Lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci
La parabola di Gesù narra di un uomo che volle uscire dalla casa del Padre. Aveva tutto in essa, ma non poteva agire di sua volontà, era obbligato ad ascoltare il Padre, seguire i suoi insegnamenti, camminare secondo le sue direttive. Il tutto era condizionato ad una obbedienza senza riserva. Chiede al Padre la parte dei beni che gli spettano. Il Padre subito acconsente alla sua richiesta. Lui non può tenebre in casa chi non vuole stare. Lui non può obbligare all’amore, all’obbedienza, all’ascolto. Il figlio raccoglie le sue cose e parte per un paese lontano.
Ora ha tutto. Ha beni e libertà. Non è soggetto ad alcuno. Ma è veramente libero quest’uomo? Prima di ogni cosa è schiavo delle sue passioni. Le passioni lo fanno divenire persona stolta. In pochi giorni il tutto, a causa dei vizi, diviene il niente. In più in quelle terre giunge una grande carestia. Non può neanche sfamarsi. Pensa bene di mettersi al servizio di uno della regione e costui lo assume, ma solo per mandarlo nei campi a pascolare i porci. Dal tutto delle ricchezza alla povertà più nera. Dal sommo degli onori alla vergogna più infamante per i figli di Abramo.
Cosa ci guadagna in questa nuova condizione? Nulla. I porci sono ben nutriti. A lui non è data neanche una carruba per potersi sfamare. Questo significa che hanno, per quel datore di lavoro, più valore i porci che un uomo. L’economia, quando è senza Dio, spesso svaluta l’uomo in nome del guadagno. Lo sfrutta. Lo tratta come una macchina. Lo priva di quella dignità umana che vuole che il lavoro sia per l’uomo e mai l’uomo per il lavoro. Mai si deve sacrificare l’uomo al lavoro. Il lavoro deve essere sempre la più alta manifestazione dell’uomo creatore e signore perché ad immagine e a somiglianza del Creatore e del Signore.
Perché il lavoro sia a servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio del lavoro occorre avere una visione soprannaturale di se stessi. Più alta è la visione divina dell’uomo e più alta sarà la dignità che verrà donata. Ma un uomo senza Dio – lo attesta la realtà storica dell’allevamento dei porci – un uomo senza dignità soprannaturale e di conseguenza senza vera dignità umana, un uomo consumato dalla sete del denaro e del guadagno ad ogni costo, mai potrà dare vera dignità all’uomo. Per quest’uomo non esiste l’uomo, il vero uomo. Esistono esseri che da lui possono anche venire asserviti ai suoi miseri e vani interessi.
Ogni privazione della dignità verso gli altri attesta che non si possiede alcuna dignità per se stessi. D’altronde solo il Signore può dare dignità vera ad una persona. Il figlio aveva ogni dignità. Esce dalla casa della dignità. Non la trova nei soldi. Svaniscono. Non la trova nei vizi. Lo consumano. Non la trova nelle prostitute. Lo divorano nei suoi averi. Non la trova neanche nel lavoro. Non c’è dignità per lui. Lui è solo una macchina, un attrezzo per fare soldi per gli altri. Questo è il mondo che quest’uomo incontra e nel quale è costretto a vivere.
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre (Lc 15,11-20).
Per quest’uomo non c’è alcuna misericordia. Chi può sfruttarlo, lo sfrutta e chi può servirsi di lui per fini anche non nobili e non santi, se ne serve. Fuori della casa del Padre, nessuno ha compassione di lui. Eppure tutti si servono di lui. In questa totale assenza di misericordia e in questo grande asservimento, quest’uomo si ricorda che un tempo stava bene. Aveva tutto. Godeva anche di ogni libertà, anche se era obbligato a camminare seguendo gli insegnamenti del Padre che altro non erano che indicazione della via per conservarsi sempre nella più grande dignità umana. Il Padre voleva fare di lui un vero uomo, un uomo degno della sua umanità, rispettabile, onorato, riverito, visto e pensato dagli altri sempre come vero uomo.
È questa la più grande opera di misericordia verso l’uomo: aiutarlo perché sia sempre vero uomo, uomo degno della sua umanità. L’uomo non è un animale al quale si può dare un pezzo di pane, ma lasciandolo sempre nella sua condizione disumana, non umana, disonorevole. Chi ama l’uomo sempre deve aiutarlo a trovare la sua umanità o a conservarla. La misericordia umana spesso può divenire disumana, quando si fa sentire all’altro il peso di ciò che gli viene fatto. Il figlio sa che suo Padre è misericordioso e decide di chiedere a lui un tozzo di pane.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di persona di vera misericordia.