Intervento di S.E. Mons. Ciliberti alla prima giornata del secondo convegno

Intervento S.E. Mons. Antonio Ciliberti
(Catanzaro, Teatro Politeama, 13 marzo 2007)

Anch’io unisco il mio fervido saluto per tutti voi, mentre dò il benvenuto a quei nostri fratelli provenienti da diverse Diocesi e da diversi paesi d’Italia.
Il moderatore, introducendo questo mio intervento, diceva dell’attenzione del Vescovo, della Chiesa all’azione dello Spirito Santo che, con l’onnipotenza del Suo Amore Divino, suscita tanti carismi, perché nell’unica Chiesa siano messi al servizio della comunità dei fratelli, per edificarli nella fede, per animarli a essere testimoni di amore in mezzo agli uomini.
Tra queste nuove realtà che lo Spirito Santo ha suscitato, e va suscitando, nell’unica Chiesa di Gesù Cristo, per il discernimento della Chiesa, vi è il Movimento Apostolico, nato proprio qui nella nostra città, per ispirazione della signora Maria cui va la nostra gratitudine e l’incoraggiamento costante, a vivere il suo rapporto personale di relazione con il Signore e a farsi anche tramite per potere manifestare quello che è il suo disegno ineffabile, un disegno di Amore verso la nostra comunità e verso il mondo.
Lo Spirito Santo, quindi, opera in maniera efficace nell’ambito dell’unica Chiesa. Ha fatto irruzione il giorno di Pentecoste e in maniera costante guida questa nostra umanità, attraverso un messaggio graduale da una condizione di inferiorità a una situazione di superiore grandezza.
Questo processo è irrefrenabile, ma diventa sempre più efficace nella misura in cui c’è la risposta alla corresponsabile collaborazione da parte dell’uomo. Noi vogliamo essere sensibili all’azione dello Spirito Santo, perché con docilità possiamo offrire la nostra collaborazione, affinché il suo disegno salvifico trovi una concreta rispondenza storica nella nostra comunità e in tutte le Chiese.
Oggi siamo invitati, attraverso questa breve relazione, a cogliere lo specifico nel compito di ammissione e cooperazione del Movimento Apostolico all’azione dello Spirito di Dio nella nostra Chiesa e in tutte le Chiese dove è, ora, presente.
Il compito del Movimento Apostolico è quello di testimoniare, davvero, l’Amore di Dio per noi. E bisogna cogliere la realizzazione di questo disegno, innanzitutto, nell’anelito che lo Spirito ha donato al Movimento: la specificità del Carisma, che come tutti sappiamo, è quello di ricordare il Vangelo di Dio a tutti gli uomini, in maniera particolare agli uomini dei nostri tempi che sembrano sordi alla voce del Signore, ripiegati in interessi di carattere contingente al sé relativo e che, spesso, dimenticano di porgere l’orecchio alla Verità trascendente che libera e salva.
Il ricordo del Vangelo del Signore, il ricordo della Verità rivelata, mette l’uomo nella condizione di riscoprire innanzitutto se stesso e, una volta riscoperta la propria dignità, di vivere con coerenza di vita il proprio essere nella storia e nella comunità.
Difatti, avvertiamo insopprimibile un bisogno che è quello di interrogarci sulla nostra identità: “chi è l’uomo, chi sono io?” A questo interrogativo rispondono tante scienze e ciascuna nell’ambito specifico della propria ricerca porta un contributo per la riscoperta dell’identità di quest’uomo. Ogni volta che la scienza ci dà una risposta, poiché essa ripropone un briciolo di luce di verità sul nostro essere, quella risposta è sempre un motivo di soddisfazione per noi.
Ma nel profondo, poi, capiamo che quella soddisfazione contingente non è esaustiva per l’indigenza profonda che è insopprimibile e presente nella profondità del nostro animo.
Se raccogliessimo, attraverso un lavoro più paziente, tutte le risposte delle scienze in un’unica e trainante risposta che è quella della scienza, questa risposta, sebbene più ricca di verità sull’identità dell’uomo, pur donandoci motivi consolanti per la riscoperta della nostra identità, non ci soddisfa in pienezza. Avvertiamo, infatti, l’indigenza che è insopprimibile nella profondità del mistero e che ci porta al di là della risposta della scienza, perché lo spirito dell’uomo cerca di più.
Allora il Signore ci parla con cuore di Padre nella pienezza della Verità e ribadisce, attraverso la rivelazione contenuta nel libro sacro, che l’uomo è la incarnazione storica di un atto eterno di Amore del Padre. Fin dall’eternità Iddio, infinita sapienza e somma carità, ha progettato ciascuno di noi e, nel tempo della nostra storia, questo ineffabile progetto eterno di Dio si è personificato nella povertà della nostra carne.
L’uomo, allora, riscoprendosi come concretizzazione storica di un atto eterno di Amore di Dio, in questa rivelazione trova la pienezza della soddisfazione, poiché questa risposta nella infinità della sua Verità è esaustiva per l’indigenza dell’uomo. E la dimensione svettante della nostra dignità costituisce, per tutti noi, un motivo pieno di gioia autentica e vera.
Carissimi fratelli, sorelle dilettissime, il compito di ricordare agli uomini innanzitutto cosa sono sostanzialmente, è assai singolare e importante ed è la missione della Chiesa, è la missione del Movimento che, come carisma, ha avuto da parte del Signore la specificità di questo compito: ricordare la Verità del Vangelo.
La prima Verità è quella sull’uomo; quanti nostri fratelli, oggi membri attivi e dinamici di questo Movimento Apostolico hanno fatto, in maniera sublime, questa esperienza. Essi provenivano da condizioni difficili, assai disperate e disparate, spesso in antitesi e contraddizione. Molti provenivano da esperienze di peccato: e chi di noi è senza peccato?
La irradiazione della Verità sulla propria identità ha fatto riscoprire questo ineffabile disegno e l’uomo è apparso nella contemplazione della sua giusta luce, nella pienezza della sua verità; così ciascuno, confrontando la sua condizione, si è trovato, in molte circostanze, assai distante da quell’immagine bella, fin dall’eternità concepita nella mente di Dio e attualizzata nel tempo della nostra storia.
Sì, è l’esperienza dei nostri limiti e la cognizione del nostro peccato che, sostanzialmente, è la negazione di quel disegno di Amore per ripiegare nella povertà del proprio egoismo.
Ma nel momento in cui, dinanzi al ricordo della Verità sulla nostra identità con l’incarnazione di amore, travisiamo i nostri limiti e mettendo a confronto con essa la nostra condizione di precarietà, avvertiamo pure il bisogno insopprimibile di potere ricompattare questa identità con l’originaria bellezza, perduta a causa della nostra infedeltà.
È come lo specchio infranto che è andato, appunto, in pezzi e che sentiamo il bisogno di ricompattare, raccogliendo questi frantumi per ricomporli in quella originaria unità; è il gioco dei puzzle laddove bisogna, con umiltà, pazienza ma anche con gioia, ricomporre nell’unità i pezzi smarriti per recuperare la nostra persa originalità.
Il Signore, per aiutarci in questa prospettiva, ha messo al nostro cospetto un’immagine stupenda, un’immagine del Suo Figlio, fatto nostro fratello: Gesù Cristo, l’uomo perfetto perché senza peccato. In Cristo tutti troviamo un’ispirazione forte per potere ricomporre quella unità che abbiamo perduto.
Qui, vorrei, in sintonia con quanto ha detto, in maniera brillante, il carissimo Mons. Marcianò, richiamare alla nostra attenzione la lezione incarnata di Paolo di Tarso il quale, prima di noi, ha fatto un’esperienza drammatica, ma anche intrisa di speranza gioiosa.
Egli ha guardato a Cristo come modello su cui configurare la sua perfezione; proprio lui, Paolo, che era carico dell’esperienza del peccato. E proprio su Cristo ha attinto ispirazione per configurare il suo progetto di vita che consisteva e consiste nel ritrarre nella sua carne i lineamenti amabili della perfezione dell’Uomo Perfetto.
Non basta, tuttavia, disegnare sulla carta questo progetto di perfezione di vita; bisogna storicamente concretizzarlo e, in maniera graduale, verificarlo nella sua concretizzazione storica. Per questo, Paolo in questo impegno generoso e costante poteva dire nella Verità: per potere cristificarmi è necessario disintegrare me stesso, uomo di peccato, per formare quasi un’unica pasta con Cristo ed essere una sola cosa con Lui.
Cupio dissolvi et esse cum Christo: bramo, desidero, ardentemente voglio polverizzarmi quasi per essere una sola cosa con lui.
Christo confixus sum cruci: sì, con Cristo, voglio inchiodare l’uomo vecchio sul legno della croce e rinascere attraverso la forza della resurrezione nella novità della vita.
Paolo ancora poteva dire nella sua esperienza sublime: “Vivo ego, iam non ego, vivit vero in me Christus”. Sì, “sono io a vivere, ma non sono più io a vivere in me, è Cristo che vive dentro di me”, “mihi vivere Christus est”: la mia vita è Gesù Cristo!
Ecco l’impegno di ogni cristiano: riproporre nella sua vita la perfezione di Cristo, adoperandosi, in maniera responsabile e costante, a identificarsi con Lui, a Cristificarsi. E questo non è un’utopia, né un’astratta aspirazione. Deve costituire sempre la dimensione permanente nel nostro essere cristiano nella storia e nel mondo.
Il Movimento Apostolico, ricordando che l’impegno di ciascuno è quello di creare l’uomo nuovo, ripropone per i suoi membri e per tutti gli uomini di buona volontà, questo modello esemplare, dando le indicazioni alla scuola di Paolo su come sia possibile concretizzare storicamente questo progetto ineffabile di sapienza e di vita. È chiaro che l’uomo il quale riesce a realizzare questo disegno e lo esperimenta vivo e incarnato della sua esistenza, diventa fonte inesauribile di Amore, instaurando questo rapporto nelle relazioni con tutti i fratelli, perché rende visibile quell’invisibile Cristo che è presente nella povertà del suo essere, arricchita dal suo mistero.
Allora sì che diventa uno strumento per instaurare relazioni di carità, di fraternità, di comunione.
L’invito di Cristo trova, così, un ineffabile riscontro: “da questo vi riconosceranno che siete miei, se vi amerete gli uni gli altri”. Chi vive di amore, chi fa esperienza di Cristo vivo nella sua povertà del suo essere avverte, insopprimibile, il bisogno di riproporsi come testimonianza incarnata nella Verità dell’amore.
Ma, come tutti ben sappiamo, Gesù non ci ha dato soltanto il criterio e l’indicazione di come verificare, attraverso l’amore, il rapporto di carità tra noi, la nostra perfezione cristiana, e nella dimensione didattica, sapendo che abbiamo bisogno, per i nostri limiti, di queste indicazioni precise non tanto in termini di teoria astratta, ma in termini concretezza e di vita, ci ha indicato il modo come configurare la Verità del nostro amore: “amatevi come io vi ho amato”. Egli non con discorsi sublimi, ma nella verità e con i fatti ci ha insegnato come effettivamente dobbiamo amarci.
Allora, brevemente, guardiamo l’esemplarità di Gesù, perché dalla sua testimonianza possiamo attingere ispirazione e perché sulla sua perfezione possiamo configurare la nostra vita cristiana affinché sia davvero testimonianza di carità dell’amore di Dio al servizio dei nostri fratelli.
Il primo dato inequivocabile, da cui si ravvisa la grandezza del Dio Amore, è la incarnazione di Cristo. Gesù si fa nostro fratello, prende su di sé la condizione fragile della nostra umanità segnata con tutte le sue aspirazioni, le ansie, le sofferenze, le piaghe, e la eleva a una altezza vertiginosa, perché l’assume nell’unità della sua persona divina. La Incarnazione è, già, il gesto sublime della grandezza dell’amore che Cristo ci insegna attraverso la sua testimonianza di verità.
Ma Egli non esaudisce qui la grandezza del suo Amore, reso visibile per tutti perché sia punto di riferimento e se mai termine di confronto nella vita cristiana. Egli, nella libertà della sua scelta, in profonda sintonia con la volontà del Padre, si immola sull’altare della Croce, celebrando quell’unico e vero sacrificio che è dentro di sé, la potenza di riscattare l’uomo e la sua dignità e di garantirgli la certezza della sua eterna salute. Infatti, il sacrificio di Cristo è di valore infinito, essendo il sacrificio dell’Uomo Dio.
Ma il Signore non ha neppure qui esaurito la indicazione di come, sostanzialmente, ci si deve amare. Egli ha voluto che quel gesto compiuto una volta sull’altare della Croce potesse essere perpetuato nella perennità della storia perché diventasse, adesso e qui, per ciascuno di noi lo strumento della nostra liberazione e della nostra salvezza. Per questo ha istituito il sacramento dell’Eucarestia. Nella celebrazione del Sacramento Eucaristico, nella celebrazione della Santa Messa si rinnova la Pasqua di Cristo, si rinnova il mistero della nostra liberazione e salvezza.
Ma ancora Gesù ha voluto portare a compimento questo insegnamento sublime, mandando, come aveva promesso, lo Spirito Santo che, irrompendo nell’anima, nella storia dell’umanità, con la onnipotenza del suo Amore potesse guidare il popolo Santo verso la definitiva certezza della sua liberazione: “amatevi come io vi ho amato, vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, possiate fare anche voi”
Carissimi, il Movimento Apostolico, nel suo dinamismo pastorale, non solo ricorda l’insegnamento di Cristo, ma ricordandolo lo attualizza, così come è impegnata la Chiesa ad attualizzarlo nella storia.
Allora ecco le indicazioni pastorali: sull’esemplarità di Gesù ognuno di noi deve sentire la gioia e il dovere, vivendo la vocazione all’amore, di inserirsi in maniera completa nel tessuto connettivo di questa nostra umanità. Dobbiamo prendere sulle nostre spalle le ansie, le tensioni, le aspirazioni, le sue difficoltà, le sofferenze, le gioie per poterle, così, condividere e attraverso la dimensione della nostra oblazione sull’esemplarità di Cristo, fare in modo che queste attese, con il contributo della nostra compartecipazione, possano trovare una risposta esauriente, una risposta generosa e pronta.
Come il Cristo, dobbiamo saperci immolare per la redenzione dell’intera umanità, per il riscatto della dignità di quest’uomo. E in che cosa consiste la nostra oblazione? Con semplicità consiste nell’offrire la vita come ha fatto il Signore, perché a servizio di tutti nella dimensione carismatica, professionale, sacramentale, possiamo dare quell’indispensabile contributo che ciascuno di noi per la sua vocazione che prende origine fin dall’atto eterno dell’amore di Dio, è chiamato storicamente a portare agli uomini fratelli nella storia di questa umanità segnata.
Ci accorgeremo di avere, così, insieme con Cristo, per la forza del suo Spirito, una forza tale che passa attraverso le nostre mani da potere davvero rinnovare questa umanità, rinnovare la faccia della terra, rinnovare quest’uomo; naturalmente, in questo compito, in questa indilazionabile missione, perché mentre prendiamo coscienza della nostra identità in maniera coerente, dobbiamo portare a compimento la nostra missione nella storia. Abbiamo bisogno, tuttavia, di alimentare le nostre energie, perché davvero la nostra missione sia efficace. E dove attingiamo questo indispensabile alimento? Nella Verità della Parola, nell’accogliere il Verbo, come la vergine Maria, nel mistero della nostra vita, perché la forza della Verità alimenti l’impeto della nostra missione nella storia.
Dobbiamo alimentare la vita attraverso il pane dell’Eucarestia perché forti e robusti possiamo testimoniare il Signore nella Chiesa e nel mondo.
Auguro al Movimento Apostolico con espressione particolare, secondo la sua dimensione carismatica di quest’unica Chiesa, che è la Chiesa di Gesù Cristo, che possa, in profonda sintonia e comunione, forte della Verità del Vangelo, forte della Onnipotenza della vita del Cristo che si fa dono, andare nel mondo e annunziare, attraverso la propria testimonianza, la grandezza della carità di Dio che libera e salva quest’uomo.
In questa prospettiva e in tanta tensione di speranza, il mio augurio per voi si fa anche preghiera, perché davvero cristificati, possiate essere testimoni del Cristo vivo attraverso la semplicità della vostra presenza tra gli uomini nella Chiesa e in tutto il mondo.