Riflettendo lungo il cammino

 

“Cristo, il vero volto dell’Amore”

“In Gesù Cristo il vero umanesimo” è la traccia data in preparazione al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale. Il vero umanesimo, infatti, è quello che solo Cristo può insegnare all’uomo.

Viviamo tempi confusi, ricchi di stoltezze e di ingiustizie, con l’uomo perso nei meandri sconfinati dei suoi pensieri e desideri, intriso di immanenza e ambizioni della terra. L’uomo di oggi, frutto dalla moderna mentalità, si pensa cosa, oggetto, prodotto messo in vendita sul mercato della vita e non si conosce e riconosce più perché non si vede in Dio e da Dio. «Senza Dio l’uomo non sa dove andare – ricordava Benedetto XVI – e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia» (Caritas in Veritate, 78).

Distratto dalle cose di quaggiù non pensa ai beni eterni. Non si rapporta al Cielo, non vi alza più lo sguardo e men che meno prega. Il tempo è la sua vita, tra nascita e la morte. Vive da pagano l’uomo d’oggi. Non si riveste di virtù, non pratica la carità, non ama i suoi fratelli, non li vede e riconosce come membra del suo stesso corpo. Ma perché questo accade?

Perché l’uomo, che da Dio è pensato e creato, non si rivolge a Lui. Non prega, non chiede, non baratta la sua misera condizione materiale con quella spirituale del Cristo. «Perdere i legami che ci costituiscono porta a concepire l’uomo come una costruzione indeterminata, affidata esclusivamente alle proprie mani, alle leggi del sistema o alla tecnica» (Traccia, pag. 26).

Il Dio vivente, che dona vita piena, nuova, rinnovata, è il solo che può dare un volto nuovo alla creatura. È il solo che può insegnare ad amare di vero amore. «Se Gesù si è incarnato, accettando e facendo propri, al contempo, i limiti e le risorse dell’umano, è da qui che dobbiamo partire, consapevoli del nostro limite ma anche della luce che possiamo lasciar risplendere in noi» (Traccia, pag. 32). Venendo sulla Terra, Cristo si è fatto vero uomo nella perfetta obbedienza al Padre. Salito sulla croce ha appeso al legno i suoi pensieri, la sua umanità, il suo corpo, per riscattarci dal peccato e, con la sua risurrezione, ci ha salvati dalla morte. Ci ha mostrato con fedeltà la via della salvezza che porta dal tempo all’eternità beata. Ci ha indicato, in ogni sua minuzia, come amare secondo verità e ha dato un volto nuovo a questo mondo: il volto del vero umanesimo, che è il suo, quello di Cristo.

Il fedele credente deve in Lui perdersi e confondersi, deve lasciare i propri pensieri e prendere quelli di Cristo, deve consegnargli il suo cuore e far rivivere nel proprio quello di Lui. Solo così sarà capace di dare Speranza a questo mondo e farlo nuovo, solo così potrà a sua volta amare e donare all’altro Pace. «Le autentiche esperienze di umanesimo […] devono diventare consapevoli di sé per dialogare col mondo e illuminare il buio dello smarrimento antropologico contemporaneo con la loro luce: non si fa esperienza di vita buona solo per se stessi, ma anche per gli altri e per il mondo intero» (Traccia, pag. 24).

Cristo è il vero volto dell’amore, il volto del nuovo umanesimo. Chi in Lui si specchia, di Lui vive e Lui dona. Chi a Lui consegna la vita la ritrova per l’eterno. Che la Vergine Maria, la dolce Madre della Redenzione, ci renda umili, saggi e ricchi del suo grande amore, affinché ogni passo mosso in questo mondo conduca al Cielo ogni anima credente.

Maria Simona Barberio

 

L’umanesimo della scienza e dell’educazione

La Traccia di preparazione al Quinto Convegno Ecclesiale, In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo, mette in evidenza che l’uomo si realizza in Cristo e l’opera umana relazionale, nei vari ambiti dell’agire, trova compimento in una profonda unione con lo Spirito Santo.

«La vita, con le sue fatiche e le sue contraddizioni, se ascoltata fino in fondo, lascia trasparire un desiderio e una capacità di relazione e di comunione.[…] Anche le scienze, aldilà di certe chiusure ideologiche, sembrano confermare questa dimensione relazionale dell’essere umano, mostrando i legami che ci uniscono agli altri esseri viventi e alla vita del cosmo, e cogliendo la direzione nella quale si sviluppano i dinamismi della vita, già a un livello semplicemente fisico e biologico» (Traccia, p. 29).

La ricerca scientifica, come espressione suprema del pensiero umano, è una ricerca di bellezza e di senso, che si trasfigura, nel suo significato, e trova piena realizzazione nel servizio all’uomo, protesa verso il volto di Cristo sofferente, per prendersene cura come fa il buon Samaritano del Vangelo, in contemplazione del mistero della vita, come fanno i Magi.

Il matematico Pascal, come vari scienziati, trova un senso religioso alla sua ricerca, esprimendo che: «Il Dio dei Cristiani non è un Dio solamente autore delle verità geometriche e dell’ordine degli elementi, […] è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l’anima e il cuore di cui Egli s’è impossessato» (Pensieri, 556).

La sfida della scienza porta, d’altra parte, a sperimentare il senso del limite, laddove i modelli scientifici diventano incapaci di descrivere la realtà in tutti i suoi aspetti, e laddove una certa parte del pensiero moderno considera l’uomo come un prodotto, in un processo di mercificazione che lo trasforma in oggetto, anche da scartare, se difettoso.

La ricchezza della scienza etica e dei valori evangelici comporta la responsabilità della loro trasmissione, nell’ambito della sfida educativa.

«Educare è un’arte: occorre che ognuno di noi, immerso in questo contesto in trasformazione, l’apprenda nuovamente, ricercando la sapienza che ci consente di vivere in quella pace tra noi e con il creato che non è solo assenza di conflitti, ma tessitura di relazioni profonde e libere» (Traccia p. 52). Alla sequela di Cristo, che ha fondato gran parte della sua esistenza sull’educazione, la scuola, ad esempio, come periferia esistenziale, si propone di scoprire la bellezza dell’essere umano in tutte le facoltà dell’anima, attualizzando la parabola dei talenti e utilizzando nuove “sintassi”, sulla strada di un apprendimento collaborativo.

La Madre della Redenzione sostenga l’intervento pedagogico, vissuto in povertà di spirito, fondato su una relazione empatica che rifugge l’omologazione, in favore di una “convivialità delle differenze”, e in cui le debolezze siano sostenute con «il ritmo salutare della prossimità» (Evangelii gaudium 169).

Elisabetta Gabriella Benincasa

 

Relazione e comunione: in Cristo uomini nuovi

In un mondo che cambia in ogni istante, che fa della “novità” la sua unica regola, che corre affannosamente verso mete ignote, la Chiesa italiana propone e ri-propone Cristo come unico modello a cui guardare per formare l’uomo di oggi e di sempre. Il nuovo umanesimo in Cristo è, in fondo, il vero umanesimo, essendo Lui Solo la perfetta immagine dell’uomo.

L’uomo contemporaneo è lacerato nel suo intimo, dilaniato da conflitti che mai si placano, continuamente alla ricerca di qualcosa e mai appagato dalle proprie conquiste. Un uomo “disumanizzato” che, tuttavia, conserva il proprio bisogno di relazione e cerca forme sempre nuove per soddisfare questa vitale necessità. L’umanità non può prescindere dalla relazione per raggiungere la sua piena realizzazione: relazione con Dio che, in Gesù Cristo, manifesta il Suo Vero Volto.

«La ricerca di una relazione autentica attraversa, come un filo rosso, le contraddizioni del presente: la si coglie nella comunicazione permanente e globale della rete, nella frenesia della condivisione immediata degli eventi e nel diffondersi contagioso delle emozioni; prende anche corpo in tante esperienze d’impegno per altri e con altri, capaci di testimoniare il valore e la dignità dell’umano» (Traccia di preparazione).

Chiediamoci: perché ogni uomo avverte l’insopprimibile desiderio di relazionarsi agli altri? Perché l’umanità è creata ad immagine della Trinità, in seno alla quale si vive di comunione piena e perfetta tra le Persone Divine. Così, è necessaria la comunione tra le persone umane, perché nel mondo brilli la luce della Verità ad immagine della quale siamo stati creati.

Ma non basta che si viva di relazioni, peraltro molto spesso superficiali, per costruire la comunione tra gli uomini. Quest’ultima presuppone, infatti, che ognuno si conosca alla luce di Cristo e, sempre in Cristo, conosca l’altro, lo guardi con i Suoi occhi e lo ami con il Suo cuore.

Solo la Sapienza del Vangelo eleva ogni relazione umana alla dimensione della comunione, per edificare un’umanità nuova, ad immagine dell’Uomo Nuovo che ha donato la vita perché noi avessimo vita. Cos’è, infatti, la comunione se non donare la vita perché l’altro viva? E chi, se non Cristo e questi Crocifisso, insegna ad ogni uomo, di ogni tempo, come si ama realmente?

La Vergine Maria, Madre della Redenzione, discepola perfetta del Figlio Suo, ci insegni a vedere ogni fratello come dono del Signore e ad intessere relazioni autenticamente cristiane nelle molteplici realtà nelle quali viviamo.

Francesca Bruno

 

“Esistere con”, “esistere da”

Nello scenario di in una complessa realtà permeata dall’individualismo, l’annuncio del Vangelo è lievito di un umanesimo rinnovato in Cristo Gesù.

Luci e ombre si mescolano, disegnando uno scenario in cui, se da un lato la frammentarietà e la precarietà dei legami sembrano condurre a smarrire il senso dell’umano, dall’altro appaiono persistenti tracce di una dignità avvertita come inalienabile, e forte appare la tensione a comprendere più a fondo il nostro essere come uomini e donne.

Il problema nasce perché tutto ci spinge ad essere autoreferenziali, autosufficienti, pensando che il principio della vera libertà sia nel poggiare tutto su noi stessi. E così la pretesa di bastare a se stessi, eliminando l’altro dal proprio orizzonte, chiude gli occhi e il cuore, rende spenta la nostra vita. La difficoltà a riconoscere il volto dell’altro causa il dissolversi del nostro stesso volto, perché solo nella relazione e nel reciproco riconoscimento prendono forma i volti. «Il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro… col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo» (EG 88).

L’accesso all’umano si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Cristo Gesù tutti i volti, perché egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le cicatrici. Consegnandosi a Dio e incontrando i desideri e i bisogni di fratelli e sorelle, non ci s’impoverisce, ma si scopre un’abbondanza che sazia. Come più volte ha affermato papa Francesco, la vita dell’uomo è un dono ricevuto che trova la sua pienezza e il suo completamento solo quando viene ridonata con generosità ai fratelli.

La gente ha bisogno di parole e di gesti che, partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonianza annunciata non meno di una testimonianza vissuta.

La kenosis, lo svuotamento di sé, l’uscita da sé, è il primo paradigma di un umanesimo nuovo e l’“altro” è la via paradossale di un’autentica libertà, capace di costruire fraternità.

Per fare questo occorre prendersi cura e pregare per l’altro. Come ha detto papa Francesco, «la comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo…» (EG 24). Nella preghiera sono tradotti in invocazione, ogni grido di aiuto, ogni fatica, ma anche ogni grazia, tutto comprendendo alla luce del Vangelo, tutto ascoltando con le orecchie di Dio, affinché la cura non si risolva in mera filantropia.

Verifichiamo, dunque, la nostra capacità di lasciarci interpellare dall’esser uomo di Cristo Gesù, facciamo i conti con la nostra distanza da lui, apriamo gli occhi sulle nostre lentezze nel prenderci cura di tutti e in particolare “più piccoli di cui parla il Vangelo”.

La suprema bellezza della vita umana è la carità, in cui fiorisce la testimonianza della fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, fa’ che ogni comunità cerchi e scopra la bellezza di essere uomini e donne in Gesù, cioè uniti per sempre a Dio.

Patrizia Cherubino

 

Cibo, eucaristia, solidarietà

Un ciclo di incontri in occasione dell’Expo di Milano

L’arcivescovo di Catanzaro-Squillace S.E. Mons. Vincenzo Bertolone è stato lungimirante nel volere sostenere ben quattro appuntamenti articolati sul tema del cibo, capaci di sollecitare la riflessione personale sul cibo alimento del corpo e sul cibo che nutre l’anima. Lo ha fatto raccogliendo, tra le prime diocesi d’Italia, gli stimoli autorevoli del direttore di Zenit Antonio Gaspari, in occasione dell’evento Expo di Milano che s’interroga su come nutrire con equità il pianeta. È ormai certo che la prossima enciclica di Papa Francesco sarà sulla povertà e la difesa dell’ambiente, con chiari riflessi sul sistema alimentare contemporaneo.

L’iniziativa, Cibo, eucaristia e solidarietà, si è realizzata grazie al Movimento Apostolico, nelle persone del suo presidente Cettina Marraffa, dell’assistente ecclesiale centrale Mons. Costantino di Bruno e dell’Assistente Regionale Don Gesualdo De Luca, affiancato dai sacerdoti del Centro Studi Verbum. Hanno aderito la Coldiretti, la Confagricoltura e Slow Food Calabria.

Tutto è iniziato a Soverato (CZ) il 12 marzo scorso, moderatore Don Francesco Brancaccio; relatori lo stesso don Gesualdo e il prof. universitario Pasquale Giustiniani, sul tema “Il cibo e la comunione tra gli uomini, Coltivare, custodire, trasformare la terra”. L’incontro è avvenuto all’Istituto Alberghiero, alla presenza delle quinte classi degli Istituti Superiori del luogo.

Il secondo incontro è stato con la popolazione di Sellia Marina (CZ), nell’Aula del Consiglio Comunale, presente il sindaco Francesco Mauro. Il tema: “Cibo, sanità, eticità”. Relazioni di don Mimmo Concolino; dei giovani medici, dott. Giuseppe Bisurgi e dott. Luca Rocca; della nutrizionista dott.ssa Rosaria Leuzzi. Moderatore don Gesualdo De Luca.

Il terzo appuntamento, “Il pane della vita. Cibo, eucaristia, solidarietà”, organizzato nella parrocchia Maria Madre della Chiesa di Catanzaro, ha registrato una massiccia e attenta presenza di pubblico. Relatori il teologo Mons. Costantino Di Bruno; Antonio Gaspari, direttore di Zenit; l’arcivescovo S.E. Vincenzo Bertolone. Moderatore Don Sandro Carioti. Contributo canoro dei giovani del Movimento Apostolico e lettura di Giancarlo Davoli di un meditare, “Eucaristia, mistero della fede”, dell’Ispiratrice, Signora Maria Marino. Tele Padre Pio ha ripreso i lavori, grazie a don Francesco Cristofaro.

Nel mese di maggio, nei diversi Istituti Superiori di 2° grado dell’Arcidiocesi di Catanzaro, si svolge un concorso sul cibo, alla luce delle tematiche accennate, grazie alla disponibilità del Direttore della Scuola in Calabria, dott. Diego Bouché. Quest’ultimo sarà presente nell’incontro di chiusura, previsto per ottobre, nel parco della Biodiversità di Catanzaro, ospitato dell’Istituto Statale Agrario della città. Prevista una tavola rotonda sul tema “Il cibo un percorso d’umanità, dalla produzione alla distribuzione”, moderata dal presidente dei giornalisti Giuseppe Soluri. Per l’occasione la Coldiretti ci regalerà degli assaggi di prodotti tipici. Protagonisti saranno, alla presenza dell’Arcivescovo e del direttore di Zenit, i giovani delle scuole. Una bella festa di vera comunità cristiana.

Egidio Chiarella

 

“La bellezza di ciò che c’è”

“Ascoltare l’umano significa, dunque, vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere” (Traccia, p. 13).

Leggendo la Traccia di preparazione al Quinto Convegno Ecclesiale In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo, mi ha molto colpito l’idea, carica di speranza, che vi sia nel vissuto contemporaneo una bellezza da ascoltare. Il documento, però, ci avverte subito: umanesimo in ascolto non vuol dire appiattirsi sul dato di fatto, ripetere il già noto o addolcire in modo fittizio la realtà. È, infatti, abbastanza facile cogliere la bellezza dell’umano in un’opera d’arte, nel Duomo di Firenze, nel Campanile di Giotto, nello Spedale degli Innocenti che “affida alla bellezza delle forme brunelleschiane il realizzarsi della prima opera al mondo di accoglienza, cura e istruzione dei fanciulli abbandonati” (Traccia, pag. 10). È pur semplice notare segni di umanità nella scultura, nella pittura, nella parola letteraria, in quegli ambiti dove gli strumenti estetici sfumano i contorni, spesso spigolosi e sofferti, del reale. Più difficile o, meglio, possibile solo se si è vicini allo Spirito del Signore, alla Sua grazia, è incontrare l’umano lì dove Gesù stesso lo ha incontrato e lo incontra ancora: sulla croce quotidiana. Più difficile è imparare, vivendo, la sapienza della Croce, farsi carico del peccato dell’altro mentre questo peccato ti trafigge: “Dio per primo […] esce incontro all’uomo, lo raggiunge lì, dove si trova, persino nella lontananza estrema del suo peccato, nella precarietà della sua esistenza ormai minata dalla morte” (Traccia, pag. 34).

Ci sono momenti nei quali l’uomo, proprio come Gesù verso il Golgota, fatica a rialzarsi, cade sotto il peso di eventi che sembrano troppo grandi per le sue misere forze. In tali istanti, quando l’imbarcazione umana è turbata dalle bufere della fragilità, delle delusioni, delle sconfitte, si rischia di restare chiusi in se stessi se non si guarda alla luce di Cristo. È significativa, in questa direzione, l’immagine dell’Invito al Convegno: quella Pietà Bandini di Michelangelo dove Gesù, deposto dalla croce, appare fragile: un corpo bisognoso delle braccia di Nicodemo, della Vergine Maria, di Maddalena. Gesù, tuttavia, è solo apparentemente sconfitto: in realtà, è un re vittorioso sulla croce perché non ha paura di consegnarsi all’uomo secondo la volontà del Padre che è sempre con Lui. È, allora, accettando la nostra stessa sofferenza e vivendola nella più altissima santità che Gesù ricompone il nostro volto più umano: radioso, mite, capace di amare e non di crocifiggere i fratelli. Senza gli occhi della fede, però, che nasce dalla Parola e dalla relazione personale con Cristo riusciremo mai a imitarlo e a diventare uomini veri? No, vedremo sempre e solo un corpo inchiodato dal male e noi assomiglieremo all’uomo senza volto di Magritte (Traccia, pag. 25).

Che la Vergine Maria, Madre della Redenzione, ci dia questa speranza dello sguardo che sa vedere la bellezza di Cristo e ‘di ciò che c’è’ anche quando l’esistenza umana è più simile al tocco imperfetto della Pietà Bandini che a quello, levigato, della Pietà di San Pietro.