VERSO IL NATALE DEL SIGNORE 2016 – RIFLESSIONI SULLE SETTE ANTIFONE MAGGIORI – O SAPIENTIA

O Sapientia, quae ex ore Altissimi prodisti, attingens a fine usque ad finem fortiter, suaviter disponensque omnia: veni ad docendum nos viam prudentiae.

O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ed arrivi ai confini della terra con forza, e tutto disponi con dolcezza: vieni ad insegnarci la via della prudenza.

O SAPIENZA: Nell’Antico Testamento, la Sapienza è la verità, la luce divina, con la quale il Signore crea ogni cosa. Essendo stati creati, tutto l’universo e l’uomo per mezzo di questa luce, secondo questa verità, essi sono bene e non male. È quanto attesta il Capitolo I della Genesi: “Dio vive quanto aveva creato ed era cosa molto buona”. Anche Adamo, quando vide Eva, gridò: “Questa è osso dalle mia ossa, carne dalla mia carne”. Per la sapienza, la verità, la luce divina, Dio, essendo sommo bene, quanto opera è anche purissimo bene. Nulla si male potrà mai venire da Lui. Lui è sommo bene che crea il bene.

Il male viene dalla volontà dell’uomo, che sottrae se stesso alle leggi del bene poste nel suo essere. Il primo che si ribellò alle leggi del bene è stato Lucifero. Questi, da luce creata, desiderò essere luce increata, uguale a Dio. Lucifero, trasformatosi in tenebra, per invidia contro Dio, tentò l’uomo perché anche lui si facesse, da creatura di Dio, da Dio, uguale a Dio. Avendo l’uomo sottratto se stesso alla sua verità secondo Dio, data a lui dalla sapienza eterna, sottrare la verità ad ogni altra cosa creata. È questo il peccato. Ogni creatura, privata della sua verità – che sia inanimata o animata ha poca importanza – diviene veleno di morte per l’uomo. L’uomo può vivere solo nella verità di se stesso e in quella di ogni altro essere. Quando priva la natura della sua verità, dalla falsità, la natura gli dona solo veleno di morte.

O l’uomo ritorna nella sua verità o per lui non ci sarà vita sulla terra. Ma neanche ci sarà vita nell’eternità. La prima via per il ritorno nella vita il Signore l’ha manifestata all’uomo attraverso la Legge. Nella Legge è la vita. Fuori della Legge è la morte. La vita è benedizione. La morte è maledizione. La sapienza è verità, è vita, è luce. L’uomo è chiamato ad essere verità nella verità di Dio, luce nella luce di Dio, vita nella vita di Dio. Verità, luce, vita ritornano nell’uomo se l’uomo ritorna nella sapienza. Ma la sapienza è dono di Dio. Non è un frutto che viene dall’uomo. L’uomo ora è tenebra e dalla tenebra può scaturire solo la tenebra. Cosa ci annuncia questa prima Antifona della Sapienza, cosa con essa si chiede alla Sapienza? Qual è la lex credendi che diviene lex orandi? Qual è la lex orandi che diviene lex credendi?

CHE ESCI DALLA BOCCA DELL’ALTISSIMO: La prima verità che la lex orandi ci rivela, dice la Sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo. Per il momento non entriamo nella verità della generazione eterna. È questione che in questo contesto può essere rinviata. La verità primaria che urge affermare, ribadire, sostenere, mettere nel cuore di ogni uomo è una sola: la Sapienza non esce dal cuore dell’uomo, non viene fuori dalla sua bocca. La sapienza viene solo dalla bocca dell’Altissimo. Questa prima verità ne genera una seconda come purissima conseguenza. Come ogni albero produce un suo frutto, così anche questa verità produce altri frutti. Una verità senza frutti di verità, senza conseguenze di verità, non è mai verità.

Ecco la verità secondaria, ma essenziale, della prima verità, che è a fondamento di ogni altra verità: chi vuole la sapienza, chi vuole essere sapiente, deve attingere e fare sua la sapienza che esce dalla bocca dell’Altissimo. Chi è umile e si accosta a questa perenne, unica, sola, eterna saggezza di luce, verità, vita, diviene luce, verità, vita. Chi si discosta da questa fonte, diviene insipienza, si fa falsità, tenebra, menzogna, morte. Quando l’uomo divenne tenebra, morte, non vita? Quando si distaccò dalla sapienza eterna, volle farsi sapienza di se stesso. Questa legge ha valore fin dal primo istante in cui la creazione ha visto il suo sorgere. Il Signore la manifestò all’uomo prima della sua disobbedienza di autonomia dal suo Creatore.

Altra verità seconda, frutto della verità or ora accennata. Se osserviamo oggi la storia di morte – è tutta la nostra attuale umanità è in una pandemia letale – dobbiamo concludere che l’uomo è senza alcuna sapienza. Se poi ascoltiamo le grande parole di quanti si credono gli autori della sapienza, cioè della verità, della luce, della vita, dobbiamo necessariamente concludere che essi sono tutti stretti tra le spire del serpente infernale. Non solo si è tagliati fuori da ogni alito di vita, si soffoca ogni giorno di più nella stoltezza e nell’insipienza. Ma ciò che più fa male è constatare come il cristiano, da portatore di sapienza nel mondo, si stia trasforma in un “untore” di stoltezza e insipienza, anche lui vittima del serpente antico, anche lui tra le spire soffocanti e asfissianti di Satana. È questo il più alto tradimento cristiano ai danni dell’umanità. Poiché è il cristiano, per Cristo, in Cristo, con Cristo, nello Spirito Santo, il solo datore della vera sapienza al mondo, oggi lui, resosi autonomo da Cristo, sta condannando il mondo alla morte. Sono queste conseguenze che non possiamo non mettere in luce. Ignorarle, far finta di non vederle, sarebbe peccato di tradimento verso ogni uomo. Peccato non perdonabile, se non dopo severa e pesante penitenza e fermo proposito di gridare al mando la sua stoltezza.

ED ARRIVI AI CONFINI DELLA TERRA CON FORZA: La Sapienza che esce dalla bocca di Dio, la sua luce, la sua verità, la sua vita, arriva ai confini della terra con forza. È giusto che questa affermazione venga rettamente intesa. La sapienza, o la verità, o la luce, o la vita, è stata scritta da Dio nelle fibre più profonde di ogni essere da Lui fatto. Ogni cosa esistente, visibile o invisibile, animata o inanimata, porta l’impronta del suo Creatore e Signore. Questa verità è mirabilmente rivelata nella sua pienezza nel prologo del Vangelo secondo Giovanni.

Questa verità pervade ogni cuore ed è in esso indistruttibile. È questa la forza della sapienza che è nella creazione di Dio. Tutto è stato fatto per mezzo della sapienza e tutto respira di sapienza. Senza sapienza non c’è vita, perché la sapienza è luce e vita. Ma cosa succede? Con il peccato l’uomo rinnega la verità e accoglie le tenebre, abbandona la via della vita e si incammina su una via di morte. Cammina lui nella morte, nelle tenebre. ma rimane nel suo essere la sapienza che interiormente gli attesta che lui non vive secondo la sua natura. È questa sapienza che vive in lui e che cerca la sapienza in ogni atto e decisione dell’uomo, che crea l’insofferenza, l’inquietudine, il malessere, l’insoddisfazione, una sete di vita mai estinguibile. Se morisse la sapienza in lui, l’uomo sarebbe condannato al non ritorno nella luce.

San Paolo ci avverte che quando si superano i limiti del male, si giunge anche a soffocare la verità nell’ingiustizia. La verità non muore, è soffocata. Quando si risveglia, non potendo più fare nulla per riportare la sua vita nella verità, giunge alla disperazione. Questa disperazione non è solo dei dannati, ma anche dell’uomo che è sulla terra. Il primo disperato fu Caino. L’ultimo che conosciamo, sempre dalla Scrittura, è Giuda. È stata la sua disperazione che lo ha porta al suicidio, morendo la morte degli empi. Nell’apparato biblico si può leggere sia la disperazione di Giuda che quella dei dannati, così come il soffocamento della verità di Paolo.

Poiché nello stato di peccato e camminando di tenebre in tenebre, è facile confondere la luce con le tenebre e la falsità con la verità, la sapienza scritta nelle fibre del nostro essere non è sufficiente a guidare infallibilmente l’uomo verso la verità. Gli occorre la sapienza esterna è questa è tutta contenuta nella Parola del Signore. Poiché la Parola del Signore non comprendere tutti i singoli momenti della vita umana, è necessaria la sapienza che è mozione dello Spirito Santo in conformità alla Volontà di Dio per tutti i singoli atti di cui si compone la vita di un uomo. Prima però si deve entrare nella Parola. Nella Parola, lo Spirito muove e conduce. Se si è fuori della Parola, lo Spirito muove e attrae perché si entri nella Parola.

E TUTTO DISPONI CON DOLCEZZA: La sapienza non si impone con la forza, ma con la dolcezza e soavità della Parola esterna e con la mozione e ispirazione o conduzione interiore operata in noi dallo spirito Santo. La dolcezza è convincimento, non imposizione. È attrazione per bellezza, non è incatenamento alla verità. È persuasione impastata di infinita pazienza. Sappiamo che Gesù la sua dolcezza l’ha mostrata dalla croce, da Crocifisso. Carità, amore, bontà, compassione, pietà, sapienza camminano sempre insieme. Non c’è mai la verità senza la carità, mai il richiamo senza la compassione, mai l’esortazione senza la pietà.

La dolcezza non è mancanza di fermezza, è invece dare all’uomo tutto il tempo stabilito da Dio perché giunga alla conversione e percorra il suo cammino di verità in verità e di giustizia in giustizia. La dolcezza la possiamo definire lo strumento della verità. È la verità in se stessa che è ferma, decisa, obbligante. La dolcezza è mancanza di fermezza solo quando essa viene dissociata dalla verità ed è data come fine a se stessa. Se invece la dolcezza rimane sempre lo strumento per l’annunzio, il dono, il condurre e il trasportare l’uomo nella verità, mai si mancherà di fermezza, fortezza, rigore. Non si tratta però di un rigore che è dal cuore dell’uomo. è invece il rigore, la fermezza, la fortezza della verità. È questo ciò che l’uomo oggi non vuole comprendere. Non lo vuole comprendere né chi è preposto a dare la verità né chi è chiamato a riceverla. Chi è chiamato a ricevere la verità, vuole la dolcezza senza la verità. Chi invece è chiamato a dare la verità, pensa che debba aggiungere ulteriore fermezza e risolutezza, come se quella contenuta nella verità non bastasse. Se invece si agisce con la dolcezza della verità e anche con le sue modalità di dire la verità, si sarà fermi, forti, risoluti sempre nella verità, mai fuori di essa. Ma è anche della verità la pazienza nell’attendere che la verità produca i suoi frutti. Anche l’attesa per la produzione fa parte del dono della verità.

Questo deve significare per noi che le modalità del dono della verità non spetta all’uomo stabilirle, deciderle, determinarle. Esse devono venire sempre dallo Spirito Santo. Si è già detto che lo Spirito del Signore agisce fuori della Parola per condurre nella Parola. Se chi dona la verità, non è lui nella Parola, lo Spirito di Dio non può agire in lui, con la sua mozione e conduzione, ed è allora che le modalità di Dio non sono più di Dio, perché diventano modalità dell’uomo. Ed è a questo punto che avviene la sostituzione: il ministro si sostituisce al suo Signore e dona lui le modalità. Quando questo accade, il ministro non è più ministro della verità, è un attore di essa. È lui che stabilisce la verità e le modalità per il suo dono.

VIENI AD INSEGNARCI LA VIA DELLA PRUDENZA: Cosa è in se stessa la prudenza? È la virtù, figlia della sapienza, che ci fa compiere ogni nostro atto secondo la più pura e attuale volontà del nostro Dio e Signore. La prudenza non è la scienza divina in noi che ci aiuta a fare il bene perché produca solo bene e non male. Neanche è la scienza che evita che dal bene fatto ritorni su di noi un male momentaneo o anche duraturo. È anche tutto questo, ma non è solo tutto questo. La sapienza è agire, parlare, dire, non dire, dire una parola, anziché un’altra, secondo una modalità anziché un’altra, perché questo comanda il Signore.

Cosa è allora la prudenza? È compiere sempre, dinanzi ad ogni uomo, ogni storia, ogni circostanza, ogni evento, solo la più pura volontà di Dio. Possiamo definire la prudenza come sola e sempre obbedienza ad ogni comando che il Signore ci detta per mezzo del suo Santo Spirito. La prudenza è pertanto finalizzata alla più pura obbedienza, secondo tempi e momenti decide dal Signore. Né una parola prima del tempo né dopo il tempo, né un’azione prima del tempo, né dopo il tempo. Gesù non svelò a nessuno, se non ai suoi discepoli, di essere il Messia Crocifisso. Avrebbe potuto evitare la croce, se avesse negato questa verità ai capi dei sacerdoti e al sinedrio. La prudenza nel sinedrio era l’obbedienza alla rivelazione.

Ecco perché si chiede alla sapienza di venire. Essa deve venire per insegnarci la via della prudenza: per rivelarci cosà è volontà di Dio per ogni momento della nostra vita. Senza la prudenza la Parola si vive dal nostro cuore e non più dal cuore di Dio, dalla quale è uscita. La Parola è uscita dal cuore di Dio per essere vissuta sempre secondo il cuore di Dio. Non è l’uomo che deve decidere come e quando vivere la Parola, ma è la prudenza che deve prendere l’uomo e condurlo nella storia perché compia oggi la volontà attuale del suo Dio. Alcuni esempi ci aiuteranno, perché comprendiamo che la prudenza non è solo la virtù che ci fa compiere il bene, senza che nessun danno venga a noi dal bene compiuto, ma soprattutto è la virtù che deve attestare che la nostra virtù è consegnata interamente alla volontà di Dio secondo la volontà attuale di Dio. Con la prudenza Dio è sempre al governo dei nostri atti.

Tobia deve fare un lungo viaggio sulle strade del mondo per recuperare una somma di denaro. Il Signore gli manda l’Angelo Raffaele e questi lo conduce, proteggendolo, custodendolo, allontanandolo da ogni pericolo, lo porta a casa da sposato e con la somma di denaro recuperata. Senza l’Angelo Raffaele il viaggio, per prudenza, neanche si sarebbe intrapreso.

La Vergine Maria è chiamata ad essere la Madre del Messia del Signore. È una missione nella quale in nulla si può sbagliare, neanche un pensiero umano deve intromettersi in essa. Lei chiede all’Angelo cosa dovrà fare. L’Angelo le dice che nulla dovrà fare. Si deve consegnare interamente nelle mani del Signore. In Lei tutto dovrà accadere per opera dello Spirito Santo.

Gesù inizia la sua missione sulla nostra terra. Viene colmato di Spirito Santo. Lo Spirito misura sulle labbra di Gesù anche le più semplici parole. Nessuna dovrà essere fuori posto. Tutte dovranno essere proferite al momento giusto, al posto giusto. Una sola parola fuori posto, fuori tempo, fuori contesto, avrebbe potuto compromettere seriamente la sua missione salvifica.

Gesù è preso dallo Spirito Santo e a suo tempo è condotto a Gerusalemme. Nella città santa lo guida, lo muove, lo fa agire perché nulla accada prima del tempo. Tutti gli uomini tramano perché Gesù muoia fuori tempo. Lo Spirito invece lo conduce perché Lui venga crocifisso nel tempo stabilito dal Padre. Questa è la prudenza. Tutto avviene secondo la volontà del Padre.

Cosa è allora la vera prudenza? È lo Spirito Santo, dono del Cristo Crocifisso, che viene, prende per mano la nostra vita e la conduce sulla via stabilita dal Padre. Paolo poteva recarsi a Roma direttamente dalla Grecia. Dio vuole che passi prima per Gerusalemme. Perché deve passare per la città di Dio? Perché deve rendere testimonianza della verità del Risorto.

Il Signore vuole offrire al suo popolo l’ultima possibilità di conversione e di ravvedimento. Paolo, il grande persecutore dei cristiani, uno di loro, appartenente alla setta dei farisei, viene e annunzia che Gesù è veramente il Risorto. Se non credono a questa testimonianza, nessun’altra potrà essere donata. Tutto il Signore fa per la salvezza dell’uomo.

Tutti dicono a Paolo, per prudenza, di non recarsi a Gerusalemme. Lo Spirito Santo vuole dare certezza di verità a Cristo Signore e porta Paolo nella Città. La testimonianza viene data non per le vie o i vicoli di Gerusalemme, ma nel sinedrio stesso. Viene data da carcere anche al Re e alla Regina. Tutti quelli che contano ricevono l‘annunzio che Gesù è il Risorto.

Sappiamo che questa testimonianza costò a Paolo anni di carcere. Ma era la sola via percorribile. Questa è la prudenza: porre l’intera vita, in ogni momento, a servizio della gloria di Dio, anche a costo del nostro martirio, del nostro carcere. Senza prudenza, perché senza conduzione da parte dello Spirito, salveremmo la nostra vita ma senza testimoniare il Risorto.

Ecco la prima verità che questa preghiera ci annunzia. Con il peccato delle origini abbiamo sottratto la nostra vita al Signore. Non siamo più testimoni della sua gloria. Si chiede a Cristo Gesù che venga, come vera Sapienza dell’Altissimo, perché prenda la nostra vita e la ponga per intero a servizio della gloria dell’Onnipotente nostro Creatore e Signore.

In verità è questo il fine dell’Incarnazione del Verbo Eterno, del Figlio Unigenito del Padre: togliere la nostra vita tutta a servizio di Satana e porla tutta a servizio della gloria del Signore. Questo cambiamento di servizio è possibile perché Gesù ci darà il suo Spirito Santo, senza misura, come a Lui è stato donato senza misura, per farci cambiare padrone.

O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ed arrivi ai confini della terra con forza, e tutto disponi con dolcezza: vieni ad insegnarci la via della prudenza.

APPARATO BIBLICO:

La sapienza forse non chiama e l’intelligenza non fa udire la sua voce? In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta, presso le porte, all’ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida: «A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra.

Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l’eguaglia. Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartengono consiglio e successo, mia è l’intelligenza, mia è la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia.

Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia. Il mio frutto è migliore dell’oro più fino, il mio prodotto è migliore dell’argento pregiato. Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori. Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.

Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte» (Pr 8,1-36).

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza» (Pr 9.1-6).

La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”.

Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità.

Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata. Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli. Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza; eterna, sono donata a tutti i miei figli, a coloro che sono scelti da lui.

Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà».

Tutto questo è il libro dell’alleanza del Dio altissimo, la legge che Mosè ci ha prescritto, eredità per le assemblee di Giacobbe. Non cessate di rafforzarvi nel Signore, aderite a lui perché vi dia vigore. Il Signore onnipotente è l’unico Dio e non c’è altro salvatore al di fuori di lui. Essa trabocca di sapienza come il Pison e come il Tigri nella stagione delle primizie, effonde intelligenza come l’Eufrate e come il Giordano nei giorni della mietitura, come luce irradia la dottrina, come il Ghicon nei giorni della vendemmia. Il primo uomo non ne ha esaurito la conoscenza e così l’ultimo non l’ha mai pienamente indagata. Il suo pensiero infatti è più vasto del mare e il suo consiglio è più profondo del grande abisso.

Io, come un canale che esce da un fiume e come un acquedotto che entra in un giardino, ho detto: «Innaffierò il mio giardino e irrigherò la mia aiuola». Ma ecco, il mio canale è diventato un fiume e il mio fiume è diventato un mare. Farò ancora splendere la dottrina come l’aurora, la farò brillare molto lontano. Riverserò ancora l’insegnamento come profezia, lo lascerò alle generazioni future. Vedete che non ho faticato solo per me, ma per tutti quelli che la cercano (Pr 24,1-34).

Anch’io sono un uomo mortale uguale a tutti, discendente del primo uomo plasmato con la terra. La mia carne fu modellata nel grembo di mia madre, nello spazio di dieci mesi ho preso consistenza nel sangue, dal seme d’un uomo e dal piacere compagno del sonno. Anch’io alla nascita ho respirato l’aria comune e sono caduto sulla terra dove tutti soffrono allo stesso modo; come per tutti, il pianto fu la mia prima voce. Fui allevato in fasce e circondato di cure; nessun re ebbe un inizio di vita diverso. Una sola è l’entrata di tutti nella vita e uguale ne è l’uscita. Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.

La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. Ho gioito di tutto ciò, perché lo reca la sapienza, ma ignoravo che ella è madre di tutto questo. Ciò che senza astuzia ho imparato, senza invidia lo comunico, non nascondo le sue ricchezze.

Ella è infatti un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l’amicizia con Dio, è a lui raccomandato dai frutti della sua educazione. Mi conceda Dio di parlare con intelligenza e di riflettere in modo degno dei doni ricevuti, perché egli stesso è la guida della sapienza e dirige i sapienti. Nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa. Egli stesso mi ha concesso la conoscenza autentica delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza dei suoi elementi, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l’alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni, i cicli dell’anno e la posizione degli astri, la natura degli animali e l’istinto delle bestie selvatiche, la forza dei venti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e le proprietà delle radici.

Ho conosciuto tutte le cose nascoste e quelle manifeste, perché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose. In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili.

La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza (Sap 7,1-30).

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-18).

Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore (Dt 8, 3). Ha risposto: Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli ha detto: Lo ingannerai senz’altro; ci riuscirai; va’ e fa’ così (1Re 22, 22). Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti questi tuoi profeti; ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura” (1Re 22, 23). Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani nelle mani di lui e si curvò su di lui. Il corpo del bambino riprese calore (2Re 4, 34).

Rispose: Andrò e diventerò uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli disse: Lo ingannerai; certo riuscirai; va’ e fa’ così (2Cr 18, 21). Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna nella bocca di tutti questi tuoi profeti, ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura” (2Cr 18, 22). Ma Giosia non si ritirò. Deciso ad affrontarlo, non ascoltò le parole di Necao, che venivano dalla bocca di Dio, e attaccò battaglia nella valle di Meghiddo (2Cr 35, 22). Attuandosi così la parola del Signore, predetta per bocca di Geremia: “Finché il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerà per tutto il tempo nella desolazione fino al compiersi di settanta anni” (2Cr 36, 21).

Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, a compimento della parola del Signore predetta per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia, che fece proclamare per tutto il regno, a voce e per iscritto (2Cr 36, 22). Nell’anno primo del regno di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per bocca di Geremia, il Signore destò lo spirito di Ciro re di Persia, il quale fece passare quest’ordine in tutto il suo regno, anche con lettera (Esd 1, 1). Hai pazientato con loro molti anni e li hai scongiurati per mezzo del tuo spirito e per bocca dei tuoi profeti; ma essi non hanno voluto prestare orecchio. Allora li hai messi nelle mani dei popoli dei paesi stranieri (Ne 9, 30). Gli rispose Achior, condottiero di tutti gli Ammoniti: “Ascolti bene il mio signore la risposta dalle labbra del suo servo: io riferirò la verità sul conto di questo popolo, che sta su queste montagne vicino al luogo ove risiedi, né uscirà menzogna dalla bocca del suo servo (Gdt 5, 5). Ascolta la mia preghiera e sii propizio alla tua eredità; cambia il nostro lutto in gioia, perché vivi possiamo cantare inni al tuo nome, Signore, e non lasciare scomparire la bocca di quelli che ti lodano (Est 4, 17h).

Di aprire invece la bocca delle nazioni a lodare gli idoli vani e a proclamare per sempre la propria ammirazione per un re di carne (Est 4, 17p). Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù, hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire l’oracolo della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare (Est 4, 17o). Poi tornò dal giardino della reggia nel luogo del banchetto; intanto Amàn si era prostrato sul divano sul quale si trovava Ester. Allora il re esclamò: “Vuole anche far violenza alla regina, davanti a me, in casa mia?”. Non appena questa parola fu uscita dalla bocca del re, posero un velo sulla faccia di Amàn (Est 7, 8). Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso e le tue labbra di gioia (Gb 8, 21).

Quando dunque vide che sulla bocca di questi tre uomini non vi era più alcuna risposta, Eliu si accese di sdegno (Gb 32, 5). Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli (Sal 8, 3). Salvami dalla bocca del leone e dalle corna dei bufali (Sal 21, 22). La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia (Sal 36, 30). Poiché contro di me si sono aperte la bocca dell’empio e dell’uomo di frode; parlano di me con lingua di menzogna (Sal 108, 2). La loro bocca dice menzogne e alzando la destra giurano il falso (Sal 143, 8).

Liberami dalla mano degli stranieri; la loro bocca dice menzogne e la loro destra giura il falso (Sal 143, 11). Le benedizioni del Signore sul capo del giusto, la bocca degli empi nasconde il sopruso (Pr 10, 6). Fonte di vita è la bocca del giusto, la bocca degli empi nasconde violenza (Pr 10, 11). I saggi fanno tesoro della scienza, ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente (Pr 10, 14). La bocca del giusto esprime la sapienza, la lingua perversa sarà tagliata (Pr 10, 31). Le labbra del giusto stillano benevolenza, la bocca degli empi perversità (Pr 10, 32).

Con la benedizione degli uomini retti si innalza una città, la bocca degli empi la demolisce (Pr 11, 11). Le parole degli empi sono agguati sanguinari, ma la bocca degli uomini retti vi si sottrarrà (Pr 12, 6). Nella bocca dello stolto c’è il germoglio della superbia, ma le labbra dei saggi sono la loro salvaguardia (Pr 14, 3). La lingua dei saggi fa gustare la scienza, la bocca degli stolti esprime sciocchezze (Pr 15, 2). Una mente retta ricerca il sapere, la bocca degli stolti si pasce di stoltezza (Pr 15, 14). La mente del giusto medita prima di rispondere, la bocca degli empi esprime malvagità (Pr 15, 28).

Le parole della bocca dell’uomo sono acqua profonda, la fonte della sapienza è un torrente che straripa (Pr 18, 4). La bocca dello stolto è la sua rovina e le sue labbra sono un laccio per la sua vita (Pr 18, 7). Il testimone iniquo si beffa della giustizia e la bocca degli empi ingoia l’iniquità (Pr 19, 28). La bocca delle straniere è una fossa profonda, chi è in ira al Signore vi cade (Pr 22, 14). Malferme sono le gambe dello zoppo, così una massima sulla bocca degli stolti (Pr 26, 7). Una spina penetrata nella mano d’un ubriaco, tale è una massima sulla bocca degli stolti (Pr 26, 9). Come il crogiuolo è per l’argento e il fornello per l’oro, così l’uomo rispetto alla bocca di chi lo loda (Pr 27, 21). Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e non dire davanti al messaggero che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga il lavoro delle tue mani (Qo 5, 5).

Le parole della bocca del saggio procurano benevolenza, ma le labbra dello stolto lo mandano in rovina (Qo 10, 12). Perché la sapienza aveva aperto la bocca dei muti e aveva sciolto la lingua degli infanti (Sap 10, 21). La sua lode non s’addice alla bocca del peccatore, perché non gli è stata concessa dal Signore (Sir 15, 9). Un uomo senza grazia è un discorso inopportuno: è sempre sulla bocca dei maleducati (Sir 20, 19). Non si accetta una massima dalla bocca dello stolto, perché non è mai detta a proposito (Sir 20, 20). Brutta macchia nell’uomo la menzogna, si trova sempre sulla bocca degli ignoranti (Sir 20, 24).

Sulla bocca degli stolti è il loro cuore, i saggi invece hanno la bocca nel cuore (Sir 21, 26). Come uno schiavo interrogato di continuo non sarà senza lividure, così chi giura e ha sempre in bocca Dio non sarà esente da peccato (Sir 23, 10). “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e ho ricoperto come nube la terra (Sir 24, 3). Essa trabocca di sapienza come il Pison e come il Tigri nella stagione dei frutti nuovi (Sir 24, 23). Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato” (Is 1, 20). Cercate nel libro del Signore e leggete: nessuno di essi vi manca, poiché la bocca del Signore lo ha comandato e il suo spirito li raduna (Is 34, 16b). Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato” (Is 40, 5).

Allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò calcare le alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe tuo padre, poiché la bocca del Signore ha parlato (Is 58, 14). Quanto a me, ecco la mia alleanza con essi, dice il Signore: Il mio spirito che è sopra di te e le parole che ti ho messo in bocca non si allontaneranno dalla tua bocca né dalla bocca della tua discendenza né dalla bocca dei discendenti dei discendenti, dice il Signore, ora e sempre (Is 59, 21). Allora i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; ti si chiamerà con un nome nuovo che la bocca del Signore indicherà (Is 62, 2). Chi è tanto saggio da comprendere questo? A chi la bocca del Signore ha parlato perché lo annunzi? Perché il paese è devastato, desolato come un deserto senza passanti? (Ger 9, 11). Così dice il Signore degli eserciti: “Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore (Ger 23, 16).

Tuttavia ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che abitate nel paese di Egitto. Ecco, io giuro per il mio grande nome – dice il Signore – che mai più il mio nome sarà pronunciato in tutto il paese d’Egitto dalla bocca di un uomo di Giuda che possa dire: Per la vita del Signore Dio! (Ger 44, 26). Dalla bocca dell’Altissimo non procedono forse le sventure e il bene? (Lam 3, 38). La sera prima dell’arrivo del fuggiasco, la mano del Signore fu su di me e al mattino, quando il fuggiasco giunse, il Signore mi aprì la bocca. La mia bocca dunque si aprì e io non fui più muto (Ez 33, 22). Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse (Dn 3, 25). Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo (Dn 13, 61). Così dice il Signore contro i profeti che fanno traviare il mio popolo, che annunziano la pace se hanno qualcosa tra i denti da mordere, ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra (Mi 3, 5).

Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite e sotto il fico e più nessuno li spaventerà, poiché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato! (Mi 4, 4). Non credete all’amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa vicino a te (Mi 7, 5). Dice il Signore degli eserciti: “Riprendano forza le vostre mani. Voi in questi giorni ascoltate queste parole dalla bocca dei profeti; oggi vien fondata la casa del Signore degli eserciti con la ricostruzione del tempio (Zc 8, 9). Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4).

E gli dissero: “Non senti quello che dicono?”. Gesù rispose loro: “Sì, non avete mai letto: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata una lode?” (Mt 21, 16). Come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo (Lc 1, 70). “Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù (At 1, 16). Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto (At 3, 18). Egli dev’esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti (At 3, 21).

tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane? (At 4, 25). E se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: “Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri (At 28, 25). Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone (2Tm 4, 17). Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane (Ap 16, 13).

Allora il giusto starà con grande fiducia di fronte a coloro che lo hanno perseguitato e a quelli che hanno disprezzato le sue sofferenze. Alla sua vista saranno presi da terribile spavento, stupiti per la sua sorprendente salvezza. Pentiti, diranno tra loro, gemendo con animo angosciato:

«Questi è colui che noi una volta abbiamo deriso e, stolti, abbiamo preso a bersaglio del nostro scherno; abbiamo considerato una pazzia la sua vita e la sua morte disonorevole. Come mai è stato annoverato tra i figli di Dio e la sua eredità è ora tra i santi? Abbiamo dunque abbandonato la via della verità, la luce della giustizia non ci ha illuminati e il sole non è sorto per noi. Ci siamo inoltrati per sentieri iniqui e rovinosi, abbiamo percorso deserti senza strade, ma non abbiamo conosciuto la via del Signore.

Quale profitto ci ha dato la superbia? Quale vantaggio ci ha portato la ricchezza con la spavalderia? Tutto questo è passato come ombra e come notizia fugace, come una nave che solca un mare agitato, e, una volta passata, di essa non si trova più traccia né scia della sua carena sulle onde; oppure come quando un uccello attraversa l’aria e non si trova alcun segno del suo volo: l’aria leggera, percossa dal battito delle ali e divisa dalla forza dello slancio, è attraversata dalle ali in movimento, ma dopo non si trova segno del suo passaggio; o come quando, scoccata una freccia verso il bersaglio, l’aria si divide e ritorna subito su se stessa e della freccia non si riconosce tragitto.

Così anche noi, appena nati, siamo già come scomparsi, non avendo da mostrare alcun segno di virtù; ci siamo consumati nella nostra malvagità».

La speranza dell’empio è come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta; come fumo dal vento è dispersa, si dilegua come il ricordo dell’ospite di un solo giorno.

I giusti al contrario vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e di essi ha cura l’Altissimo. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalle mani del Signore, perché li proteggerà con la destra, con il braccio farà loro da scudo. Egli prenderà per armatura il suo zelo e userà come arma il creato per punire i nemici, indosserà la giustizia come corazza e si metterà come elmo un giudizio imparziale, prenderà come scudo la santità invincibile, affilerà la sua collera inesorabile come spada e l’universo combatterà con lui contro gli insensati. Partiranno ben dirette le saette dei lampi e dalle nubi, come da un arco ben teso, balzeranno al bersaglio; dalla sua fionda saranno scagliati chicchi di grandine pieni di furore. Si metterà in fermento contro di loro l’acqua del mare e i fiumi li travolgeranno senza pietà. Si scatenerà contro di loro un vento impetuoso e come un uragano li travolgerà. L’iniquità renderà deserta tutta la terra e la malvagità rovescerà i troni dei potenti (Sap 5,1-23).

Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.

Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore (Mt 27,1-10).

Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà.

Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.

Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,16-32).

Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova (Es 15, 25). Rispose loro il fico: Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò ad agitarmi sugli alberi? (Gdc 9, 11). Quelli gli risposero: “Proponi l’indovinello e noi lo ascolteremo”. Egli disse loro: “Dal divoratore è uscito il cibo e dal forte è uscito il dolce”. Per tre giorni quelli non riuscirono a spiegare l’indovinello (Gdc 14, 14).

Gli uomini della città, il settimo giorno, prima che tramontasse il sole, dissero a Sansone: “Che c’è di più dolce del miele? Che c’è di più forte del leone?”. Rispose loro: “Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste sciolto il mio indovinello” (Gdc 14, 18). Disse ancora il re ai suoi ministri: “Sappiate che oggi è caduto un capo, un grande in Israele. Io, oggi, mi sono comportato dolcemente, sebbene già consacrato re, mentre questi uomini, i figli di Zeruia, sono stati più duri di me. Provveda il Signore a trattare il malvagio secondo la sua malvagità” (2Sam 3, 38). Poi Neemia disse loro: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8, 10).

Essendo io alla testa di molte nazioni e avendo l’impero di tutto il mondo, non esaltato dall’orgoglio del potere, ma governando sempre con moderazione e con dolcezza, ho deciso di rendere sempre indisturbata la vita dei sudditi, di assicurare un regno tranquillo e sicuro fino alle frontiere e di far rifiorire la pace sospirata da tutti gli uomini (Est 3, 13b). Ma Dio volse a dolcezza lo spirito del re ed egli, fattosi ansioso, balzò dal trono, la prese fra le braccia, sostenendola finché non si fu ripresa, e andava confortandola con parole rasserenanti, dicendole (Est 5, 1e). Così come non è facile preparare un banchetto e accontentare le esigenze altrui; tuttavia per far cosa gradita a molti ci sarà dolce sopportare la fatica (2Mac 2, 27). Se alla sua bocca fu dolce il male, se lo teneva nascosto sotto la sua lingua (Gb 20, 12).

Ti farà forse molte suppliche e ti rivolgerà dolci parole? (Gb 40, 27). Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra (Sal 15, 11). Più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante (Sal 18, 11). Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario (Sal 26, 4). Ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa (Sal 54, 15). Quanto sono dolci al mio palato le tue parole: più del miele per la mia bocca (Sal 118, 103).

Dalla rupe furono gettati i loro capi, che da me avevano udito dolci parole (Sal 140, 6). Alleluia. Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene (Sal 146, 1). Se ti coricherai, non avrai da temere; se ti coricherai, il tuo sonno sarà dolce (Pr 3, 24). “Le acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto è gustoso” (Pr 9, 17). Desiderio soddisfatto è una dolcezza al cuore, ma è abominio per gli stolti staccarsi dal male (Pr 13, 19). Una lingua dolce è un albero di vita, quella malevola è una ferita al cuore (Pr 15, 4). Sarà chiamato intelligente chi è saggio di mente; il linguaggio dolce aumenta la dottrina (Pr 16, 21). Favo di miele sono le parole gentili, dolcezza per l’anima e refrigerio per il corpo (Pr 16, 24).

Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono e dolce sarà il favo al tuo palato (Pr 24, 13). Con la pazienza il giudice si lascia persuadere, una lingua dolce spezza le ossa (Pr 25, 15). Gola sazia disprezza il miele; per chi ha fame anche l’amaro è dolce (Pr 27, 7). Il profumo e l’incenso allietano il cuore, la dolcezza di un amico rassicura l’anima (Pr 27, 9). Dolce è il sonno del lavoratore, poco o molto che mangi; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire (Qo 5, 11). Dolce è la luce e agli occhi piace vedere il sole (Qo 11, 7).

Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino (Ct 1, 2). Come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto fra i giovani. Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato (Ct 2, 3). Dolcezza è il suo palato; egli è tutto delizie! Questo è il mio diletto, questo è il mio amico, o figlie di Gerusalemme (Ct 5, 16). Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini; inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi (Sap 12, 19). Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; esso si adattava al gusto di chi l’inghiottiva e si trasformava in ciò che ognuno desiderava (Sap 16, 21).

La creazione infatti a te suo creatore obbedendo, si irrigidisce per punire gli ingiusti, ma s’addolcisce a favore di quanti confidano in te (Sap 16, 24). L’ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori (Sir 11, 3). Il nemico ha il dolce sulle labbra, ma in cuore medita di gettarti in una fossa. Il nemico avrà lacrime agli occhi, ma se troverà l’occasione, non si sazierà del tuo sangue (Sir 12, 16). I superstiti sapranno che nulla è meglio del timore del Signore, nulla più dolce dell’osservare i suoi comandamenti (Sir 23, 27).

Poiché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi è più dolce del favo di miele (Sir 24, 19). Davanti a te il suo parlare è tutto dolce, ammira i tuoi discorsi, ma alle tue spalle cambierà il suo parlare e porrà inciampo alle tue parole (Sir 27, 23). Sigillo di smeraldo in una guarnizione d’oro è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino (Sir 32, 6). Se vi è poi sulla sua lingua bontà e dolcezza, suo marito non è più uno dei comuni mortali (Sir 36, 23). L’acqua non fu forse resa dolce per mezzo di un legno, per rendere evidente la potenza di lui? (Sir 38, 5).

La vita di chi basta a se stesso e del lavoratore sarà dolce, ma più ancora lo sarà per chi trova un tesoro (Sir 40, 18). Nella bocca sarà dolce il mendicare per un impudente, ma nel suo ventre brucerà come fuoco (Sir 40, 30). Introdusse musicanti davanti all’altare; raddolcendo i canti con i loro suoni (Sir 47, 9). Il ricordo di Giosia è una mistura di incenso, preparata dall’arte del profumiere. In ogni bocca è dolce come il miele, come musica in un banchetto (Sir 49, 1). I cantori intonavano canti di lodi, il loro canto era addolcito da una musica melodiosa (Sir 50, 18). Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro (Is 5, 20).

Dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele (Ez 3, 3). Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 30). Che volete? Debbo venire a voi con il bastone, o con amore e con spirito di dolcezza? (1Cor 4, 21). Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io davanti a voi così meschino, ma di lontano così animoso con voi (2Cor 10, 1). Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione (Gal 6, 1). Dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità (2Tm 2, 25).

Di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini (Tt 3, 2). Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? (Gc 3, 11). Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce (Gc 3, 12). Ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto (1Pt 3, 15). Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: “Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele” (Ap 10, 9). Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza (Ap 10, 10).

Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui (Cfr. Gv 3,1-36).