TU HAI INSULTATO IL SIGNORE

SABATO 1 FEBBRAIO (2Sam 12,1-7.10-17)

Con la morte di Uria, Davide pensava di aver nascosto per sempre il suo peccato. Lo pensava, ma da persona stolta. Un uomo di Dio, anche se pecca, mai deve nascondere la sua colpa, sempre dovrà confessarla al Signore, assumendosi tutte le responsabilità ed espiando per essa. Ogni peccato va debitamente espiato. Il Signore gli manda il profeta Natan per metterlo dinanzi ai suoi misfatti. Si servi però di un racconto. Appena Davide venne a conoscenza del fatto delittuoso – si trattava solo di una pecora rubata – emise una sentenza di morte. Non ebbe alcuna pietà. Andò infinitamente oltre la Legge che regola il risarcimento per ogni furto. Il profeta gli disse che quell’uomo era lui, proprio lui, il re. Il suo Signore non pronunzia una sentenza di morte, bensì di perdono del suo tristissimo molteplice peccato. Lui aveva rubato non una pecora, ma una donna. Non aveva ucciso un animale, ma molti uomini. Quanto veramente sono distanti i pensieri di Dio dai pensieri degli uomini. Gli uomini sono spietati, senza cuore verso gli altri, dai quali si esige che filtrino anche il moscerino. Mentre verso se stessi sono sempre ricchi di misericordia, anche se ingoiano i cammelli, dromedari e ippopotami. L’insulto arrecato al Signore va però espiato nella grande sofferenza. Il peccato – è giusto che si sappia – ha sempre un prezzo amaro.

In quei giorni, il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui». Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “La spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai. Tuttavia, poiché con quest’azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire». Natan tornò a casa. Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Urìa aveva partorito a Davide e il bambino si ammalò gravemente. Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino, si mise a digiunare e, quando rientrava per passare la notte, dormiva per terra. Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui perché si alzasse da terra, ma egli non volle e non prese cibo con loro.

Questa storia deve aiutarci a riflettere. Prima di ogni cosa l’uomo ha bisogno di conoscere quali sono i suoi peccati. Questo ministero proferito è degli Apostoli, di ogni ministro della Parola, del padre e della madre verso i propri figli. Ma per conoscere il peccato si deve far conoscere la Legge del Signore, il suo Vangelo, la sua Parola. Il peccato è disobbedienza, trasgressione della Legge di Dio, di Cristo Gesù, dello Spirito Santo. Se quanti svolgono il ministro profetico omettono l’insegnamento della Legge e non aiutano l’uomo a conoscere i propri peccati, commettono loro un peccato gravissimo di omissione. Di ogni peccato commesso per loro omissione, sono essi responsabili in eterno dinanzi a Dio. In secondo luogo apostoli e ministri della Parola devono insegnare il perdono. Perdonare non significa abolizione dell’obbligo dell’espiazione del peccato e della sua riparazione. Spetta sempre agli Apostoli e ai ministri della Parola indicare le vie per una giusta espiazione e anche riparazione. Buona regola è vivere nella più grande santità ogni dolore, sofferenza, mortificazione, insulto, ingiustizia e offrirla al Signore in sconto dei peccati. Ma oggi queste cose sono favole per l’uomo. È il peccato che è stato dichiarato non peccato. È vera crisi morale.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano viva di retta e timorata coscienza.