Il vostro agnello sia senza difetto, maschio,…… – Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto

04 Giugno
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno

L’agnello della Pasqua prima di ogni altra cosa, doveva essere senza difetto, maschio, nato nell’anno. Essendo l’agnello dal quale si doveva trarre il sangue da spargere sull’architrave e sugli stipi delle porte, in modo che l’Angelo sterminatore, vedendolo, passasse oltre, doveva essere sangue di animale perfetto. Secondo la Legge del Levitico tutti gli animali da sacrificare al Signore o per altra finalità sacra dovevano essere senza macchia. Questa qualità dell’agnello è essenza non pura formalità.

Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare.

Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne. (Es 12,1-14).

La Lettera agli Ebrei attesta la purezza e la santità morale di Gesù Signore. In Lui non vi è alcuna macchia. Lui è santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori. È separato non nel senso che si è distaccato da essi, ma perché non ha mai conosciuto il peccato. Lui è nato nella più alta santità ed è morto nella più alta santità.

Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre (Eb 7,26-28).

Per l’Apostolo Giovanni Gesù è il vero Agnello di Dio. È l’Agnello della Nuova Pasqua, ma è anche l’Agnello che porta su di sé il peccato del mondo secondo la profezia di Isaia. È Lui la pecora muta portata al macello che non apre la bocca.

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!» (Gv 1,26-36).

Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,31-37).

Nell’Apocalisse Agnello è il nome con quale Gesù viene indicato, presentato. È il suo titolo dopo la sua gloriosa risurrezione. Lui è l’Agnello come immolato. Agnello puro, senza macchia. Agnello che ha in mano il cielo e la terra.

Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra (Ap 5, 6). E l’Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono (Ap 5, 7). E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi (Ap 5, 8). e dicevano a gran voce: «L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione» (Ap 5, 12). Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5, 13). Quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: “Vieni” (Ap 6, 1). Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: “Vieni” (Ap 6, 3). Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: “Vieni”. Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano (Ap 6, 5).

Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: “Vieni” (Ap 6, 7). Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa (Ap 6, 9). Quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue (Ap 6, 12). E dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello (Ap 6, 16). Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani (Ap 7, 9).

E gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello” (Ap 7, 10). Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello (Ap 7, 14). Perché l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap 7, 17). Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora (Ap 8, 1). Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire (Ap 12, 11). L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato (Ap 13, 8). Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago (Ap 13, 11).

Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo (Ap 14, 1). Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l’Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello (Ap 14, 4). berrà il vino dell’ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell’Agnello (Ap 14, 10). cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello: “Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! (Ap 15, 3). Essi combatteranno contro l’Agnello, ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re e quelli con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli” (Ap 17, 14). Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta (Ap 19, 7).

Allora l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello!”. Poi aggiunse: “Queste sono parole veraci di Dio” (Ap 19, 9). Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: “Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell’Agnello” (Ap 21, 9). Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello (Ap 21, 14). Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio (Ap 21, 22). La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello (Ap 21, 23). Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Ap 21, 27). Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello (Ap 22, 1). E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno (Ap 22, 3).

San Paolo dice che colui che non ha conosciuto il peccato, Dio lo fece peccato per noi. Lui l’Agnello innocente, senza macchia che prende su di sé i peccati del mondo e si fa vittima di espiazione per noi. Questo è il suo grande amore.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,18-21).

San Pietro dichiara che noi siamo stati redenti con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Gesù è il vero agnello della nostra redenzione.

E se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna (1Pt 1,17-23).

L’agnello della pasqua antica liberava dalla morte con il suo sangue. Dava la forza per il lungo viaggio da affrontare con la sua carne. Dava la vita, conservava la vita, permetteva che si uscisse dalla terra della schiavitù e dell’asservimento.

Cristo Gesù, Nuovo Agnello della Nuova Pasqua, con la sua immolazione sulla Croce, compie la nostra redenzione, ci libera dal peccato, espia per noi. Il suo è un vero sacrificio di espiazione vicaria. Anziché morire noi, muore Lui al posto nostro. Con la sua carne ci dona ogni forza per compiere la volontà di Dio fino a quando non avremo raggiunto Dio nel suo Paradiso. Con il suo Sangue che noi beviamo ogni giorno rinnoviamo la nostra alleanza con il Padre celeste e ci costruiamo come vero popolo di Dio. Usciamo dalla nostra solitudine, diveniamo Corpo, Chiesa, Popolo. Dobbiamo vivere come vero Corpo, vera Chiesa, vero Popolo, nella comunione spirituale e reale.

L’Agnello, ed è questa verità che oggi ci interessa cogliere, rivela una verità in ordine all’inimicizia e allo schiacciamento del capo. Questa vittoria ha un costo pesante. L’Agnello di Dio, l’Agnello della Nuova Pasqua, ha pagato con la sua vita questa vittoria e vuole che venga pagata con il sangue di tutto il suo Corpo che è la Chiesa. Senza effusione di sangue non c’è redenzione, non c’è liberazione, non è data alcuna benedizione. Il peccato va espiato e chi deve espiarlo è il Corpo di Cristo, è l’Agnello di Dio. Il corpo per espiare, per essere sacrificato al Signore, deve essere santo, innocente, puro, senza macchia, non deve conoscere il peccato. Perché la benedizione si riversi su tutti i popoli la Chiesa, Corpo di Cristo, deve essere pura e innocente come il suo Signore, deve anche immolarsi al Padre, in Lui, per la redenzione dei suoi figli e dei suoi fratelli. La Chiesa è vera Chiesa, se è vero Agnello in Cristo. È vero Agnello se è innocente e si lascia come Cristo immolare per i peccati del mondo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate la Chiesa vero Agnello.

Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto

L’attraversamento del Mar Rosso per San Paolo è vera figura del battesimo. Si attraversano le acque, si passa di mezzo. Esse separano il mondo della schiavitù dal mondo della libertà. Entrati nella terra della libertà, dopo aver passato sia il Mar Rosso che il Giordano, la libertà giorno per giorno si realizza vivendo nella Parola di Gesù, divenendo suoi discepoli. Terra della schiavitù, acqua, attraversamento, terra della libertà, vita nella Parola. A nulla serve attraversare le acque del Battesimo, se poi non si vive nella Parola di Gesù Signore. Questa verità così è annunziata dal Vangelo.

Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo».

Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio» (Gv 8,31-47).

Gesù manifesta ai Giudei che essi non vivono nella liberà. Essi sono schiavi dei loro pensieri. Vivono sotto il governo del principi della falsità e della menzogna. Oggi, come allora, urge mettere al centro la Parola di Gesù. Non vi è libertà senza di essa. Tutta la terra senza la Parola di Cristo Signore, diviene palude di schiavitù e deserto di alienazione dell’uomo. Questa verità viene anche confermata da San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Attraversare il Mar Rosso non è salvezza.

Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere (1Cor 10, 1-13).

Essere battezzati, cresimati non è salvezza. Celebrare l’Eucarestia non è salvezza. Essere consacrati presbiteri e vescovi o diaconi non è salvezza. Abbracciare lo stato religioso o la consacrazione laicale non è salvezza. La salvezza inizia nel momento in cui si vive la Parola di Gesù. Si entra nel Vangelo, si vive di Vangelo, si gusta la vera libertà cristiana. Tutti i sacramenti, compresa l’Eucaristia, sono finalizzati alla Parola, al Vangelo. Dalla Parola non ascoltata si è precipitati nella schiavitù del peccato e della morte. Dalla Parola ascoltata si passa dalla schiavitù alla libertà.

Tutti i sacramenti vengono celebrati sul fondamento della Parola. Ma anche sia il passaggio del Mar Rosso che quello del Giordano furono operati sul fondamento della Parola. Dio dice, l’uomo crede, obbedisce, si compie il miracolo della vera libertà. Ma libertà acquisita sul fondamento della Parola ancora non è libertà acquisita, libertà conquistata. Si conquista finché si è nella Parola. Si perde non appena si esce dalla Parola. In verità ogni qualvolta il popolo del Signore usciva dalla Parola, cioè dalla fedeltà alla Parola del Signore precipitava nella schiavitù di altri padroni.

Ecco come il Libro dell’Esodo narra quel momento assai difficile del passaggio del Mar Rosso. Molti del popolo già avevano perso la fede nel Signore e si lamentavano contro Mosè. Mosè crede nella Parola del Signore e il Mare si apre e tutto il popolo lo attraversa. Lascia definitivamente quella terra della schiavitù, ma non lascia la schiavitù. Non cammina ancora nella Parola del Signore ed è schiavo di se stesso. Prima era schiavo del Faraone, oggi schiavo di se stesso, della sua non fede.

Quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re d’Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi‑Achiròt, davanti a Baal‑Sefòn.

Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli».

Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».

L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.

Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.

Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».

Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra.

In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo (Es 14,5-31).

Il passaggio del Giordano è meno drammatico. Ormai il popolo, guidato da Giosuè, un poco è maturato nella fede. Cammina nella Parola. Ascolta quanto il Signore gli dice.

Giosuè si levò di buon mattino; si mossero da Sittìm e giunsero al Giordano, lui e tutti gli Israeliti. Lì pernottarono prima di attraversare. Trascorsi tre giorni, gli scribi percorsero l’accampamento e diedero al popolo quest’ordine: «Quando vedrete l’arca dell’alleanza del Signore, vostro Dio, e i sacerdoti leviti che la portano, voi vi muoverete dal vostro posto e la seguirete; vi sia però tra voi ed essa una distanza di circa duemila cubiti: non avvicinatevi. Così potrete conoscere la strada dove andare, perché prima d’oggi non siete passati per questa strada». Giosuè ordinò al popolo: «Santificatevi, poiché domani il Signore compirà meraviglie in mezzo a voi». E ai sacerdoti Giosuè disse: «Sollevate l’arca dell’alleanza e attraversate il fiume davanti al popolo». Essi sollevarono l’arca dell’alleanza e camminarono davanti al popolo.

Il Signore disse a Giosuè: «Oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che, come sono stato con Mosè, così sarò con te. Da parte tua, ordina ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: “Una volta arrivati alla riva delle acque del Giordano, vi fermerete”». Disse allora Giosuè agli Israeliti: «Venite qui ad ascoltare gli ordini del Signore, vostro Dio». Disse ancora Giosuè: «Da ciò saprete che in mezzo a voi vi è un Dio vivente: proprio lui caccerà via dinanzi a voi il Cananeo, l’Ittita, l’Eveo, il Perizzita, il Gergeseo, l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco, l’arca dell’alleanza del Signore di tutta la terra sta per attraversare il Giordano dinanzi a voi. Sceglietevi dunque dodici uomini dalle tribù d’Israele, un uomo per ciascuna tribù. Quando le piante dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca del Signore di tutta la terra si poseranno nelle acque del Giordano, le acque del Giordano si divideranno: l’acqua che scorre da monte si fermerà come un solo argine».

Quando il popolo levò le tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti portavano l’arca dell’alleanza davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque – il Giordano infatti è colmo fino alle sponde durante tutto il tempo della mietitura –, le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo a partire da Adam, la città che è dalla parte di Sartàn. Le acque che scorrevano verso il mare dell’Araba, il Mar Morto, si staccarono completamente. Così il popolo attraversò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore stettero fermi all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele attraversava all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano (Gs 3,1-17).

Il passaggio del Giordano è fatto nella fede di tutto il popolo, perché vissuto nell’ascolto della Parola del Signore. Questo attesta che i quaranta anni di deserto una certa maturazione di fede l’hanno creata. Ci si accorge subito del grado di fede di una persona dalle sue reazioni difronte alla storia. Gli eventi sono sempre la misurazione del nostro stato di fede. Gesù ebbe una fede purissima. Lo attesta la storia della sua passione. Che la sua fede fosse perfetta se ne è accorto anche il centurione, un pagano. Infatti è stato lui a proclamarlo “Figlio di Dio e uomo giusto”.

Dopo il passaggio del Mar Rosso il Signore conduce il suo popolo nel deserto perché esso impari che non di solo pane l’uomo vive, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Questa verità ci suggerisce che serve a ben poco amministrare i sacramenti, che sono tutti celebrati sul fondamento della Parola per il servizio alla Parola, se poi non si educa il popolo a camminare nella Parola. La pienezza della benedizione è nella Parola. La testa al serpente la schiaccia chi vive nella Parola. Chi non vive nella Parola rimane nella schiavitù del principe di questo mondo. Infatti si fa la sua volontà e non quella del Padre nostro che è nei cieli. Insegnare ad un uomo come si vive di Parola è la carità più grande e la misericordia sul modello di quella del Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a vivere di Parola.