Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?

Nessuno pianta una vigna perché essa produca uva selvatica, senza alcun beneficio per il suo padrone. Il canto di Dio sulla vigna, non solamente infruttuosa quanto ad uva buona, ma anche producente ogni uva cattiva, deve farci meditare, riflettere, pensare: “Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi (Is 5,1-7).

La verità della nostra vita non è data da un disastro che non si abbatte su di noi. Il disastro ci risparmia, siamo vigna buona. Il disastro si uccide, siamo vigna cattiva. Queste sono cose della natura, della storia, degli uomini. Nulla attestano né sulla verità né sulla falsità della nostra conversione e bontà del cuore. Bontà e falsità sono attestati dai frutti che produciamo. Gesù oggi chiede ad ogni uomo che si converta, che faccia buoni frutti, altrimenti per lui non ci sarà salvezza eterna. Quando la morte verrà, lo porterà nella perdizione eterna e non nel regno della luce e della vita: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. La morte non sarà sulla terra. Sulla terra può venire, ma può anche non venire. Di certo sarà nell’eternità, dal momento che senza frutti di bene non si entra in Paradiso. Il servo infingardo e fannullone fu gettato fuori, nelle tenebre, per aver messo sotterra il talento ricevuto dal padrone. Con Gesù vi è un mutamento sostanziale nell’opera della salvezza. Ora spetta al discepolo del Signore mettere ogni impegno perché “Il fico infruttuoso” inizi a produrre frutti per il suo padrone. Il padrone ha deciso. Il fico va tagliato. Sta sfruttando vanamente il terreno. Al suo posto ne va piantato un altro che gli doni i frutti a suo tempo. Qui interviene la misericordia del contadino. Il contadino è Gesù e in Gesù è ogni suo discepolo. Il contadino si impegna dinanzi al padrone, cioè davanti a Dio, di intensificare le sue cure. Se poi, nonostante la sua più grande solerzia verso l’albero, esso rimarrà infruttuoso, allora che il padrone lo tagli e lo getti nel fuoco.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13,1-9).

Ora è giusto che ognuno di noi, contadini in Cristo dell’albero di Dio che è la sua Chiesa, che è anche il mondo, si chieda: “Io sto vedendo che l’albero non solo è infruttuoso, sta producendo ogni frutto di morte. Il cristiano è un albero che fruttifica superstizione, bestemmie, ruba a Dio il suo giorno, disonora i genitori, uccide con ogni forma di omicidio, commette adulterio, distrugge la famiglia, si appropria indebitamente di ogni cosa, dice ogni falsa testimonianza e calunnia contro il suo prossimo. Questo il fico del cristiano! Un fico terribilmente malmesso. Pronto per essere gettato nel fuoco eterno dell’inferno. Cosa sto facendo io perché smetta di produrre queste nefandezze, abomini, malvagità? Quali cure gli sto prestando perché produca buoni frutti? Sto intensificando le mie forze, oppure mi sono arreso e penso che nulla si possa più fare, disinteressandomi e abbandonandolo a se stesso?”. Sappiamo che il Signore si è impegnato con ogni sua forza, verità, grazia, dono di Spirito Santo per la sua vigna. Cristo Gesù per essa ha versato il suo sangue. Ha dato anche la sua carne come cibo, perché producesse frutti di vita eterna. Conosciamo la confessione di Paolo. Lui in nulla si sottratto a tutto ciò che serviva per la conversione dei cuori. È giusto allora che anch’io mi metta in questione: “Forse non ho speso tutte le mie forze, tutta la mia vita”. Gesù ci ha lasciato l’esempio. Per noi ha dato la vita, senza tenersi nulla per sé. Sono pronto a dare anch’io la vita perché la vigna porti frutto?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci buoni contadini della vigna di Dio.