tutti viene il momento del giudizio. È sufficiente che il Signore ci metta da soli nella storia e subito constatiamo il nostro fallimento, la nostra vanità, inutilità, inefficacia. Desolante è spesso la lettura che diamo alla storia vana, inutile, infruttuosa da noi vissuta. La colpa è del vento, è degli altri, è del mondo, è della complessa realtà dei nostri giorni. Come se queste cose non fossero mai esistite. Il mare è stato e sarà sempre mare. Così dicasi per il vento. È stato e sarà sempre vento, sarà uragano, tempesta, ciclone, monsone. Così dicasi anche per la storia. Da quando il serpente ha tentato Eva, il male si è impadronito del cuore dell’uomo.

La colpa non è delle cose che sono fuori di noi. Essa invece consiste nel non avere noi con noi Gesù Signore. Gesù può non essere con noi, perché vuole che noi sperimentiamo la nostra nullità. Ma anche potrà non essere con noi, perché noi lo abbiamo scacciato dalla nostra vita. Perché abbiamo pensato che Lui non fosse necessario. Bastiamo a noi stessi. Oggi la condizione del cristiano è questa: è convinto che bastino solo le sue forze, le sue iniziative, i suoi remi, le sue braccia, la sua volontà, le sue capacità dottrinali e scientifiche. Quando la barca della pastorale è ferma, vi è una sola constatazione da fare: Cristo Gesù non è con noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci essere sempre con Gesù Signore.

13 Aprile 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ascoltatemi tutti e comprendete bene!

Tutto è dono nella relazione di Dio con i suoi figli. È dono la sua Parola. Chi la dona deve offrirla sempre nella più pura verità dello Spirito Santo. È dono anche la comprensione di essa. Chi dona la Parola nella verità dello Spirito Santo, deve anche offrire la sua più vera comprensione sempre nella luce, sapienza, intelligenza dello Spirito Santo. Dono della verità e dono della perfetta comprensione devono essere una cosa sola. Insieme stanno, insieme muoiono. Mai vi potrà essere vera comprensione della Parola di Dio se si dona una parola non di Dio. Mai vi potrà essere il dono della vera Parola di Dio se non si dona la vera comprensione di essa.

Dono della vera Parola di Dio e della sua vera comprensione non sono il frutto di cuore e di mente dell’uomo. Nessun uomo possiede capacità, intelligenza, sapienza da poter offrire la Parola di Dio e la più pura verità di essa. Nessun uomo ha capacità, intelligenza, sapienza di poter scrivere nei cuori e la vera Parola di Dio e la perfetta comprensione di essa. Questa duplice opera è solo purissimo dono, non però dono abituale, sempre dono attuale dello Spirito Santo. Il datore umano della Parola e della comprensione di essa devono essere una cosa sola, una sola sapienza, una sola intelligenza, una sola saggezza, una sola verità.

Si vive in unità perfetta con lo Spirito Santo se il nostro cuore, il nostro corpo, la nostra mente, la nostra volontà, i nostri desideri sono costantemente nella più grande grazia di Cristo Gesù, nel più grande amore di Dio Padre. Per questo urge che il datore della Parola e della sua comprensione viva di perfetta obbedienza, perfetto ascolto, perfetta vita evangelica. Si fa del Vangelo la propria vita, lo Spirito del Signore prende stabilire dimora in noi, con Lui in noi sempre possiamo dare la vera Parola e la vera comprensione di essa. Se siamo due realtà distinte e separate, mai lo Spirito del Signore potrà operare per mezzo nostro e noi daremo una parola di uomini e una falsa comprensione.

Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e: Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,1-23).

Quando il cuore è impuro, anche la mente è impura, anche l’occhio è impuro, l’udito è impuro, la volontà è impura, i sentimenti sono impuri, i pensieri sono impuri. Se tutto è in noi impuro, anche la comprensione della Parola di Dio sarà impura. Non può essere diversamente. Nell’impurità del cuore si è maestri del nulla. Anzi si è maestri del peccato che è in noi. Maestri della falsità e della menzogna, della cattiva testimonianza sul nostro Dio. La purezza del cuore è necessaria perché si possa vedere Dio nella Scrittura e negli uomini. Solo il cuore puro è dimora dello Spirito Santo e finché rimane nella sua purezza morale. Ma anche il cuore puro è opera dello Spirito di Dio. A Lui dobbiamo sempre chiedere questo grandissimo dono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci un cuore puro, santo, vero.

20 Aprile 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!

La folla oggi rende testimonianza a Gesù Signore. Attesta che Lui fa bene ogni cosa. In Lui non vi sono ammanchi di verità, saggezza, santità, giustizia, obbedienza, preghiera, carità, misericordia, compassione, pietà. Lui cresce ogni giorno di sapienza in sapienza, di grazia in grazia, di giustizia in giustizia, di santità in santità. Lui progredisce mai regredisce. Lui avanza, mai retrocede. Nella crescita è un gigante, non è un nano.

Noi siamo chiamati ad imitarlo. Per prima cosa si dovrebbero abbattere tutti i molteplici ammanchi nelle virtù che caratterizzano la nostra vita. Dovremmo altresì dichiarare guerra ai vizi che militano nel nostro corpo e nel nostro spirito. In terzo luogo urge convincersi che non si può in alcun modo imitare Cristo, se rimaniamo stagnanti nelle virtù. Cristo Gesù cammina di verità in verità e di obbedienza in obbedienza. Lui si fa obbediente fino alla morte di croce. Si annienta, si annichilisce, so profonda nell’amore verso il Padre fino al dono totale della vita.

Tutto in Gesù canta la sua perfezione spirituale, morale, ascetica, mistica, sapienziale, teologica, argomentativa, deduttiva. Gesù è di una logica divina. Mai si lascia fuorviare dai suoi avversari, detrattori, calunniatori, adulatori, entusiasti, denigratori, da quanti lo innalzano e quanti lo distruggono. Lui cammina, progredisca, avanza sempre di luce in luce, di sapienza in sapienza, di verità in verità. Nulla gli sfugge dal cuore, dalla mente, dalla volontà. Tutto Lui governa con perfezione di verità e di santità. La sua fortezza è grande, invincibile.

Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» (Mt 7,24-37).

Anche nella prudenza Gesù è sommamente attento. Sa che vi sono cose utili per gli altri, ma che possono trasformarsi in cose nocive per la sua persona, la sua missione, il suo mistero. L’utilità per gli altri deve essere utilità per la nostra missione. Una utilità per gli altri che dovesse distruggerci nella missione e nel mistero di cui siamo portatori non è utilità. È danno. Ogni danno morale e spirituale che nasce da una nostra imprudenza dovrà essere evitato. Il bene dovrà essere sempre produttore di altro bene, mai di un male più grande. Cristo Gesù anche in questo va imitato. Lui è la prudenza divina che si fa perennemente prudenza umana. Dove noi miseramente cadiamo, Lui attesta la sua grande superiorità, frutto in Lui di quella crescita perenne in sapienza e grazia che sempre lo ha accompagnato per tutta la vita.

Anche nei dialoghi Gesù si rivela sommamente prudente, saggio, sapiente. Essi hanno uno scopo ben preciso: far evidenziare tutta la fede o anche la non fede oppure l’incredulità che è nel cuore di una persona. Gesù punge il cuore della Cananea e da esso sgorga un’acqua di purissima fede. Chiede alla folla di far silenzio su un miracolo e la folla lo grida ai quattro venti. Una persona può essere governata. Un popolo difficilmente potrà essere governato. Un cuore si può educare. Molti cuori insieme creano tante difficoltà. Uno ascolta, dieci no. Uno obbedisce, altri cento pensano non necessaria l’obbedienza. Le folle quasi mai si lasciano guidare dall’intelligenza, dalla sapienza, dalla verità. Spesso è il sentimento che le muove. La verità non conquista le folle. Le conquista la necessità, il bisogno. I grandi manipolatori di folle questo lo sanno bene. Essi sanno come gestire un sentimento, una rabbia, un bisogno, una malattia, una povertà, una particolare situazione storica. Chi vuole governare le folle deve prestare molta attenzione. Essa oggi ti osanna, ma domani ti crocifigge. Oggi è con te, domani contro di te. Chi gioca con la folla, dalla folla sarà giocato. Gesù è libero dalla folla, perché Lui non cerca la folla. Lui cerca un cuore nel quale innestare la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la saggezza della verità eterna.

27 Aprile 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva

Nell’arte e nella scienza del dialogo Gesù è vero maestro. È il Maestro. È il Maestro perché Lui sa cosa c’è in ogni cuore e dal cuore dell’altro sempre parte. Se il cuore di chi lo ascolta è aperto alla verità, Lui fa luce a profusione. Se il cuore invece è ermeticamente chiuso alla verità e viene da Lui solo per metterlo alla prova, per ingannarlo, tentarlo, provocarlo in modo che possa dire anche una sola parola su cui intentare un giudizio per la sua condanna a morte, all’istante lui tronca il dialogo, li lascia e se ne va.

Gesù è la Persona dal dialogo sempre aperto per chi cerca la verità. Il Vangelo è pieno di questi uomini e di queste donne. Basta citarne alcuni: Nicodemo, la Samaritana, Zaccheo, il Dottore della legge al quale Gesù racconta la parabola del Buon Samaritano, Marta, Maria. È sufficiente leggere i dialoghi di Gesù con queste persone e subito appare il loro cuore aperto, capace di ricevere il dono di Dio. Questi cuori sono anfore non tappate ermeticamente e Gesù vi può versare in essi tutta la verità della salvezza.

Quando invece il cuore è chiuso, sigillato dalla superbia, dalla malvagità, dalla cattiveria, dall’invidia amara, dallo spirito della menzogna e della falsità che domina in esso, è impossibile per Gesù instaurare un dialogo di salvezza. In questo caso, lui o risponde con una verità solenne, o corregge sempre il loro pensiero, o difende la sua verità attaccata ingiustamente, anche con gravi calunnie, poi lascia e se ne va. Continuare il dialogo diviene dannoso. Gli animi si potrebbero inasprire e reagire malamente, anche con azioni violente. In un dialogo mai si deve condurre l’altro all’ira, alla collera. Potrebbe reagire con azioni inconsulte, spropositate, dannose. Potrebbe causarci un grande male.

Noi però non conosciamo il cuore dell’altro. Come sapere se continuare il dialogo o interromperlo? Anche se non conosciamo il cuore, abbiamo lo Spirito Santo della prudenza, della saggezza, della conoscenza. È sufficiente che noi ci poniamo in preghiera e lo invochiamo con profonda umiltà perché ci illumini e ci guidi e anche noi possiamo giungere attraverso le parole dell’altro a sapere se interrompere o continuare, se rimanere o lasciare. Umiltà e preghiera devono essere nostro abito, nostra veste, nostro stile di vita. Noi e lo Spirito Santo dobbiamo sempre camminare insieme. Mai dobbiamo rimanere un solo minuto senza di Lui.

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?» (Mc 8,1-21).

Anche il cuore degli Apostoli è chiuso alla verità. Essi non comprendono. Sono privi dello Spirito Santo di Dio. Mancano del dono della conoscenza. Gesù sa che domani essi comprenderanno e per questo con infinito amore svela loro la verità. Oggi l’ascoltano solo con l’orecchio, ma non con il cuore. Domani verrà lo Spirito Santo è la scriverà con stilo di ferro nei loro cuori.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestitici di santa umiltà e di prudenza.

04 Maggio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano

Possiamo pensare che il miracolo operato da Gesù sul cieco nato in due momenti differenti, sia perfetta immagine dell’Antico e del Nuovo Testamento. L’uomo, cieco fin dalla nascita, ad iniziare dal secondo uomo che è venuto sulla terra – il primo era stato creato da Dio con visione perfetta di Lui -, viene preso dal Signore, trasportato in disparte, cioè isolato in Abramo dagli altri popoli, e comincia a ridargli la vista.

È stato questo un miracolo durato ben mille e ottocento anni. Tanto è stato il tempo che Dio si è preso per iniziare ad aprire gli occhi all’uomo che si era accecato da se stesso. L’uomo dell’Antico Testamento vede Dio, lo vede come Unico, Signore, Redentore, Creatore dal nulla. Lo vede come suo presente e suo futuro eterno. Lo vede anche nelle sue esigenze modali, di verità, giustizia, santità. Il sommo della visione viene raggiunto nel Libro della Sapienza. Qui il Signore si manifesta in tutto il suo mistero che è amore, misericordia, giustizia, verità, saggezza, compassione, fedeltà, perdono, guida dell’uomo verso la perfetta conoscenza.

Nell’Antico Testamento Dio è ancora visto “come un albero che cammina”. Manca ad esso tutto il mistero della Beata Trinità, della generazione eterna del Verbo, vero Figlio Unigenito del Padre, dello Spirito di Dio come vera Persona. È assente tutto il mistero della redenzione attraverso la morte e la risurrezione del Verbo Eterno fattosi carne nel seno della Vergine Maria. Non si trova ancora lo stupendo mistero della rigenerazione dell’uomo e della partecipazione della divina natura. Si è privi della realtà del Corpo mistico di Gesù Signore. L’uomo vede qualcosa di Dio, ancora però non vede Dio nella sua perfezione del suo mistero ad intra e ad extra. Non lo vede nella sua più pura essenza di unità e di trinità.

L’uomo dell’Antico Testamento manca della pienezza della vista. I suoi occhi sono ancora confusi. Vedono ombre di Dio, non vedono Dio. Dio è totalmente altro, infinitamente altro, divinamente altro, umanamente altro. Si rifletta per un istante alla stupenda, impensabile, inimmaginabile incarnazione del Figlio di Dio. In Lui Dio si fa carne, assume per intero la nostra umanità. Si pensi anche al suo amore così grande, sconfinato da assumere nel suo corpo tutti i nostri peccati ed espiarli per noi. Si mediti sul dono dello Spirito di Dio effuso sopra ogni credente. Non parliamo poi dell’Eucaristia, il sacramento dell’amore perfetto. Dio, in Cristo, si fa vita non solo spirituale, ma fisica dell’uomo. Anche la grande potenza di grazia e di verità degli altra sacramenti va contemplata, meditata. Ci troviamo dinanzi ad una luce piena.

Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio» (Mc 8,22-26).

Per mezzo del suo Figlio Unigenito e del suo Santo Spirito, Dio ha dato la purezza e la completezza della vita all’uomo. Gli ha svelato tutto di sé. Cosa sta facendo quest’uomo sanato, guarito, miracolato dal suo Dio? Si sta immergendo nelle pozzanghere umane e nuovamente si sta rendendo cieco. Nuovamente si sta privando della sua vista. Anzi sta regredendo in uno stadio di cecità superiore persino a quello dell’Antico Testamento. Almeno nell’Antico Testamento si riusciva a fare la differenza tra il Dio vivo e vero e gli idoli, i non dèi. In quel tempo vi era netta la distinzione tra latria ed idolatria, tra pietà ed empietà, tra saggezza e stoltezza, tra verità rivelata e falsità. A quei tempi vi era anche una chiarezza morale assai elevata. Vi erano delle verità acquisite che erano patrimonio della sana antropologia.

Oggi la cecità sta divenendo assoluta. Non si vede più il bene e il male. Non si distingue più il vero Dio dagli idoli. Non si riconosce Cristo nella sua verità di unico e solo Redentore e Salvatore dell’uomo. Stiamo precipitando in una cecità che abbraccia ogni ambito della nostra umanità. L’uomo non sa più neanche chi esso sia. La stessa natura umana oggi viene vista in modo contorto. Un tempo la donna era donna e l’uomo era uomo. Oggi non si sa più chi è donna e chi uomo. Siamo ben oltre l’Antico Testamento. Sembra di essere ritornati ai tempi prima di Noè, quando il peccato sommergeva la terra. Urge che Cristo di nuovo venga, prenda quest’uomo e lo guarisca, lo risani, gli ridia la vista. Dobbiamo chiedere al Signore che faccia presto, prima che il diluvio del male non ci sommerga. La cecità oggi è universale. Anche il cristiano si è lasciato infangare gli occhi e si privato di questa stupenda grazia di Gesù Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ridateci la luce della vera fede.

11 Maggio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini

La verità dovrebbe essere in noi una forza talmente potente, una luce così splendente, una energia così possente da renderci capaci di dire ad ogni uomo: “Fratello, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Nell’ascolto della verità non vi sono gerarchie ascendenti e discendenti. Come un Papa, un Cardinale, un Vescovo, un Presbitero, un Diacono, un Cresimato, in Battezzato hanno il mandato di dire a chi è da essi governato: “Fratello, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Lo stesso principio vale in senso inverso. Ogni Battezzato dovrebbe essere capace di dire ad un Cresimato, un Diacono, un Presbitero, un Vescovo, un Papa: “Fratello, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

La verità non è un frutto che nasce dal cuore dell’uomo. Essa è vera sapienza e saggezza ispirata dallo Spirito Santo e ogni uomo, in ogni istante, può essere fatto dallo Spirito Santo sua voce per dire al mondo intero, anche alle persone più elevate in ministero e in responsabilità: “Fratello, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Quando non siamo noi cristiani capaci di essere vera voce dello Spirito Santo, lo Spirito Santo sceglie altre voci, queste però sono più drastiche, più dure, più dolorose. Sono la voce della persecuzione, della critica aspra e dura, delle insinuazioni, del pettegolezzo, della satira, dell’ironia, del dileggio. Anche queste sono voci dello Spirito che dobbiamo sapere ascoltare per la nostra conversione piena alla verità. Sono voci dure, distruttrici, demolitrici della nostra falsità. Viene dichiarato non santo il nostro mondo. Ci viene detto che esso non parla più. È muto. Tace. Non è più luce.

Tutto ciò che accade è voce potente dello Spirito Santo che ci dice: “Amico, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Tu non stai procedendo sulle vie della verità, ma della falsità. Tu non stai cercando la gloria di Dio, ma la tua propria esaltazione. Tu hai dimenticato il Vangelo, ti vergogni di esso e al suo posto hai innalzato la tua mente come vitello d’oro da adorare e verso la quale prostrati. Tu sei di scandalo al mondo”. Non viene detto in modo diretto, ma indiretto. Non con parole chiare, ma elaborate. Non con un discorso fatto di sole parole, spesso anche di opere. A noi la grande umiltà di discernere e valutare ogni parola perché si riconosca in essa la voce dello Spirito Santo. Dio mai smette di parlarci. Sempre ci corregge e ci ammonisce. Sempre turba la nostra quiete. Sempre ci invita alla conversione.

Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,27-38).

Pensare secondo gli uomini è assai facile. Pensare secondo Dio è difficile. Se non abbiamo una persona come Gesù, che con infinito amore, grande pazienza, forza di Spirito Santo, che viene, ci afferra, ci parla con fermezza, siamo perduti. Ci inoltriamo per sentieri di idolatria e di empietà e soccombiamo al potere delle tenebre. Ognuno di noi dovrebbe essere come Gesù per ogni suo fratello. Quando parliamo male, critichiamo, sparliamo alle spalle è segno che lo Spirito del Signore non è in noi e neanche la forza della verità è in noi. Gesù vuole invece che il fratello sia corretto con grande amore, grande fermezza, grande autorevolezza. Non perché abbia ferito noi, ma perché non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini. Verità e Spirito Santo devono crescere in noi. La forza è dono dello Spirito del Signore. Ma anche la verità è un suo dono. Sapere discernere la verità dalla falsità è anche suo dono. Si cresce nello Spirito, ci si ricolma dei suoi doni, si diviene capaci di grande amorevolezza e fermezza nella correzione. Mai la correzione deve uscire dal nostro cuore. Deve sgorgare dal cuore dello Spirito del Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci voce dello Spirito Santo.

18 Maggio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti

È giusto chiedersi: “Quali sono le modalità attraverso le quali il Signore parla all’uomo?”. Ai tempi di Adamo ed Eva, parlò con la morte di Abele. Ai tempi di Noè con il diluvio universale. Ai tempi di Abramo con la distruzione di Sodoma e Gomorra. Ai tempi di Mosè al Faraone parlò con dieci portentosi segni, ai figli di Israele facendo attraverso loro un deserto senza vita. Se leggiamo la Sacra Scrittura, noteremo che il Signore non ha un linguaggio unico. Dio parla molte volte e in diversi modi. Il suo è però sempre un linguaggio efficace.

Per convincere Giobbe di questa verità, Eliu di Barachele, dice: “Dio può parlare in un modo o in un altro, ma non vi si presta attenzione. Nel sogno, nella visione notturna, quando cade il torpore sugli uomini, nel sonno sul giaciglio, allora apre l’orecchio degli uomini e per la loro correzione li spaventa, per distogliere l’uomo dal suo operato e tenerlo lontano dall’orgoglio, per preservare la sua anima dalla fossa e la sua vita dal canale infernale. Talvolta egli lo corregge con dolori nel suo letto e con la tortura continua delle ossa. Il pane gli provoca nausea, gli ripugnano anche i cibi più squisiti, dimagrisce a vista d’occhio e le ossa, che prima non si vedevano, spuntano fuori, la sua anima si avvicina alla fossa e la sua vita a coloro che infliggono la morte” (Gb 33,14-22). Anche ai nostri giorno il Signore sta parlano diverse volte e in diversi modi, ma l‘uomo come sempre è sordo alla voce del suo Dio.

Anche la crisi morale, sociale, economica, politica, finanziaria è voce attraverso la quale il Signore ci sta parlando. Ma noi cosa facciamo? Anziché metterci in umiltà, prostrarci dinanzi a Lui, confessare la nostra empietà e idolatria, anziché convertirci con tutto il cuore, facendo ritorno nella sua casa, aumentiamo il nostro distacco da lui, anche attraverso leggi che sono la negazione finanche della nostra verità naturale. Quale altro linguaggio dovrà usare con noi il Signore? Un altro diluvio universale? Dovrà fare scendere fuoco e zolfo sulla nostre città per ridurle in macerie? Dovrà annientarci con guerre, rivoluzioni, agitazioni di popoli che sempre generano fiumi di sangue versato? Con quale sua parola oggi il Signore dovrà parlarci perché noi lo ascoltiamo, ci ravvediamo, ritorniamo a Lui? Con la peste, la spada, la carestia, la fame, la sete, la strage, il fuoco, lo sterminio di massa? Una cosa è certa: il Signore non smetterà di parlarci, perché Lui vuole la conversione dell’uomo e la sottomissione alla sua volontà.

I discepoli di Gesù sono duri d’orecchio. Non riescono ad entrare nella verità del suo mistero di morte e di risurrezione. Tutte le parole sono inadeguate, incomprensibili. Gesù, sul Monte parla loro il linguaggio della Trasfigurazione, della testimonianza della Legge e dei Profeti, della nube e della voce tonante del Padre. È una parola potentissima che non lascia indifferenti.

Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza». Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui» (Mc 9,1-13).

Alla Chiesa Cristo ha affidato il ministero della parola. Come il Padre celeste, come Cristo Gesù, essa è obbligata a servirsi ogni giorno di nuovi linguaggi per parlare all’uomo. Non si tratta però di inventare linguaggi artificiali, costruiti a tavolino, pensati scientificamente, imposti al credente senza averne sperimentato l’efficacia. I linguaggi nuovi deve suggerirli lo Spirito Santo. Sono i linguaggi dei Santi che si succedono sulla nostra storia. Sono essi il nuovo linguaggio dello Spirito di Dio attraverso il quale il Signore vuole oggi e sempre parlare all’uomo. Il linguaggio dei Santi è sempre efficace perché frutto della carità e della sapienza di Dio, frutto del suo grande amore di salvezza e di redenzione per tutti i suoi figli.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il linguaggio nuovo di Dio.

25 Maggio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi?

Ascoltando alcune risposta di Gesù, può apparire che Gesù sia annoiato, infastidito, quasi tediato, stancato dalle richieste di miracoli della gente. Smentiamo subito questa “apparenza” dicendo che Gesù mai si è stancato di amare l’uomo. Il suo amore per noi è sempre nuovo, sempre fresco, sempre perfetto, sempre puro, sempre santo, sempre vissuto nella sua più altissima verità, carità, giustizia, misericordia, pietà. Se il suo amore è sempre purissimo, cosa allora fa reagire Gesù con queste espressioni forti che potrebbe indurci a pensare come se lui fosse infastidito dalle nostre richieste e dal nostro modo di rivolgerci a Lui?

Gesù è lo “strumento” purissimo della nostra salvezza. Lui vuole essere solo questo “strumento” e chiede ad ogni uomo che lo veda, lo accolga, vada da Lui perché si lasci salvare, redimere, condurre nella verità. Trasformare Cristo Gesù da “strumento” di vera salvezza in un operatore di miracoli per il corpo e solo per esso, è cosa che Lui mai potrà tollerare e lo dice con veemenza, fortezza: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?». Gesù si vede costretto a servire l’incredulità. Questo servizio lo ferisce nel cuore, nell’anima, nello spirito. È un servizio contrario alla sua missione che è tutto finalizzato a creare la vera fede nel Padre suo, mediante la sua opera di amore.

Oggi questo pericolo non per nulla scomparso. Molti “ministri del Vangelo” da “strumenti” della più pura fede vengono trasformati, loro malgrado, consciamente o inconsciamente, in servi della superstizione, magia, idolatria, empietà, ogni altra cosa che contrasta potentemente con il primo comandamento. Diventano servi della tenebre e non più della luce. Amministrano il peccato dell’uomo e non più la grazia di Dio. Sono trasformati dal mondo della subcultura religiosa a fungere da sacerdoti della sua religione. Gesù mai è caduto in questa trappola. Mai si è lasciato condizionare dall’incredulità. Sempre a gridato che la sua missione è ben altra cosa. Chiarita la sua verità, per grande compassione, misericordia, amore ha sempre operato il miracolo. Glielo comandava l’amore, la carità, la compassione, la pietà verso un uomo ancora intonso nelle cose della fede, ancora assai lontano dalla vera conoscenza del suo Dio.

E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mc 9,14-29).

Gesù non baratta la sua verità per acquisire la gloria degli uomini, per essere da loro stimato, esaltato, celebrato, osannato. Neanche la mette in commercio per acquisire discepoli dietro di sé. Non sarebbero discepoli, ma solo questuanti di un qualche beneficio immediato, di una qualche consolazione o guarigione. Dinanzi alla verità della sua missione Gesù non cede neanche di una virgola. È disposto ad iniziare daccapo anziché rischiare di vanificare il ministero per cui il Padre lo ha inviato sulla nostra terra. Questa fermezza Gesù chiede ad ogni suo inviato, che in Lui, con Lui, per Lui, esercita il ministero della verità, della grazia, della vita eterna, del dono dello Spirito Santo. La tentazione, sottile e suadente, sta sempre in agguato, sempre pronta a sconvolgere menti e cuori, a suggerire vie non di Dio per il servizio da Lui affidatoci. A noi la responsabilità di non cadere in essa. A noi l’obbligo di riprenderci in mano il nostro ministero per svolgerlo nella sua più alta verità. È un obbligo che mai viene meno.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità del nostro ministero.

01 Giugno 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti

Se solo vivessimo questa regola data da Gesù ai suoi apostoli, i benefici sarebbe immensi! La Chiesa sarebbe vera presenza del Cielo sulla nostra terra. Non vi sarebbero gelosie, invidie, vendita e compera di ministeri o di altre mansioni. Assisteremmo ad una gara al contrario. Anziché ognuno studiare notte e giorno come spodestare l’altro, renderlo non credibile, elogiare falsamente il proprio candidato, fare delle cordate per imporsi ad ogni costo, addirittura pagare perché le carte scompaiano e al loro posto altre vengano inserite, e mille altre cose ignobili, indegne di un credente in Cristo Gesù, vedremmo i discepoli di Gesù lottare nello stimarsi a vicenda ed ognuno ritenere l’altro più meritevole, più degno, più preparato, più capace, volendo tutti non essere privati dell’ultimo posto, che è quello che il Padre dei Cieli ha loro assegnato. Vedremmo una comunità nella quale regna il vero amore.

Quando il desiderio, la bramosia, la superbia, l’invidia, la gelosia distruggono l’armonia nella comunità, perché non si sceglie per mozione dello Spirito Santo, è allora che sorgono inimicizie, contese, divisioni, vendette, parole vane, giudizi, calunnie, addirittura false testimonianze, attesa di rivincita, volontà che il conto venga saldato. È allora che spunta fuori con vergognosa stoltezza e stupidità quella insana diplomazia della doppia faccia: ci si fa belli davanti con promesse allettanti, con parole di stima e di lode e poi dietro le spalle la persona viene pugnalata. Altre volte per pregiudizio, perpetrata denigrazione divenuta nel cuore verità immutabile, si stroncano le gambe e si chiude ogni porta perché quanti da noi sono ritenuti nostri avversari o nemici o semplicemente non alleati vengano relegati nei ghetti della storia.

È in questi momenti che il vero uomo di Dio gioisce ed esulta, vedendo la mano del Signore che lavora ottimamente per lui. L’uomo di Dio vede il Signore che per mezzo del peccato dell’uomo gli ostruisce la strada perché solo dall’ultimo posto potrà servire bene il Vangelo e dare al mondo quella luce di umiltà e di carità necessarie perché la vera fede cominci a mettere radici in moliti cuori. Senza questa visione di fede si ci perde, si viene meno nella fede che vuole che nella nostra vita vediamo sempre Dio che lavora per noi, mai l’uomo, anche se si serve del peccato dell’uomo per realizzare il suo progetto di amore e di verità. Il peccato è e rimane sempre peccato, però di esso si serve il Signore perché i suoi figli costruiscano il suo regno sulla terra. È questa una visione di fede difficile da mettere nel cuore, ma essa è la sola che ci permette di amare la Chiesa e si servirla facendoci sommergere e annullare anche dal suo peccato. Ma Gesù non è stato cancellato fisicamente dal peccato del suo popolo?

Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi (Mc 9,30-40).

Solo Dio è capace, nella sua divina ed eterna saggezza, far coesistere due contrari e trarre vita da questo contrasto insanabile. Peccato e realizzazione delle volontà di Dio sono contrari inconciliabili. La volontà di Dio non è peccato. Il peccato non è volontà di Dio. Eppure nel peccato dell’uomo, il più temendo e il più assurdo, si è realizzato il mistero della redenzione. Nella cattiveria, nel pregiudizio, nella falsa testimonianza, nella malvagità dell’uomo si compie il mistero della vita. Solo Dio è capace di operare l’esaltazione del contrario. Solo lui sa come trarre vita dalla morte inferta al suo Figlio Unigenito dal peccato e dalla malvagità degli uomini. Questa fede in Dio è necessaria per conservarsi sempre nell’amore e anche per offrire la vita per coloro che operano contro di noi. Questa fede si fonda su un solo principio: il Signore di certo trarrà dalla nostra morte fisica o sociale o ecclesiale il più grande bene per la salvezza dei suoi figli e molto di più per la santificazione di colui che il male subisce. La morte di Gesù, frutto del peccato dell’uomo, vissuta da Lui in pienezza di carità, fede, obbedienza, speranza non ha forse prodotto come frutto la salvezza del mondo? Dio così agisce e così opera.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci questo purissimo sguardo di fede.

08 Giugno 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri

Il mondo di oggi è privo di sapienza, manca di intelligenza, è carente di vera saggezza. Vive in un errore, in una falsità che giorno per giorno lo conduce alla morte. Il mondo di oggi è fortemente convinto che ad esso basti la sua scienza: scienza economica, politica, sociale, psicologica, amministrativa, finanziaria, medica, antropologica, psichiatrica. Pensa che sia sufficiente la conoscenza scientifica del creato nel quale è posto a vivere.

Questo mondo è così stolto ed insipiente da non comprende che ogni scienza senza la sapienza è nullità, morte, inutilità dannosa. È la sapienza che dona la sua verità alla scienza. È l’intelligenza e la saggezza che conferiscono la luce perché la scienza venga usata per il bene dell’uomo e non per il suo male. Sapienza, intelligenza, saggezza, luce, lungimiranza, capacità di vedere i frutti appena si pianta un albero, sono un purissimo dono di Dio.

Se l’uomo si esclude da Dio diviene in tutto simile ad un’aquila posta sotto vuoto spinto. Oppure ad un grande cetaceo che si spiaggia, esce dalle acque della vita. Se l’uomo non ritorna ad essere del suo Dio, mai potrà essere di se stesso. È Dio che dona l’uomo a se stesso e agli altri secondo purissima verità, in pienezza di saggezza e di intelligenza. Possedere la scienza senza la sapienza è morte, solo morte. Possedere la scienza ma senza lo spirito della profezia che gli fa vedere in realtà e non secondo immaginazione i frutti della sua scienza è creazione di grande miseria, immensa povertà, delusione e perdita di ogni speranza.

Questa verità si applica sia alla scienza teologica che a quella cosiddetta profana, anche se nulla è profano per il Signore. Un progetto pastorale scientifico, ma privo di sapienza e di intelligenza, a nulla serve. Crea soltanto ansia, panico, terrore psicologico, inquietudine, malcontento, perché non vi potranno mai essere frutti. Il suo inventore è scientifico, ma non sapiente. Immagina, ma non è profeta. Vede con gli occhi del corpo, ma non dello spirito. Se vedesse da profeta, con gli occhi dello spirito, saprebbe che il suo progetto è legato il fallimento.

Così dicasi anche per la scienza economica, politica, amministrativa, giudiziaria, finanziaria, ogni scibile che la mente umana conosce, ha conosciuto, conoscerà. Se ad essa non si unisce la sapienza, a nulla serve. Ogni giorno si scrivono leggi, regole, norme, decreti. A che servono? A nulla. Manca di saggezza chi li scrive. Manca di saggezza chi li interpreta. Manca di saggezza chi li applica. Manca di saggezza chi li corregge, perché li ritieni inutili o dannosi. Questa è la grande povertà dell’uomo di oggi: la totale mancanza in lui di vera saggezza, vera intelligenza, vera sapienza. Manca del sale della verità delle cose che fa. Ora questo sale è un purissimo dono del Signore, che viene a noi per mezzo del suo Santo Spirito.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri» (Mc 9,41-50).

Sarebbe sufficiente che tutti avessimo un po’ più di sale per dare un nuovo volto alla nostra storia. Ci stiamo tutti trasformando in macchine impazzite. Anche nella Chiesa questo rischio si respira. Anche noi ci stiamo trasformando in macchine teologiche, macchine pastorali, macchine organizzative, macchine della carità, macchine, solo macchine perché privi della vera sapienza e saggezza. Macchine liturgiche e macchine di alta burocrazia. Manca il cuore, perché manca la sapienza. Manca lo spirito, perché manca l‘intelligenza. Manca l’anima perché manca la saggezza. Manca l’essenza perché manca Dio nella nostra vita. Siamo tutti dei funzionari trasformati in macchine. Siamo macchine perché senza Dio. Lo abbiamo estromesso dal nostro mondo e ci siamo espropriati della nostra umanità. Siamo macchine disumane. Siamo macchine che lavorano con altre macchine, in un sistema nel quale non vi è più spazio per lo spirito. Se uno solo si dovesse azzardare a inserire il suo spirito in questo caos di macchine, tutto il sistema si smarrirebbe. Lo spirito per il mondo della macchine è un vero virus che manda in tilt tutto il sistema. Anche le buone intenzioni si fermano dinanzi alle macchine.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci sapienza, intelligenza, saggezza.

15 Giugno 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Li fece maschio e femmina

Dio non ha creato l’uomo monosessuale, ermafrodita, bisessuale. Ha creato un maschio e una femmina, con un fine particolare: essere nella creazione, sulla terra, i continuatori della vita. Il Signore ha deciso di dare la vita umana attraverso di essi, che ne divengono i procreatori, cioè i creatori a posto di Dio. Creano dal vita non attraverso la sola unione dei loro corpi, bensì attraverso la formazione di una sola carne. Divengono un uomo e una donna una sola carne indivisibile, inseparabile, divengono un solo alito di vita e dalla loro vita che si comunicano in questo atto di unità perenne nasce sulla terra una nuova vita.

Tra l’uomo e l’animale vi però una differenza sostanziale, unica, che fa sì che mai si possa parlare di evoluzionismo puro per il genere umano. La parte spirituale dell’uomo, l’anima, che è immortale, è creata direttamente da Dio al momento del concepimento. È in questo istante che nasce la nuova vita ed è perfettamente vita umana, con i suoi particolari diritti. Il primo diritto è il rispetto alla vita. I genitori sono i custodi di questa vita, non i padroni. Devono alimentarla con la loro vita, fino a che non giunga alla condizione di potersi governare da se stessa, formando un’altra famiglia e divenendo a sua volta generatrice di altre vite.

Questa duplice specifica essenza, maschio – femmina, con vocazione alla procreazione della vita dalla propria vita, oggi è fortemente messa in crisi dal pensiero ateo, idolatra, empio. L’uomo non è più visto in un disegno soprannaturale, divino, con una vocazione al dono della vita, bensì in un godimento egoistico della sua esistenza, sganciata e in assoluta autonomia da ogni legame ad una volontà che non sia la sua. Da questa visione atea, idolatra, empia della vita, nascono tutte quelle deviazioni sessuali che oggi si vuole stabilire come norma di sana e vera sessualità attraverso la legislazione umana: matrimoni tra persone dello stesso sesso, unioni di fatto, unioni a tempo, unioni ad esperimento, divorzio, aborto, fecondazione omologa fuori e senza l’unione fisica dei corpi, fecondazione eterologa con seme prestato o comprato da altri corpi, interscambio tre le coppie, libere unioni, unioni fuori di ogni rapporto stabile, unioni occasionali, rapporti prematrimoniali, contraccettivi di ogni genere, fino alla mutilazione fisica.

È questo uno scontro non tanto tra fede e non fede, tra credenza e non credenza, è in se stesso uno scontro umano, sulla natura stessa dell’uomo. È la visione dell’uomo che oggi è fortemente messa in crisi. L’uomo è solo desiderio da soddisfare oppure è qualcosa in più? È una pura macchina che nel tempo deve dare sfogo ad ogni sua passione o in lui regna qualcosa di profondamente più alto, profondo, meno marginale di quanto si vuole far credere? Quale uomo vogliamo costruire: quello puro istinto, che poi uccide, ruba, inganna, adultera, uccide i figli, la moglie, il marito, oppure un uomo che sa governare se stesso secondo principi di verità e di giustizia che non dipendono dalla sua volontà e ai quali lui è obbligato per natura?

Partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio» (Mc 10,1-12).

In tutta questa confusione e crisi di verità che inevitabilmente si trasforma in crisi di moralità, ciò che è triste, molto triste è la constatazione che chi non crede più sono proprio i cristiani. Sono i discepoli di Gesù che hanno abbandonato la via della retta fede, fondata sulla sua Parola. è il rapporto con Cristo che si è incrinato, rotto. Se non si recupera la giusta relazione con Gesù Signore, se non si crede nella sua Parola, se non si accoglie la sua verità, è il segno che si è venuti meno nelle regole del vero discepolato. Siamo discepoli di noi stessi e non più del Maestro Divino. Siamo ascoltatori del nostro cuore e non più del suo. Siamo coltivatori di immanentismo e non più di purissima trascendenza. La vera crisi non è morale, non è sociale. Essa è crisi cristologica. Se è crisi cristologica, è necessariamente crisi ecclesiale. O si interviene su questo vero versante della crisi, o curiamo alla leggere il male che sta uccidendo il mondo. Possiamo dare anche dei contentini, ma non servono a nulla. La crisi rimane.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci Cristo e la fede purissima in Lui.

22 Giugno 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino

“Accogliere” è azione essenziale per essere vero Regno di Dio. Cosa si deve accogliere? Chi deve essere accolto? Come si deve accogliere? Quando? Dove? Perché? Leggiamo quanto ci insegna il Nuovo Testamento e a tutte questi interrogativi sarà data chiara risposta .

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato (Mt 10, 40). Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto (Mt 10, 41). Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia (Mt 13, 20). E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me (Mt 18, 5). “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato” (Mc 9, 37). In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso” (Mc 10, 15). “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande” (Lc 9, 48). In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà” (Lc 18, 17). Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno (Gv 12, 48). In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” (Gv 13, 20). Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14, 21).

E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio (2Cor 6, 1). Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone per cooperare alla diffusione della verità (3Gv 1, 8). Ho scritto qualche parola alla Chiesa ma Diòtrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole accogliere (3Gv 1, 9).

In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza (Gv 3, 11). Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni (Rm 14, 1). Ve lo raccomando, fratelli: accogliete questa parola di esortazione; proprio per questo vi ho scritto brevemente (Eb 13, 22).

Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime (Gc 1, 21).

Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio (Rm 15, 7).

La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1, 5).

Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l’accolgono con gioia (Mc 4, 16). Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno” (Mc 4, 20). Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno (Lc 8, 13). Quanto a coloro che non vi accolgono, nell’uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi” (Lc 9, 5).

Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini ma, come è veramente, parola di Dio, che opera in voi, che credete (1Ts 2, 13). Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io (1Tm 1, 15). Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui (Lc 8, 40). Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1, 11). A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome (Gv 1, 12). Egli dev’esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti (At 3, 21). Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni (At 8, 14). Gli apostoli e i fratelli che stavano nella Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio (At 11, 1). Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto (Rm 14, 3). E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione (2Cor 7, 15). Egli infatti ha accolto il mio invito e ancor più pieno di zelo è partito spontaneamente per venire da voi (2Cor 8, 17). E quella che nella mia carne era per voi una prova non l’avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù (Gal 4, 14). E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione (1Ts 1, 6). e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi (2Ts 2, 10). Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl’increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori (Eb 11, 31).

Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo (Eb 13, 2). Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te (Ap 3, 3).

Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui (At 28, 30).

Perciò uscite di mezzo a loro e riparatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò (2Cor 6, 17). Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi (Lc 10, 8). Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite… (Lc 10, 10).

Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa (Gv 4, 45). Allora quelli che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone (At 2, 41). Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così (At 17, 11). Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente (At 21, 17). Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo (At 28, 2).

L’accoglienza non è una relazione di pura immanenza. Da uomo a uomo. Da uomo ricco che può dare qualcosa all’uomo povero. Nella pura immanenza non vi è salvezza. Neanche l’accoglienza è una relazione a senso unico. Vado, chiedo, ricevo quello che chiedo, me ne vado. Questa non è accoglienza evangelica. L’accoglienza evangelica è azione di purissima trascendenza. È immersione nella trascendenza. È trasformazione in essa.

La vera accoglienza necessità di una vera mediazione. Nella persona del vero mediatore si incontrano due persone. Quella che si dona per essere accolta e quella che accoglie la persona che si dona. La vera accoglienza è pertanto non tra una persona e una cosa, un bene deperibile, necessario, urgente. Essa è invece tra una persona e un’altra. Il mediatore funge solo da ponte. Non è lui il donante. Non è Lui l’accolto. Lui dona Cristo, la sua Parola, la sua verità, la sua grazia, il suo amore, la sua carità, anche la sua elemosina, elemosina di Cristo si intende, e l’altro accoglie Cristo per consegnarsi tutto a Cristo.

È sommamente deleterio trasformare l’accoglienza in un cosa, anche se necessaria, urgente, vitale. L’accoglienza è tra due persone: Cristo e ogni uomo. È Cristo che deve essere accolto nella pienezza della sua verità, della sua grazia, della sua Parola, del suo Vangelo. Il Cristo accolto accoglie noi e ci inserisce nel suo mistero. Diveniamo con lui un solo mistero, una sola verità, una sola grazia, un solo dono di vita eterna.

Oggi questa accoglienza è rifiutata. Da più parti si grida che la Chiesa deve essere comunità accogliente. Questo è senz’altro vero. Ma bisogna gridare con altrettanta forza che è la Chiesa che deve essere accolta nella pienezza del suo mistero. Se la Chiesa semplicemente accogliesse senza essere accolta, la sua opera non sarebbe evangelicamente corretta. La Chiesa accoglie per essere accolta. Il fine è l’accoglienza della Chiesa nel cuore di tutti. È dall’accoglienza della Chiesa che si accoglie Cristo, accolto Cristo, si accoglie il Padre, accolto il Padre si accoglie ogni altro uomo secondo la volontà dl Padre.

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro (Mc 10,13-16).

L’accoglienza vissuta dalla Chiesa ha un solo fine: far sì che Cristo venga accolto nel cuore di ogni uomo. È dall’accoglienza di Cristo che nasce la vita per l’uomo. Se Cristo non è accolto, non vi è vita eterna. Se la Chiesa non dona Cristo non fa opera di vera accoglienza. Fa solo elemosina alla gente di materia deperibile non essenziale. È Cristo l’essenziale di ogni cuore. La Chiesa possiede questa altissima responsabilità nel suo seno: lasciarsi accogliere dall’uomo perché l’uomo possa accogliere il suo Salvatore, il suo Signore, il suo Redentore, il suo Dio. Se questo fine viene smarrito, l’accoglienza diviene un fatto di pura immanenza. Non è accoglienza evangelica, perché non è opera di purissima trascendenza. Manca l’accoglienza di Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri accoglienti di Gesù Signore.

29 Giugno 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato

Gesù non si lascia mai irretire dai pensieri degli uomini. Neanche dalle loro idee religiose si lascia tentare. Lui è sempre dalla divina verità del Padre suo. Per questo Lui è venuto: non per narcotizzare l’uomo e per abbandonarlo al suo peccato, ma per illuminarlo con la potente luce della verità di Dio e colmarlo della sua grazia che rigenera, rinnova, eleva, santifica, lo rimette nella sua verità di origine, anzi in una verità ancora più grande e mirabile.

È giusto allora che ci poniamo una domanda: perché questa abissale differenza di azione, valutazione, cuore, mente tra noi e Gesù Signore? Perché Gesù vede l’uomo sempre dal Padre e noi lo vediamo perennemente dal suo peccato? Perché Gesù muore per dare verità all’uomo mentre noi spesso moriamo alla verità per falsa compassione verso l’uomo? Perché Gesù possiede una fortezza, una fermezza, una risolutezza tale da non permettere che alcun equivoco si insinui nella mente, mentre noi con gli equivoci giochiamo, li favoriamo e li incrementiamo? La differenza tra noi è Gesù sta nella diversa comunione nello Spirito Santo.

Gesù è tutto inondato di Spirito Santo. Questa “inondazione” fa sì che tra il suo cuore e il cuore del Padre vi sia sempre perfetta identità. Gesù vuole ciò che vuole il Padre, ama ciò che ama il Padre, dice ciò che dice il Padre. Noi invece avendo poco Spirito Santo, conosciamo poco il cuore del Padre e di conseguenza diciamo, vogliamo, amiamo dal nostro cuore. Sostituendo il cuore di Dio con il nostro, si spiega il perché di tante nostre scelte scellerate, immorali, amorali. Si spiega anche il modo di relazionarci con il mondo contrario a Dio, quasi stessimo lì a giustificarlo, donandogli diritto di cittadinanza nella nostra fede. Gesù al giovane ricco parla chiaro: i tuoi beni non ti salvano. Essi un giorno ti costringeranno ad abbandonare Dio.

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi» (Mc 10,17-31).

Per questo giovane il Padre ha un disegno speciale, particolare. Lui lo ha rifiutato. Se ne è andato. Gesù lo lascia andare. Non lo trattiene. Non lo convince. Il Padre suo non ha più bisogno di lui e neanche Gesù ne ha bisogno. Lui è uscito dal cuore del Padre, perché si è posto fuori della sua volontà ed anche dal cuore di Gesù è uscito. Come il Padre prima lo aveva posto al centro del suo cuore e del cuore di Cristo, ora lo toglie dal suo cuore e da quello di Gesù. Quest’uomo è abbandonato a se stesso. Ha scelto i suoi beni, che vada da essi. Questa fortezza di Spirito Santo manca a noi. Il Padre mette nel cuore e il Padre toglie. Se siamo nello Spirito Santo, quando il Padre mette, noi accogliamo, quando il Padre toglie, noi togliamo. Se invece non siamo nello Spirito Santo, il Padre toglie e noi mettiamo, il Padre mette e noi togliamo. Cristo Gesù invece è questa purissima obbedienza al Padre suo, in ogni cosa. Una comunità, un cristiano povero di Spirito Santo sempre vive di questa confusione morale e spirituale. Urge allora che tutti cresciamo nello Spirito del Signore, perché con Lui forte, vivo, potente dentro di noi, possiamo perennemente essere in comunione di verità, grazia, misericordia con il Padre nostro celeste. Per carenza di crescita nello Spirito del Signore tutta la nostra pastorale soffre. Essa verrà sempre operata dal nostro cuore, e non invece dal cuore del Padre, il solo che è per noi la fonte, la sorgente non solo della verità da annunziare, ma anche della misericordia con la quale amare i nostri fratelli.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rendeteci forti nello Spirito Santo di Dio.

06 Luglio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Voi non sapete quello che chiedete

Ogni uomo parla dal suo cuore, chiede dai suoi desideri, prega dalla sua concupiscenza, ama dalla sua superbia e invidia, si relaziona dalla sua falsità. Per cambiare parola, desideri, preghiera, amore, relazione necessariamente si deve cambiare natura. Un cane pensa da cane, un pesce vede da pesce, un’aquila agisce da aquila. Un uomo di peccato opera da uomo di peccato, mentre un uomo spirituale agisce da uomo spirituale. Finché l’uomo resta carnale, da uomo carnale penserà, agirà, si relazionerà, opererà. Tutto è della natura.

Gesù pensa ed agisce da uomo spirituale, tutto immerso nel Padre, tutto avvolto di Spirito Santo. La differenza tra noi e Lui è in tutto simile ad un ferro immerso nel ghiaccio ed un altro immerso fuoco della fucina con il venticello che dona ossigeno al carbone che a sua volta rende il ferro incandescente, lo trasforma in ferro di fuoco. Noi siamo ferro immerso nel ghiaccio della nostra natura umana di peccato. Lui invece è ferro immerso nel fuoco divino del Padre e dello Spirito Santo. Lui per questo è venuto: per darci il Padre e lo Spirito Santo, perché anche noi immersi in loro, per la sua mediazione di grazia e di verità, diventiamo a nostra volta ferro di fuoco, ferro malleabile, trasformabile, capace di assumere nuova forma e nuova vita. Gli Apostoli, ferro immerso nel ghiaccio, non comprendono Cristo, ferro immerso nel fuoco divino.

Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». (Mc 10,32-45).

Neanche gli Apostoli si comprendono tra di loro. Tra ferri immersi nel ghiaccio mai ci si potrà comprendere. Ognuno indurisce sempre di più. Non c’è comunione né di pensiero, né di volontà. Vedono nella richiesta dei due discepoli un attentato alla loro dignità. Anch’essi sono capaci di essere all’altezza della situazione, anch’essi possono stare alla destra e alla sinistra di Gesù. È la guerra. Tra ferri immersi nel ghiaccio sempre vi sarà guerra. Nessuno si illuda. La guerra finisce solo quando uno diviene ferro immerso nel fuoco. È in quel momento che da uomo superbo, duro, più duro degli altri, diviene persona umile, mite, arrendevole, sa prendere l’ultimo posto, si mette da parte perché reputa gli altri superiori, più capaci, più abili, più esperti.

Gesù non lavora per il presente. È questo il nostro peccato ed è il segno che ancora noi non siamo perfettamente ferro nel fuoco divino. Gesù lavora per il futuro, mettendovi solide fondamenta ci verità, di sapienza, di perfetta giustizia. Lavora per quando i suoi apostoli diventeranno anche loro ferro immerso nel fuoco del Padre e dello Spirito Santo. Ma questo avverrà dopo la sua morte e la sua risurrezione. Avverrà quando Lui dalla croce verserà il fuoco divino dello Spirito Santo nel quale dovranno essere immersi i suoi discepoli. Allora comprenderanno ogni parola del Maestro, ogni suo gesto, ogni suo insegnamento. Lo comprenderanno perché lo Spirito del Signore lo ricorderà loro nella più pura e santa verità. È questo il nostro compito quotidiano: trasformarci ogni giorno di più in ferro incandescente. Da ferro incandescente ammaestrare il mondo intero. Mentre si diventa ferro incandescente ci si avvia verso la croce, luogo della nostra trasformazione in purissimo fuoco, in modo che dal nostro fuoco purissimo sgorga tanto Spirito Santo da trasformare in fuoco ogni ferro da noi formato nella conoscenza della verità di Gesù Signore. È questa la via della salvezza dell’uomo. Chi non percorre questa via, lavora invano. Il ferro rimarrà sempre nel ghiaccio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci sempre nel fuoco divino.

13 Luglio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Gettato via il suo mantello

Ogni racconto evangelico è ricco di particolari. Ognuno di essi è carico di significati. Colti sotto la potente guida dello Spirito Santo, possono aiutarci a leggere il mistero della nostra vita al fine di dare ad essa un significato nuovo, una nuova spinta con più profondità di fede. Nel racconto di oggi è detto che: “Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. Il particolare sul quale ci vogliamo soffermare è sul gesto del cieco che getta via il suo mantello, balza in piedi e viene da Gesù. Sono tre particolari significativi: gettare, balzare, venire.

Tra la chiamata e l’incontro molti agiscono come se il tempo non esistesse. È il motivo per cui nella relazione con Gesù tutto si ferma, tutto si blocca, tutto si rimanda, tutto si posticipa, tutto si rinvia a tempo indeterminato. Non si ha il coraggio di gettare via tutto ciò che intralcia in qualche modo il nostro cammino. Questa verità è conosciuta e annunziata dalla Lettera agli Ebrei.

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli! Del resto noi abbiamo avuto come educatori i nostri padri terreni e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre celeste, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità. Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire (Eb 12,1-12).

Noi non abbiamo un solo mantello che ci trattiene, ci rallenta. I nostri mantelli sono vere scarpe di piombo che impediscono ogni cammino verso Gesù Signore. Scarpe di piombo sono i vizi, i peccati, l’insipienza che ci governa, l’idolatria che ci domina, la superstizione che ci consuma. Se non gettiamo via queste cose, Cristo mai sarà raggiunto da noi e resteremo nella nostra cecità naturale e acquisita. Il cristiano se vuole giungere fino a Gesù deve gettare via questi molteplici mantelli. Deve togliersi queste scarpe di piombo. Deve avere la leggerezza delle virtù.

E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada (Mc 10,46-51).

Una volta che ci si sbarazza di ciò che impedisce di camminare, occorre anche balzare, scattare. Non si può andare da Gesù a passi lenti. Urge correre. Solo chi corre lo raggiunge, chi non corre, rimane indietro oppure si incontra con Gesù fuori storia, fuori tempo. Se uno è chiamato al Sacerdozio ministeriale a quindici anni e subito non balza per andare dietro Gesù Signore, se si dovesse decidere dopo i trent’anni, sarebbe sì sacerdote del Dio vivente, ma con quali risultati? Ha ritardo di ben quindici anni e ha sciupato i migliori giorni della sua vita. Se fosse balzato subito in piedi e avesse seguito Gesù i risultati sarebbero ben diversi. È questo il nostro male endemico. Ci avvolgiamo con grande comodità nel mantello dei nostri vizi e ci adagiamo nel nostro luogo di accattonaggio. Sciupiamo il tempo in cose misere, mentre Gesù ci aveva chiamato per dare una nuova direzione, una nuova svolta alla nostra vita. Nella nostra stoltezza pensiamo che stare a mendicare è più utile per il nostro oggi anziché recuperare il significato della vita e dare ad essa una dignità nuova, perfetta, secondo Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a gettare via i nostri mantelli.

20 Luglio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito

In questo brano di Vangelo emerge con ogni chiarezza che uomini e animali sono governati dalla Provvidenza divina. Quando il Signore ha bisogno di una cosa, se la prende, illuminando cuori e menti, perché non vi oppongono alcun rifiuto. Vi è come un’attrazione irresistibile, che spesso si riscontra anche nella vocazione particolare sia quando essa è operata da parte del Signore, sia quando essa viene compiuta da Cristo Gesù.

Senza questa attrazione irresistibile non si comprenderebbe la vocazione di Abramo: “Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan” (Gen 12,1-5)

Neanche la vocazione de discepoli si comprenderebbe: “Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono” (Mt 4,18-22).

Potrei io comprendere la mia vocazione senza questa attrazione irresistibile da parte di Gesù Signore, per opera del suo Santo Spirito? Geremia sentiva la sua vocazione come fuoco che divora, fuoco che non si può contenere: “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile (Cfr. Ger 20,7-18).

Urge una fede forte, grande nella Provvidenza del Padre. Essa avvolge tutta la nostra vita. Se poniamo la nostra vita nelle sue mani, Lui la custodisce, la protegge, la nutre, la salva, la redime, la giustifica, la conduce al suo soprannaturale fine. Oggi Gesù ha bisogno di un asino. Manda i discepoli a prenderlo per lui. Li rassicura sul buon esito della loro missione. Il Padre ha già predisposto ogni cosa. Sarà Lui a convincere i cuori perché permettano a che l’asino venga portato via. Se noi avessimo questa fede, la vita testimonierebbe la presenza di Dio in essa.

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània (Mc 11,1-11).

A Gesù serve un asino e il Padre provvede. Non solo per l’asino, ma per ogni altra cosa sempre il padre provvede. Per Gesù questa legge va dalla nascita nella grotta fino alla sepoltura. Anche per il sepolcro ha pensato la Provvidenza del Padre. Veramente noi siamo gente di poca fede, anzi di fede nulla. Noi pensiamo che il Padre niente possa fare per noi. Invece Lui può tutto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di grande fede nella Provvidenza.

27 Luglio 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!

Nella Scrittura Santa Dio ha sempre parlato al suo popolo attraverso immagini, esempi, simboli, allegorie, mai però con una parola così forte come quella pronunciata da Gesù sull’albero di fico, che era sul cammino che da Betània conduce a Gerusalemme. L’albero è simbolo del popolo del Signore. Su di esso vi sono solo foglie di una religiosità vuota, fuorviante, addirittura idolatrica, spesso anche empia, poiché in essa conviveva il peccato, la trasgressione, la violazione del Comandamento della Legge del Signore. Già dai tempi dei profeti il Signore rimprovera questa commistione di sacro e profano, verità e falsità insieme, pietà e idolatria.

Così dice il Signore: «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la dimora? Tutte queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie – oracolo del Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola. Uno sacrifica un giovenco e poi uccide un uomo, uno immola una pecora e poi strozza un cane, uno presenta un’offerta e poi sangue di porco, uno brucia incenso e poi venera l’iniquità. Costoro hanno scelto le loro vie, essi si dilettano dei loro abomini; anch’io sceglierò la loro sventura e farò piombare su di loro ciò che temono, perché io avevo chiamato e nessuno ha risposto, avevo parlato e nessuno ha udito. Hanno fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco hanno scelto». Ascoltate la parola del Signore, voi che tremate alla sua parola. Hanno detto i vostri fratelli che vi odiano, che vi respingono a causa del mio nome: «Mostri il Signore la sua gloria, perché possiamo vedere la vostra gioia!». Ma essi saranno confusi. Giunge un rumore, un frastuono dalla città, un rumore dal tempio: è la voce del Signore, che dà la ricompensa ai suoi nemici. Prima di provare i dolori, ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio. Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha visto cose come queste? Nasce forse una terra in un giorno, una nazione è generata forse in un istante? Eppure Sion, appena sentiti i dolori, ha partorito i figli. «Io che apro il grembo materno, non farò partorire?», dice il Signore. «Io che faccio generare, chiuderei il seno?», dice il tuo Dio (Is 66,1-9).

Le foglie sono tutte le apparenze create ad arte da capi dei sacerdoti, scribi, farisei, sadducei. Le apparenze sono molte. I frutti inesistenti. Dio non si nutre di foglie, ma di frutti. Lui vuole un albero senza foglie, ma con ricchi frutti, anziché un albero con molte foglie e niente frutti. La parola forte sul suo popolo, simboleggiato da fico, va teologicamente compresa. Finché il popolo del Signore sarà senza Cristo, senza la vera Parola di Dio, non darà né foglie e né frutti. Sarà un albero secco. La gente non si lascerà più ingannare dalle molte foglie. Queste neanche più esisteranno. Se invece Cristo, suo vero albero di vita, sarà accolto attraverso la conversione alla sua Parola, al suo mistero, alla sua Chiesa, allora questo albero innestato nella Chiesa, divenuto Chiesa, produrrà molti frutti. Ma come nuovo albero. L’albero antico è seccato fin dalle radici e mai più diventerà albero verde. Solo innestato in Cristo diventerà albero dai frutti buoni.

La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città (Mc 11,12-19).

Questa stessa legge vale anche per ogni discepolo di Gesù. Non appena ci si separa da Lui, subito il ramo secca. Ma vi è molto di più. Se il ramo non produce, il Padre dei cieli lo taglia e lo getta via. Mentre se porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Questa verità, Gesù la rivela nell’allegoria della vita e dei tralci. Per cui non vi è alcuna differenza nelle modalità di agire del Signore. Non è vi è una preferenza della Chiesa per rapporto all’antico popolo di Dio. Nessuno gode di un trattamento privilegiato. Portiamo frutto, ci pota. Non portiamo frutto, ci taglia. Oggi, non ieri. Dio non fa disuguaglianze e neanche preferenze. Lui dal suo albero, antico e nuovo, vuole frutti di giustizia, verità, equità, santità, altissima moralità evangelica. Se frutti non vengono dati, non vi è alcuna ragione perché si rimanga suo albero. Anche nel Vangelo secondo Luca viene espressa la stessa verità. Il Padrone decide di tagliare l’albero infruttuoso e al suo posto piantarne un altro. Israele e la Chiesa, popolo antico e popolo nuovo, sono sullo stesso piano. Dio li tratta con assoluta imparzialità. Nessun occhio di preferenza o di ingiustizia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci tralci dai molti buoni frutti.

03 Agosto 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate

L’uomo è ad immagine e a somiglianza del suo Creatore, Signore, Dio. Chi è in verità il nostro Dio? Possiamo offrire le definizioni più belle, più sofisticate, più teologiche, più filosofiche, più ascetiche, più mistiche, ma saranno tutte inadeguate riguardo alla comprensione del nostro mistero. Poche parole della Scrittura Santa da sole sono più che sufficienti a dare una svolta alla nostra antropologia ormai paganizzata, disumanizzata, mercificata. Il Vangelo secondo Giovanni e la Lettera ai Romani di Paolo apriranno la nostra mente e il nostro cuore.

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,14-21).

Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione (Rm 5,1-11).

Chi è allora il nostro Dio? È l’Offeso che espia la colpa del suo offensore. È Lui che paga il nostro riscatto. Non si tratta però di una espiazione superficiale, di un prezzo di cose materiali. Lui espia con la propria vita, subendo la pena al posto nostro. Paga il prezzo del riscatto versando tutto il suo sangue. Lui ci redime al prezzo della sua vita. Se un uomo ucciso – parliamo per assurdo – potesse tornare in vita e decidesse di espiare lui l’ergastolo al posto del suo assassino, non sarebbe nulla per rapporto a ciò che ha fatto il Signore per noi. Anche se il più vilipeso, tartassato, umiliato, sfruttato, offeso, ingiuriato, derubato, maltrattato degli uomini volesse sostituirsi al suo offensore e pagare ogni debito al suo posto, nulla farebbe per rapporto a ciò che ha fatto per noi il Signore, per procurarci il suo perdono.

La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe» (Mc 11,20-26).

Il perdono di Dio non è solamente remissione della colpa e della pena, lasciando la nostra umanità nel suo stato di miseria spirituale. Esso è infinitamente oltre. Dio ci ha resi partecipi della divina natura, ci ha fatti suoi figli di adozione in Cristo Gesù, ci ha offerto in Lui l’eredità eterna, ci ha fatti tempio del suo Santo Spirito, ci ha elevato all’altissima dignità di farci suoi familiari e concittadini del Cielo. Se noi prendessimo l’assassino di nostro padre, di nostra madre e lo elevassimo a nostro familiare, a membro della nostra famiglia a pieno titolo, nulla faremmo per rapporto a ciò che ha fatto il Signore per noi. Se vivessimo solo questa verità di Dio, daremmo all’umanità una luce così nuova e splendente da orientarla senza alcun indugio verso le altezze eterne. Il perdono è l’essenza della nostra verità cristiana. È il perdono alla maniera di Dio il criterio unico per separare chi è cristiano da chi non lo è. È cristiano chi offre la sua vita in riscatto per la vita di quanti gli fanno del male. Il perdono è la nostra unica verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a perdonare sempre.

10 Agosto 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Con quale autorità fai queste cose?

Quando si chiede ad una persona che riveli la sorgente, la fonte, il principio della sua verità si deve essere disposti a rivelare anche la nostra sorgente, la nostra fonte, il nostro principio. Oggi viviamo in una società strana. È la società della delegittimazione dell’altro. Tutti vogliono esorcizzare l’altro. Tutti pensano che l’altro sia il diavolo in persona, il male assoluto. È così ci si esorcizza a vicenda, ci si delegittima gli uni gli altri, ci si discredita gli uni gli altri, ci si dichiara falsi, incapaci, inconcludenti gli uni gli altri, perché si manca di una semplicissima verità: la nostra storia non è univoca. Essa è complessa, variegata, difficile, spesso impossibile.

Se oggi chiedessimo ad un uomo di governo, ad ogni livello: “Con quale autorità fai queste cose?”. Nessuno sarebbe in grado di risponderci. Gli attori fanno i politici e i politici si trasformano in attori. Fare satira da un palcoscenico è arte nobile, induce a pensare, riflettere. Farla dal parlamento è arte meschina. Si manca delle dovute competenze. Si è privi della necessaria scienza. Si è lontani dalla realtà. È giusto che sempre venga ribadita una verità: fare economia da una cattedra è facilissimo. È una economia virtuale. Manca la variante della storia, che oggi non è storia solamente locale, bensì globale, mondiale. Una piccola, piccolissima variante che avviene in un paese lontano dal nostro produce disastri e manda in frantumi una intera finanziaria. La cattedra lavora su ipotesi. Il re deve lavorare sui cambiamenti reali che sono non giornalieri, ma istantanei. In un attimo si è nell’inferno e in un attimo si può essere in paradiso. Oggi è l’attimo che fa la nostra storia e quest’attimo spesso non dipende da noi.

Gesù pone ai suoi interlocutori una domanda sull’autorità di Giovanni il Battista ed essi entrano nel panico. Sanno che ogni risposta sarebbe stata contro di essi. Si rifiutano di risponde. Dicono di non sapere. Se un uomo di governo dice di non sapere, ed è suo obbligo sapere ogni cosa che avviene nel suo regno, si dichiara un incompetente, uno che all’istante deve lasciare il suo posto ad altri più capaci, più preparati, più saggi e sapienti. Per essere veri uomini di governo occorrono due qualità essenziali: la libertà e l’umiltà. La libertà di accogliere ogni verità, da qualsiasi parte essa venga. La verità è il principio del bene. Non si costruisce mai il bene senza la verità. Se non si è liberti dinanzi alla verità di una proposta, di un evento, di un cambiamento, di una soluzione, mai si potrà essere persone di governo. La persona di governo è una ricercatore di verità, un assetato di essa.

Andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (Mc 11,27-33).

Capi dei sacerdoti, scribi e anziani non sono persone di verità. La verità eterna, divina, incarnata è dinanzi a loro ed essi non vogliono accoglierla. La vogliono distruggere. Sono pronti ad ucciderla, anche a tradimento. Attendono che Gesù faccia un solo errore per eliminarlo per sempre. Questo è il loro specifico intento. Chi odia mai potrà essere uomo di governo. L’uomo di governo non governa una sola parte, governa il tutto, governa anche colui che odia. Se lo odia, di certo non lo potrà governare, perché governare ha un solo significato: cercare il bene più grande per tutti, nessuno escluso. Dio governa con saggezza perché anche per le persone che lo odiano Lui cerca il bene migliore. Ha dato loro il suo Figlio Unigenito. Lo ha dato per la loro salvezza e redenzione. Uno che odia l’altro, come fa a governarlo?

Si odia il male, la falsità, le ingiustizie, i vizi, i peccati. L’uomo è sempre da redimere, salvare, giustificare, condurre nella verità e nell’amore. Gesù non dice con quale autorità Lui fa queste cose. Non lo dice perché i suoi interlocutori si sono dichiarati incompetenti in materia di fede e di religione. Se uno si dichiara incompetente come fa a giudicare la rettitudine, la verità di una risposta? Non può. Se non può, inutile rispondere. Non comprende e potrebbe male interpretare la verità e approfittare di essa per il male della persona. Gesù è sommamente prudente. Non si lascia mai trarre in qualche trappola tesa dai suoi avversari e da quanti lo vogliono morto. Così agendo ci insegna che mai noi dobbiamo essere in qualche modo causa del nostro male, neanche a fin di bene. Se l’altro vuole il nostro male, deve trarre la ragione solo dal suo cuore, mai da una nostra azione, mai da una nostra parola, mai da una nostra risposta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la via della saggia prudenza.

17 Agosto 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Lo lasciarono e se ne andarono

Gesù possiede la sapienza nel suo più alto grado di perfezione. Quanto il testo sacro afferma di essa, in Lui vive nella più grande pienezza: “In lei, nella sapienza, c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza” (Sap 7,22-30). Con una semplice parabola Gesù narra tutta la storia della salvezza. Mette i suoi denigratori, calunniatori, falsi testimoni della sua opera, dinanzi al loro peccato.

La malvagità viene svelata dalla sapienza, ma non cancellata. È posta in evidenza, ma non distrutta. Per distruggere la malvagità, la cattiveria, l’empietà, l’idolatria che governa il cuore è necessaria la buona volontà dell’uomo, la sua conversione, la richiesta esplicita di perdono al Signore, l’immersione nella grazia dello Spirito Santo. Gli oppositori di Gesù altro non pensano se non come toglierlo di mezzo, come eliminarlo, ucciderlo. La parabola manca solo dell’atto finale. È una parabola, ma anche una profezia che puntualmente si compirà. Quando? Non oggi. Oggi non è il tempo di Dio, la sua ora. Oggi Gesù deve continuare la sua missione. Deve illuminare i cuori con la sua dottrina. Deve splendere nelle tenebre con la sua luce. Domani quando sarà l’ora delle tenebre, sarà Lui stesso a consegnarsi perché la profezia si compia.

Si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono (Mc 12,1-12).

La profezia non dice solamente che Gesù da essi sarà tolto fuori della vigna ed ucciso. Annunzia anche la fine che fanno i suoi uccisori: “Farà morire i contadini e darà la vigna ad altri”. Questa profezia infallibilmente si compie ogni giorno. Si è realizzata con Cristo Gesù, si realizzerà con ogni uccisore dei profeti e degli inviati di Dio. La vigna sarà loro tolta. Essi saranno uccisi. A meno che non si convertano e si lascino essi stessi uccidere per la causa del Vangelo. La storia cammina e avanza sempre su due rotaie: sul visibile storico e sull’invisibile divino. Noi vediamo il visibile storico e pensiamo che il presente sia il metro per misurare ogni cosa. Ignoriamo che Dio ha il suo metro invisibile ed è con quello che Lui ci misurerà.

Il visibile storico si pone dinanzi ad un Crocifisso e grida la sua vittoria. L’invisibile divino invece costituisce Gesù Signore testata d’angolo, pietra di stabilità, fondamento sicuro per tutta la sua casa. Chi si edifica su di Lui, riceve stabilità eterna. Chi invece si pone fuori di Lui, costruisce sulla sabbia. La sua casa andrà in malora non appena il Signore decide che essa debba scomparire dalla faccia della terra. Se noi ci lasciassimo guidare dall’invisibile divino daremmo alla nostra vita saggezza e intelligenza. Invece sempre siamo guidati dalla stoltezza e insipienza. Vediamo il momento presente e ignoriamo che esso è per noi come l’esca per l’amo. Quando si è guidati dalla stoltezza pensiamo che domani per la nostra malvagità le cose andranno meglio. Lasciamo e ce ne andiamo aspettando i giorni migliori per realizzare i nostri progetti di morte. Ignoriamo che proprio questi nostri progetti realizzati sono la nostra morte. La stoltezza e la malvagità lavorano per la morte dei loro autori, mai per la loro vita. La vita è dalla sapienza, dalla luce. Sapienza e luce sono l’invisibile divino. Sono la sua profezia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori della divina profezia.

24 Agosto 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
E rimasero ammirati di lui

Ammirazione e conversione non sono la stessa cosa. Farisei ed erodiani rimangono ammirati dalla sapienza di Cristo Signore, restano però fuori di essa, non si lasciano conquistare dal suo messaggio di salvezza, dalla sua Parola di verità. Allora è giusto che noi ci chiediamo: l’ammirazione, lo stupore, la meraviglia che creiamo nella gente quanta conversione genera? Quanta salvezza produce? Quanti cuori avvicina a Gesù Signore? Quante anime fanno vero ritorno al loro Dio e Padre? È domanda che non possiamo non porre alla nostra intelligenza.

Un apostolo del Signore, sia esso Papa, Cardinale, Vescovo, Presbitero, Diacono, Cresimato, Battezzato, Religioso, Religiosa, Laico Consacrato, non può non porsi questa domanda. Lui non può lavorare per creare attorno a sé ammirazione, stupore, meraviglia, chiasso, gossip, parole vane. Un apostolo del Signore deve impegnare tutta la sua vita per generare vera conversione, vera salvezza, vera redenzione, vero avvicinamento a Cristo Signore. Neanche deve lavorare per fare da mediatore tra uomo e uomo. Perché lui è mediatore di Cristo Gesù. Lui deve unire il cuore di Cristo al cuore di ogni uomo e il cuore di ogni uomo al cuore del suo Redentore e Salvatore. È questa la sua unica e sola mediazione. Gesù mai cadde in questa tentazione. Lui sempre si rifiutò di svolgere questa mediazione non affidatagli dal Padre.

Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,38-42).

Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (Lc 12,13-21).

Mediazione veramente perfetta quella di Cristo Gesù. Come sempre perfetto è stato Gesù nel portare ogni ammirazione per Lui nella più alta verità celeste. Due sue risposte sono sufficienti.

Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,27-28).

Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!». Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco (Lc 18,18-23).

La conversione è a Dio, alla Parola, al Vangelo. Essa è radicale cambiamento di vita. L’ammirazione è qualcosa che rimane fuori di noi. Essa ci stupisce, ma non ci converte.

Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui (Mc 12,13-17).

Tutti gli apostoli del Signore sono avvisati. Devono prestare molta attenzione perché non cadano in questa tentazione. Noi non siamo per suscitare ammirazione, ma per generare cuori nuovi a Cristo Gesù. Siamo per creare anime santificate, da presentare a Cristo Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da questa insidiosa tentazione.

31 Agosto 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ma saranno come angeli nei cieli

La “teologia” dei sadducei è deleteria, altamente pericolosa. È opera da veri sofisti. Essi giocano con i cuori e le menti, iniettando in essi ogni falsità e menzogna su Dio e sull’uomo. Essi non leggono con onestà intellettuale la Scrittura e neanche accolgono la rivelazione. Mentre tutta la Scrittura si muove sul piano della trascendenza sempre apportatrice di novità, essi lavorano esclusivamente sull’immanenza e partendo da essa negano tutto il soprannaturale. È come se la Scrittura fosse per loro una favola. La verità viene solo dalla loro mente. Solo ciò che essi pensano e dicono è vero. Ogni altra cosa va sconfessata, eliminata, va privata della sua stessa connotazione di verità. Va dichiarata falsità, errore dottrinale. Essi erano fortemente in contrasto con i farisei, i quali avevano pensieri diametralmente opposti. Quanto essi negavano i farisei lo affermavano. Di questo perenne contrasto si serve Paolo per salvare la sua vita in un momento di grande difficoltà.

Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,6-11).

Oggi i sadducei vogliono mettere in difficoltà Gesù. Gli raccontano un aneddoto per nulla corrispondente al vero, attraverso il quale essi però deducevano che non c’è risurrezione. Dov’è il loro errore di fondo? Immaginare la vita futura come la continuazione di quella presente. Poiché nella presente vita ognuno ha diritto ad avere una moglie, se nella vita futura un uomo non potrà usufruire di questo diritto, è evidente che la vita futura non esiste. Se ci fosse la risurrezione, questi sette fratelli sarebbero condannati a rimanere in eterno senza famiglia. Non è questa la condizione dell’uomo. Quest’errore viene subito evidenziato da Gesù. La vita futura non è la continuazione della vita presente. È entrare in un altro mondo, un’altra vita, un’altra realtà, un’altra condizione. Si passa da una vita nella carne ad una vita di solo spirito. Si è come gli angeli di Dio. Nessuno si sposa e nessuno prende marito. Il problema è risolto.

Vennero da lui alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore» (Mc 12,18-27).

Ma dove risiede l’errore primario dei sadducei? Esso nasce dalla loro non conoscenza di Dio. Non conoscono Dio perché non conoscono le Scritture o non conoscono le Scritture perché non conoscono Dio? È la Scrittura che mi fa conoscere Dio o è Dio che mi fa conoscere le Scritture? Dalla storia sappiamo che è Dio che dona la verità alla Scrittura ogni giorno. È Dio che ogni giorno aggiunge una nuova pagina alla Scrittura. È Dio che sempre si rivela e si manifesta per darci la verità di se stesso, attraverso la quale possiamo leggere la Scrittura. Possiamo noi forse leggere la Scrittura senza Cristo che è la rivelazione perfetta della Scrittura Antica? Possiamo noi leggere Cristo e la sua verità senza lo Spirito Santo che ogni giorno la rivela al cuore in pienezza di verità? È questo l’errore dei sadducei. Loro sono senza Dio e non avendo Dio che li guida vivono nell’ignoranza delle Scritture e di conseguenza neanche conoscono Dio secondo la rivelazione da Lui già operata. Sadducei possiamo essere noi tutti che parliamo di Dio, se Dio non vive con potenza nel nostro cuore e lo Spirito Santo non è la nostra quotidiana luce che ci guida a tutta la verità. Perennemente vale il principio che non è la Scrittura che mi dona Dio. È Dio che dona la Scrittura. La Scrittura non mi ha dato Dio. Dio mi ha dato la Scrittura. Questa verità ogni giorno la vivo sulla mia pelle.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci Dio che ci dona la Scrittura.

07 Settembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Non sei lontano dal regno di Dio

Il regno di Dio inizia dalla conoscenza della verità. Si è vero o falso regno di Dio nella misura in cui si entra in possesso della verità di Dio. Una falsa “verità” su Dio ci fa falso regno di Dio. Mente una verità pura, santa, autentica su Dio ci fa vero suo regno, o meglio ci apre le porte perché noi possiamo entrare in esso. Dove vi è scarsa verità vi è anche scarsità di regno. San Paolo insegna al suo fede discepolo Timoteo che Dio vuole che tutti gli uomini arrivino alla conoscenza della verità. Nessuno deve essere escluso da essa. Tutti ne hanno diritto.

Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità (1Tm 2,1-6).

Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi, senza amore, sleali, calunniatori, intemperanti, intrattabili, disumani, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, amanti del piacere più che di Dio, gente che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza interiore. Guàrdati bene da costoro! Fra questi vi sono alcuni che entrano nelle case e circuiscono certe donnette cariche di peccati, in balìa di passioni di ogni genere, sempre pronte a imparare, ma che non riescono mai a giungere alla conoscenza della verità. Sull’esempio di Iannes e di Iambrès che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: gente dalla mente corrotta e che non ha dato buona prova nella fede. Ma non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti, come lo fu la stoltezza di quei due (2Tm 3,1-9).

La verità del regno è uno solo: Gesù Signore. Lui è la verità e il Datore di essa. Lui è la verità di Dio e dell’uomo, del presente e del futuro, del tempo e dell’eternità. Chi esclude Cristo Gesù dalla verità del regno, mai potrà conoscere il vero regno. Qual è allora la missione della Chiesa e di ogni suo figlio in essa, con essa, per essa? Annunziare Cristo, dare Cristo, predicare Cristo, insegnare Cristo, verità, vita, via del regno di Dio per ogni uomo. La Chiesa non ha altra missione da svolgere sulla terra. Per questo essa è stata inviata. Non solo deve insegnare e dare Cristo, deve anche mostrare concretamente la verità di Cristo nella sua vita. Deve dare e mostrare Cristo, anzi deve dare e creare Cristo nei cuori. Quando viene meno l’annunzio di Cristo Gesù, il regno di Dio si oscura in essa ed essa stessa si oscura nella sua verità. le tenebre cominciano ad avvolgere i suoi figli, perché la vera luce di Gesù non brilla sui loro volti.

Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo (Mc 12,28-34).

Dicendo allo scriba: “Non sei lontano dal regno di Dio”, Gesù rassicura quest’uomo. Poiché lui è stato onesto nel riconoscere la mirabile unità da Lui fatta, lo vede persona capace di aprirsi alla verità. Urge però non fermarsi, non arrestare la ricerca, non chiudere il proprio cuore ad essa. Bisogna che nella ricerca si giunga fino a Gesù Signore, come principio, fondamento, essenza, natura della verità del regno di Dio. Tutto però inizia dall’onestà della ricerca iniziale. Quest’uomo conferma quanto Gesù gli ha manifestato. Gesù attesta la sua sincerità di cuore. Può giungere fino alla conoscenza di tutta la verità del regno. Quando non vi è sincerità di cuore, tutto s’arresta. Si è fuori del regno, perché manca l’apertura della mente alla più grave rivelazione che viene dallo Spirito Santo, anche se attraverso la via mediata dei suoi strumenti umani. Chi non arriva a Gesù, può anche avvicinarsi al regno, ma non entra pienamente in esso. La verità di un uomo è il suo ingresso nel vero regno di Dio, la cui verità è Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci verità del regno di Dio.

14 Settembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide?

L’Antico Testamento è un insieme di profezie, che vanno lette l’una come verità dell’altra. Aggiungendo profezia a profezia e collegando verità con verità si giunge a possedere la verità che dona verità piena ad ogni singola profezia. Per un lettore che legga solo l’Antico Testamento giungere alla verità finale è impossibile. Pur conoscendo tutte le tecniche interpretative del testo, ogni regola di esegesi e di ermeneutica, mai si potrà giungere alla verità piena, perfetta. La verità ultima, che è il risultato dell’unione di tutte le profezie come se fossero una sola, è anch’essa frutto di rivelazione, di manifestazione dall’alto.

Questa rivelazione non è più soltanto parola come avveniva nell’Antico Testamento. La rivelazione del Nuovo dice che il compimento delle antiche profezie è avvenuto in una persona particolare, che è Cristo Gesù. Cristo Signore conferma la verità della Parola attraverso le opere che attestano il compimento di tutte le antiche profezie. Questo significa semplicemente che il lettore del solo Antico Testamento mai potrà giungere alla verità rivelata in ciò che legge. Gli manca il suo compimento e la parola di conferma. Questo lavoro limitato al solo Antico Testamento possiamo paragonarlo al lavoro di un chimico. In un chicco di grano potrebbe anche scoprire tutti gli elementi di cui esso è composto, ma non per questo possiede la visione della pianta che da esso viene fuori e del come i nuovi chicchi verranno prodotti. Per questo è necessario che si rechi in un campo seminato a grano e prenda una pianta dal vivo.

Gli scribi leggono la Scrittura Antica per singole frase. È sufficiente che Gesù ne metta insieme due – profezia fatta da Dio a Davide e profezia fatta dal Salmo – e loro sono nello sconcerto. Non sanno proprio come rispondere. Lo stesso principio vale anche per noi. Se non poniamo tutte insieme le verità su Cristo contenute nell’Antico e nel Nuovo Testamento avremo di Lui una visione distorta, ereticale, falsata, non pienamente vera. Paolo va letto con Giovanni, Giovanni con Luca, Luca con Matteo, Matteo con gli Atti degli Apostoli. Gli Atti degli Apostoli con le Lettere Apostoliche, le Lettere Apostoliche con l’Apocalisse, l’Apocalisse con la Lettera agli Ebrei. Solo così si possiede la verità di Gesù Signore. Un solo Autore, anche il grande Paolo, da solo dona una visione inesatta di Gesù Signore. La sua verità non è perfetta.

Insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi. Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?». E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.

Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,35-44).

Gesù è il Maestro dalla perfetta visione divina della storia. Lui sa cosa c’è in ogni cuore. Il suo insegnamento è secondo perfetta verità. Lui non vuole che i suoi discepoli imitino gli scribi. Non ama che essi domani costruiscano una religione fatta di scintillante esteriorità, di belle apparenze, di sfarzi esteriori, di ricche cerimonie, di lunghe preghiere motivate dal desiderio di farvi vedere, mentre poi l’intero è pieno di avidità, bramosia, concupiscenza, trasgressione dei Comandamenti, ignoranza delle più elementari regole della giustizia e della verità. Questa religione Lui non la vuole e per questo li invita a guardarsi dagli scribi. Il desiderio di imitarli neanche deve essere un moto primissimo nel loro cuore o nella loro mente. La religione che Lui è venuto a fondare sulla terra è solo amore che sa dare la vita per la redenzione dei cuori.

Gesù mai si lascia conquistare dalle apparenze. È questa la sua missione: “Non giudicare la storia né secondo le apparenze e neanche per sentito dire”. È nel tempio e vede molti ricchi che gettavano nel tesoro le loro monete. Viene una donna, vedeva, povera, vi getta tre monetine, tre spiccioli. Secondo le apparenze questa donna ha dato una miseria. Secondo verità essa ha dato più di tutti gli altri. Gli altri hanno dato del loro superfluo. Lei invece tutto quanto aveva per vivere. Si era spogliata di tutto per fare un’offerta al suo Dio e Signore. L’uomo purtroppo vede sempre le apparenze. Dio vede il cuore. A Dio dobbiamo chiedere che ci aiuti a valutare ogni cosa secondo verità. È questo un dono del suo Santo Spirito. È una grazia che ogni giorno deve essere chiesta, invocata, con preghiera ininterrotta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmati di saggezza nello Spirito Santo.

21 Settembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato

I discepoli rimangono stupendamente “incantati, estasiati” dinanzi alla bellezza del tempio di Gerusalemme. Invitano Gesù a contemplare anche Lui una così rara bellezza. Gesù non si lascia per nulla attrarre dalle pietre. Lui vede tutto con occhi di Spirito Santo. Lui vede il tempio non così come esso è oggi, lo vede come sarà domani: un ammasso di pietre. Anzi, neanche un ammasso di macerie. Lo vede raso al suolo. Anche le sue pietre andranno disperse. Questa è la visione di Cristo sul Santo Tempio. Esso non avrà più ragione di esistere. La casa di Dio sulla terra non sarà più stabile, sarà invece mobile. Non ve ne sarà una soltanto, ma ogni discepolo di Gesù diverrà tempio santo vivente di Dio. Questa verità è così rivelata da Paolo.

Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3,4-16).

Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,14-18).

Ogni divisione che i discepoli di Gesù portano nel suo tempio santo, lo distruggono. Chi distrugge il tempio di Dio, da Dio sarà distrutto. Ognuno deve mettere la più alta attenzione perché per quanto dipende da Lui questo mai accada. Quanti hanno distrutto la Chiesa con le loro divisioni, sono stati distrutti da Dio come sua vera chiesa. Sono tutti alberi sterili. Per essi si può applicare un versetto del Libro della Sapienza: “Quale testimonianza di quella gente malvagia esiste ancora una terra desolata, fumante insieme con alberi che producono frutti immaturi e a memoria di un’anima incredula, s’innalza una colonna di sale” (Sap 10,7). Ogni Parola di Dio si compie infallibilmente. Chi distrugge sarà distrutto. Per questo ogni cristiano deve porre molta attenzione perché rimanga sempre unito al suo Tempio Santo che è Gesù nella sua unica e sola vera vite. Saranno infinite le tentazioni che vorranno separalo dal suo Maestro e Signore, dalla sua verità e grazia, dalla sua Chiesa. Lo priveranno anche della vita, ma lui dovrà perseverare sino alla fine. Altrimenti non si salverà.

Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?». Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori. Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato (Mc 13,1-13).

Il tempio santo di Dio si distrugge anche con il peccato. Esso infatti ci separa vitalmente da Gesù. Se da Lui siamo separati con il peccato, se con Lui non vogliamo riconciliarci ritornando nella sua Parola, se di Lui non siamo il suo tempio santo nello spirito, possiamo essere ammessi ad essere suo tempio santo attraverso l’Eucaristia? Cristo è uno e il tempio è uno. Se con la vita abbiamo distrutto il suo tempio, urge che prima venga ricostruito con il pentimento e il ritorno nella verità e poi possiamo essere tempio vivente dell’Eucaristia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero tempio santo di Cristo Gesù.

28 Settembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!

Nasciamo senza che noi lo vogliamo. La nostra nascita è un arcano imperscrutabile. Tempi, momenti, luoghi sono dalla sapienza del Padre celeste. Siamo noi vero strumento della sua Provvidenza perché la sua gloria si innanzi sulla nostra terra. Vedere noi stessi da Dio e per Lui e mettere tutto di noi nella sua divina volontà è fede perfetta. È questo il significato della nostra vita. Non ve ne sono altri. Cercarne altri è vanità. Il Qoelet lo insegna con divina sapienza.

Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa. Il sole sorge, il sole tramonta e si affretta a tornare là dove rinasce. Il vento va verso sud e piega verso nord. Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento. Tutti i fiumi scorrono verso il mare, eppure il mare non è mai pieno: al luogo dove i fiumi scorrono, continuano a scorrere. Tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo. Non si sazia l’occhio di guardare né l’orecchio è mai sazio di udire. Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Ecco, questa è una novità»? Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto. Nessun ricordo resta degli antichi, ma neppure di coloro che saranno si conserverà memoria presso quelli che verranno in seguito (Qo 1,1-11).

Ma anche il tempo della nostra morte è mistero insondabile. Nessuno conosce i tempi e i momenti della sua fine. Questa può avvenire in ogni istante. Non vi sono preavvisi. Quando essa viene è già avvenuta. Non è però la morte che deve impensierire. Essa viene e basta. Ciò che deve farci riflettere seriamente è il giusto giudizio che Dio opererà su tutto ciò che noi abbiamo fatto sia in bene che in male durante il corso della nostra vita quando eravamo nel corpo. Il giudizio sarà si salvezza o di perdizione eterna. È la verità dell’eternità dell’inferno che esige che noi vegliamo per rimanere sempre nella grazia, nella verità, nella giustizia, nella volontà del nostro Dio. Avendo noi abolito questa verità a che serve vegliare? Cancellato dalla fede l’inferno, tutto il Vangelo, tutta la Rivelazione perdono in un istante di significato.

Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – chi legge, comprenda –, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che ciò non accada d’inverno; perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là”, voi non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto. In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre. Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». (Mc 13,14-36).

Anche la stessa Chiesa viene privata della sua missione. La Chiesa esiste per strappare anime al Satana e condurle nel regno di Dio. Essa deve svuotare l’inferno e riempire il Paradiso. Deve oggi togliere forza attiva a Satana per trasformarla in forza di Cristo Gesù, a servizio del suo regno, perché possa estendersi sulla nostra terra. Se l’inferno è vuoto e il Paradiso è per tutti, indipendentemente dalle opere, la Chiesa può smettere di esistere. La sua è una missione inutile. Il Papa è inutile, i Vescovi sono inutili, i presbiteri sono inutili, concili, sinodi sono inutili. Se invece la dannazione è vera, allora la Chiesa si riveste di una necessità unica sulla terra.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci attenti e vigilanti sempre.

05 Ottobre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura

Il bene, per essere vero bene, deve sgorgare dal cuore per purissima mozione dello Spirito Santo. Nella casa di Simone il lebbroso solo due persone sono nello Spirito del Signore: Gesù che ne è rivestito, avvolto, ricolmo dentro e fuori e la donna che compie questo altissimo gesto di amore, pietà, compassione. Nello Spirito di Dio la donna è mossa verso Cristo Signore. Nello Spirito odi Dio Cristo Signore dona perfetta verità al gesto della donna.

Tutti gli altri sono ancora privi dello Spirito Santo e per questo rimangono estranei alla verità. Fanno del gesto della donna un evento mondano e non una stupenda profezia di ciò che sta per compiersi. La storia tutta è dinanzi a noi, in piccole o in grandi cose, in eventi cosmici oppure circoscritti ad un territorio, una città, una famiglia, una sola persona. Nessuno potrà avere la verità che la storia contiene in sé quando la pienezza dello Spirito Santo non dimora in noi. Questa regola vale anche per la pastorale ordinaria e straordinaria.

Mancando noi dello Spirito Santo, essendo Lui fuori di noi, non riusciamo a interpretare la storia, manchiamo della sua ermeneutica, siamo privi di ogni principio di intelligenza e sapienza divina. Le nostre risposte sono di falsità e non di verità, di ingiustizia e non di giustizia, di parzialità e non di globalità, orientate verso schemi correnti di pensiero e non invece finalizzate a creare salvezza. Il fallimento della pastorale è in questa risposta sbagliata, errata, che sempre diamo alla storia. Se lo Spirito del Signore non entra con potenza in noi, lavoriamo anche troppo, molto, ma inutilmente. Con risposte false non si redimerà mai nessuna storia.

È questo il nostro grave problema oggi. Ci riuniamo, discutiamo, decidiamo, stiliamo progetti. Ma con quali risultati? Siamo in tutto simili ad un equipe di eccellentissimi professori che si riuniscono per dare soluzione di cura ottimale per un paziente da essi sconosciuto, mai visitato, mai toccato. La cura è ottima. Essa però non si addice al paziente, il quale ha tutt’altri sintomi. Purtroppo sempre accadrà così quando lo Spirito del Signore non governa il nostro cuore, la nostra intelligenza, la nostra volontà. Diamo soluzioni per una storia inesistente. Il paziente è seriamente compromesso, la cura non si addice a lui. Eccellente in sé, è priva di concretezza.

Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo». Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto». Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno (Mc 14,1-11).

Anche oggi, ai nostri giorni, stiamo assistendo a qualcosa di simile. Una certa storia va salvata, ripotata nella verità del Vangelo. Come molti stanno pensando di sanarla? Concedendo i frutti del Vangelo senza la verità che questi frutti produce. Si vuole dare Cristo senza la verità di Cristo, senza il Vangelo di Cristo, senza la Parola di Cristo. È evidente che questa cura è falsa e mai potrà produrre frutti, anche perché il principio dal quale si parte è errato.

Qual è questo principio errato? È la confusione nel concetto stesso di misericordia. Si vuole una misericordia ignorando che essa è il frutto della fedeltà di Dio alla sua Parola. Dio è misericordioso nella sua Parola, non fuori di essa, non contro di essa, mai ignorando essa e neanche saltandola. La misericordia secondo l’uomo e quella secondo Dio non sono la stessa cosa. La misericordia di Dio è una cosa sola con la sua fedeltà. La misericordia dell’uomo è un sentimento senza alcuna fedeltà. Essa è priva di qualsiasi verità evangelica. Se Dio fosse misericordioso alla maniera umana, la terra dovrebbe essere un paradiso, un luogo di delizie. Invece Dio è misericordioso nella fedeltà alla sua Parola e l’inferno è stracolmo di dannati. Questa falsa interpretazione della misericordia di Dio attesta che lo Spirito del Signore non muove il nostro cuore, la nostra intelligenza, la nostra volontà. Abbiamo una visione errata della storia e ad essa necessariamente daremo anche soluzioni errate. Nessun problema sarà risolto da visioni senza lo Spirito di Dio e soluzioni provenienti dal cuore dell’uomo privo della sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza che discendono dall’Alto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmati di Spirito di Dio.

12 Ottobre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!

Oggi sulla verità dell’inferno regna tanta confusione. È il segno che vi è tanta confusione sulla verità del nostro Dio. Ogni confusione su una verità “periferica” attesa una confusione sulla verità “centrale”. Quando la confusione è nel cuore stesso della divina verità che è Dio non può non sorgere confusione in tutte le verità ad essa correlate o da essa dipendenti.

Oggi regna infinita confusione sulla misericordia di Dio. Si ha di essa un concetto erroneo, fortemente ereticale. Ma ogni verità del nostro Dio sganciata e separata dalle altre si trasforma in menzogna, in inganno, in tenebra. La verità di Dio è un complesso armonico, sinfonico, orchestrale. Le miriadi di verità che compongono la sua essenza eterna sono vere nell’unità della sua eterna essenza. Prese separatamente, isolatamente, fuori della sua unica e sola eterna essenza, fanno di Lui un non vero Dio, un idolo, un essere inutile.

Cosa è la misericordia di Dio? È il suo cuore rivolto verso i miseri. Chi sono i veri miseri? Tutti coloro che hanno bisogno della sua verità per ritornare ad essere. Dio non si rivolge verso di noi perché rimaniamo miseri, allo stesso modo che il benefattore umano dona qualcosa ad un suo fratello, lasciandolo però nella sua miseria e nella sua desolazione. Questo non è l’agire di Dio. Dio rivolge il suo cuore verso il misero perché lo aiuti a non essere più misero, ma ricco di ogni dono di grazia e di verità, ricco di santità e di giustizia, ricco di carità e misericordia.

Oggi invece si pensa che misericordia di Dio è offrire all’uomo il suo perdono, la sua grazia, lasciando però il misero nella sua nullità spirituale. Niente di più errato. Dio manifesta la sua misericordia perché l’uomo si innalzi, si elevi, esca dalla polvere del suo peccato, entri nella pienezza della sua verità. Ritorni ad essere vero uomo. Ridiventi quell’uomo fatto ad immagine e a somiglianza del suo Creatore. La misericordia di Dio è allora la divina carità che si china sull’uomo misero, lasciato mezzo morto sul ciglio della strada dai briganti del peccato, al fine di sanarlo, guarirlo, elevarlo, ridargli la perfetta guarigione, liberarlo a tutte le conseguenze del peccato. La misericordia è vero atto di Dio tutto finalizzato alla creazione del nuovo uomo.

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio» (Mc 14,12-25).

La misericordia di Dio si è tutta riversata su Giuda Iscariota. Ne aveva fatto un discepolo di Gesù, uno strumento del suo amore, della sua verità. Lo aveva costituito apostolo di misericordia e di salvezza. Quest’uomo però si lasciato tentare nuovamente dalla sua antica concupiscenza, avarizia, avidità. Non ha perseverato nella misericordia del suo Dio. Ha abbandonato i sentieri della verità e dell’amore. Si è nuovamente consegnato al male. Diviene traditore del Figlio di Dio. Vende il Verbo della vita per trenta miseri denari d’argento. C’è spazio per lui nella misericordia di Dio? Certo. C’è tutto lo spazio possibile, ad una condizione: che confessi il peccato commesso contro Gesù Signore, chieda perdono, si lasci nuovamente avvolgere dalla divina verità, che è assenza nel cuore di ogni peccato. Invece nulla di tutto questo. Giuda Iscariota si disperò. Non credette nella misericordia di Dio, che è infinita. Si tolse la vita. Fece la morte degli empi. Per lui non c’è spazio nel regno eterno di Dio. Si è autoescluso. Per lui vi è l’eternità dell’inferno. Perché non ha creduto nella misericordia di Dio, perché non ha bussato al suo cuore chiedendo umilmente perdono. Per questo Gesù dice di lui: “Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”. Non è grave il peccato del tradimento. Gravissimo è invece il peccato di disperazione della salute, che è peccato contro lo Spirito Santo. Questo peccato vede Cristo e lo sanziona con la dannazione eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la perfetta verità del nostro Dio.

19 Ottobre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Poi venne di nuovo e li trovò addormentati

La Parola di Gesù è eternamente vera. Essa scaturisce dal cuore eterno del Padre, nel quale abita la pienezza della verità, ed è affidata alla sua onnipotenza perché la realizzi nella storia. Una volta che Gesù ha parlato, nessuno potrà pensare la sua storia in modo difforme o contrario alla parola da lui proferita. Ognuno potrebbe anche escogitare un milione di possibilità umane perché la parola ascoltata non si realizzi, essa però si realizzerà sempre, con infallibile appuntamento. La storia è il compimento della parola proferita da Dio.

D’altronde la storia inizia con la Parola del Signore che si trasforma in realtà. Il Primo Capitolo della Genesi è il racconto della Parola di Dio che diviene creazione animata e inanimata. Così il Salmo: “Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo, con arte suonate la cetra e acclamate, perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera. Come in un otre raccoglie le acque del mare, chiude in riserve gli abissi. Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui gli abitanti del mondo, perché egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto. Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità. Il Signore guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini; dal trono dove siede scruta tutti gli abitanti della terra, lui, che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere. Il re non si salva per un grande esercito né un prode scampa per il suo grande vigore. Un’illusione è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza. Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. È in lui che gioisce il nostro cuore, nel suo santo nome noi confidiamo. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo” (Sal 33 (32) 1-22).

Gesù ha rivelato a Pietro il suo rinnegamento. Questa infallibilmente avverrà, si compirà. Sarà per Pietro un segno della verità di ogni Parola di Gesù Signore. Quando noi non crediamo per purissima ascolto, è giusto che si giunga alla fede attraverso la via dolorosa della storia. Questa via sofferta è necessaria perché ci apriamo alla fede, altrimenti continueremo nella nostra stoltezza ed insipienza. Dio ha detto che l’uomo cadrà nella morte se agisce in modo difforme alla sua Parola ed ogni giorno sperimenta la morte perché si apra alla fede e si consegni alla Parola del suo Dio. Noi invece cosa vogliamo: la vita senza l’ascolto della Parola. Addirittura preghiamo perché la vita regni sulla terra mentre la Parola di Dio è calpestata. Chi vuole la vita deve abitare nella Parola. Chi è fuori della Parola, sarà sempre nella morte.

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino» (Mc 14,26-47).

Chi vuole vincere la tentazione deve pregare. Chi non prega, miseramente fallisce la sua esistenza. Il male trionferà su di lui. Anche questa parola di Gesù infallibilmente si compie. Chi prega rimane nella volontà del Signore. Chi non prega cade nella volontà di Satana. Chi prega persevera nell’amore e cresce nella verità. Chi non prega cade dall’amore e precipita nella falsità, nella menzogna, nelle tenebre. Gesù ha parlato. La storia è dalla sua Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere di purissimo ascolto.

26 Ottobre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Si compiano dunque le Scritture!

È la Scrittura che dice quale dovrà essere la storia di Gesù Signore oppure è la storia di Cristo Signore nella sua concretezza che la Scrittura profetizza? La risposta non è per nulla semplice. Nessuna domanda su Gesù Signore è semplice, dal momento che Gesù è insieme frutto dell’amore eterno del Padre e anche frutto del peccato dell’uomo. Concretizzando la domanda: La Croce di Cristo è voluta direttamente da Dio oppure essa è il frutto esclusivo del peccato della creatura? Rispondere ad un tale interrogativo secondo pienezza di verità illumina tutta la nostra storia, anche i lati più oscuri di essa. Per questo ci occorre tutta la sapienza dello Spirito Santo, tutta la sua luce perché non vengano date risposte false, ereticali, azzardate. Per dare la giusta risposta ci lasceremo aiutare dagli Atti degli Apostoli, dal primo discorso di Pietro.

Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione (At 2,22-31).

Il prestabilito disegno e la prescienza di Dio sanno che sulla terra, dopo il peccato, non si può amare se non con l’offerta della propria vita fino alla morte di croce. Tutte le Scritture descrivono l’amore nel dolore del Messia del Signore. Tutte annunziano le sue grandi sofferenze. Esse parlano anche della pena e del castigo che Lui subisce a posto nostro, in vece nostra. Se Gesù vuole amare secondo la verità dell’amore deve lasciare che tutta la sofferenza si abbatta sopra di Lui. In tal senso è giusto dire: si compiano dunque le Scritture. Se questa è la mia missione, quella cioè di insegnare agli uomini come realmente si ama, allora è giusto che tutta la sofferenza si abbatta sopra di me. Non vi sono altre vie. Non si conoscono altre modalità. Si ama lasciando che tutta la potenza del peccato si abbatta sulle proprie carni.

E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo (Mc 14,43-52).

Davide previde sia la sofferenza del Messia che la sua risurrezione e ne parla con dovizie di particolari, specie della sofferenza e del dolore. La profezia non stabilisce, annunzia; non determina la storia, la dice prima. Gesù deve lasciare che ciò che la Scrittura ha previsto si compia per intero. Per questo Lui non fa alcuna resistenza. Come agnello o pecora muta si consegna al macello. È la sola via perché Lui possa amare. L’amore vero, perfetto, quello che Dio comanda, è senza alcun male né con parole, né con opere, né con pensieri, né con omissioni. Il male del mondo si può respingere in due modi: rispondendo al male con il male. Questo però non è amore. Questa è sconfitta dell’amore. Oppure assumendolo tutto nel proprio corpo rispondendo ad esso con il più grande bene. È questa la via di Gesù Signore. Dovrà essere la via di tutti coloro che vogliono amare di un amore divino, vero, perfetto. È questa la prescienza di Dio sul vero amore ed essa vale per chi veramente intende amare. Chi prende la spada non ama. Risponde al male con il male. Gesù non può amare con la spada. Deve amare con la consegna alle Scritture. Da questo istante nasce la religione vera. Nasce il vero modo di rispondere alla richiesta che Dio ci fa di mostrare al mondo intero tutta la potenza del suo amore eterno. È di religione vera chi segue la via di Gesù. Tutte le altre non sono più vere.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di religione vera, pura, santa.

02 Novembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?

Ognuno è obbligato a manifestare nella storia la verità del suo essere. Ciò che dice di essere è chiamato ad attestarlo nella sua verità piena attraverso le sue parole, ma soprattutto per mezzo delle sue opere. Siamo ad immagine e somiglianza del nostro Dio in ogni cosa: nelle parole, nelle opere, in ogni azione, in ogni manifestazione storica del nostro essere.

Dio è il Signore dei signori, il Dio sopra tutti gli dèi. Lui è l’Onnipotente. Tutto l’universo è nelle sue mani. A Lui tutto obbedisce con ogni obbedienza e sottomissione. È sufficiente che Lui dica una parola, dia un ordine, chieda qualcosa e l’universo è tutto ai suoi piedi, pronto ad eseguire ogni suo desiderio. In Egitto il Signore attesta che solo Lui è il vero Signore piegando tutta la natura ai suoi comandi. Niente si sottrae al suo volere. Nel deserto attesta la sua Signoria facendo scendere il pane dal cielo e l’acqua dalla dura roccia. Veramente Lui è il Signore. La storia è l’attestazione della sua verità. Lui è il Creatore della stessa storia del suo popolo.

Quanto vale per il Signore deve vale anche per ogni suo adoratore. Tutti sono chiamati a mostrare attraverso la loro storia la verità della loro fede nel vero ed unico Dio e Signore. L’obbligo dell’attestazione storica della verità che si confessa ricade su ogni persona. Tutti coloro che si professano fedeli dell’unico vero Dio con la loro vita devono manifestare, attestare, dimostrare questa loro verità. Ciò che si dice di credere deve essere rivelato come vero dalla propria storia. Così la storia personale diviene la verità della propria fede. Nessuno si deve sottrarre a questa prova. Anzi ognuno è obbligato a supplire dove l’altro risulta manchevole.

Anche Gesù non si sottrae a questa regola. Cosa è il Vangelo? È la storia della sua vita che attesta, rivela, manifesta il suo essere. Lui è da Dio. Quanto Lui dice ed opera attesta, rivela la sua verità. Senza l’attestazione della storia, senza la conferma della vita, tutto diviene parola inutile, vana. La fede è un concetto vuoto. Manca ad essa la prova reale della storia. In tal senso la fede diviene trasformazione della nostra storia in conformità alla verità che si professa. Senza la trasformazione della storia in conformità alla verità professata, la fede si trasforma in una ideologia, un puro discorso di idee che nulla hanno a che fare con la fede. Tutta la teologia rischia di divenire ideologia. È la storia del teologo che impedisce che la sua teologia venga considerata dagli altri come pura ideologia, puro discorso su delle idee e nulla più.

Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano. (Mc 14,53-65).

Gesù non solo attesta dinanzi al Signore di essere Lui il Cristo, il Figlio del Benedetto. Questa affermazione tutti potrebbero farla. Dice quale sarà la sua storia futura, a partire da questo istante. Loro vedranno il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo. Cioè Lui è quel Figlio dell’uomo di cui parla il profeta Daniele nelle sue visioni. Così Gesù attesta la sua verità e ne dona conferma attraverso la storia. Il Figlio dell’uomo sarà già seduto alla destra della Potenza, cioè di Dio, dal momento della sua risurrezione gloriosa che avverrà al terzo giorno dalla sua morte. La risurrezione è vero innalzamento alla destra del Padre. La croce, il Golgota, la tomba non sono la fine della sua storia. Se fossero la fine, la sua verità sarebbe una vuota ideologia. Lui attesterebbe cose che non possono mai divenire storia. Invece dal sepolcro inizia per Lui una nuova storia ed è questa storia che dona verità a tutta la sua vita. Quanto detto per Gesù deve essere fatto proprio da ogni suo discepolo. Questi è obbligato a testimoniare con la sua storia la verità della sua fede. Se la sua fede e la sua vita sono due cose differenti, diverse, distanti l’una dall’altra, è il segno che mai lui potrà essere creduto nella verità che dice di professare. Senza la storia, la sua fede è puro discorso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, trasformate in storia tutta la nostra fede.

09 Novembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù

Quanto Pietro vive nel cortile del sommo sacerdote, il cristiano ogni giorno lo vive nel cortile del mondo. A lui viene sempre chiesto se conosce Gesù il Nazareno. Quasi sempre la sua è risposta in tutto simile a quella di Pietro: “Non conosco Gesù. Non so di cosa stai parlando”.

Gesù va conosciuto nel cortile della Politica. In questo cortile non si chiede se si conosce Gesù. Si impone di non conoscerlo, di non sapere chi Egli sia. Non appena si varca la soglia di questo cortile, al cristiano è chiesto di spogliarsi della sua coscienza, della sua fede, della verità che professa, del Vangelo nel quale crede, per assumere la decisione, la volontà, il comando che viene dal sommo sacerdote di turno, al quale precedentemente si è venduta la propria fede.

Se in questo cortile il cristiano non si appropria della sua coscienza, rettamente formata sul Vangelo, sulla fede della Chiesa, aggiornata nella verità che oggi lo Spirito insegna alla Chiesa di Cristo Signore, lui diviene responsabile di tutti i crimini che si commettono in nome della politica, del Governo, della conduzione della società. O si è cristiani in questo cortile, o non lo si è affatto. Non esiste un cristiano a tempo. Mai potrà darsi un cristiano che appena entra in questo cortile si spoglia della sua identità e verità, per indossarle fuori. È nel cortile che si costruisce l’uomo, non fuori di esso. Se il cristiano non lavora per l’uomo secondo Dio nel cortile della Politica, mai potrà lavorare fuori. È qui che lui dovrà attestare la sua identità e verità.

Un secondo cortile assai delicato è quello della scienza. È il cristiano la luce della vera scienza. Lui è chiamato ad illuminare ogni scienza con la potente luce della verità dell’uomo, verità che non viene dalla terra, ma che discende dal Cielo, da Dio. È Dio infatti la verità dell’uomo ed è il cristiano che deve illuminare la scienza di questa altissima verità. Se la scienza non viene illuminata, essa da scienza di vita, si trasforma in scienza di morte. Anziché dare vita all’uomo, gli dona morte. L’onnipotenza della scienza, senza la luce che viene dalla sapienza di Dio, si trasforma in un cataclisma di morte per tutto il genere umano. Il cristiano deve essere fermo. Mai deve usare la scienza per il male. Mai porsi a servizio di quella scienza che viene usata per la morte. Sempre nella scienza lui deve riconoscere Cristo, la sua verità, il suo Vangelo. Ma anche nel servizio alla scienza è chiesto al cristiano di svestirsi della sua identità e verità. In questo cortile o ti spogli o non hai diritto di entrare. Per fragilità il cristiano si spoglia e diviene complice di tutti gli efferati delitti che si commettono in nome della scienza.

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto. (Mc 14,66-72).

Un terzo cortile dove al cristiano è vietato ogni accesso è quella dell’economia e della finanza. Chi vuole entrare in questo mondo deve divenire adoratore del denaro, del capitale, della ricchezza. Adorare il denaro è rinnegare l’unico vero Dio che è Gesù Signore. È calpestare il Vangelo. È schierarsi per ogni speculazione, imbroglio e tutte quelle quotidiane invenzioni di menti perverse che altro non pensano di come derubare i loro fratelli. In questo cortile si fanno operazioni così spericolate, da mettere in soggezione finanche Satana, l’inventore di ogni operazione contraria al vero amore dell’uomo. Il cristiano è chiamato ad entrare in questo cortile sempre vestito con l’abito del Vangelo, della retta fede, della santa giustizia e soprattutto della carità. Il denaro è buono se posto a servizio della giustizia e dell’amore.

Un quarto cortile è quello della giustizia. Qui il cristiano sovente è costretto a servire leggi contro Dio e contro l’uomo. Il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso, il bene e il male, non è l’uomo a doverlo decidere. Qui il cristiano è obbligato a indossare tutta la sapienza dello Spirito Santo perché sappia sempre vedere ciò che è giusto secondo Dio e compierlo e ciò che è giusto secondo gli uomini evitando di dargli valore legale. Gesù non diede mai valore legale a ciò che era ingiusto secondo il Padre suo. Si servì però sempre dell’intelligenza e sapienza dello Spirito Santo perché la sua luce risplendesse nelle tenebre, senza che un male immediato ricadesse sulla sua persona. Il cristiano è un difensore della giustizia secondo Dio, non di quella secondo gli uomini, che è ingiusta ed iniqua. Se lui, in ogni cortile nel quale viene a trovarsi – e i cortili sono molteplici – non sceglie secondo la verità di Dio, lui ha fallito la sua missione. È un cristiano secondo il mondo, non certo secondo il cuore di Gesù Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cristiani secondo il cuore di Gesù.

16 Novembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito

Il silenzio di Gesù per tutto il tempo del suo processo è di altissimo valore profetico. Gesù compie la profezia del Servo Sofferente del Signore. Egli si rivela e si manifesta come vera pecora muta dinanzi ai suoi tosatori.

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.

Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. l castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.

Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 52,13-53,12).

La passione di Gesù Signore raccontata dai Vangeli Sinottici è la perfetta realizzazione, o il pieno compimento di questa profezia. Tutto di essa si compie. Nulla rimane incompiuto. Chi conosce questa profezia e contempla la vita di Gesù per tutto il tempo della sua passione, dalla cattura nell’Orto degli Ulivi sino alla sua sepoltura, non può non attestare che è Gesù il Servo Sofferente. È Lui l’agnello muto, la pecora che viene portata al macello per la salvezza del mondo. Viene sacrificato Lui al posto nostro, in vece nostra. Aprirsi alla fede nella sua verità è obbligo. Ciò che la Scrittura attesta, la fede deve sempre confessarlo, se vuole divenire una fede viva, vera, operatrice di salvezza e di redenzione.

E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito (Mc 15,1-5).

In Cristo Gesù ogni profezia è divenuta storia. Si è compiuta. Essendo noi una cosa sola con Gesù Signore, anche in noi ogni parola della profezia e della Scrittura deve compiersi, deve farsi storia. Questa trasformazione in storia è necessaria alla fede. La fede nasce dalla storia. Se alla fede manca la storia, essa è vana. Mai potrà essere vera. Le manca il conforto della profezia, della Scrittura, della Parola di Dio. Oggi il ministero di Gesù è tutto della Chiesa. Chi è la Chiesa? Colei nella cui vita si deve compiere ogni Parola di Dio. Compiendosi e realizzandosi la Parola, essa diviene segno, via, sacramento di salvezza. Senza il compimento della Parola nella sua vita le manca il segno della credibilità. Si trasforma in una struttura di non fede, non verità, non vita. In essa e per essa non si compie, non prende vita la Parola. La modalità che fu di Gesù dovrà essere della Chiesa. Per questo essa è obbligata a guardare sempre verso Gesù Signore. È Lui l’esemplarità perfetta che dovrà essere realizzato nella storia di ogni figlio della Chiesa. Se invece la Chiesa si ripiega su se stessa e smette di contemplare Cristo, è la sua fine. Non potrà essere mai il sacramento della salvezza di Dio nel mondo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri contemplatori di Gesù.

23 Novembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Ci sono momenti nella vita di un uomo nei quali bisogna smettere di dialogare con gli uomini, perché un dialogo più impegnativo ci obbliga. Questo dialogo è con il Padre nostro celeste. Gesù è sulla croce. È fortemente tentato. È anche sfidato. Lui non può lasciarsi tentare, né tanto meno può accogliere le sfide di quanti come cani ringhiosi urlano sotto la croce. Come fare per non cadere nella volontà degli uomini e rimanere ancorati interamente e per sempre nella volontà del Padre, sapendo che solo se si rimane ancorati in Dio vi è salvezza?

La via è una sola: distrarsi, distaccarsi, allontanarsi dagli uomini, immergersi in un dialogo orante con il Padre celeste. Già Gesù aveva sperimentato la forza di salvezza e di pace che questo dialogo produce. Nella sua vita pubblica, di notte, sempre si ritirava presso il Padre in un dialogo di saggezza, intelligenza, sapienza circa la missione da compiere. Prima di affrontare la passione, si ritirò nell’Orto degli Ulivi e lì il dialogo fu un vero combattimento, una vera agonia, fino a sudare sangue. Ora sulla croce, sul monte della sua immolazione, deve rimanere ancorato nel Padre, se vuole portare a termine la sua missione. Satana non vuole che Lui vinca e per questo si serve di quanti sono schiavi del peccato e del vizio per tentarlo.

Gesù non si lascia tentare. Sulla croce medita la Parola profetica del Padre, perché sa che solo in essa è contenuta la verità della sua vita. Nella Legge, nei Profeti, nei Salmi il Padre ha scritto tutto ciò che lo riguarda, per cui è in essi che Lui dovrà trovare la sua verità. Con la mente e con il cuore si immerge nella Parola del Padre, la contempla in un atteggiamento di preghiera, vede in essa non il fallimento della sua vita, ma il vero fine della sua sofferenza e del suo dolore. Legge, Profeti, Salmi gli rivelano che la sua vita offerta sulla croce è la sola via per amare il Padre che vuole la salvezza della creatura fatta a sua immagine e somiglianza. E Lui in un trasporto d’amore trasforma la Parola profetica del Padre in preghiera, in offerta, in sacrificio, in olocausto nella sua carne. Questa la potenza della preghiera di Gesù sulla croce.

Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,21-39).

Se non ci immergiamo nella Parola di Dio, nella sua Profezia, nel suo Vangelo, se non trasformiamo ogni Parola del Padre in offerta, sacrificio, olocausto da offrire a Lui attraverso la nostra carne, difficilmente possiamo operare salvezza. La salvezza nostra e del mondo è in questa preghiera che sa trasformare la Parola in un sacrificio d’amore per il Padre nostro. Questa è la vera via della redenzione. Le altre vie sono umane, non sono divine. Se sono umane non producono alcuna salvezza. La salvezza è il frutto della Parola del Padre offerta a Lui come sacrificio di una obbedienza perfetta. Ci si pone in preghiera, ci si immerge nella Parola, si offre al Padre la nostra vita in obbedienza alla Parola. Questo dialogo d’amore è necessario ad ogni discepolo di Gesù. Ci sono momenti in cui a nulla serve parlare con gli uomini, rispondere ai loro quesiti, comunicare qualcosa di noi per tramite della parola. Si deve dialogare con loro per mezzo della nostra vita interamente trasformata in sacrificio e olocausto di obbedienza. Così parla a noi Gesù dalla croce. Così dobbiamo anche imparare a parlare agli uomini. È un linguaggio sempre da apprendere. Oggi il mondo ha bisogno di questi maestri. Ha bisogno di discepoli di Gesù che sappiano parlare dalla croce un dialogo perfettissimo di amore con il Padre celeste. Si esce dal linguaggio convenzionale, si entra nel linguaggio divino, di purissima verità. È questo il linguaggio sublime di chi ama veramente i suoi fratelli. Apparentemente sembra che non parli, invece parla loro in un modo alto, altissimo, divino.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci questo divino linguaggio.

30 Novembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?

Leggendo con grande attenzione cosa avviene dopo la morte di Gesù in croce, appare evidente dal racconto che ne fanno gli Evangelisti che per le donne per il Maestro la tomba è la sua dimora per sempre. Esse ad altro non pensano se non a rendere questa dimora confortevole, prestando al corpo di Gesù tutte quelle cure previste dalle usanze del tempo.

Osservano con circospezione dove Cristo Gesù viene sepolto. Trascorso il sabato, durante il quale era vietato ogni lavoro, anche il più urgente, di buon mattino si recano al sepolcro portando con sé gli aromi per spargerli sul corpo del Signore. L’unica loro preoccupazione era costituita dalla grossa pietra che era stata fatta rotolare sull’ingresso della tomba. Esse sono donne. Hanno poca forza. Ci sarebbe bisogno di qualche uomo forte e muscoloso.

Questa verità storica rivela che la risurrezione mai sarebbe potuta essere invenzione della prima comunità dei discepoli del Signore. La loro mente manca del concetto stesso di risurrezione. Per tutti Gesù è morto e nella morte rimarrà per sempre. Secondo il Vangelo di Matteo solo i capi dei sacerdoti e i farisei pensano ad un possibile inganno dei discepoli. Essi avrebbero potuto rubare il corpo e dire poi che Gesù è risorto. Per questo sigillano la tomba e metto a custodia di essa delle guardie. Anche le guardie sono un segno che tutti pensano definitiva la morte di Gesù. Per discepoli e non discepoli Gesù rimarrà nella morte per sempre.

Invece la storia è ben diversa. Le donne si avvicinano al sepolcro e vedono che la pietra è stata ribaltata. Entrano nel sepolcro e vedono un giovane, seduto alla destra, vestito d’una veste bianca, segno di appartenenza al cielo. Questo giovane viene da Dio. È da Lui mandato. Esse hanno paura. Sanno di trovarsi dinanzi ad una vera teofania. Vengono invitate a non avere paura. Esse cercano Gesù Nazareno, il crocifisso. Lui è risorto. Non è più nel sepolcro. Possono esse stesse constare che il luogo dove era stato deposto è vuoto. La loro paura è tanta. Fuggono via e non dicono niente a nessuno di quanto essere avevano visto e ascoltato.

Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite (Mc 15,40-16,8).

Se fosse tutto dipeso dalle donne e dai discepoli, Gesù sarebbe rimasto per sempre nel sepolcro. Gesù invece prende in mano la storia e come aveva fatto nei tre anni della vita pubblica, ora da Risorto inizia a formare i discepoli nella sua verità che dona compimento e pienezza a quanto precedentemente annunziato, rivelato, insegnato. Questa verità ci rivela che nessun uomo da solo porterà alla luce il mistero di Cristo Signore. È invece Cristo Signore che ogni giorno dovrà prendere in mano la sua comunità e illuminarla sulla verità che è la sua stessa vita. Quest’opera è ininterrotta. Gli Atti degli Apostoli attestano che è stato sempre Gesù Signore, direttamente o per opera dello Spirito Santo, a prendere in mano gli Apostoli e l’intera comunità e istruirla, illuminarla sul suo mistero giorno dopo giorno. Come il Padre ha preso per mano il suo popolo e sempre era la sua luce e la sua verità, così Cristo Gesù prende in mano la sua Chiesa e sempre è la sua luce e la sua verità. Cristo è nella Chiesa e fuori di essa, è negli Apostoli e fuori di essi, è in ogni suo discepolo e fuori di esso. È dall’esterno che Cristo prende e conduce e non solo dall’interno. Se fosse solo dall’intero, sarebbe la catastrofe quotidiana. Nessuno per sola ispirazione può condurre se stesso e gli altri nella piena verità di Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, illuminateci con la luce di Cristo Gesù.

07 Dicembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore

Gesù risorge. Rimprovera i suoi per la loro incredulità e durezza di cuore. Essi non avevano creduto a quanti lo avevano visto risorto. La fede nasce dalla testimonianza di eventi e di Parola di Dio. Se eventi e Parola non vengono creduti, mai potrà nascere la fede.

È giusto che ci si chieda: “I testimoni sono degni di fede? Si può costruire la vita sulla loro testimonianza?” Le donne non possono ingannare i discepoli. Non sono capaci neanche di pensare, immaginare la risurrezione di Gesù. Esse si sono recate al sepolcro per dare degna sepoltura al Maestro. Portano gli unguenti e i profumi per ungere il corpo del Signore. L’intelligenza non può essere estromessa dal processo della fede. Il cuore sempre deve essere illuminato dalla sapienza, saggezza, spirito di alto discernimento.

Quando la Parola viene annunziata nel rispetto dei canoni della vera testimonianza secondo la modalità che Gesù ci ha lasciato come esempio perenne e che San Paolo ha racchiuso in tre piccole regole che vanno sempre osservate – con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito (Rm 15,18-19) – il non prestarle fede diviene atto colpevole dell’uomo e per esso siamo condannati. Avremmo potuto e dovuto credere e non lo abbiamo fatto. Se però la Parola non viene offerta secondo queste regole, l’uomo che rimane nel peccato è condannato per il peccato che commette, non per la Parola non accolta, mentre il missionario sarà condannato perché non ha dato la Parola rispettando le regole per il suo dono.

In questo senso vanno interpretate le parole di Gesù dette ai suoi apostoli nel conferimento della missione evangelizzatrice universale: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Il Vangelo va dato ad ogni uomo. Tutti devono ascoltare il lieto annunzio della salvezza. Tutti devono essere salvati per la fede nella Parola di Gesù Signore, che è Parola di vita eterna. Va dato però secondo le regole lasciateci da Cristo Gesù: Conformando alla Parola tutta la nostra vita, dicendo la Parola nella sua più pura verità, mostrando ad ogni uomo i frutti di essa che sono una squisita carità verso tutti. Il cristiano non è solo l’uomo dalla Parola da predicare a tutti, è anche l’uomo della carità di Cristo da riversare in ogni cuore.

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,8-20).

Il rimproverò che oggi Gesù fa ai suoi apostoli, lo farà ad ogni uomo cui è giunta la Parola della predicazione e ad essa non è stata accordata alcuna fede. “La Parola della vita vi è stata data secondo le regole della verità e della carità. Perché non avete creduto?”. Sarà un rimprovero che escluderà per sempre dalla sua eternità beata. Ma un altro rimprovero sarà dato anche a coloro che avrebbero dovuto dare la Parola secondo i canoni della vera testimonianza e non lo hanno fatto. “Perché non hai predicato secondo giuste modalità la mia Parola? Perché hai lasciato che molti tuoi fratelli non giungessero alla vera fede? Perché li hai abbandonati al peccato, alla disperazione, alla morte?”. Anche questo rimprovero escluderà dalla beatitudine eterna di Cristo Signore. Infine dobbiamo ricordarci che quando noi diamo la Parola secondo i suoi canoni di credibilità, sempre il Signore aggiunge la sua grazia, accompagnando la Parola con segni e prodigi che ne attestano la verità. Il missionario di Cristo Gesù deve essere lui per primo sempre nel cuore del Vangelo. Se sta in periferia o accanto o fuori mai potrà dare la Parola secondo le sue giuste regole. Non può perché è fuori della vita evangelica che è la prima regola per il giusto dono della Parola. Il buon missionario di Cristo Gesù dovrà avere un solo desiderio: fare del Vangelo il suo cuore, la sua vita. Vangelo e vita devono essere una cosa sola. Se sono due cose, la predicazione sarà sempre fallimentare, vana, vuota.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù Signore.

14 Dicembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre

Chi vuole dialogare bene con gli uomini un vero dialogo di salvezza e di redenzione con i fratelli, deve vivere di dialogo ininterrotto con il Padre celeste, in una sempre più aggiornata comunione di verità nello Spirito Santo. Cosa è infatti un dialogo di salvezza e di redenzione? È dare una parola all’uomo che sia purissima parola di Dio. Se diamo parole umane, non è veri dialogo. È scambio di opinioni e di idee. Le nostre opinioni non salvano e le nostre idee non redimono. La salvezza è dall’accoglienza della Parola di Dio e la redenzione nasce dal dare ai cuori la sua diviene ed eterna verità. La salvezza è nel dono del Pensiero del Padre.

Oggi si parla molto di dialogo religioso, interreligioso, ecumenico. Spesso però si parla tra uomini. Il discepolo di Gesù si presenta all’appuntamento con i suoi pensieri, le sue idee, le sue teologie, le sue filosofie, le sue verità. Non vi è alcun dialogo possibile tra Dio e il cuore. Dio non è nel discepolo del Figlio suo. Non è in lui perché il suo Pensiero non è in lui. Il discepolo di Gesù non si presenta dinanzi agli uomini per dire una sua parola, un suo pensiero, ma per dire il Pensiero e la Parola del Padre celeste. Lui è sempre profeta dell’Altissimo. Caratteristica del profeta è una sola: la Parola di Dio non passa mai per la sua mente. Questa potrebbe contraffarla, modificarla, trasformarla. La Parola di Dio viene dalla bocca, non dal cuore. È solamente proferita, non pensata, non meditata. Essa si pensa e si medita dopo, per la sua comprensione, mai prima perché possa essere proferita.

Gesù vive con il Padre un dialogo eterno di amore. In questo dialogo eterno il Padre manifesta al Figlio il suo desiderio di creazione, salvezza, redenzione della creatura che lui vuole fare a sua immagine e somiglianza. In questo dialogo è visto il peccato e anche le modalità storiche per la sua redenzione. Il Figlio ascolta il desiderio del Padre ed è la creazione, la redenzione, la sua stessa incarnazione. Il Padre manifesta al Figlio qual è la sua volontà. Il Figlio ascolta, accoglie, obbedisce, si incarna, opera la nostra salvezza.

Anche dopo l’incarnazione il dialogo non è finito. Ogni giorno il Padre parla e ogni giorno il Figlio ascolta. Il Padre suggerisce al Figlio le parole da dire e le opere da fare e il Figlio obbedisce con immediata risposta. Anche dopo l’Incarnazione il Figlio è rivolto verso Dio, è presso Dio, è nel seno del Padre, nel seno del Padre ascolta, dal seno della sua umanità dono vita a quanto ha ascoltato. Se il Figlio di Dio dialogo con l’uomo con parole ed opere, che sono sempre dal Padre, possiamo noi sperare di dialogare con parole ed opere che sono dal nostro cuore? Questo non è vero dialogo di salvezza. Dio è tenuto fuori. Non diciamo la sua Parola.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-8).

Vi è un altro dialogo che deve essere preso in grande considerazione: è quello di fede, di verità che si vive all’interno della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Anche questo dialogo oggi è in grande sofferenza. Non si dicono parole di Dio. Non si fanno conoscere i suoi pensieri. Spesso ognuno parla dall’abbondanza del suo cuore, nel quale non abita e non dimora lo Spirito Santo. Quando si sostituisce la Parola, la verità, il pensiero di Dio con le parole, i pensieri, ciò che il cristiano pensa sia verità, è allora che il dialogo è falso e mai potrà produrre vera salvezza. Come Gesù è sempre nel seno del Padre in un dialogo eterno di verità e di amore, così il discepolo deve sempre essere nel seno di Cristo, nella sua mente, nel suo cuore, in un perenne dialogo di verità, carità, speranza, misericordia, pietà. Se esce dal seno di Cristo, le sue parole sono dalla terra e non più dal Cielo. Il suo dialogo è vano perché falso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cristiani dal dialogo vero.

21 Dicembre 2014

I DIALOGHI DI GESÙ
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio

Gesù può essere conosciuto solo per rivelazione. Essa deve essere frutto in noi della Parola dell’uomo e dell’azione illuminatrice, chiarificatrice, rivelatrice dello Spirito Santo. Lo Spirito del Signore sempre necessita della Parola dell’uomo. La Parola dell’uomo sempre ricorre allo Spirito. Insieme donano la verità di Cristo Gesù. Anche quando lo Spirito agisce direttamente, sempre poi ricorre alla Parola e alla grazia che devono essere date dal discepolo del Signore.

Il Battista è profeta del Dio vivente. Non conosce Gesù nella sua divina ed umana verità, nella sua missione di redentore e salvatore dell’uomo. Lo conosce per rivelazione. È lo Spirito che gli dona la verità di Gesù, non però come Messia di Dio, ma come “Agnello di Dio che toglie i peccato del mondo”. Gli dona anche la verità di Messia, ma in modo velato: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. Lo Spirito Santo si sarebbe posato sul Messia in modo pieno, perfetto. Si sarebbe posato e rimasto. La verità che oggi lo Spirito rivela a Giovanni perfeziona e dona compimento a tutte le profezie antiche. Il Messia viene per battezzare ogni uomo nello Spirito Santo, per immergerlo cioè nella sua verità, sapienza, luce, carità, comunione, pensiero di Dio.

In tutto il Nuovo Testamento Gesù è annunziato, rivelato, presentato non solo come colui che viene per dare compimento letterale alle antiche profezie. Prima di tutto in Lui tutte le profezie si compiono. Non solo si compiono, sono da Lui portate al sommo della divina verità. Gesù le compie per superamento, per pienezza di verità, andando infinitamente oltre la lettera delle stesse Scritture. Quanto le profezie annunziano orientano verso la verità piena di Gesù, ma non sono la verità piena. Essa è eternamente, divinamente, infinitamente oltre. È dalla luce di Cristo che tutti devono partire se vogliono conoscere la verità delle profezie e delle Scritture. Senza questa luce divina ed umana insieme, le Scritture restano lettera morte. È lettera che non dona verità e di conseguenza non dona vita. La lettura della Scrittura senza la luce di Cristo può essere anche stupenda. Ma è come un sarcofago monumentale. Non è segno di vita ma di morte. Non è di risurrezione e di speranza, ma di chiusura delle porte di ogni speranza.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,19-34).

Nel dialogo di salvezza del cristiano con il mondo, è giusto che tutti sappiamo che come Gesù è colui che dona verità piena alle Antiche Scritture, così dovrà essere per ogni suo discepolo: egli dovrà dare piena verità a tutte le parole del Vangelo. Il mondo dovrà conoscere qual è il significato, la verità, la luce di ogni parola di Gesù, vedendola trasformata in vita dal cristiano. Questi dono vita attualizzandola con la potente forza interpretativa e comprensiva dello Spirito Santo. Come però è stato necessario che Giovanni vedesse lo Spirito scendere e posarsi su Cristo Gesù, così è necessario che il mondo veda sul discepolo lo Spirito posato che rimane su di lui in modo abituale e perenne. Con lo Spirito il cristiano darà verità sempre nuova alla Parola di Dio e per lui molti verranno alla fede. Nessuno potrà mai credere in Cristo Gesù se ogni suo discepolo non si farà attualità, verità, perfetta comprensione del mistero del Suo Signore. È la via santa che sempre dovrà percorrersi. È il cammino quotidiano che attende tutti coloro che diciamo di essere discepoli di Gesù e di credere in Lui. Purtroppo diciamo un Vangelo senza di noi, non attualizzato in noi, non portato a compimento in noi. Questo Vangelo non dona vita agli altri, perché esso non dona vita noi che lo diciamo. È la nostra vita la luce del Vangelo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vita e luce del Vangelo.

28 Dicembre 2014