Nella grotta santa
(Contemplando il Salvatore con il cuore di Maria, di Giuseppe, dei Pastori)
Amo immaginare la Vergine Maria, mentre tiene tra le sue braccia il Dio del cielo e della terra, il Signore dell’universo, il Creatore del mondo e ora anche il suo Salvatore potente, immersa in un mistero, di cui Lei è anche Autrice per volontà eterna del Padre celeste, per opera dello Spirito Santo, che non può essere contenuto né nel suo cuore, né nella sua mente. È un mistero che neanche gli Angeli riescono a comprendere, nonostante la loro scienza per visione e la loro intelligenza che in nessun modo è gravata dalla tenda d’argilla.
Questa nascita opera uno stravolgimento in seno alla Beata Trinità, all’umanità e allo stesso universo. Dalla Vergine Maria è nato Dio, il Figlio di Dio, il Verbo Eterno, l’Unigenito del Padre, il Santo d’Israele, il Giusto. Nella Beata Trinità il Figlio non è più solo purissimo spirito, eternità, generazione dal Padre, è Figlio incarnato, fattosi uomo. Tutta la creazione nell’umanità del Verbo è ora in Dio, abita nel seno della Santissima Trinità. Non vi è elevazione più alta, nobiltà più nobile.
La creazione per la Parola di Dio Onnipotente è uscita da Dio. Per la Parola dell’umile Serva del Signore è ora collocata in Dio, anzi Dio si è fatta creatura e di conseguenza creazione. Nessuna mente creata potrà comprendere quanto è avvenuto in quel Bambino che Maria prima tiene tra le sue braccia per avvolgerlo con fasce secondo l’antica tradizione e poi per deporlo in una mangiatoia perché potesse riposare. Il Dio che i cieli dei cieli non possono contenere è ora giacente in una mangiatoia, come a significare che fin dal primo istante lui è venuto per essere cibo dell’uomo, cibo di verità, grazia, santità, vita, misericordia, perdono.
Una verità va senz’altro aggiunta. Gli animali non mangiano la paglia in modo spirituale. La mangiano in modo reale. Così dicasi anche per Cristo. Lui non è adagiato nella mangiatoia della storia per essere mangiato solo spiritualmente, nella sua Parola, nel suo insegnamento, nella sua dottrina, nella sua Legge. Lui si è posto nella mangiatoia per esse consumato realmente, per farsi vero cibo, vera bevanda, vera carne, vero sangue. Ma nella vera carne e nel vero sangue vi è tutto Dio, la Beata Trinità. Realmente, veramente, sostanzialmente si mangia quel Bambino e mangiando Lui, ci si nutre di Dio. Dio in Lui è il cibo dell’uomo.
Deponendolo nella mangiatoia, la Vergine Maria, ci offre il Figlio come nostro cibo e nostra bevanda. In questo gesto lei anticipa tutto il mistero della Croce, perché è sulla Croce che si compirà il dono perfetto di Cristo al Padre per la nostra vita eterna. Il Padre ci doma Cristo, La Vergine Maria ci dona Cristo come nostro nutrimento, il Figlio si dona al Padre, il Padre per opera dello Spirito Santo e per il ministero della Chiesa ci dona il Figlio perché ognuno possa mangiarlo e mangiandolo nutrirsi di Lui, fare proprio il cuore di Dio, e da questo cuore lasciarsi trasformare in dono, sempre in Cristo, con Cristo, per Cristo, per essere anche Lui mangiato e attraverso di Lui ogni altro uomo giungere fino a Dio.
In quella mangiatoia è come se la Vergine Maria contemplasse tutto il futuro del Figlio suo nella nostra storia. Carne data per essere mangiata. Sangue offerto per essere bevuto. Il Figlio è sempre in quella mangiatoia e lì vi rimane fino all’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra. Allora è stata la Madre a deporvelo. Oggi è la Chiesa che sempre deve deporre Cristo nella mangiatoia perché ogni uomo se ne possa nutrire. Se la Chiesa non depone Cristo nella mangiatoia, la sua missione materna fallisce.
Oggi in verità l’uomo alla Chiesa non chiede Cristo. Di Lui non sa che farsene. Oggi le chiede del pane di grano e altri alimenti per nutrire il so corpo. Ci si è dimenticati che non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. E la Parola che esce dal cuore di Dio e nel cuore di Dio rimane in eterno è il suo Figlio Unigenito, quel Bambino che la Vergine Maria depone nella mangiatoia perché tutti lo possano mangiare, mangiando Dio, alimentandosi di vita eterna. Ogni altra cosa è effimera.
Entrare nella grotta e contemplare il Salvatore con il cuore di Maria, significa volontà di porre se stessi nella mangiatoia, di svolgere noi per noi questa missione mariana, in modo che il mondo possa mangiare noi, ma mangiando noi, mangi in noi Cristo e in Cristo mangi tutta la Beata Trinità, si ricolmi dell’amore del Padre, della grazia di Cristo, della comunione dello Spirito Santo. Tutto questo potrà accadere se il cristiano si depone da se stesso nella mangiatoia, facendosi dono al Padre, in Cristo, per opera dello Spirito Santo. È questo il solo vero modo di contemplare Cristo Gesù. Farsi in Lui dono al Padre, perché il Padre lo faccia cibo di salvezza, non solo spirituale, ma anche reale. Il cristiano è persona che si lascia mangiare, perché mangiando lui, il mondo si nutra del suo Signore, del suo Creatore, del suo Redentore e Salvatore.
Contemplare il Nato Re e adorarlo con il cuore di Maria è vedere la Vergine Maria come il Nuovo Giardino dell’Eden, nel quale cresce l’albero della vita, Cristo Signore. Da lei infatti è nato il Nuovo Albero della vita, posto nella mangiatoia, perché noi non mangiamo solo i suoi frutti, ma Lui tutto intero. Lo mangiamo perché anche noi diveniamo albero di vita, perché il mondo, mangiando noi, mangi Cristo, e ritorni in vita. Ma se la Vergine Maria è il giardino nel quale cresce il Nuovo Albero della vita, se noi non ci lasciamo da lei generare e dare alla luce, come veri suoi figli, mai diverremo questo nuovo albero di vita in Cristo. Possiamo anche mangiare Cristo Gesù. Mai però diverremo alberi di vita, perché non siamo generati, dati alla luce e da Lei posti nella mangiatoia perché il mondo possa nutrirsi di noi.
Apparentemente in quella Grotta è il nulla, in verità in essa avviene una creazione al contrario. Nella prima creazione Dio ha donato tutto all’uomo. Nella grotta La Vergine Maria dona tutto a Dio. Dio ha dato a Lei il suo Figlio Unigenito. Lei dona a Lui il suo Figlio Unigenito, il Figlio di Dio nato dalla sua carne. Lo dona come nuovo albero di vota perché il Padre lo possa donare ad ogni altro uomo, sempre in Lei e per Lei, per la sua salvezza e redenzione. Per Maria la creazione è data tutta a Dio nel suo Figlio Unigenito. È data come nuovo albero di vita, perché ogni uomo, nutrendosi di esso, diventi anche lui albero di vita da consegnarsi al Padre, nello Spirito Santo, per la vita del mondo.
In quella grotta non c’è povertà, c’è capovolgimento della creazione. C’è una nuova creazione. C’è una creazione al contrario. C’è tutto l’universo che ritorna al suo Signore per il cuore della Madre di Dio. Non è un evento puramente morale, una scelta di umiltà, semplicità, libertà dai condizionamenti degli uomini. È invece un evento altamente teologico, che naturalmente comporta un aspetto morale. L’evento teologico consiste nello scambio operato da Maria e dal Padre celeste. Il Padre celeste dona a Maria il suo Figlio Unigenito. Per opera dello Spirito Santo, Maria lo fa divenire sua carne, suo sangue, suo vero figlio. Come suo vero figlio lo dona alla luce e appena dato alla luce, lo dona al Padre, come albero della nuova vita, come cibo e alimento di vita eterna, perché ogni uomo possa ritornare in Lui e per Lui al Padre. In quella grotta si vive tutto il mistero della Croce. Anche al Golgota è Maria che offre al Padre, in quanto Madre, il Figlio suo per la redenzione del mondo. Il Figlio è suo ed è Lei che deve offrirlo. Cristo si offre attraverso la sua offerta.
Entrando in quella grotta i pensieri si inabissano nell’indicibile e nell’inafferrabile. Ci si può solo inginocchiare e adorare la divina volontà che ha creato l’evento, servendosi della Vergine Madre per dare il nuovo pane della vita alle sue creature, abituate a mangiare un pane di morte, di peccato, un pane avvelenato di concupiscenza e superbia per la loro distruzione.
Ma in quella grotta santa, in questo nuovo Giardino dell’Eden, non vi è solo la Vergine Maria, vi è anche Giuseppe, lo Sposo Vergine e Casto della Madre del Signore. Giuseppe è il custode del mistero della Madre e del Figlio. Giuseppe è stato posto attorno alla Madre e al Figlio come vero cherubino dalla fiamma della spada guizzante perché il mistero possa essere realizzato e vissuto secondo la volontà di Dio. Lui è lì per proteggere, vigilare, stare attento che nessun elemento estraneo turbi il perfetto compimento della volontà di Dio in Maria e in Gesù. Lui è un consacrato, un consegnato alla custodia, alla protezione, alla difesa del mistero.
Possiamo affermare che Giuseppe ha il posto di Dio. Ciò che Dio fa in modo invisibile per la custodia della Madre e del Bambino, Giuseppe, per esplicito comando del Signore, lo compie in modo visibile. Il Padre parla e Lui obbedisce. Il Padre comanda e Lui esegue. Il Padre vuole e Lui fa. La sua vita è stata posta nelle mani di Dio e Dio se ne serve perché il mistero possa giungere al suo perfetto compimento. Se vogliamo dare onore a quest’uomo, dobbiamo dire di Lui che è tutto del suo Dio. È persona consegnata a Dio. È più che una foglia secca sulle ali del vento. Il Padre celeste sa che può contare sempre su di Lui. Mai riceverà un rifiuto, mai un ritardo. Sempre Giuseppe sarà pronto a fare quanto il suo Signore gli comanda per il più grande bene della sua nuova creazione, dalla quale la vita dovrà nascere per ogni altro essere.
Dinanzi al mistero di Maria e del Figlio, Giuseppe è come se si sentisse inadeguato. Lui è il nulla, dinanzi a Lui vi è il tutto, l’infinito, l’eterno, il divino. Potrà mai il niente essere a servizio del tutto, portarlo sulle sua spalle, custodirlo e proteggerlo? Potrà solo per obbedienza, per ascolto, per compimento della volontà di Dio che di volta in volta gli suggerisce cosa fare e come. Giuseppe è la presenza che rassicura, dona certezza, libera da ogni paura, porta pace nei cuori, toglie ogni turbamento. Lui è presenza visibile di Dio nella vita della Madre e del Figlio.
Giuseppe è dato da Dio come modello ad ogni uomo che sulla terra è chiamato ad occupare un posto di responsabilità. A quanti dipendono da lui, egli deve dare sicurezza, creare pace, infondere tranquillità, offrire sempre certezze, indicare vie di speranza. Deve far sentire la presenza di Dio nella sua vita. Anche Lui deve servire per purissima obbedienza alla volontà di Dio, mai in schiavitù alle immorali leggi degli uomini e ai loro disonesti statuti che spesso sono per dare morte e non vita, disperazione e non speranza, tenebre e non luce, ingiustizia e non giustizia, disumanità e non vera umanità. Contemplando Giuseppe e imitandolo, tutti i responsabili degli uomini e dei popoli, saranno veri costruttori di pace.
Giuseppe però non è un estraneo nella vita di Maria e di Gesù. Di Maria è vero sposo. È lo Sposo custode, saggio, obbediente. Di Gesù è vero Padre. Non è però Padre secondo la carne, ma nello spirito, nell’anima, nel cuore. Come in Maria il Figlio di Dio si è fatto carne della sua carne per opera dello Spirito Santo, così in Giuseppe, sempre per opera dello Spirito Santo il Figlio di Dio si è fatto spirito del suo spirito e anima della sua anima, vita della su vita. Questa generazione spirituale e questa nascita nel cuore e nell’anima è più potente, più forte, più eccelsa di ogni concezione e generazione secondo la carne.
Per opera dello Spirito Santo Gesù è vero Figlio di Giuseppe, è Padre più che per adozione, Giuseppe è Padre del Figlio di Dio, come il Padre celeste è Padre di ogni uomo che nasce in Cristo per opera dello Spirito Santo. Padre per adozione, ma anche Padre per partecipazione della sua natura divina. Giuseppe è Padre nello Spirito Santo per partecipazione a Cristo del suo cuore, della sua anima, del suo spirito. Giuseppe è Padre più di ogni altro padre, anche se la sua paternità è tutta spirituale, senza la partecipazione della carne. Dire di Giuseppe che è padre solo putativo, solo “creduto” o “ritenuto” tale, senza che sia vero Padre, è troppo poco. Veramente lo Spirito Santo ha concepito spiritualmente il Figlio di Dio nel suo cuore e nella sua anima.
Anche Giuseppe nella grotta dona il Figlio suo, il Figlio della sua anima e del suo spirito, al Padre, perché faccia di Lui il pane della vita, vero frutto di salvezza per tutti coloro che nella fede vogliono nutrirsi di Lui per entrare nella vita eterna. Giuseppe dona Cristo al Padre, donando se stesso a Dio. Non c’è dono del Figlio se non vi è il dono del Padre. E dal primo istante in cui Dio irrompe nella sua vita, sempre Giuseppe si è interamente consegnato alla volontà del suo Dio. Tutto in Giuseppe è obbedienza per purissima fede. Ha creduto, si consegnato, si è offerto, si è dato. Donandosi può donare il Figlio.
Quanto Giuseppe vive vale per ogni ministero di Cristo Gesù. Come può un ministro di Cristo offrire Cristo al Padre, se Lui non si offre in Cristo e per Cristo? Come può dare Cristo al mondo se Lui non si dona per Cristo e in Cristo? Il dono di Cristo e il dono del ministro devono essere un solo dono, anzi è nel dono del ministro al Padre che Cristo Gesù potrà essere donato. Se il ministro non si dona, neanche Cristo è donato e ciò che si dona al mondo è solo apparenza, segni vuoti. Anche l’Eucaristia è un segno vuoto – anche se presenza reale, vera, sostanziale di Cristo Signore – se chi la dona non si dona, anzi se essa non è donata nel dono che il donante fa di se stesso e chi la riceve non si dona nel Donato al Padre.
Giuseppe è il donato al Padre che dona il Figlio al Padre. È l’offerto a Dio che offre il figlio da Lui concepito nel suo cuore e nel suo spirito dallo Spirito Santo. È il “sacerdote” che si immola alla volontà del Padre e nella sua immolazione, immola il Figlio per la redenzione degli uomini. Giuseppe è il modello di quanti sono chiamati ad offrire Cristo. Egli può essere offerto solo nell’offerta della persona che lo offre. Se la persona non si offre, l’offerta di Cristo è vana, non produce alcun frutto. Per questo tutti dobbiamo guardare a Giuseppe. Lui vive quella paternità spirituale vera, autentica che ogni altro uomo è chiamato a vivere e per questo deve chiedere allo Spirito del Signore che lo renda vero Padre di Cristo nell’anima e nello spirito, perché solo se Gesù è frutto del suo spirito e della sua anima, lo potrà donare al mondo per la sua redenzione. Nessuno potrà offrire a Dio ciò che non è suo. Per lo Spirito Santo si diviene veri padri di Cristo, padri nello spirito e nell’anima, e l’offerta potrà essere fatta al Signore e da Lui accolta e trasformata in potentissima grazia di salvezza. Se oggi la Chiesa non genera salvezza è perché Cristo è dato dai suoi figli non come loro vero Figlio, ma come Figlio di Dio, Figlio di Maria, Figlio di altri, ma non come vero loro figlio, generato in loro dalla potenza dello Spirito Santo. Cristo non è nostro spirito, non è nostra carne, non è vita dalla nostra vita, spirito dal nostro spirito, anima della nostra anima e Dio mai potrà gradire un’offerta che non sia la nostra stessa vita. Questo deve suscitare in noi la nostra andata nella Grotta Santa, attraverso la contemplazione di Maria e Giuseppe e la visione secondo purissima fede del Figlio di Maria e di Giuseppe.
Ma nella Grotta vi sono i Pastori. Chi sono costoro e perché è necessario che anche loro si trovino in questo luogo? I Pastori sono i testimoni di Dio del grande evento della Redenzione. Mentre Maria e Giuseppe vivono attuando e celebrando nel silenzio il grande mistero della nascita e dell’offerta del Figlio di Dio e loro Figlio, i pastori invece sono la voce che spiega, che illumina, che rende comprensibile alla mente e al cuore quanto avviene in quella Grotta.
Loro sono stati mandati dall’Angelo di Dio per svelare il mistero di quel Bambino. Quel Bambino non è un Bambino come tutti gli altri. In quel presepe non giace solo il Figlio di Dio. Sarebbe una nascita per sé e non per gli altri. Quel Bambino è il loro Salvatore, il loro Redentore, è il nuovo albero della vita, è il pane della vita ed è per questo che giace nella mangiatoia. Egli è posto lì per essere mangiato con la mente, con lo spirito, con l’anima, con la volontà, con i desideri, con il cuore, con il pensiero. Domani anche per essere mangiato fisicamente con il corpo, anche se di una presenza spirituale, ma non per questo non reale, non vera, non sostanziale. Dio vuole sempre che vi siano testimoni nei suoi avvenimenti.
Le sue opere vanno sempre certificate nella loro luce più potente di grazia e verità. Gesù nasce. Il Redentore viene al mondo. Il Salvatore viene esposto nella mangiatoia per essere trasformato in vita, così come il bue trasforma in sua vita la paglia che il padrone gli mette nella greppia. Se questo mistero non viene svelato dal Signore, nessuno si accosta ad esso. Nessuno lo vive secondo la fede. I pastori, illuminai e mandati da Dio, vengono, illuminano, chiarificano, dicono chi è quel Bambino, tutta la gente loda e benedice il Signore.
Oggi è questa illuminazione che manca al mondo. Si celebra il Natale, ma come evento di cultura, tradizione, costume di un popolo. Mancano i pastori che spieghino, che dicano ad ogni uomo chi è quel Bambino. Rivelino loro perché è stato adagiato nella mangiatoia. Senza la spiegazione, l’illuminazione, la rivelazione della verità del mistero, esso rimane solo un evento cui l’uomo darà tutti i suoi significati mondani. Manca la verità che libera e salva, redime e giustifica, crea una vita nuova, se quel Bambino ognuno la prende, lo mangia, lo fa sua carnee suo sangue, perché possa nascere come nuova creatura, perché anche lui a sua volta si faccia pane di vita, si adagi nella mangiatoia, perché tutti, mangiando lui, possa mangiare Cristo, unico e solo pane di vita eterna. Ma Cristo si può mangiare secondo verità, solo se colui che lo dona si fa nel Dono anche lui pane di vita. Solo mangiando il donante che si è fatto dono nel Donato, si può mangiare il Donato e trasformarsi in donanti di vita eterna.
Vergine Maria, Madre di Gesù, Madre che poni Cristo nella mangiatoia della nostra storia perché ognuno possa nutrirsi di Lui, facci tuoi veri figli, così potrai offrire anche noi come vero pane di vita ad ogni uomo che anela a rivestirsi della verità e della grazia che sono in Cristo Gesù. Se tu non ci offri, noi non possiamo offrire Cristo e il mondo rimane nella sua fame, percorrendo vie di tenebre e mani di luce. Mai raggiungerà la vita eterna.
Angeli e Santi di Dio, prendeteci per mano, conduceteci nella grotta, aprite i nostri occhi perché vedano, illuminate la nostra intelligenza perché comprenda cosa sta avvenendo per la salvezza del mondo. Non permettete che il Natale di Gesù sia da noi vissuto solo come vuota tradizione umana, fatta di molta esteriorità, ma di totale assenza della trasformazione del mistero di Cristo, di Maria e di Giuseppe in nostro mistero di vita per la vita del mondo.
È Natale quando Cristo nasce in noi per opera dello Spirito Santo e per mezzo nostro nasce in ogni cuore. Cristo dovrà essere il nostro parto spirituale in ogni anima. Allora è Natale. Allora è un Buon Natale! È Buon Natale perché non è il ricordo di un evento, ma è dare vita oggi, attraverso noi, a quell’evento che ha capovolto tutta la creazione e tutta l’eternità.
Buon Natale!