Il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?

L’Apostolo Giovanni offre ai cristiani e al mondo intero una modalità nuova che permette loro di vivere ogni passione, piccola o grande, ogni croce, giusta e ingiusta, ogni sofferenza, lieve o pesante. Il Cristo Sofferente di cui lui parla è con gli occhi fissi a contemplare la volontà del Padre. Lui non guarda gli uomini, non sente le loro urla, non ascolta le loro parole. Lui sa che deve essere come la pecora muta dinanzi ai suoi tosatori e in pienezza di fede e di obbedienza si consegna loro senza opporre alcuna resistenza. D’altronde, se opponesse una anche minima resistenza, non sarebbe la pecora docile e umile condotta al macello per la redenzione dell’umanità. Non vivrebbe di pronta, pura, immediata obbedienza al Padre suo.

Nemmeno lascia che Giuda lo baci, donando il segno ai soldati perché arrestino Gesù e non un altro. È Lui che si presenta e chiede. Dona però loro un segno della sua onnipotenza. Loro lo possono catturare perché è giunta la sua ora di consegnarsi per intero al peccato del mondo. Se la sua ora non fosse giunta, essi nulla potrebbero fare. Lui non è nelle mani dell’uomo, ma solo in quelle del Padre ed è il Padre il solo che può e deve decidere della sua vita. Oggi ha deciso che è giusto che Lui sia portato al macello e lo consegna nelle loro mani. Quella di Gesù è purissima visione di fede che si trasforma in pronta e immediata obbedienza. Il Padre ha deciso e Lui obbedisce. Il Padre vuole e Lui si abbandona tutto al suo volere.

Così agendo Gesù rivela ad ogni sofferente della terra che lui mai deve vedere la storia, gli eventi, gli uomini, il loro peccato, la loro malvagità, i loro pensieri, la loro invidia e infinita stoltezza e insipienza. Deve invece contemplare senza alcuna interruzione il Padre e chiedere a Lui che gli manifesti il suo volere sulla sua vita, perché anche lui vuole consegnarsi come pecora muta per compiere nella sua carne ciò che ancora manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa. Con una altissima visione di fede, tutto si trasforma in martirio, in testimonianza, perché tutto è obbedienza alla volontà del Padre che permette ogni cosa per saggiare quanto grande è il nostro amore per Lui e quanto immediata la nostra obbedienza.

Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?».

Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?». Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo» (Gv 18,1-14).

Giovanni rende anche nullo il gesto di Giuda. Non è infatti Giuda che lo indica a chi è lì per arrestarlo. È Gesù che si manifesta, si presenta, si lascia arrestare. Sono pertanto in grande errore tutti coloro che presentano Giuda come colui che essendo necessario per il compimento della redenzione, è solo uno strumento nelle mani di Dio. Giuda non strumento di Dio, è invece del diavolo, a suo servizio, perché è strumento del male. Il Vangelo oggi ci dice che la sua presenza lì è inutile. È Gesù che va liberamente incontro alla sua passione. È Lui che si presenta e si lascia catturare. È Lui che proibisce a Pietro qualsiasi azione di violenza. Non può sottrarsi a ciò che il Padre ha stabilito per Lui. Giovanni così ci aiuta a leggere la passione non secondo il mondo, ma secondo la verità dell’amore che tutto nel cuore di Gesù Signore. Giovanni legge la passione secondo il cuore di Cristo Gesù, perché il cuore del Maestro è tutto nel cuore del discepolo. Il mondo ha il cuore del mondo e secondo questo cuore legge la passione e anche la vicenda di Giuda. Gli occhi e il cuore del mondo leggono secondo il mondo. Gli occhi e il cuore di Cristo leggono secondo Cristo. Leggere la propria vita con occhi del mondo e leggerla con gli occhi e il cuore di Cristo sono due letture diametralmente opposte. A noi cristiani l’obbligo di avere il cuore e gli occhi di Cristo per leggere la nostra vita sempre secondo la volontà del Padre. Gli eventi si leggono e di vivono in modo semplicemente divino.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci occhi e cuore di Cristo Gesù.